Vacanze in campagna 2
di
PandaSolitario
genere
incesti
Se vi interessa leggere la terza parte fatemelo sapere con un commento o una mail, per consigli, chiacchiere o domande varie: pandasolitario77@gmail.
Per una migliore comprensione consiglio la lettura della prima parte, Vacanze in campagna (1?).
Dopo la buonanotte salimmo tutti in camera, ognuno nella propria. Entrai nella mia che mi girava la testa, avevo un casino tra emozioni, pensieri e sensazioni che non riuscivo a focalizzarmi su niente. E avevo caldo. Avevo tanto caldo. Aprii la finestra che dava dai campi, suoni di grilli e di foglie che si muovevano al vento. Sentivo l'aria fresca che mi accarezzava il volto, presi un profondo e lungo respiro, l'aria fresca mi invase i polmoni, ricordo perfettamente quella sensazione, fu un balsamo. Mi tolsi la maglia ed il pantalone, spostai il letto direttamente davanti alla finestra, mi ci stesi sopra. L'aria fresca mi massaggiava come una massaggiatrice esotica, la mente si stava rilassando, tutto il rumore scomparve e rimasero poche cose, rimasero così poche cose che si potevano contare sulle dita di una mano, su due dita. Erano due cose. Due gambe. Le due gambe di quella femmina di mia madre. Il pensiero di quella pelle sotto le mie mani, la sua bocca leggermente aperta, il suo colore, il suo calore, il suo odore. Il mio respiro stava accelerando, il mio bisogno di spogliarmi completamente divenne impellente e mi tolsi i boxer. Rimasi nudo. Guardai il mio pene e vidi un palo venoso e turgido allo stremo, la cappella di un colore rosso vivo chiedeva pietà, le palle ribollivano di desiderio e così lo afferrai. La mente vagò direttamente alle cosce di mia madre, al centro di esse, al momento in cui, se mia nonna non avesse rotto le palle, avrei spostato quel candido tessuto fino a toccare la sua vagina. Intanto la mia mano saliva e scendeva tenendo stretto il mio pene, si muoveva furiosamente, non avevo mai sentito così forte il momento di sborrare così, mia madre mi trasformava in una bestia. Intanto la mia mente continuava a pensare alla vagina di mia madre, ai suoi umori, densi e copiosi, alle mie dita che si facevano strada tra le sue grandi labbra, per incontrare le piccole labbra. Nel mentre non riuscii più a trattenermi e un fiotto di sperma uscii da me per andare chissà dove. Cosa mi stava succedendo? La mia mano non si fermava, com'è possibile? Avevo ancora voglia. Avevo ancora voglia di mia madre. Sentivo la cappella dolorante, il mio fiato corto e accelerato, dovevo soffocare i gemiti mentre la mano aumentava il proprio ritmo. Più entravo, con le mie dita, nella vagina di mia madre, purtroppo solo con la mente, più la mia mano aumentava e più la mia mano aumentava più le mie gambe tremavano, più i miei morsi alle labbra per soffocare i gemiti diventavano forti, più il mio pene mi doleva. Dopo molto poco tempo un altro fiotto di sperma venne sputato chissà dove dal mio pene. Venni ed ebbi uno degli orgasmi più forti che io riesca a ricordare. Il mio corpo si abbandonò completamente sul materasso completamente zuppo di sudore. Avevo il fiatone neanche avessi corso per chilometri. Il mio pene non accennava a rilassarsi ma il dolore era troppo grande per continuare. Ricordo che chiusi gli occhi per un momento. Mi svegliai con il sole in faccia, era mattina. Mi svegliai con la bocca impastata e con un forte odore di sudore e sperma addosso, mi alzai dal letto stiracchiando e andai nel bagno in camera. Feci pipì e notai che l'alzabandiera era molto più presente a se stesso di me, sorrisi pensando alla resistenza che dimostravo e che mai avrei pensato di avere. Mi buttai in doccia e feci una doccia completamente gelata. Mi riebbi subito e finalmente mi svegliai del tutto. Mi vestii con una maglietta a maniche corte e un pantaloncino sotto al ginocchio stavolta, per evitare inconvenienti e "fuoriuscite" spiacevoli. Inforcai il primo paio di calzini puliti che pesci dal cassetto e misi le scarpe da lavoro. Scesi le scale e in cucina venni travolto da un forte odore di torta di mele, il cavallo di battaglia di nonna, e caffè. Baciai nonna in fronte, presi una gigantesca fetta di torta e una ancora più gigantesca tazza di caffè e mi sedetti al tavolo. Avevo una fame pazzesca. Sbranai la fetta di torta e ne presi un'altra, finii anche il secondo pezzo in pochissimi secondi e mi fermai, satollo e soddisfatto, a bere il caffè e a parlare con nonna del lavoro che ci stava aspettando. Mentre parlavamo scese mia zia, camicetta azzurra consumata, shorts di jeans e stivali. Io e nonna la guardammo e zia disse: "buongiorno, cosa c'è da guardare?", risposi: "niente zia, quanti vitelli hai preso al rodeo?", ridemmo tutti di gusto, zia iniziò a fare colazione quando scese anche mia madre, il mio umore cambiò, da solare divenne affamato, anche il mio respiro di fece più corto. Aveva una canottiera e gli slip, scese le scale lamentandosi del sonno, dicendo: "buongiorno un cazzo, avevo dimenticato quanto ci si svegliava presto in campagna", nonna le rispose subito: "Maria cosa ci fai vestita così? Non sei ancora pronta per il lavoro? Non siamo ai tuoi uffici qui sei nei campi!", mia madre rispose: "Má sei sempre così accomodante di prima mattina? Gentilmente mi versi una tazza di caffè? Ti prometto che appena la finisco vado a vestirmi", nonna rispose: "Marí mi farai impazzire, ecco il caffè, ci vuoi un po' di latte?", mamma ammiccò verso di me e rispose, scostandosi la bretella destra della canottiera, esponendo il seno: "tranquilla má il latte ce lo metto io!", ridemmo tutti, persino io anche se non staccai gli occhi dal seno di mia madre. Un pezzo di carne levigato alla perfezione. Delle piccole vene si intravedevano sottopelle, disegnando un dolce mosaico appena percettibile che spariva sotto la curva che delimitava la pelle abbronzata da quella non abbronzata. La mole di quel seno era gigantesca, una forma perfetta che concludeva con un areola grande e scura, di un marrone vivo al cui centro c'era un capezzolo già eretto, forse dal fresco che entrava in cucina o chissà, forse da altro, grande e magnifico, scuro e pronto per essere succhiato, tirato, morso, pizzicato, schiaffeggiato. La mia mente, i miei occhi, il mio corpo, tutto era concentrato su quell'immagine, su quel singolo pezzo di carne, che io bramavo. Il mio delirio di desidero venne interrotto da mio nonno, il quale entrò in cucina urlando: "a lavoro forza, Maria nei campi con tua nipote, Giada con tuo nipote sul trattore, così gli insegni come si guida". Nonno chiamò tutto all'ordine ed io e mia zia uscimmo subito. Andammo al capanno del trattore in silenzio, pensandoci bene io e mia zia non avevamo tutto questo grande rapporto, non abbiamo mai approfondito più di tanto, non ricordo un discorso profondo o intimo, ci vedevamo solo nelle ricorrenze, io ero il nipote e lei la zia. Il nostro rapporto di limitava a questo. Entrati nel capanno zia salii sul trattore, io tolsi i ceppi, aprii il portone e salii sul trattore anche io. Dopo un po' di tempo di silenzio zia disse: "Sai Luca alcune cose sono normali, non dobbiamo vergognarci, ma dobbiamo stare attenti", io incredulo e sinceramente sorpreso risposi: "a cosa ti riferisci zia?", lei mi guardò e rispose: "mi riferisco alla tua camera", risposi: "zia cosa ha la mia camera che non va? Non capisco a cosa ti riferisci", zia sospirò e .i rispose: "Luca sono entrata per chiamarti stamattina, c'era sperma ovunque, appena ho messo piede sul tuo pavimento non ti dico cosa ho calpestato", io paonazzo dalla vergogna pensai che effettivamente avevo schizzato senza interessarmi di pulire dopo, inghiottì a fatica e risposi: "zia scusami non so cosa mi sia preso io non...", mi interruppe dicendo: "Luca so benissimo cosa provi, la campagna, il lavoro, il sudore, la mascolinità che riemerge ed il testosterone che aumenta, non preoccuparti è normale anche a me fa un certo effetto non credere, sono più attiva con il mio corpo, è naturale", io incuriosito da questa apertura intima di zia risposi: "zia ma quindi ti masturbi anche tu?", lei rispose quasi infastidita: "Cosa credi? Che sia di pietra? È fisiologico, tutti ci masturbiamo e anche io mi masturbo, tua cugina si masturba, tua madre si masturba, è normale", chiesi: "come fai a sapere che mia cugina si masturba?", mi guardò e rispose: "perché sono dell'idea se uno deve fare una cosa la deve fare bene, ho fatto un lavoro di educazione sessuale e consapevolezza sessuale, pensa le ho addirittura comprato un sex toy con il quale divertirsi", io dissi: "che genere di sex toy?", lei rise e rispose: "un dildo di 15 centimetri, voglio che si diverta non che si sfondi!". Ridemmo entrambi, questa apertura sulla sua intimità mi fece riflettere, forse il nostro rapporto avrebbe potuto essere meno superficiale e più personale, mi avrebbe fatto piacere. Dopo qualche attimo di silenzio chiesi: "zia e tu con cosa ti masturbi?", lei mi guardò con un sorrisino sornione e rispose: "con qualcosa che non ti riguarda porcello, vedo il gonfiore nei tuoi pantaloncini, scambiamoci di posto, guida questo mausoleo così posso rilassarmi un po'". Facemmo cambio posto e mi misi alla guida del trattore, in mezzo al campo passarono le ore, zia dormí ed io guidai tutta la mattinata , arrivati a pranzo zia, svegliatasi, disse: "fermati alla prima ombra che vedi e pranziamo, ho una fame che non ci vedo!", mi fermai pochi metri dopo e prendemmo il contenuto della busta che nonna ci aveva dato prima che uscissimo di casa, c'erano due bottiglie di vino e due panini con il salame, li prendemmo e iniziammo a mangiare. "Buoni questi panini" dissi io, zia rispose: "si, molto buoni peccato che sia solo uno, fortuna che tua nonna ci ha dato anche del vino con il quale farli scendere, anche se due bottiglie mi sembrano un po' esagerate", risposi: "non siamo nella campagna? Tutto è esagerato, quantità di vino, aria buona, fisicità", quest'ultima parola la lasciai un po' appesa, volevo riprendere quella intimità che si era creata prima con lei, non la volevo perdere, zia mi guardò e rispose: "si hai ragione, fanculo tutto beviamoci su". Bevemmo un paio di bicchieri a testa. Zia ingoiò il boccone che aveva in bocca e disse: "prima hai detto fisicità ed ho ripensato allo sperma in camera tua, per te dev'essere duro stare qui, fondamentalmente senza occasioni per divertirti un po'", risposi: "ammetto che è strano, non mi sento solo ma è vero le occasioni di divertimento non sono molte, è strano però, siamo isolati, intrappolati forse in giornate tutte uguali, in fin dei conti sono tutte un sveglia-lavora-dormi eppure non mi sono mai sentito così libero", lei mi guardò intensamente, con una luce di vivido interesse negli occhi, rispose: "hai centrato punto, hai capito il perché io e tua madre abbiamo voluto fortemente stare qui questa estate, per ritrovarci tra di noi e con noi stesse, sperando che fosse utile anche per voi. Io qui mi sento una donna libera, non indosso calzini, non indosso reggiseni, non ho pieghe o trucchi particolari, non sto attenta a coprirmi il giusto, posso fare ciò che voglio e questa cosa mi fa sentire viva." Guardai mia zia, la osservai e vidi una donna di 40 anni, con i capelli biondo scuro corti, fin sopra la spalla direi ma che ora erano raccolti in una coda lasciata cadere al centro della schiena, un viso dai lineamenti dolci con occhi verdi ed un paio di labbra che non definirei carnose ma con una forma perfetta. Scendendo più giù notai un collo sinuoso ed un corpo minuto ma formoso, aveva sicuramente una quarta di seno, molto abbondante per il suo fisico, la camicetta le metteva in risalto i capezzoli, visibilissimi sotto il tessuto stinto. Ancora più giù c'era una vita stretta, cinta da degli shorts che non lasciavano nulla all'immaginazione, il culo era scolpito e le cosce degne di una statua greca, gli anni di palestra avevano dato i loro frutti. Intanto mi accorsi che il mio respiro di fece più veloce, la bocca secca, la fame aumentava e non fame di cibo ma fame di carne, cosa mi stava succedendo? Anche con zia? Non bastava mia madre adesso anche mia zia?. Le domande lasciarono spazio ad una potente erezione, cercai di sistemarmi in modo tale da non renderla ancora più visibile e mi riempii un altro bicchiere di vino, sperando che l'alcool annebbiasse i sensi. Zia mi guardò e disse: "riempi anche a me un altro bicchiere, voglio ubriacarmi tanto guidi tu". Riempii un altro bicchiere ed un altro, un altro ancora , finimmo una bottiglia e arrivammo a metà della seconda, zia più beveva e più rideva, io più bevevo, più mi eccitavo, più la desideravo. Ci alzammo barcollando e ci avviammo verso il trattore. Stavamo per salire quando zia inciampò ed io la afferrai, nel gesto repentino la afferrai per un seno, il tempo di fermò. Avevo la mano che afferrava quel pezzo di carne sodo ed eccitante, sentivo il capezzolo sul palmo della mano, non so se zia se ne rese conto o meno la io strizzai con tutte le mie forze. Dopo qualche attimo zia mi dice: "tesoro grazie mi hai preso al volo, che stretta però mi hai quasi strappato una tetta", io, credendo di aver esagerato risposi: "scusa zia non mi sono reso conto di averti preso proprio dal seno", zia mi guardò e disse: "so benissimo che sapevi perfettamente cosa facevi, a questo punto tocca bene", si abbassó la camicetta esponendo i suoi seni perfetti. Formavano delle curve perfette con le areole piccole, molto piccole e scure, così scure da sembrare nere al cui centro c'erano due capezzoli piccoli ma turgidissimi. Mi prese le mani e me le portò sulle sue tette, una per seno. Ed eravamo così, davanti al trattore con lei che mi teneva le mani sui suoi seni ed io che strizzavo e massaggiavo, tiravo e schiacciavo. Il mio pene stava esplodendo nei pantaloni, avevo voglia di lei, la desideravo, ogni cellula del mio corpo desiderava quella donna. Zia con la testa piegata all'indietro si fece scappare: "finalmente delle mani che mi toccano", mi stavo avvicinando con il viso a quei seni perfetti quando, scrollando la testa disse: "tesoro guarda cosa mi fai fare, questa campagna accende pericolosi istinti", io dissi: "ma no zia siamo solo io e te cosa può mai succedere?", ma zia non volle sapere niente, si riverstí e mi disse: "proprio perché siamo io e te non va bene, metti in moto forza". Mi ritrovai alla guida del trattore con mal di testa, mal di pene e deluso, eccitato e deluso anzi. Con zia ero riuscito a rompere il muro del qualunquismo e questo mi faceva piacere ma poi tutto si era interrotto bruscamente. Questo mi fece riflettere su molte cose, è stato giusto desiderare zia? È stato giusto addirittura toccarla? Ho rovinato qualcosa? Ho esagerato? Mentre mi ponevo tutte queste domande arrivammo al capanno. Parcheggiai e scendemmo, dal trattore, scesi prima io per aiutare zia porgendole la mano ma mi ignorò dicendomi, senza guardarmi: "ci vediamo a cena". Salii in camera pensieroso, mi spogliai e andai sotto la doccia. Non mi rinfrescò le idee ma sicuramente mi aiutò a sentirmi meglio, mi stesi sul letto con i miei mille pensieri. Mi addormentai e non so che ora fosse, il sole era ormai calato da tempo, quando mi svegliai con il bussare di qualcuno alla porta della mia camera.
Per una migliore comprensione consiglio la lettura della prima parte, Vacanze in campagna (1?).
Dopo la buonanotte salimmo tutti in camera, ognuno nella propria. Entrai nella mia che mi girava la testa, avevo un casino tra emozioni, pensieri e sensazioni che non riuscivo a focalizzarmi su niente. E avevo caldo. Avevo tanto caldo. Aprii la finestra che dava dai campi, suoni di grilli e di foglie che si muovevano al vento. Sentivo l'aria fresca che mi accarezzava il volto, presi un profondo e lungo respiro, l'aria fresca mi invase i polmoni, ricordo perfettamente quella sensazione, fu un balsamo. Mi tolsi la maglia ed il pantalone, spostai il letto direttamente davanti alla finestra, mi ci stesi sopra. L'aria fresca mi massaggiava come una massaggiatrice esotica, la mente si stava rilassando, tutto il rumore scomparve e rimasero poche cose, rimasero così poche cose che si potevano contare sulle dita di una mano, su due dita. Erano due cose. Due gambe. Le due gambe di quella femmina di mia madre. Il pensiero di quella pelle sotto le mie mani, la sua bocca leggermente aperta, il suo colore, il suo calore, il suo odore. Il mio respiro stava accelerando, il mio bisogno di spogliarmi completamente divenne impellente e mi tolsi i boxer. Rimasi nudo. Guardai il mio pene e vidi un palo venoso e turgido allo stremo, la cappella di un colore rosso vivo chiedeva pietà, le palle ribollivano di desiderio e così lo afferrai. La mente vagò direttamente alle cosce di mia madre, al centro di esse, al momento in cui, se mia nonna non avesse rotto le palle, avrei spostato quel candido tessuto fino a toccare la sua vagina. Intanto la mia mano saliva e scendeva tenendo stretto il mio pene, si muoveva furiosamente, non avevo mai sentito così forte il momento di sborrare così, mia madre mi trasformava in una bestia. Intanto la mia mente continuava a pensare alla vagina di mia madre, ai suoi umori, densi e copiosi, alle mie dita che si facevano strada tra le sue grandi labbra, per incontrare le piccole labbra. Nel mentre non riuscii più a trattenermi e un fiotto di sperma uscii da me per andare chissà dove. Cosa mi stava succedendo? La mia mano non si fermava, com'è possibile? Avevo ancora voglia. Avevo ancora voglia di mia madre. Sentivo la cappella dolorante, il mio fiato corto e accelerato, dovevo soffocare i gemiti mentre la mano aumentava il proprio ritmo. Più entravo, con le mie dita, nella vagina di mia madre, purtroppo solo con la mente, più la mia mano aumentava e più la mia mano aumentava più le mie gambe tremavano, più i miei morsi alle labbra per soffocare i gemiti diventavano forti, più il mio pene mi doleva. Dopo molto poco tempo un altro fiotto di sperma venne sputato chissà dove dal mio pene. Venni ed ebbi uno degli orgasmi più forti che io riesca a ricordare. Il mio corpo si abbandonò completamente sul materasso completamente zuppo di sudore. Avevo il fiatone neanche avessi corso per chilometri. Il mio pene non accennava a rilassarsi ma il dolore era troppo grande per continuare. Ricordo che chiusi gli occhi per un momento. Mi svegliai con il sole in faccia, era mattina. Mi svegliai con la bocca impastata e con un forte odore di sudore e sperma addosso, mi alzai dal letto stiracchiando e andai nel bagno in camera. Feci pipì e notai che l'alzabandiera era molto più presente a se stesso di me, sorrisi pensando alla resistenza che dimostravo e che mai avrei pensato di avere. Mi buttai in doccia e feci una doccia completamente gelata. Mi riebbi subito e finalmente mi svegliai del tutto. Mi vestii con una maglietta a maniche corte e un pantaloncino sotto al ginocchio stavolta, per evitare inconvenienti e "fuoriuscite" spiacevoli. Inforcai il primo paio di calzini puliti che pesci dal cassetto e misi le scarpe da lavoro. Scesi le scale e in cucina venni travolto da un forte odore di torta di mele, il cavallo di battaglia di nonna, e caffè. Baciai nonna in fronte, presi una gigantesca fetta di torta e una ancora più gigantesca tazza di caffè e mi sedetti al tavolo. Avevo una fame pazzesca. Sbranai la fetta di torta e ne presi un'altra, finii anche il secondo pezzo in pochissimi secondi e mi fermai, satollo e soddisfatto, a bere il caffè e a parlare con nonna del lavoro che ci stava aspettando. Mentre parlavamo scese mia zia, camicetta azzurra consumata, shorts di jeans e stivali. Io e nonna la guardammo e zia disse: "buongiorno, cosa c'è da guardare?", risposi: "niente zia, quanti vitelli hai preso al rodeo?", ridemmo tutti di gusto, zia iniziò a fare colazione quando scese anche mia madre, il mio umore cambiò, da solare divenne affamato, anche il mio respiro di fece più corto. Aveva una canottiera e gli slip, scese le scale lamentandosi del sonno, dicendo: "buongiorno un cazzo, avevo dimenticato quanto ci si svegliava presto in campagna", nonna le rispose subito: "Maria cosa ci fai vestita così? Non sei ancora pronta per il lavoro? Non siamo ai tuoi uffici qui sei nei campi!", mia madre rispose: "Má sei sempre così accomodante di prima mattina? Gentilmente mi versi una tazza di caffè? Ti prometto che appena la finisco vado a vestirmi", nonna rispose: "Marí mi farai impazzire, ecco il caffè, ci vuoi un po' di latte?", mamma ammiccò verso di me e rispose, scostandosi la bretella destra della canottiera, esponendo il seno: "tranquilla má il latte ce lo metto io!", ridemmo tutti, persino io anche se non staccai gli occhi dal seno di mia madre. Un pezzo di carne levigato alla perfezione. Delle piccole vene si intravedevano sottopelle, disegnando un dolce mosaico appena percettibile che spariva sotto la curva che delimitava la pelle abbronzata da quella non abbronzata. La mole di quel seno era gigantesca, una forma perfetta che concludeva con un areola grande e scura, di un marrone vivo al cui centro c'era un capezzolo già eretto, forse dal fresco che entrava in cucina o chissà, forse da altro, grande e magnifico, scuro e pronto per essere succhiato, tirato, morso, pizzicato, schiaffeggiato. La mia mente, i miei occhi, il mio corpo, tutto era concentrato su quell'immagine, su quel singolo pezzo di carne, che io bramavo. Il mio delirio di desidero venne interrotto da mio nonno, il quale entrò in cucina urlando: "a lavoro forza, Maria nei campi con tua nipote, Giada con tuo nipote sul trattore, così gli insegni come si guida". Nonno chiamò tutto all'ordine ed io e mia zia uscimmo subito. Andammo al capanno del trattore in silenzio, pensandoci bene io e mia zia non avevamo tutto questo grande rapporto, non abbiamo mai approfondito più di tanto, non ricordo un discorso profondo o intimo, ci vedevamo solo nelle ricorrenze, io ero il nipote e lei la zia. Il nostro rapporto di limitava a questo. Entrati nel capanno zia salii sul trattore, io tolsi i ceppi, aprii il portone e salii sul trattore anche io. Dopo un po' di tempo di silenzio zia disse: "Sai Luca alcune cose sono normali, non dobbiamo vergognarci, ma dobbiamo stare attenti", io incredulo e sinceramente sorpreso risposi: "a cosa ti riferisci zia?", lei mi guardò e rispose: "mi riferisco alla tua camera", risposi: "zia cosa ha la mia camera che non va? Non capisco a cosa ti riferisci", zia sospirò e .i rispose: "Luca sono entrata per chiamarti stamattina, c'era sperma ovunque, appena ho messo piede sul tuo pavimento non ti dico cosa ho calpestato", io paonazzo dalla vergogna pensai che effettivamente avevo schizzato senza interessarmi di pulire dopo, inghiottì a fatica e risposi: "zia scusami non so cosa mi sia preso io non...", mi interruppe dicendo: "Luca so benissimo cosa provi, la campagna, il lavoro, il sudore, la mascolinità che riemerge ed il testosterone che aumenta, non preoccuparti è normale anche a me fa un certo effetto non credere, sono più attiva con il mio corpo, è naturale", io incuriosito da questa apertura intima di zia risposi: "zia ma quindi ti masturbi anche tu?", lei rispose quasi infastidita: "Cosa credi? Che sia di pietra? È fisiologico, tutti ci masturbiamo e anche io mi masturbo, tua cugina si masturba, tua madre si masturba, è normale", chiesi: "come fai a sapere che mia cugina si masturba?", mi guardò e rispose: "perché sono dell'idea se uno deve fare una cosa la deve fare bene, ho fatto un lavoro di educazione sessuale e consapevolezza sessuale, pensa le ho addirittura comprato un sex toy con il quale divertirsi", io dissi: "che genere di sex toy?", lei rise e rispose: "un dildo di 15 centimetri, voglio che si diverta non che si sfondi!". Ridemmo entrambi, questa apertura sulla sua intimità mi fece riflettere, forse il nostro rapporto avrebbe potuto essere meno superficiale e più personale, mi avrebbe fatto piacere. Dopo qualche attimo di silenzio chiesi: "zia e tu con cosa ti masturbi?", lei mi guardò con un sorrisino sornione e rispose: "con qualcosa che non ti riguarda porcello, vedo il gonfiore nei tuoi pantaloncini, scambiamoci di posto, guida questo mausoleo così posso rilassarmi un po'". Facemmo cambio posto e mi misi alla guida del trattore, in mezzo al campo passarono le ore, zia dormí ed io guidai tutta la mattinata , arrivati a pranzo zia, svegliatasi, disse: "fermati alla prima ombra che vedi e pranziamo, ho una fame che non ci vedo!", mi fermai pochi metri dopo e prendemmo il contenuto della busta che nonna ci aveva dato prima che uscissimo di casa, c'erano due bottiglie di vino e due panini con il salame, li prendemmo e iniziammo a mangiare. "Buoni questi panini" dissi io, zia rispose: "si, molto buoni peccato che sia solo uno, fortuna che tua nonna ci ha dato anche del vino con il quale farli scendere, anche se due bottiglie mi sembrano un po' esagerate", risposi: "non siamo nella campagna? Tutto è esagerato, quantità di vino, aria buona, fisicità", quest'ultima parola la lasciai un po' appesa, volevo riprendere quella intimità che si era creata prima con lei, non la volevo perdere, zia mi guardò e rispose: "si hai ragione, fanculo tutto beviamoci su". Bevemmo un paio di bicchieri a testa. Zia ingoiò il boccone che aveva in bocca e disse: "prima hai detto fisicità ed ho ripensato allo sperma in camera tua, per te dev'essere duro stare qui, fondamentalmente senza occasioni per divertirti un po'", risposi: "ammetto che è strano, non mi sento solo ma è vero le occasioni di divertimento non sono molte, è strano però, siamo isolati, intrappolati forse in giornate tutte uguali, in fin dei conti sono tutte un sveglia-lavora-dormi eppure non mi sono mai sentito così libero", lei mi guardò intensamente, con una luce di vivido interesse negli occhi, rispose: "hai centrato punto, hai capito il perché io e tua madre abbiamo voluto fortemente stare qui questa estate, per ritrovarci tra di noi e con noi stesse, sperando che fosse utile anche per voi. Io qui mi sento una donna libera, non indosso calzini, non indosso reggiseni, non ho pieghe o trucchi particolari, non sto attenta a coprirmi il giusto, posso fare ciò che voglio e questa cosa mi fa sentire viva." Guardai mia zia, la osservai e vidi una donna di 40 anni, con i capelli biondo scuro corti, fin sopra la spalla direi ma che ora erano raccolti in una coda lasciata cadere al centro della schiena, un viso dai lineamenti dolci con occhi verdi ed un paio di labbra che non definirei carnose ma con una forma perfetta. Scendendo più giù notai un collo sinuoso ed un corpo minuto ma formoso, aveva sicuramente una quarta di seno, molto abbondante per il suo fisico, la camicetta le metteva in risalto i capezzoli, visibilissimi sotto il tessuto stinto. Ancora più giù c'era una vita stretta, cinta da degli shorts che non lasciavano nulla all'immaginazione, il culo era scolpito e le cosce degne di una statua greca, gli anni di palestra avevano dato i loro frutti. Intanto mi accorsi che il mio respiro di fece più veloce, la bocca secca, la fame aumentava e non fame di cibo ma fame di carne, cosa mi stava succedendo? Anche con zia? Non bastava mia madre adesso anche mia zia?. Le domande lasciarono spazio ad una potente erezione, cercai di sistemarmi in modo tale da non renderla ancora più visibile e mi riempii un altro bicchiere di vino, sperando che l'alcool annebbiasse i sensi. Zia mi guardò e disse: "riempi anche a me un altro bicchiere, voglio ubriacarmi tanto guidi tu". Riempii un altro bicchiere ed un altro, un altro ancora , finimmo una bottiglia e arrivammo a metà della seconda, zia più beveva e più rideva, io più bevevo, più mi eccitavo, più la desideravo. Ci alzammo barcollando e ci avviammo verso il trattore. Stavamo per salire quando zia inciampò ed io la afferrai, nel gesto repentino la afferrai per un seno, il tempo di fermò. Avevo la mano che afferrava quel pezzo di carne sodo ed eccitante, sentivo il capezzolo sul palmo della mano, non so se zia se ne rese conto o meno la io strizzai con tutte le mie forze. Dopo qualche attimo zia mi dice: "tesoro grazie mi hai preso al volo, che stretta però mi hai quasi strappato una tetta", io, credendo di aver esagerato risposi: "scusa zia non mi sono reso conto di averti preso proprio dal seno", zia mi guardò e disse: "so benissimo che sapevi perfettamente cosa facevi, a questo punto tocca bene", si abbassó la camicetta esponendo i suoi seni perfetti. Formavano delle curve perfette con le areole piccole, molto piccole e scure, così scure da sembrare nere al cui centro c'erano due capezzoli piccoli ma turgidissimi. Mi prese le mani e me le portò sulle sue tette, una per seno. Ed eravamo così, davanti al trattore con lei che mi teneva le mani sui suoi seni ed io che strizzavo e massaggiavo, tiravo e schiacciavo. Il mio pene stava esplodendo nei pantaloni, avevo voglia di lei, la desideravo, ogni cellula del mio corpo desiderava quella donna. Zia con la testa piegata all'indietro si fece scappare: "finalmente delle mani che mi toccano", mi stavo avvicinando con il viso a quei seni perfetti quando, scrollando la testa disse: "tesoro guarda cosa mi fai fare, questa campagna accende pericolosi istinti", io dissi: "ma no zia siamo solo io e te cosa può mai succedere?", ma zia non volle sapere niente, si riverstí e mi disse: "proprio perché siamo io e te non va bene, metti in moto forza". Mi ritrovai alla guida del trattore con mal di testa, mal di pene e deluso, eccitato e deluso anzi. Con zia ero riuscito a rompere il muro del qualunquismo e questo mi faceva piacere ma poi tutto si era interrotto bruscamente. Questo mi fece riflettere su molte cose, è stato giusto desiderare zia? È stato giusto addirittura toccarla? Ho rovinato qualcosa? Ho esagerato? Mentre mi ponevo tutte queste domande arrivammo al capanno. Parcheggiai e scendemmo, dal trattore, scesi prima io per aiutare zia porgendole la mano ma mi ignorò dicendomi, senza guardarmi: "ci vediamo a cena". Salii in camera pensieroso, mi spogliai e andai sotto la doccia. Non mi rinfrescò le idee ma sicuramente mi aiutò a sentirmi meglio, mi stesi sul letto con i miei mille pensieri. Mi addormentai e non so che ora fosse, il sole era ormai calato da tempo, quando mi svegliai con il bussare di qualcuno alla porta della mia camera.
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