Emma 4
di
Emmaw
genere
orge
Capitolo IV – La stanza 605
La mattina dopo mi sentivo ancora rotta, il corpo indolenzito e la figa che pulsava come se non avesse dormito neanche lei. In ufficio Kai non mi degnò quasi di uno sguardo. Alla macchinetta del caffè lo vidi ridere e scherzare con una bionda che conoscevo appena, una segretaria dal fisico da pornostar: gambe chilometriche, tette rifatte, culo che sembrava scolpito. Rideva a bocca spalancata, mostrando i denti bianchi.
Lo guardai, lo odiavo e lo desideravo allo stesso tempo. Dentro di me ringhiavo, volevo strapparle i capelli. Ma sapevo che Kai era così: predatore, cacciatore, mai di una sola preda. Eppure, l’idea che la sua lingua avesse già leccato la mia figa ieri e oggi forse stesse immaginando di leccare quella della bionda, mi faceva montare il sangue.
A metà mattinata il cellulare vibrò. Un messaggio secco: Ci vediamo alle 13 al solito albergo.
Mi si seccò la bocca. Le dita tremavano mentre scrivevo: Ci sarò. Ma tu porta il Loto Rosso.
Nessuna risposta. Bastava così.
Alle 13 ero già nella hall. L’usciere mi riconobbe, con quel sorriso che diceva tutto senza parlare. «Camera 605, la aspettano.» La aspettano. Plurale. Non ci feci caso subito.
Salii. Il corridoio era lungo, illuminato male. Bussai. La porta si aprì. Kai mi fissava, bello come sempre, con quell’aria bastarda che mi faceva sciogliere. Ma non era solo.
Dietro di lui, appoggiata al letto, c’era la bionda della macchinetta del caffè. In reggiseno e gonna corta, già pronta. E in un angolo, su una poltrona, un uomo seduto. Non lo riconobbi subito, ma quando entrai lo vidi meglio. Il mio capo. La cravatta allentata, lo sguardo torvo, le mani intrecciate sulle ginocchia.
Mi fermai un attimo, sorpresa. Poi sorrisi. Tutto divenne chiaro. E mi piacque.
Kai chiuse la porta dietro di me. Tirò fuori la solita scatoletta di metallo. Aprì, tre pillole rosse lucide. Una a me, una a lei, una per sé. Le prendemmo senza fiatare.
Il gusto amaro mi si sciolse in gola, mi bruciò lo stomaco, poi la vampata. In pochi istanti il mondo esplose. Ogni rumore, ogni odore, ogni battito diventò amplificato. La stanza puzzava di moquette stantia, di sudore maschile, di profumo troppo dolce della bionda. Tutto insieme mi faceva girare la testa.
Lei si spogliò prima di me. Il reggiseno volò via, le tette tonde e sode rimbalzarono libere. Io la fissavo, con un misto di rabbia e eccitazione. Kai la afferrò per la vita e la baciò davanti a me. Le loro lingue che si mescolavano fecero un rumore osceno, un gorgoglio bagnato che mi fece colare subito. Sentii la figa aprirsi da sola, un brivido che mi corse lungo la schiena.
Mi tolsi la camicetta, le tette nude, i capezzoli già duri. L’acqua del giorno prima non aveva lavato via l’odore di Kai, e ora si mescolava a quello nuovo, più intenso. Mi infilai una mano tra le gambe, sotto la gonna, e gemetti.
Kai mi guardò e rise. «Ecco la mia troia» disse.
La bionda ridacchiò, una risata acida. Volevo prenderle la faccia a schiaffi, invece mi tolsi tutto. Rimasi nuda, la pelle che bruciava, i brividi che mi facevano tremare.
Kai era già duro. Il suo cazzo pulsava, le vene gonfie, enorme. La bionda gli si inginocchiò davanti e lo prese in bocca. Io la guardavo. Vedevo il cazzo sparire tra le sue labbra lucide, il rumore viscido della saliva che gorgogliava, e ogni schiocco mi faceva vibrare la figa. Mi toccavo, guardandoli, sentendo il mio umore colare tra le dita.
Il mio capo non diceva nulla. Guardava soltanto. Gli occhi fissi, scuri, uno spettatore muto che godeva della scena.
Kai mi fece cenno di avvicinarmi. Mi inginocchiai accanto alla bionda, la spinsi con la spalla. Presi il cazzo in mano, lo leccai dal basso, sentii il gusto salato, l’odore forte, acre, che mi fece tossire e godere insieme. Le nostre lingue si incontrarono sul cazzo di lui, sporche, salate, e ci baciammo con il suo cazzo in mezzo.
Il rumore delle labbra, lo schiocco della lingua, lo sbattere delle palle sul mento: era una sinfonia lurida. Mi colava la saliva dal mento, mischiata ai miei gemiti.
«Così, brave troie» ringhiò Kai, afferrandoci la testa con entrambe le mani. Ci spinse giù, insieme, fino al fondo. Mi sentii soffocare, la gola piena, il rumore viscido che mi rimbombava nelle orecchie. Tossii, ma non mollai. Mi piaceva affogare.
Quando ci lasciò andare, ero bagnata fino al petto, il cazzo gli brillava di saliva. La bionda si pulì con la mano e ridacchiò ancora. Io mi leccai le dita, assaggiando il misto di lui e di noi.
Kai ci spinse sul letto. Io da un lato, lei dall’altro. Ci aprì le gambe, una mano a ciascuna, le dita che affondavano dentro, veloci, sporche. Sentivo il rumore viscido della mia figa che succhiava le sue dita, e nello stesso tempo il gorgoglio dell’altra. Mi eccitava sentirci in stereo, due troie allo stesso ritmo.
«Guardala, Emma» mi disse. «Guardala mentre gode come te.»
La fissai. Il suo volto contratto, gli occhi socchiusi, la bocca aperta. Il rumore dei suoi gemiti mi entrava in testa. E mi eccitava. Mi spinsi le dita in bocca, succhiandole, assaporando il mio stesso sapore.
Kai tirò fuori le dita e me le infilò in bocca, sporche della bionda. Sentii il gusto forte, acre, dolce. Mi fece vomitare e godere insieme. Leccai, succhiai, gemetti.
«Sporca puttana» disse lui. «Ti piace il sapore di un’altra figa?»
«Sì» ansimai, con la bocca piena. «Sì, cazzo.»
Sentii il mio capo ridere piano, dalla poltrona.
Kai salì sul letto, si piazzò in mezzo a noi. Ci prese entrambe per i capelli e ci fece strofinare le bocche sul suo cazzo. Io lo leccavo da un lato, lei dall’altro, le nostre lingue che si sfioravano, saliva ovunque. Il rumore umido riempiva la stanza. L’odore di sesso era talmente forte che sembrava di respirarlo, di ingoiarlo.
Il Loto Rosso mi stava bruciando viva. Ogni tocco, ogni rumore, ogni odore era moltiplicato. Sentivo i miei umori colare senza controllo, bagnarmi le cosce, scivolare sul letto. Sentivo il sudore di Kai, forte, salato, penetrante. Sentivo il profumo dolciastro della bionda, nauseante e eccitante insieme.
Quando Kai mi prese per i fianchi e mi scopò davanti a lei, lo fece con colpi secchi che fecero scricchiolare il letto. La bionda mi guardava, toccandosi, le dita veloci sulla figa. Io urlavo, i miei gemiti si mescolavano al rumore delle carni che sbattevano, e al gorgoglio dei miei umori che colavano fuori.
«Guardala» disse lui alla bionda. «Così deve godere una vera troia.»
Io sorrisi, sudata, disfatta, con la figa che si stringeva forte attorno al suo cazzo. Mi girai verso la poltrona. Il mio capo mi fissava. E io gli sorrisi. Capivo tutto. Capivo che ero finita in un gioco più grande. E non volevo uscirne.
Segue..
La mattina dopo mi sentivo ancora rotta, il corpo indolenzito e la figa che pulsava come se non avesse dormito neanche lei. In ufficio Kai non mi degnò quasi di uno sguardo. Alla macchinetta del caffè lo vidi ridere e scherzare con una bionda che conoscevo appena, una segretaria dal fisico da pornostar: gambe chilometriche, tette rifatte, culo che sembrava scolpito. Rideva a bocca spalancata, mostrando i denti bianchi.
Lo guardai, lo odiavo e lo desideravo allo stesso tempo. Dentro di me ringhiavo, volevo strapparle i capelli. Ma sapevo che Kai era così: predatore, cacciatore, mai di una sola preda. Eppure, l’idea che la sua lingua avesse già leccato la mia figa ieri e oggi forse stesse immaginando di leccare quella della bionda, mi faceva montare il sangue.
A metà mattinata il cellulare vibrò. Un messaggio secco: Ci vediamo alle 13 al solito albergo.
Mi si seccò la bocca. Le dita tremavano mentre scrivevo: Ci sarò. Ma tu porta il Loto Rosso.
Nessuna risposta. Bastava così.
Alle 13 ero già nella hall. L’usciere mi riconobbe, con quel sorriso che diceva tutto senza parlare. «Camera 605, la aspettano.» La aspettano. Plurale. Non ci feci caso subito.
Salii. Il corridoio era lungo, illuminato male. Bussai. La porta si aprì. Kai mi fissava, bello come sempre, con quell’aria bastarda che mi faceva sciogliere. Ma non era solo.
Dietro di lui, appoggiata al letto, c’era la bionda della macchinetta del caffè. In reggiseno e gonna corta, già pronta. E in un angolo, su una poltrona, un uomo seduto. Non lo riconobbi subito, ma quando entrai lo vidi meglio. Il mio capo. La cravatta allentata, lo sguardo torvo, le mani intrecciate sulle ginocchia.
Mi fermai un attimo, sorpresa. Poi sorrisi. Tutto divenne chiaro. E mi piacque.
Kai chiuse la porta dietro di me. Tirò fuori la solita scatoletta di metallo. Aprì, tre pillole rosse lucide. Una a me, una a lei, una per sé. Le prendemmo senza fiatare.
Il gusto amaro mi si sciolse in gola, mi bruciò lo stomaco, poi la vampata. In pochi istanti il mondo esplose. Ogni rumore, ogni odore, ogni battito diventò amplificato. La stanza puzzava di moquette stantia, di sudore maschile, di profumo troppo dolce della bionda. Tutto insieme mi faceva girare la testa.
Lei si spogliò prima di me. Il reggiseno volò via, le tette tonde e sode rimbalzarono libere. Io la fissavo, con un misto di rabbia e eccitazione. Kai la afferrò per la vita e la baciò davanti a me. Le loro lingue che si mescolavano fecero un rumore osceno, un gorgoglio bagnato che mi fece colare subito. Sentii la figa aprirsi da sola, un brivido che mi corse lungo la schiena.
Mi tolsi la camicetta, le tette nude, i capezzoli già duri. L’acqua del giorno prima non aveva lavato via l’odore di Kai, e ora si mescolava a quello nuovo, più intenso. Mi infilai una mano tra le gambe, sotto la gonna, e gemetti.
Kai mi guardò e rise. «Ecco la mia troia» disse.
La bionda ridacchiò, una risata acida. Volevo prenderle la faccia a schiaffi, invece mi tolsi tutto. Rimasi nuda, la pelle che bruciava, i brividi che mi facevano tremare.
Kai era già duro. Il suo cazzo pulsava, le vene gonfie, enorme. La bionda gli si inginocchiò davanti e lo prese in bocca. Io la guardavo. Vedevo il cazzo sparire tra le sue labbra lucide, il rumore viscido della saliva che gorgogliava, e ogni schiocco mi faceva vibrare la figa. Mi toccavo, guardandoli, sentendo il mio umore colare tra le dita.
Il mio capo non diceva nulla. Guardava soltanto. Gli occhi fissi, scuri, uno spettatore muto che godeva della scena.
Kai mi fece cenno di avvicinarmi. Mi inginocchiai accanto alla bionda, la spinsi con la spalla. Presi il cazzo in mano, lo leccai dal basso, sentii il gusto salato, l’odore forte, acre, che mi fece tossire e godere insieme. Le nostre lingue si incontrarono sul cazzo di lui, sporche, salate, e ci baciammo con il suo cazzo in mezzo.
Il rumore delle labbra, lo schiocco della lingua, lo sbattere delle palle sul mento: era una sinfonia lurida. Mi colava la saliva dal mento, mischiata ai miei gemiti.
«Così, brave troie» ringhiò Kai, afferrandoci la testa con entrambe le mani. Ci spinse giù, insieme, fino al fondo. Mi sentii soffocare, la gola piena, il rumore viscido che mi rimbombava nelle orecchie. Tossii, ma non mollai. Mi piaceva affogare.
Quando ci lasciò andare, ero bagnata fino al petto, il cazzo gli brillava di saliva. La bionda si pulì con la mano e ridacchiò ancora. Io mi leccai le dita, assaggiando il misto di lui e di noi.
Kai ci spinse sul letto. Io da un lato, lei dall’altro. Ci aprì le gambe, una mano a ciascuna, le dita che affondavano dentro, veloci, sporche. Sentivo il rumore viscido della mia figa che succhiava le sue dita, e nello stesso tempo il gorgoglio dell’altra. Mi eccitava sentirci in stereo, due troie allo stesso ritmo.
«Guardala, Emma» mi disse. «Guardala mentre gode come te.»
La fissai. Il suo volto contratto, gli occhi socchiusi, la bocca aperta. Il rumore dei suoi gemiti mi entrava in testa. E mi eccitava. Mi spinsi le dita in bocca, succhiandole, assaporando il mio stesso sapore.
Kai tirò fuori le dita e me le infilò in bocca, sporche della bionda. Sentii il gusto forte, acre, dolce. Mi fece vomitare e godere insieme. Leccai, succhiai, gemetti.
«Sporca puttana» disse lui. «Ti piace il sapore di un’altra figa?»
«Sì» ansimai, con la bocca piena. «Sì, cazzo.»
Sentii il mio capo ridere piano, dalla poltrona.
Kai salì sul letto, si piazzò in mezzo a noi. Ci prese entrambe per i capelli e ci fece strofinare le bocche sul suo cazzo. Io lo leccavo da un lato, lei dall’altro, le nostre lingue che si sfioravano, saliva ovunque. Il rumore umido riempiva la stanza. L’odore di sesso era talmente forte che sembrava di respirarlo, di ingoiarlo.
Il Loto Rosso mi stava bruciando viva. Ogni tocco, ogni rumore, ogni odore era moltiplicato. Sentivo i miei umori colare senza controllo, bagnarmi le cosce, scivolare sul letto. Sentivo il sudore di Kai, forte, salato, penetrante. Sentivo il profumo dolciastro della bionda, nauseante e eccitante insieme.
Quando Kai mi prese per i fianchi e mi scopò davanti a lei, lo fece con colpi secchi che fecero scricchiolare il letto. La bionda mi guardava, toccandosi, le dita veloci sulla figa. Io urlavo, i miei gemiti si mescolavano al rumore delle carni che sbattevano, e al gorgoglio dei miei umori che colavano fuori.
«Guardala» disse lui alla bionda. «Così deve godere una vera troia.»
Io sorrisi, sudata, disfatta, con la figa che si stringeva forte attorno al suo cazzo. Mi girai verso la poltrona. Il mio capo mi fissava. E io gli sorrisi. Capivo tutto. Capivo che ero finita in un gioco più grande. E non volevo uscirne.
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