La prova dalla sarta

Scritto da , il 2016-03-16, genere etero

Quella volta che amai la madre del mio migliore amico... un dolce ricordo ancora vivido dopo tanti anni.
Lei, Elena, era sarta di professione e lavorava a casa. Mi ricordo che passai per una prova per dei pantaloni, i quali necessitavano di una riparazione. Roberto non c'era ma mi fece salire lo stesso. Mi disse che doveva lavorarci ancora qualche minuto. Mi sedetti sul divano e iniziai distrattamente ad osservarla, intenta al lavoro. L'occhio mi cadde sulle sue gambe che teneva accavallate. Osservai fra me che Elena aveva proprio delle belle gambe. Inaspettatamente iniziai ad eccitarmi fantasticando di far l'amore con lei e, puntualmente, ebbi un erezione. A vent'anni succede molto spesso e nelle situazioni più disparate.
Elena non se ne accorse e mi diede i pantaloni per provarli. Io, senza pensarci, mi tolsi quelli che indossavo, lì, davanti a lei, frastornato da quei pensieri peccaminosi. Lei fece finta di nulla ma sicuramente notò il mio vistoso rigonfiamento.
Indossai i pantaloni nuovi e lei si avvicinò per prendere la misura del risvolto. Si abbassò sulle ginocchia e la vestaglietta estiva le si alzò un poco, lasciando intravvedere un tratto delle cosce.
Il suo capo era a pochi centimetri dal mio membro e provai una specie di vertigine. Lei mi guardò da sotto e non potei fare a meno di pensare che mi sarebbe piaciuto metterglielo in bocca. Ma cazzo...! Era la madre del mio amico.
Lei si accorse del mio imbarazzo.
- Beh... che c'è, Paolo? - mi chiese mentre diede una fugace occhiata alla mia patta rigonfia.
- No, nulla... fa un po' caldo... - balbettai. E con gli occhi andai alla generosa scollatura che dall'alto lasciava intravedere quelle tette meravigliose. Desiderai di essere allattato da lei, invidiai Roberto che aveva avuto quel privilegio.
Si spostò di lato, venendo ancora più vicino. Non ne potevo più.
Mentre puntava gli spilli sul dietro della piega io me lo tirai fuori e rimasi con l'uccello di fuori. Ormai ero pronto a tutto.
Lo vide. Non mi sembrò stupita, né si ritrasse inorridita.
- Ah! Era questo che volevi... - sussurrò e me lo prese in bocca. Così. Senza aggiungere altro. Credetti di sognare: Elena mi stava facendo un pompino e lo faceva molto bene, dolce e decisa allo stesso tempo. Leccando e succhiando come solo una vera femmina sa fare.
Le donne più grandi di me mi avevano sempre eccitato ed ora sapevo il perché. A quarantotto anni era molto più brava delle ragazze della mia età. E poi non era niente male, mora, un bel seno florido, gambe lisce e seducenti, un po' di pancetta ma molto sexy e un culo ancora da far girare la testa.
Mentre me lo succhiava le misi le mani sul seno e le feci uscire le tette dal reggiseno e iniziai a titillarle i capezzoli. Elena mugolava mentre continuava a farmi quel pompino sublime. Intervallava quel meraviglioso lavoro di labbra e lingua accarezzandomi i testicoli e prendendoli in bocca. Io sospiravo di piacere.
Era fantastica, in ginocchio e con le tette di fuori. Le dissi che mi faceva impazzire, che ero segretamente innamorato di lei e le feci tanti complimenti che lei sembrava apprezzare.
Poi lo tolsi delicatamente dalla sua bocca e la feci stendere sul divano. Iniziai a baciarla sul collo, sulle tette mentre cercavo di aprirle la vestaglietta che indossava.
- Che fai...? - disse Elena, con voce rotta dall'emozione.
- Ti voglio - risposi io, deciso.
Le aprii la vestaglia, indossava degli slip bianchi molto semplici e che mi fecero eccitare ancora di più.
Glieli tolsi e iniziai a leccarla fra le gambe. Lei le aprì e si lasciò andare a mugolii e gemiti che mi davano una calda sensazione di benessere. Mentre la leccavo, con le mani le stringevo i seni. I suoi umori mi colavano sulle labbra mentre la mia lingua si insinuava all'interno del suo corpo.
Non potei più resistere. Me lo presi in mano, glielo appoggiai sulla passera fradicia e lo spinsi dentro, di netto. Lei quasi gridò, rovesciando la testa all'indietro. E la scopai, con forza e con passione. Dolce e deciso. La mia Elena, sì, mia, ora.
Allacciò le sue gambe ai miei fianchi per tenermi più stretto a sé e mi piantò le unghie nelle spalle. Godeva, mi diceva, come mai nella sua vita.
Dal canto mio, con l'irruenza dei miei vent'anni, non riuscii a trattenermi molto a lungo e venni. Dentro di lei, continuando a spingere, mentre i fiotti del mio seme le inondavano la pancia.
Mi distesi su di lei e la baciai. Lei ricambiò, accarezzandomi i capelli. Rimanemmo abbracciati a lungo. Da quel giorno non amai che lei...

CONTINUA

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