Il maestro di sci
di
Arrakis
genere
tradimenti
Suonò il telefono mentre stavo sistemando gli scarponi di Edo.
Un messaggio dal maestro di sci. “Ciao, volevo parlarti dei progressi di Edo. Oggi siete andati via in fretta e non sono riuscito a fermarvi. Che ne dici di una birra a fine giornata? Ho ancora un’ora di lezione e poi sono libero.”
Lessi due volte.
Una parte di me rimase spiazzata: perché una birra? Perché non domattina, come avrebbe fatto chiunque? Domani Edo avrebbe avuto un'altra lezione, avremmo comunque parlato.
Eppure accettai.
Dissi a mio marito che sarei uscita un'oretta, “due respiri d’aria”, inventando qualcosa a metà strada tra verità e omissione. Non specificai altro.
Al bar ci sedemmo a un tavolino vicino alla finestra, la neve cadeva lenta dietro di lui.
Ordinammo una birra ciascuno.
Aveva ancora le guance rosse per il freddo e quello sguardo tranquillo che sembrava leggere tutto senza dire niente.
Dovetti riportare l’attenzione sulle mie mani per non farmi scoprire.
«C’è qualcosa che non va con Edo?» chiesi.
«No, anzi, va alla grande. A breve sarà pronto per un salto di livello, volevo dirtelo di persona. Potrebbe iniziare con le gare»
Annuii. Poi lo guardai negli occhi più a lungo del necessario. «E non poteva aspettare domani?»
Non c’era malizia, solo una domanda che mi pesava in gola. Lui si appoggiò allo schienale, un sorriso appena accennato e un po’ imbarazzato. «Volevo passare un po’ di tempo con te. In pista sentivo i tuoi occhi su di me e ci siamo scambiati degli sguardi… ho pensato che ti avrebbe fatto piacere. Mi sto sbagliando?»
Sentii un calore salirmi dal petto. «Beh… alla fine ho accettato il tuo invito.» Da lì l’imbarazzo iniziale si sciolse. Parlammo del più e del meno: montagne, lavoro, piccoli pezzi di vita.
Ma il tempo era tiranno, e la mia famiglia mi aspettava. La sua fidanzata anche.
Ci salutammo con un mezzo sorriso, niente di compromettente.
Solo quella sensazione sospesa che rimane quando si apre una porta e non la si attraversa.
Passarono settimane.
Poi un pomeriggio il telefono vibrò.
“Questa settimana sono abbastanza libero. Martina è via e mi farebbe piacere una birra in compagnia.” Il cuore prese una corsa tutta sua. La sola idea di rivederlo senza orari, mi scosse come una scossa elettrica. Mi presi un lungo respiro.
Poi scrissi: “È stata una settimana pesante… Mi farebbe bene cambiare un po’ aria. Domani sera potrei essere libera. Mi prendo del tempo per me. ”
Premetti invio. E rimasi lì, ferma, con quella sensazione precisa di aver varcato una linea… non fuori, ma dentro di me. Con mio marito presi una scusa per avere una giornata tutta per me...ero stressata al lavoro e quindi non fece troppe domande.
Arrivai finalmente in montagna. Lasciai lo zaino a casa, una veloce rinfrescata, uno sguardo all’intimo che avevo scelto e uscii. Giunta al locale lo vidi seduto al tavolino. Era chino sul cellulare e due birre davanti. Mi presi un momento per osservarlo meglio. Indossava una maglietta a maniche corte e si intravedono i tatuaggi. Era davvero sexy.
“ciao, come stai? scusa il ritardo…c’era davvero tanto traffico” mi tolsi il cappotto e mi misi seduta davanti a lui, sentivo il suo sguardo addosso “non ti preoccupare. Ho ordinato anche per te”
“grazie…senti io te lo devo dire…la birra la detesto” ci guardammo e scoppiammo a ridere
“ok… quindi cosa ordini?”
“un amaro andrà benissimo” Sollevò un sopracciglio, divertito, come se non si aspettasse quella scelta da me.
Parlammo per ore, ci scambiammo sguardi provocatori e in almeno un paio di momenti lo sorpresi a guardarmi le labbra.
Quando uscimmo per salutarci, una parte di me non voleva che la serata finisse. Faceva freddo, abbastanza da far uscire piccoli sbuffi di vapore dai nostri respiri.Mentre stavo dicendo qualcosa, una folata di vento fece volare i miei capelli davanti al viso. E lui, senza pensarci troppo, allungò la mano per spostarli dietro il mio orecchio. Fu un gesto semplice. Ma mi attraversò come uno scatto.
Mi sfiorò il mento con un dito, appena. Come per chiedere senza parlare: posso? Alzò il mio mento e fu allora che ci baciammo e trascinata dal momento gli morsi il labbro inferiore. Rimasi immobile qualche secondo dopo quel bacio, interdetta.
Lui fece un mezzo passo indietro, come se stesse cercando di rimettere ordine anche dentro di sé. «Dovrei…» iniziai a dire, ma la frase rimase sospesa. La sua voce era calma, quasi troppo.
«Anche io.» Ci guardammo come due persone che hanno appena oltrepassato una linea che entrambi fingevano non esistesse. «Ti accompagno alla macchina?» chiese «Abito poco più avanti, andrò a piedi» «ok, ti accompagno solo alla porta, giusto per essere tranquillo». Annuì, alla fine era tardi e non volevo camminare da sola.
Arrivati al portone disse: «Per prima…» iniziò lui, passandosi una mano tra i capelli «se ti ho messo a disagio, mi dispiace. Forse non avrei dovuto.» Lo guardai. Le sue guance erano ancora arrossate dal freddo, ma nei suoi occhi c’era un’ombra di incertezza che non avevo ancora visto in lui. «Non ti preoccupare,» mormorai. «È stato… piacevole.» Mi accorsi troppo tardi che il mio sguardo era fisso sulle sue labbra. Fu un istante, ma bastò. Lui fece un passo avanti. Un movimento lento, misurato. Mi sollevai appena sulle punte per colmare gli ultimi centimetri. E ci baciammo ancora. Prese dalle mie mani il mazzo di chiavi con un gesto naturale, quasi protettivo e aprì il portone prima che potessi farlo io. Chiese se potesse salire. Ero eccitata e bagnata. Volevo di più. Annuì ancora.
Aprimmo la porta e ci togliemmo i cappotti. Ci fu un momento di imbarazzo. Per educazione o forse per colmare il silenzio chiesi se potevo offrirgli qualcosa. Mi guardò con uno sguardo che diceva tutto: voglio solo te. Mi sfiorò il viso con la punta delle dita, un gesto semplice che fece più rumore di qualunque parola e poi mi baciò. Ricambiai. Le sue mani iniziarono a tastare il mio corpo, prima la vita poi il sedere. Ero bagnata. Sentivo il suo cazzo duro sul ventre. Lo guidai in camera da letto. Mi sfilò il maglione e la t-shirt. Mi spinse sul letto e lui si tolse la maglietta. Dio quanto era sexy, il suo petto era pieno di tatuaggi. Lui iniziò a baciarmi fino a scendere e togliermi i jeans. Ci guardammo per un istante e poi continuò a scendere. Scostò i miei slip e iniziò a leccare generosamente. Dio come era bravo…iniziai ad ansimare… volendo potevo già venire, ma mi trattenni e lo scostai.
Lui in piedi in fondo al letto e io in ginocchio. Spostai i miei capelli di lato e iniziai a sbottonare i jeans.. e nel mentre gli baciavo il ventre…poi eccolo. Duro, caldo. Lo misi in bocca senza esitare… iniziai a succhiarlo lentamente e con la punta della lingua a giocare con la sua cappella…capivo dal suo respiro che era piacevole. Le sue mani mi accarezzavano e stringevano i capelli… poi mi spinse via … prese un preservativo dalla tasca dei suoi pantaloni. “lo vuoi’” io risposi “si.. tu?” mordendomi il labbro inferiore. Sorrise e mi baciò. “lasciati solo guidare…” “sei tu il maestro..faccio quello che mi dici…” credo che quella risposta lo eccitò ancora di più… mi fece girare e mettere a novanta..con le sue dita accarezzò la schiena..e io la inarcai come per invitarlo ad entrare. Con la punta della lingua toccava la mia schiena, fino alle natiche. Non ce la facevo più volevo sentire il suo cazo dentro di me. Lui sempre più lentamente strofinò il suo cazzo duro sulla mia vulva ormai fradicia… poi glielo dissi “ti prego entra…” e così fece… prima lentamente assicurandosi che non facesse male e poi il ritmo cambiò…sentivo le sue palle sbattere contro il mio clitoride. Stavamo ansimando entrambi. Le sue mani erano ovunque…prima sulle natiche per aiutarmi a prendere il ritmo, poi sui seni e infine sui capelli..stringendoli e facendomi portare indietro la testa.
Cambiammo posizione, volevo salire su di lui, ma non era della stessa idea “questa sera sei mia..guido io..dopo tutto sono io il maestro.” Questo gioco di ruoli era eccitante. Aprì le gambe per invitarlo…le sue dita iniziarono a massaggiare il clitoride e ad entrare e ad uscire da me… “voglio il tuo cazzo” gli dissi in un sussurro di piacere…e così mi accontentò.. entrò ed inizio a spingere.. potevo sentirlo dentro di me..duro e gonfio. Il ritmo era serrato. Solo puro piacere…non ce la facevo a trattenere ancora l’orgasmo..volevo venire e gli sussurrai all’orecchio “o rallenti o vengo” sembrò eccitarlo ancora di più e la sua risposta fu quella di aumentare il ritmo “vieni per me”. Mi mise le braccia sopra la testa e me le fermò con una sua mano, mentre l’altra stringeva il seno. Aumento sempre di più e all’apice del godimento mi mise una mano alla bocca per non farmi urlare. Continuò a sbattermi…non volevo che uscisse da me. Liberai una mano e spinsi le sue natiche verso di me per fargli capire di continuare… continuò a spingere il suo cazzo duro dentro di me… sentivo il suo ansimare… c’era quasi…anche io stavo per avere un altro orgasmo e questa volta venimmo insieme. Si mise accanto a me.. ci guardammo e scoppiammo in una risata. “ è stato incredibile” dissi e mi baciò. Uno di quei baci che si danno alla persona con cui è nata un’intesa.. un patto segreto che nessuno di noi due avrebbe infranto.
«È tempo di rientrare nel mondo reale» dissi, sedendomi sul bordo del letto per recuperare i vestiti.«Già…» annuì lui, infilandosi la maglietta con un mezzo sorriso. «È stato bello. E decisamente… inaspettato.» Diedi un ultimo sguardo a quel corpo perfetto e sexy. Credo che se ne accorse e mi sorrise. Ci rivestimmo senza fretta. Era chiaro per entrambi che quel momento viveva in una parentesi tutta sua. Alla porta, lui si voltò un’ultima volta. «Davvero una serata… speciale, sono stato bene.» Gli sorrisi e gli diedi un ultimo bacio «ora è tempo che tu vada.»
Sapevo perfettamente chi era lui: un maestro di sci circondato da mamme che lo guardavano mentre faceva lezione. Era stata una deviazione eccitante, niente di più.
Un messaggio dal maestro di sci. “Ciao, volevo parlarti dei progressi di Edo. Oggi siete andati via in fretta e non sono riuscito a fermarvi. Che ne dici di una birra a fine giornata? Ho ancora un’ora di lezione e poi sono libero.”
Lessi due volte.
Una parte di me rimase spiazzata: perché una birra? Perché non domattina, come avrebbe fatto chiunque? Domani Edo avrebbe avuto un'altra lezione, avremmo comunque parlato.
Eppure accettai.
Dissi a mio marito che sarei uscita un'oretta, “due respiri d’aria”, inventando qualcosa a metà strada tra verità e omissione. Non specificai altro.
Al bar ci sedemmo a un tavolino vicino alla finestra, la neve cadeva lenta dietro di lui.
Ordinammo una birra ciascuno.
Aveva ancora le guance rosse per il freddo e quello sguardo tranquillo che sembrava leggere tutto senza dire niente.
Dovetti riportare l’attenzione sulle mie mani per non farmi scoprire.
«C’è qualcosa che non va con Edo?» chiesi.
«No, anzi, va alla grande. A breve sarà pronto per un salto di livello, volevo dirtelo di persona. Potrebbe iniziare con le gare»
Annuii. Poi lo guardai negli occhi più a lungo del necessario. «E non poteva aspettare domani?»
Non c’era malizia, solo una domanda che mi pesava in gola. Lui si appoggiò allo schienale, un sorriso appena accennato e un po’ imbarazzato. «Volevo passare un po’ di tempo con te. In pista sentivo i tuoi occhi su di me e ci siamo scambiati degli sguardi… ho pensato che ti avrebbe fatto piacere. Mi sto sbagliando?»
Sentii un calore salirmi dal petto. «Beh… alla fine ho accettato il tuo invito.» Da lì l’imbarazzo iniziale si sciolse. Parlammo del più e del meno: montagne, lavoro, piccoli pezzi di vita.
Ma il tempo era tiranno, e la mia famiglia mi aspettava. La sua fidanzata anche.
Ci salutammo con un mezzo sorriso, niente di compromettente.
Solo quella sensazione sospesa che rimane quando si apre una porta e non la si attraversa.
Passarono settimane.
Poi un pomeriggio il telefono vibrò.
“Questa settimana sono abbastanza libero. Martina è via e mi farebbe piacere una birra in compagnia.” Il cuore prese una corsa tutta sua. La sola idea di rivederlo senza orari, mi scosse come una scossa elettrica. Mi presi un lungo respiro.
Poi scrissi: “È stata una settimana pesante… Mi farebbe bene cambiare un po’ aria. Domani sera potrei essere libera. Mi prendo del tempo per me. ”
Premetti invio. E rimasi lì, ferma, con quella sensazione precisa di aver varcato una linea… non fuori, ma dentro di me. Con mio marito presi una scusa per avere una giornata tutta per me...ero stressata al lavoro e quindi non fece troppe domande.
Arrivai finalmente in montagna. Lasciai lo zaino a casa, una veloce rinfrescata, uno sguardo all’intimo che avevo scelto e uscii. Giunta al locale lo vidi seduto al tavolino. Era chino sul cellulare e due birre davanti. Mi presi un momento per osservarlo meglio. Indossava una maglietta a maniche corte e si intravedono i tatuaggi. Era davvero sexy.
“ciao, come stai? scusa il ritardo…c’era davvero tanto traffico” mi tolsi il cappotto e mi misi seduta davanti a lui, sentivo il suo sguardo addosso “non ti preoccupare. Ho ordinato anche per te”
“grazie…senti io te lo devo dire…la birra la detesto” ci guardammo e scoppiammo a ridere
“ok… quindi cosa ordini?”
“un amaro andrà benissimo” Sollevò un sopracciglio, divertito, come se non si aspettasse quella scelta da me.
Parlammo per ore, ci scambiammo sguardi provocatori e in almeno un paio di momenti lo sorpresi a guardarmi le labbra.
Quando uscimmo per salutarci, una parte di me non voleva che la serata finisse. Faceva freddo, abbastanza da far uscire piccoli sbuffi di vapore dai nostri respiri.Mentre stavo dicendo qualcosa, una folata di vento fece volare i miei capelli davanti al viso. E lui, senza pensarci troppo, allungò la mano per spostarli dietro il mio orecchio. Fu un gesto semplice. Ma mi attraversò come uno scatto.
Mi sfiorò il mento con un dito, appena. Come per chiedere senza parlare: posso? Alzò il mio mento e fu allora che ci baciammo e trascinata dal momento gli morsi il labbro inferiore. Rimasi immobile qualche secondo dopo quel bacio, interdetta.
Lui fece un mezzo passo indietro, come se stesse cercando di rimettere ordine anche dentro di sé. «Dovrei…» iniziai a dire, ma la frase rimase sospesa. La sua voce era calma, quasi troppo.
«Anche io.» Ci guardammo come due persone che hanno appena oltrepassato una linea che entrambi fingevano non esistesse. «Ti accompagno alla macchina?» chiese «Abito poco più avanti, andrò a piedi» «ok, ti accompagno solo alla porta, giusto per essere tranquillo». Annuì, alla fine era tardi e non volevo camminare da sola.
Arrivati al portone disse: «Per prima…» iniziò lui, passandosi una mano tra i capelli «se ti ho messo a disagio, mi dispiace. Forse non avrei dovuto.» Lo guardai. Le sue guance erano ancora arrossate dal freddo, ma nei suoi occhi c’era un’ombra di incertezza che non avevo ancora visto in lui. «Non ti preoccupare,» mormorai. «È stato… piacevole.» Mi accorsi troppo tardi che il mio sguardo era fisso sulle sue labbra. Fu un istante, ma bastò. Lui fece un passo avanti. Un movimento lento, misurato. Mi sollevai appena sulle punte per colmare gli ultimi centimetri. E ci baciammo ancora. Prese dalle mie mani il mazzo di chiavi con un gesto naturale, quasi protettivo e aprì il portone prima che potessi farlo io. Chiese se potesse salire. Ero eccitata e bagnata. Volevo di più. Annuì ancora.
Aprimmo la porta e ci togliemmo i cappotti. Ci fu un momento di imbarazzo. Per educazione o forse per colmare il silenzio chiesi se potevo offrirgli qualcosa. Mi guardò con uno sguardo che diceva tutto: voglio solo te. Mi sfiorò il viso con la punta delle dita, un gesto semplice che fece più rumore di qualunque parola e poi mi baciò. Ricambiai. Le sue mani iniziarono a tastare il mio corpo, prima la vita poi il sedere. Ero bagnata. Sentivo il suo cazzo duro sul ventre. Lo guidai in camera da letto. Mi sfilò il maglione e la t-shirt. Mi spinse sul letto e lui si tolse la maglietta. Dio quanto era sexy, il suo petto era pieno di tatuaggi. Lui iniziò a baciarmi fino a scendere e togliermi i jeans. Ci guardammo per un istante e poi continuò a scendere. Scostò i miei slip e iniziò a leccare generosamente. Dio come era bravo…iniziai ad ansimare… volendo potevo già venire, ma mi trattenni e lo scostai.
Lui in piedi in fondo al letto e io in ginocchio. Spostai i miei capelli di lato e iniziai a sbottonare i jeans.. e nel mentre gli baciavo il ventre…poi eccolo. Duro, caldo. Lo misi in bocca senza esitare… iniziai a succhiarlo lentamente e con la punta della lingua a giocare con la sua cappella…capivo dal suo respiro che era piacevole. Le sue mani mi accarezzavano e stringevano i capelli… poi mi spinse via … prese un preservativo dalla tasca dei suoi pantaloni. “lo vuoi’” io risposi “si.. tu?” mordendomi il labbro inferiore. Sorrise e mi baciò. “lasciati solo guidare…” “sei tu il maestro..faccio quello che mi dici…” credo che quella risposta lo eccitò ancora di più… mi fece girare e mettere a novanta..con le sue dita accarezzò la schiena..e io la inarcai come per invitarlo ad entrare. Con la punta della lingua toccava la mia schiena, fino alle natiche. Non ce la facevo più volevo sentire il suo cazo dentro di me. Lui sempre più lentamente strofinò il suo cazzo duro sulla mia vulva ormai fradicia… poi glielo dissi “ti prego entra…” e così fece… prima lentamente assicurandosi che non facesse male e poi il ritmo cambiò…sentivo le sue palle sbattere contro il mio clitoride. Stavamo ansimando entrambi. Le sue mani erano ovunque…prima sulle natiche per aiutarmi a prendere il ritmo, poi sui seni e infine sui capelli..stringendoli e facendomi portare indietro la testa.
Cambiammo posizione, volevo salire su di lui, ma non era della stessa idea “questa sera sei mia..guido io..dopo tutto sono io il maestro.” Questo gioco di ruoli era eccitante. Aprì le gambe per invitarlo…le sue dita iniziarono a massaggiare il clitoride e ad entrare e ad uscire da me… “voglio il tuo cazzo” gli dissi in un sussurro di piacere…e così mi accontentò.. entrò ed inizio a spingere.. potevo sentirlo dentro di me..duro e gonfio. Il ritmo era serrato. Solo puro piacere…non ce la facevo a trattenere ancora l’orgasmo..volevo venire e gli sussurrai all’orecchio “o rallenti o vengo” sembrò eccitarlo ancora di più e la sua risposta fu quella di aumentare il ritmo “vieni per me”. Mi mise le braccia sopra la testa e me le fermò con una sua mano, mentre l’altra stringeva il seno. Aumento sempre di più e all’apice del godimento mi mise una mano alla bocca per non farmi urlare. Continuò a sbattermi…non volevo che uscisse da me. Liberai una mano e spinsi le sue natiche verso di me per fargli capire di continuare… continuò a spingere il suo cazzo duro dentro di me… sentivo il suo ansimare… c’era quasi…anche io stavo per avere un altro orgasmo e questa volta venimmo insieme. Si mise accanto a me.. ci guardammo e scoppiammo in una risata. “ è stato incredibile” dissi e mi baciò. Uno di quei baci che si danno alla persona con cui è nata un’intesa.. un patto segreto che nessuno di noi due avrebbe infranto.
«È tempo di rientrare nel mondo reale» dissi, sedendomi sul bordo del letto per recuperare i vestiti.«Già…» annuì lui, infilandosi la maglietta con un mezzo sorriso. «È stato bello. E decisamente… inaspettato.» Diedi un ultimo sguardo a quel corpo perfetto e sexy. Credo che se ne accorse e mi sorrise. Ci rivestimmo senza fretta. Era chiaro per entrambi che quel momento viveva in una parentesi tutta sua. Alla porta, lui si voltò un’ultima volta. «Davvero una serata… speciale, sono stato bene.» Gli sorrisi e gli diedi un ultimo bacio «ora è tempo che tu vada.»
Sapevo perfettamente chi era lui: un maestro di sci circondato da mamme che lo guardavano mentre faceva lezione. Era stata una deviazione eccitante, niente di più.
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