La foto Nuda
di
Maschio Veroo
genere
etero
La foto era il suo Vicolo Stretto. Non era appesa, ma semplicemente appoggiata, senza cornice, su una pila di libri rilegati in pelle. Ritraeva una donna di bellezza disarmante, la cui figura nuda era l'unica fonte viva nella composizione di ‘natura morta’. Ma non era un'immagine, era una teoria filosofica ridotta in muscoli, pelle e sangue. L’uomo, un giornalista di professione, la chiamava tra sé e sé, semplicemente e silenziosamente Eva, per l’assenza di un nome reale, e perché rappresentava il rischio l'origine di un nuovo, inesplicabile peccato. L'ossessione dell'uomo non era per la nudità, ma per l'anonimato. La foto era priva di contesto: nessuno sfondo, nessun dettaglio riconoscibile, nessuna ombra che potesse svelare un luogo o un'ora. Rappresentava esattamente il punto zero geografico e temporale di una curiosità spingente. Eva, in definitiva, era un concetto astratto ma puro. L'uomo passava le notti a studiarla con la lente d'ingrandimento, non per scrutare i dettagli, ma per cercare una semplice traccia, una singola infinitesimale prova della sua esistenza nel mondo reale. Cercava l'ombra proiettata, la cui geometria avrebbe potuto misurare il tempo. Cercava un granello di polvere che tradisse una origine. Si era convinto, infine, che la foto non ritraesse un corpo, ma che fosse una riserva di valore non negoziabile. La sua bellezza era il punto esclamativo; la sua anonimità il caveau impenetrabile.
L'uomo capì che la sua ricerca era vana. Eva non era una persona, ma un algoritmo di un desiderio pudico. Era l'equivalente visivo del rimandare tutto a domani.
Un giorno, l'uomo prese un pennarello indelebile e, con la precisione di un chirurgo insicuro, tracciò una piccola, perfetta, X rossa sull'immagine, proprio sopra il punto in cui, in una mappa, si segna un tesoro. Non era vandalismo, ma accettazione.
E ammise a se stesso: "Ecco. Ora sì. La sua identità non è il nome, ma il punto interrogativo inciso su un’anima. Il tesoro definito solo dall’irraggiungibilità. La foto non era più un oggetto di desiderio, ma un fallimento calcolato. Il suo anonimato non era un ostacolo, ma la sua essenza: la bellezza non risiede nel dettaglio, ma nella perfetta, ininterrotta, assenza di informazioni. Lui si allontanò dalla pila di libri, finalmente libero. Aveva compreso la lezione definitiva: l'unica cosa più potente della nudità è l'impossibilità di contestualizzazione. Il desiderio aveva finalmente raggiunto la sua bancarotta emotiva, e, paradossalmente, proprio in quell'assenza di possesso, aveva trovato il suo unico vero valore.
L'uomo capì che la sua ricerca era vana. Eva non era una persona, ma un algoritmo di un desiderio pudico. Era l'equivalente visivo del rimandare tutto a domani.
Un giorno, l'uomo prese un pennarello indelebile e, con la precisione di un chirurgo insicuro, tracciò una piccola, perfetta, X rossa sull'immagine, proprio sopra il punto in cui, in una mappa, si segna un tesoro. Non era vandalismo, ma accettazione.
E ammise a se stesso: "Ecco. Ora sì. La sua identità non è il nome, ma il punto interrogativo inciso su un’anima. Il tesoro definito solo dall’irraggiungibilità. La foto non era più un oggetto di desiderio, ma un fallimento calcolato. Il suo anonimato non era un ostacolo, ma la sua essenza: la bellezza non risiede nel dettaglio, ma nella perfetta, ininterrotta, assenza di informazioni. Lui si allontanò dalla pila di libri, finalmente libero. Aveva compreso la lezione definitiva: l'unica cosa più potente della nudità è l'impossibilità di contestualizzazione. Il desiderio aveva finalmente raggiunto la sua bancarotta emotiva, e, paradossalmente, proprio in quell'assenza di possesso, aveva trovato il suo unico vero valore.
3
voti
voti
valutazione
7
7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La zucchina volenterosa
Commenti dei lettori al racconto erotico