Il magazzino

di
genere
tradimenti

Mentre stava passeggiando, sentì qualcuno dietro di lei chiamarla.
«Sandra, eccoti finalmente!»
Si girò di scatto, sperando che non fosse lui. La visione di Luca le gelò il sangue nelle vene. Riuscì, comunque, a mantenere il controllo, si spostò sul bordo del sentiero, subito dopo sibilò: «Che cosa ci fai qui?»
E subito si guardò intorno, per accertarsi che fosse solo.
«Sono qui con degli amici per il weekend lungo.» Luca non sapeva mentire, senza contare che l’isola era privata e, se aveva visto giusto, né lui né tantomeno i suoi amici si potevano permettere un soggiorno in uno degli hotel della zona, anche in bassa stagione. Gli bastò guardarlo negli occhi pochi istanti per farlo capitolare. Annuì, subito dopo ammise: «Il dottor Fagnin. Mi ha pregato di venire a vedere come stai. Lui è ancora a Roma ed era … eravamo preoccupati per te.»
Sfiorò una mano con l’indice, quasi per accarezzarla, poi si soffermò ad ammirare la classe che continuava a trasmettere quella donna, sebbene indossasse jeans e scarpe da ginnastica. Curava sempre ogni dettaglio del suo look: trucco, gioielli, abiti, tutto era armonico e abbinato in modo perfetto. Soppresse il desiderio di abbracciarla e baciarla.
«Mi sei mancata. Come mai sei fuggita senza dirmi niente?»
Lei abbassò lo sguardo e si limitò a dire: «Puoi riferire a Franco che sto bene. Adesso vai.»
E si avviò per il sentiero. I piedi, però, sembravano essere diventati pesanti, e, come se non bastasse, il ragazzo la seguì.
«Ti devo parlare. Ti offro qualcosa al bar.»
Non aveva scelta, lui non se ne sarebbe andato facilmente. Camminò al suo fianco, senza parlare. Non poteva portarlo a casa propria, rivelandogli in quel modo dove si trovava il suo posto segreto. Preferì, quindi, un luogo pubblico: un locale che conosceva bene perché era di sua proprietà.
Una volta seduti davanti a un aperitivo, la Signora incrociò le gambe e lo fissò, in attesa. Lui partì in quarta. Parlava in modo sommesso, mischiando toni morbidi ad altri sprezzanti.
«Tua figlia è proprio una stronza! Anche se non so bene da chi abbia preso. Tu sei una donna fantastica, e tuo marito è straordinario, un uomo brillante che ammiro molto. Bea mi ha fermato e ha fatto una scenata all’università, davanti a un sacco di gente. Mi ha lanciato addosso il giornale con le foto di noi due. Ho sbagliato, non dovevo lasciarmi andare, sono stato un coglione, ma tu eri bellissima … sei bellissima.» Allunga la mano ma lei ritrae le proprie, portandole sul grembo. «Come se non bastasse, il giorno dopo ci si è messo anche il suo nuovo ragazzo.»
«Leonardo» disse la Signora, pronunciando quel nome con disprezzo.
«Sì, lo conosci?»
«L’ho incontrato.»
Non aggiunse altro, poi tornò ad ascoltare in silenzio il fiume di parole che usciva da quel ragazzo, pensando a cosa avrebbe dovuto fare a quel punto. Guardava la sua bocca muoversi e desiderava baciarlo, le sue mani fendere l’aria per enfatizzare il racconto, pensando a come le aveva usate per strizzarle i seni. Indossava una camicia bianca leggera che evidenziava il torace muscoloso e glabro. Rivide per un istante il riflesso del corpo sudato e teso a spingere il sesso dentro di lei. Un fremito le scorse lungo il corpo, tanto che fu costretta a stringere le cosce accavallate per controllare il calore che le stava crescendo dentro.
«Quando sono tornato a casa l’altra sera, Luigi mi ha detto che te ne eri andata in macchina. Un’evidente bugia: tu non hai la patente. Ho atteso un paio di giorni. Dopo la scenata di Bea non avevo il coraggio di chiederle dove eri andata, il dottor Fagnin è a Roma, quindi non riuscivo a contattarlo. Poi, una sera, Claudia è venuta nella dependance dicendomi che il padrone era al telefono e mi voleva parlare.» Deglutì quasi rivivesse la corsa che aveva fatto per attraversare il giardino e raggiungere la stanza della casa dove la cornetta giaceva, in attesa che lui la prendesse. «Mi ha detto che sapeva dove eri, ma non ti sentiva da quando te ne eri andato. Mi ha spiegato che qui non c’è il telefono, era preoccupato e mi ha chiesto il favore di venire da te. Ovviamente ho accettato, così lui mi ha procurato il permesso di accesso nell’isola e un posto dove stare.»
Sorrise, cinica.
«E non ti è venuto il dubbio che lo abbia fatto per un altro fine?»
Luca strabuzzò gli occhi, non capiva.
«E quale sarebbe? Anzi, sono convinto che non sappia nulla di noi, altrimenti non mi avrebbe mandato a cercarti!»
La Signora scosse la testa per l’ingenuità del ragazzo. Poi decise di metterlo alla prova.
«Non ho capito, però, cosa vuoi da me.»
«Dopo quello che c’è stato tra noi, non riesco a pensare ad altro. La notte a Milano è stata magica. Le sere successive poi … quando rientravo in baita, la sera, rimanevo seduto davanti alla porta in attesa che bussassi.»
Quindi era vero: si era innamorato di lei e riconobbe, suo malgrado, che anche lei provava qualcosa. Aveva impiegato diversi giorni per riprendersi da quella notte. Le sere, poi, le passava alla finestra, ad attendere impaziente il suo ritorno per andare a fargli visita. Lo guardò, e la mancanza di rughe sul suo viso le gelarono l’anima: non poteva essere il suo amante, non dopo che sua figlia l’aveva scoperta, tantomeno con quel viso così fresco e ingenuo. Cercò quindi di dissuaderlo:
«In tanti mi hanno desiderata, usata, e poi gettata in un angolo, non saresti il primo. Posso farti conoscere molte ragazze della tua età, più brave di me a farti divertire.»
«Io voglio te, possibile che non l’hai ancora capito? Provo attrazione per te dal primo momento che ti ho vista, e sento che c’è chimica quando siamo insieme.»
Era imbarazzatissimo, stava scoprendo tutte le sue carte, i suoi sentimenti più intimi, ma la freddezza con cui la sua amante stava reagendo gli fece temere di aver sbagliato. Forse sarebbe stato meglio aspettare a casa, sperando che fosse lei a cercarlo.
Vide Sandra alzarsi in silenzio, certo che se ne stava andando, e decise di aspettare che si allontanasse, per poi andarsene a sua volta e lasciarla in pace per sempre.
La Signora, invece, si diresse al bancone, parlò con il barista e si fece dare una chiave. Salutò un paio di persone sedute, scambiando un sorriso e una stretta di mano, quindi si addentrò all’interno senza voltarsi.
Luca sentì le tempie pulsare all’impazzata. Fu certo che lo stava invitando a seguirlo, anche se non sapeva dove. Si alzò guardingo, verificando che nessuno gli prestasse attenzione, e la seguì. Attraversò un’ampia e buia sala da pranzo. Le sedie erano accatastate, in attesa della bella stagione per essere sistemate sotto i tavoli, pronte per ospitare frotte di turisti. In fondo alla sala c’erano alcune porte, una delle quali era socchiusa e dava su una scalinata che portava a uno scantinato. Scese nella semioscurità, sentendo gli odori familiari tipici di un magazzino di viveri.
La Signora lo aspettava al piano inferiore, davanti a una porta. Quando la raggiunse, lo fece entrare e subito dopo richiuse a chiave.
«Siediti lì.»
Luca seguì la direzione dell’indice, e vide un paio di scatoloni impolverati, contenenti dei barattoli di pomodoro.
«Tiralo fuori.»
Ebbe un attimo di esitazione. La osservò estrarre dalla borsetta un elastico, e subito dopo usarlo per raccogliere i capelli. Si stava muovendo in modo preciso, fredda come la prima volta, nella sua camera. C’era, però, qualcosa di diverso nel suo modo di fare, assecondò il suo ordine, intuendo cosa voleva fare. Lei si avvicinò, fissandosi sul membro che fuoriusciva dall’apertura dei pantaloni, quindi iniziò a manipolarlo, come fosse un giocattolo di gomma. Non ci volle molto, pochi istanti e quello reagì agli stimoli. A quel punto la signora s’inginocchiò e lo mise in bocca. Il ragazzo si irrigidì per le sensazioni che scaturivano da quell’unico punto del suo corpo sollecitato al tempo stesso in un modo così deciso e sublime. Non aveva il coraggio di toccarla o di parlare, per non rompere quei minuti di paradiso che stava percorrendo ancora una volta con lei. Si aggrappò sui bordi della scatola su cui era seduto e tirò su la testa, allungando il corpo per poterlo avvicinare ancor più a lei. Il desiderio di averla, ancora una volta, a poco a poco divenne insopportabile. Lei lo capì e si staccò.
«Alzati.»
Un altro ordine, come i precedenti. La donna volubile e passiva aveva lasciato il posto a un’amante lasciva ma decisa. Tirò fuori dalla borsa un rossetto color rosso peperoncino e umettò le labbra, poi, sempre tenendo abbassati gli occhiali da sole, aprì la bocca formando una “O”, e attese. Il ragazzo avanzò lentamente, guidando il proprio piacere dentro le labbra di fuoco, lentamente, fino in fondo alla gola. Quelle si adattarono al corpo estraneo che la stava violando. Il suo respiro si interrompeva, per permettergli di arrivare più a fondo possibile, poi riprendeva fiato, in attesa della nuova spinta. Luca ebbe un sussulto, strinse le mani sulla sua nuca e la guidò lentamente, facendo scivolare il suo membro che acquisiva via via sempre più tono e spessore.
Era una scena sconcia, come il posto dove la stavano compiendo. Sandra si stava facendo usare. Non era la prima volta, aveva vissuto quella scena decine di volte, anche se in ambienti più salubri, ma, malgrado questo, godeva: l’essere usato dal quel ragazzo, così giovane e dotato, la fece eccitare al punto di sentire il bisogno di toccarsi. Aprì un paio di bottoni dei jeans e allargò le ginocchia che poggiavano sul pavimento di cemento grezzo, poi infilò la mano e chiuse gli occhi.
L’orgasmo di Luca fu, ancora una volta, violento. La Signora tossì a lungo, ma nulla andò perduto. L’ipossia e l’atto particolarmente irruento le provocò un senso di vertigine: si alzò sostenendosi a lui, e questo la fece sentire vecchia e fragile. Per questo fece un gesto mentre ritrovava la voce.
«Aspettami fuori.»
Questa volta il tono non era imperativo, subito dopo entrò in bagno.
Uscì dal locale diversi minuti dopo, salutando le stesse persone con le quali si era intrattenuta poco prima, come se nel frattempo non fosse successo nulla, e procedette senza invitarlo a seguirla. Luca si affiancò a lei, seguendola in silenzio come un cane randagio in cerca di un padrone, mentre lei riprendeva il sentiero dove l’aveva incontrata. Fu lei a rompere il silenzio.
«Volevi sesso da me, l'hai avuto. Adesso torna da mio marito e raccontagli cosa abbiamo fatto, nei minimi dettagli. Lui capirà.»
scritto il
2025-09-26
1 . 9 K
visite
5
voti
valutazione
5.6
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Una notte all'opera
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.