Scopata nel trabocco di mio zio
di
Amaranth
genere
incesti
SCOPATA NEL TRABOCCO DI MIO ZIO
Sono Annamaria e se volete conoscermi mi trovate qui:
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Ringrazio ancora i miei odiatori che, sempre più numerosi, proprio non ce la fanno a non leggere e a non votare i miei racconti: ne sono attratti in modo irresistibile, e in tal modo mi fanno una enorme pubblicità.
Grazie davvero.
Gli avvenimenti che mi accingo a raccontare risalgono a diversi anni fa, quando ero ancora una giovane ragazza che si era appena diplomata.
Infatti avevo appena sostenuto la prova orale degli esami di stato nel liceo della mia città, Torino.
Ero felicissima per il risultato conseguito e mi accingevo a iscrivermi alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Torino: la professione di avvocato mi intrigava, ma anche quella di notaio mi attraeva.
Di lì a qualche giorno sarei partita per l'Abruzzo, dove sarei stata ospite per una settimane di mio zio.
Il fratello di mio padre era un uomo molto attraente, con quella sua aria da avventuriero senza patria, maledetto e acculturato, che all'aspetto del marinaio senza radici univa la sembianza del narratore affascinante di storie di vita.
Mio zio venne a prendermi alla stazione di Pescara e poi in macchina arrivammo sul litorale di un piccolo paesino chiamato Rocca San Giovanni.
Era da qualche anno che mio zio non mi vedeva e rimase subito impressionato dalla mia figura: alta, capelli lunghi e neri, slanciata ma con tette considerevoli e sode: "Non mi aspettavo proprio di trovarmi di fronte una ragazza così avvenente...", mi disse guardandomi negli occhi, mentre io provavo un brivido di eccitazione.
Durante il viaggio in macchina mi raccontò, nel suo modo fascinoso, di come e perchè decise di acquistare casa in quel piccolo paese abruzzese quasi del tutto sconosciuto.
Giunti sul posto, lasciammo la macchina in un parcheggio improvvisato al lato della strada che costeggiava il mare e, presa la mia borsa, mio zio si incamminò per un sentiero che correva in discesa tra selvaggi canneti.
Io ero assolutamente meravigliata e chiesi a mio zio dove stessimo andando e se davvero vivesse lì.
"Vedrai, piccola", mi rispose mio zio con un sorriso malizioso.
Ancora pochi passi e ci ritrovammo sul litorale.
Enormi massi di pietra incorniciavano la piccola spiaggia ghiaiosa e, di fronte a noi, a una cinquantina di metri, una costruzione che a me ricordò una palafitta.
"Quella sarebbe la tua casa zio?", chiesi rimirando immobile quell'edificio precario.
"Il trabocco, esattamente Annamaria: sorprendente vero?"
Mio zio si fermò a rimirare la sua casa e prese a raccontarmi delle sue origini.
Ascoltavo rapita, debbo dire, mentre mio zio riprese a camminare.
Giungemmo davanti alla passerella chiusa in modo del tutto provvisorio da un cancelletto di legno, che mio zio aprì e si incamminò sulla passerella di legno che dalla terraferma conduceva a quella casetta sul mare.
"Benvenuta sul mio trabocco! - mi disse in tono entusiasta appena giungemmo- Che te ne pare Annamaria?"
Meravigliata, osservavo incuriosita.
Il rumore del mare faceva da sottofondo costante.
Le onde che delicatamente si infrangevano sul litorale alzavano piccole spire di acqua spumosa.
"Ho dotato questo trabocco di tutti i comfort: bagno, acqua corrente fredda e calda, camera da letto, soggiorno con angolo cottura e anche una piccola biblioteca. Allora?"
"Non credo ai miei occhi zio - risposi realmente affascinata - non avevo letteralmente idea..."
Zio mi fece strada all'interno del piccolo edificio.
Era tutto in legno, emanava calore, intimo ed essenziale.
Ero davvero affascinata.
Entrammo nella piccola camera da letto dove c'era un letto e un divano.
Mio zio posò la mia borsa sul letto e mi disse di riposarmi: "Hai fatto un viaggio lungo, riposati", mi disse e andò via.
Mi allungai sul letto, e appena mi fui stesa ebbi appena il tempo di guardarmi un pò intorno e di ascoltare il suono del mare che subito chiusi gli occhi e mi addormentai.
Quando mi svegliai girai un pò all'interno di quella casa strana e poi andai alla ricerca di mio zio.
Lo trovai seduto su un tronco di legno, appoggiato a una strana struttura con corde e reti da pesca, mentre fumava un sigaro.
"Ah bene, ecco la principessina che si è svegliata", mi disse abbracciandomi, e cominciò a raccontarmi la storia affascinante di quella costruzione in legno, la sua funzione, la sua rilevanza economica e sociale, il suo significato, e io ascoltavo incantata.
In quei giorni presi conoscenza dei luoghi, del mare, delle calette rocciose, dei piccoli borghi.
Ero spesso in acqua e poi a prendere il sole.
Poi, una mattina, mio zio mi chiese se ero interessata a pescare, e così mi ritrovai con la canna da pesca in mano ad aspettare che i pesci abboccassero.
Mi divertii un mondo.
Ero affacciata sul mare, appoggiata a uno dei tanti pali di sostegno su cui la casa poggiava e respiravo intensamente l'aria salmastra portata dal vento, i miei capelli volteggiavano disordinati, quando mio zio si avvicinò a me e accarezzandomi i capelli mi chiese se ero felice.
Certo che lo ero, molto, gli risposi guardandolo intensamente negli occhi che gli brillavano di desiderio.
Così non reagii quando la sua mano scese sulle mie tette e cominciò ad accarezzarmi i capezzoli, già duri e sensibili.
"Ti piace?", mi chiedeva suadente, e io ansimando leggermente rispondevo di sì, dimenandomi un pò per il piacere.
"Allora spogliati", mi disse deciso, e non me lo feci ripetere due volte.
"Lentamente...", mi disse guardandomi con desiderio.
E così, con gesti calmi e misurati iniziai a togliermi la maglietta, i pantaloncini, il reggiseno e infine gli slip.
Mi muovevo come al suono di una musica inesistente, mentre lui mi accarezzava e mi baciava dappertutto.
Mi condusse dentro casa, sul letto, dove mi fece allungare e, allargate le mie gambe, prese a leccarmi la fica, già umida di umori.
"Sei vergine?"
Naturalmente no, zio.
"E di culo?", mi chiese accarezzandomi il buco con le dita.
Si, quello si, zio, risposi con un filo di voce.
Lo vidi spogliarsi, afferrarmi per i capelli e spingermi in giù: "Fammi vedere cosa sai fare con la bocca", mi disse mettendomi il suo cazzo in bocca.
Afferrai il suo cazzo con la mano e nel contempo iniziai a leccarlo con avidità.
Divenne subito duro.
"Voglio vedere la mia sborra che ti va sulla lingua", mi disse ansimando, e nel giro di pochi secondi, mentre lo segavo con la bocca aperta e la lingua di fuori, sentii il suo sperma caldo sulla mia lingua.
Continuai a segarlo vorticosamente, fino a che i fiotti cessarono e allora lui mi afferrò per il mento e mi disse che voleva vedermi mentre ingoiavo la sua sborra.
Alzai la testa, lo guardai intensamente negli occhi, chiusi la bocca e ingoiai tutto.
Poi mi leccai le labbra con la lingua per raccogliere la sborra attorno alla bocca, mentre lui di nuovo ficcò il suo cazzo nella mia bocca per le ultime leccate.
"Ti piacerebbe scopare con un mio amico?", mi chiese con aria complice.
"In tre sarebbe bello", risposi mentre con le dita mi ripulivo dallo sperma ancora presente.
"Allora domani lo porto qui, va bene?"
"Si", risposi eccitata.
Quella notte dormii poco.
Ero eccitata all'idea di scopare con mio zio e uno sconosciuto.
Fu una notte strana, particolare, all'insegna della tensione e della libertà.
Nel buio assoluto le stelle brillavano in cielo come diamanti, mentre le voci del mare e degli animali notturni, mescolandosi, risuonavano misteriosi in una atmosfera incantata.
La mattina successiva ero appena risalita sul trabocco dopo aver fatto un bagno nel mare, quando vidi arrivare mio zio con un altro signore: sulla cinquantina, aria da pescatore.
Lo guardai.
Era rude, grosso, deciso, quasi brutale: mi eccitava.
Ero ancora in costume, quando mio zio mi condusse in camera e mi disse di spogliarmi.
Obbedii, mentre anche lui e l'amico si spogliavano.
Poi mi zio si sedette su una sedia, mentre il suo amico veniva verso di me.
"Adoro guardare", mi disse mio zio in risposta a un mio sguardo interrogativo.
"Tu scopa col mio amico, ed è come se anche io scopassi con te", mi disse mentre si accarezzava il cazzo.
Annuii col capo, mentre l'uomo cominciava a baciarmi le tette e ad accarezzarmi la fica.
Mi stesi sul letto.
"No, prima fagli un pompino", mi disse mio zio.
Allora mi rialzai, mi inginocchiai davanti all'uomo, gli presi in mano il cazzo, lo misi in bocca e iniziai a fargli un pompino.
Sapeva di mare, di salsedine, di sabbia: ne ero inebriata.
Quando il suoi cazzo fu gonfio e rigido tornai a stendermi sul letto, con le gambe larghe, mentre l'uomo, col cazzo in mano, mi allargò la fica e prese a penetrarmi.
L'uomo cominciò a spingere forte mentre con le grosse mani mi stringeva le tette, e io iniziai a sentirmi piena, a godere, mentre vedevo mio zio che ci guardava eccitato e si segava con piacere.
"Vai tu sopra, voglio vedere il tuo culo", mi disse mio zio.
E io obbedii all'istante.
Feci uscire l'uomo, che si stese sul letto, e io lo cavalcai, col cazzo nella mia fica che desiderava ancora essere sbattuta.
Iniziai a cavalcare a ritmo sempre più rapido, mentre l'uomo mi strizzava i capezzoli con vigore e ansimava eccitato.
"Non farti sborrare nella fica. In bocca, capito?", mi urlò mio zio con voce incerta mentre continuava a segarsi..
Annuii con la testa mentre venivo ancheggiando e ululando di piacere, e proprio in qual mentre l'uomo, che stava per sborrare, mi spostò con decisione, si alzò in piedi e mi afferrò per i capelli.
Mi inginocchiai immediatamente davanti a lui, aprii la bocca e cacciai la lingua: l'uomo si stava segando con veemenza e mio zio si affiancò a lui, pochi secondi e venni investita da due fiotti di sborra, potenti e caldi, che mi colpirono sulla faccia, sugli occhi e poi in bocca.
Con la lingua andavo alla ricerca della sborra che continuava a uscire dai due cazzi frementi, mentre mio zio urlava: "Fammi vedere! La tua bocca, la tua bocca piena di sborra!"
E così, quando finalmente i getti di sperma cessarono, spalancai la bocca così che mio zio potesse gustarsi lo spettacolo della mia bocca che, piena di sborra, era pronta ad ingoiare tutto lo sperma suo e dell'amico.
Ingoiai tutta la sborra che avevo in bocca e poi ripresi i loro cazzi in mano per leccarli avidamente, mentre loro con le dita grosse e ruvide andavano a raccogliere la sborra sul mio viso per farmela leccare.
"Lecca tutto, lecca per bene, puttanella", mi diceva mio zio guardandomi eccitato, e io continuai a leccare il loro cazzi fino a quando non divennero mosci.
Mio zio continuava a tenermi le mani sulla testa, e io continuavo a leccargli il cazzo, mentre il suo amico ci guardava divertito.
Lentamente, guardandolo negli occhi, continuavo a succhiargli il cazzo ancora un po' sporco di sperma, con la lingua andai a raccogliere tutte le gocce di sborra che trovai, mentre il suo amico, che mi guardava ancora affascinato ed eccitato, si rivestiva soddisfatto.
Sono Annamaria e se volete conoscermi mi trovate qui:
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Ringrazio ancora i miei odiatori che, sempre più numerosi, proprio non ce la fanno a non leggere e a non votare i miei racconti: ne sono attratti in modo irresistibile, e in tal modo mi fanno una enorme pubblicità.
Grazie davvero.
Gli avvenimenti che mi accingo a raccontare risalgono a diversi anni fa, quando ero ancora una giovane ragazza che si era appena diplomata.
Infatti avevo appena sostenuto la prova orale degli esami di stato nel liceo della mia città, Torino.
Ero felicissima per il risultato conseguito e mi accingevo a iscrivermi alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Torino: la professione di avvocato mi intrigava, ma anche quella di notaio mi attraeva.
Di lì a qualche giorno sarei partita per l'Abruzzo, dove sarei stata ospite per una settimane di mio zio.
Il fratello di mio padre era un uomo molto attraente, con quella sua aria da avventuriero senza patria, maledetto e acculturato, che all'aspetto del marinaio senza radici univa la sembianza del narratore affascinante di storie di vita.
Mio zio venne a prendermi alla stazione di Pescara e poi in macchina arrivammo sul litorale di un piccolo paesino chiamato Rocca San Giovanni.
Era da qualche anno che mio zio non mi vedeva e rimase subito impressionato dalla mia figura: alta, capelli lunghi e neri, slanciata ma con tette considerevoli e sode: "Non mi aspettavo proprio di trovarmi di fronte una ragazza così avvenente...", mi disse guardandomi negli occhi, mentre io provavo un brivido di eccitazione.
Durante il viaggio in macchina mi raccontò, nel suo modo fascinoso, di come e perchè decise di acquistare casa in quel piccolo paese abruzzese quasi del tutto sconosciuto.
Giunti sul posto, lasciammo la macchina in un parcheggio improvvisato al lato della strada che costeggiava il mare e, presa la mia borsa, mio zio si incamminò per un sentiero che correva in discesa tra selvaggi canneti.
Io ero assolutamente meravigliata e chiesi a mio zio dove stessimo andando e se davvero vivesse lì.
"Vedrai, piccola", mi rispose mio zio con un sorriso malizioso.
Ancora pochi passi e ci ritrovammo sul litorale.
Enormi massi di pietra incorniciavano la piccola spiaggia ghiaiosa e, di fronte a noi, a una cinquantina di metri, una costruzione che a me ricordò una palafitta.
"Quella sarebbe la tua casa zio?", chiesi rimirando immobile quell'edificio precario.
"Il trabocco, esattamente Annamaria: sorprendente vero?"
Mio zio si fermò a rimirare la sua casa e prese a raccontarmi delle sue origini.
Ascoltavo rapita, debbo dire, mentre mio zio riprese a camminare.
Giungemmo davanti alla passerella chiusa in modo del tutto provvisorio da un cancelletto di legno, che mio zio aprì e si incamminò sulla passerella di legno che dalla terraferma conduceva a quella casetta sul mare.
"Benvenuta sul mio trabocco! - mi disse in tono entusiasta appena giungemmo- Che te ne pare Annamaria?"
Meravigliata, osservavo incuriosita.
Il rumore del mare faceva da sottofondo costante.
Le onde che delicatamente si infrangevano sul litorale alzavano piccole spire di acqua spumosa.
"Ho dotato questo trabocco di tutti i comfort: bagno, acqua corrente fredda e calda, camera da letto, soggiorno con angolo cottura e anche una piccola biblioteca. Allora?"
"Non credo ai miei occhi zio - risposi realmente affascinata - non avevo letteralmente idea..."
Zio mi fece strada all'interno del piccolo edificio.
Era tutto in legno, emanava calore, intimo ed essenziale.
Ero davvero affascinata.
Entrammo nella piccola camera da letto dove c'era un letto e un divano.
Mio zio posò la mia borsa sul letto e mi disse di riposarmi: "Hai fatto un viaggio lungo, riposati", mi disse e andò via.
Mi allungai sul letto, e appena mi fui stesa ebbi appena il tempo di guardarmi un pò intorno e di ascoltare il suono del mare che subito chiusi gli occhi e mi addormentai.
Quando mi svegliai girai un pò all'interno di quella casa strana e poi andai alla ricerca di mio zio.
Lo trovai seduto su un tronco di legno, appoggiato a una strana struttura con corde e reti da pesca, mentre fumava un sigaro.
"Ah bene, ecco la principessina che si è svegliata", mi disse abbracciandomi, e cominciò a raccontarmi la storia affascinante di quella costruzione in legno, la sua funzione, la sua rilevanza economica e sociale, il suo significato, e io ascoltavo incantata.
In quei giorni presi conoscenza dei luoghi, del mare, delle calette rocciose, dei piccoli borghi.
Ero spesso in acqua e poi a prendere il sole.
Poi, una mattina, mio zio mi chiese se ero interessata a pescare, e così mi ritrovai con la canna da pesca in mano ad aspettare che i pesci abboccassero.
Mi divertii un mondo.
Ero affacciata sul mare, appoggiata a uno dei tanti pali di sostegno su cui la casa poggiava e respiravo intensamente l'aria salmastra portata dal vento, i miei capelli volteggiavano disordinati, quando mio zio si avvicinò a me e accarezzandomi i capelli mi chiese se ero felice.
Certo che lo ero, molto, gli risposi guardandolo intensamente negli occhi che gli brillavano di desiderio.
Così non reagii quando la sua mano scese sulle mie tette e cominciò ad accarezzarmi i capezzoli, già duri e sensibili.
"Ti piace?", mi chiedeva suadente, e io ansimando leggermente rispondevo di sì, dimenandomi un pò per il piacere.
"Allora spogliati", mi disse deciso, e non me lo feci ripetere due volte.
"Lentamente...", mi disse guardandomi con desiderio.
E così, con gesti calmi e misurati iniziai a togliermi la maglietta, i pantaloncini, il reggiseno e infine gli slip.
Mi muovevo come al suono di una musica inesistente, mentre lui mi accarezzava e mi baciava dappertutto.
Mi condusse dentro casa, sul letto, dove mi fece allungare e, allargate le mie gambe, prese a leccarmi la fica, già umida di umori.
"Sei vergine?"
Naturalmente no, zio.
"E di culo?", mi chiese accarezzandomi il buco con le dita.
Si, quello si, zio, risposi con un filo di voce.
Lo vidi spogliarsi, afferrarmi per i capelli e spingermi in giù: "Fammi vedere cosa sai fare con la bocca", mi disse mettendomi il suo cazzo in bocca.
Afferrai il suo cazzo con la mano e nel contempo iniziai a leccarlo con avidità.
Divenne subito duro.
"Voglio vedere la mia sborra che ti va sulla lingua", mi disse ansimando, e nel giro di pochi secondi, mentre lo segavo con la bocca aperta e la lingua di fuori, sentii il suo sperma caldo sulla mia lingua.
Continuai a segarlo vorticosamente, fino a che i fiotti cessarono e allora lui mi afferrò per il mento e mi disse che voleva vedermi mentre ingoiavo la sua sborra.
Alzai la testa, lo guardai intensamente negli occhi, chiusi la bocca e ingoiai tutto.
Poi mi leccai le labbra con la lingua per raccogliere la sborra attorno alla bocca, mentre lui di nuovo ficcò il suo cazzo nella mia bocca per le ultime leccate.
"Ti piacerebbe scopare con un mio amico?", mi chiese con aria complice.
"In tre sarebbe bello", risposi mentre con le dita mi ripulivo dallo sperma ancora presente.
"Allora domani lo porto qui, va bene?"
"Si", risposi eccitata.
Quella notte dormii poco.
Ero eccitata all'idea di scopare con mio zio e uno sconosciuto.
Fu una notte strana, particolare, all'insegna della tensione e della libertà.
Nel buio assoluto le stelle brillavano in cielo come diamanti, mentre le voci del mare e degli animali notturni, mescolandosi, risuonavano misteriosi in una atmosfera incantata.
La mattina successiva ero appena risalita sul trabocco dopo aver fatto un bagno nel mare, quando vidi arrivare mio zio con un altro signore: sulla cinquantina, aria da pescatore.
Lo guardai.
Era rude, grosso, deciso, quasi brutale: mi eccitava.
Ero ancora in costume, quando mio zio mi condusse in camera e mi disse di spogliarmi.
Obbedii, mentre anche lui e l'amico si spogliavano.
Poi mi zio si sedette su una sedia, mentre il suo amico veniva verso di me.
"Adoro guardare", mi disse mio zio in risposta a un mio sguardo interrogativo.
"Tu scopa col mio amico, ed è come se anche io scopassi con te", mi disse mentre si accarezzava il cazzo.
Annuii col capo, mentre l'uomo cominciava a baciarmi le tette e ad accarezzarmi la fica.
Mi stesi sul letto.
"No, prima fagli un pompino", mi disse mio zio.
Allora mi rialzai, mi inginocchiai davanti all'uomo, gli presi in mano il cazzo, lo misi in bocca e iniziai a fargli un pompino.
Sapeva di mare, di salsedine, di sabbia: ne ero inebriata.
Quando il suoi cazzo fu gonfio e rigido tornai a stendermi sul letto, con le gambe larghe, mentre l'uomo, col cazzo in mano, mi allargò la fica e prese a penetrarmi.
L'uomo cominciò a spingere forte mentre con le grosse mani mi stringeva le tette, e io iniziai a sentirmi piena, a godere, mentre vedevo mio zio che ci guardava eccitato e si segava con piacere.
"Vai tu sopra, voglio vedere il tuo culo", mi disse mio zio.
E io obbedii all'istante.
Feci uscire l'uomo, che si stese sul letto, e io lo cavalcai, col cazzo nella mia fica che desiderava ancora essere sbattuta.
Iniziai a cavalcare a ritmo sempre più rapido, mentre l'uomo mi strizzava i capezzoli con vigore e ansimava eccitato.
"Non farti sborrare nella fica. In bocca, capito?", mi urlò mio zio con voce incerta mentre continuava a segarsi..
Annuii con la testa mentre venivo ancheggiando e ululando di piacere, e proprio in qual mentre l'uomo, che stava per sborrare, mi spostò con decisione, si alzò in piedi e mi afferrò per i capelli.
Mi inginocchiai immediatamente davanti a lui, aprii la bocca e cacciai la lingua: l'uomo si stava segando con veemenza e mio zio si affiancò a lui, pochi secondi e venni investita da due fiotti di sborra, potenti e caldi, che mi colpirono sulla faccia, sugli occhi e poi in bocca.
Con la lingua andavo alla ricerca della sborra che continuava a uscire dai due cazzi frementi, mentre mio zio urlava: "Fammi vedere! La tua bocca, la tua bocca piena di sborra!"
E così, quando finalmente i getti di sperma cessarono, spalancai la bocca così che mio zio potesse gustarsi lo spettacolo della mia bocca che, piena di sborra, era pronta ad ingoiare tutto lo sperma suo e dell'amico.
Ingoiai tutta la sborra che avevo in bocca e poi ripresi i loro cazzi in mano per leccarli avidamente, mentre loro con le dita grosse e ruvide andavano a raccogliere la sborra sul mio viso per farmela leccare.
"Lecca tutto, lecca per bene, puttanella", mi diceva mio zio guardandomi eccitato, e io continuai a leccare il loro cazzi fino a quando non divennero mosci.
Mio zio continuava a tenermi le mani sulla testa, e io continuavo a leccargli il cazzo, mentre il suo amico ci guardava divertito.
Lentamente, guardandolo negli occhi, continuavo a succhiargli il cazzo ancora un po' sporco di sperma, con la lingua andai a raccogliere tutte le gocce di sborra che trovai, mentre il suo amico, che mi guardava ancora affascinato ed eccitato, si rivestiva soddisfatto.
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