La provocazione silenziosa

di
genere
esibizionismo

Era estate, e come ogni anno ci trovavamo tutti nella casa al mare. Io, mia moglie e i bambini dormivamo nel salone, proprio accanto al corridoio che portava al bagno che usavano anche i miei genitori.
Sapere che mio padre poteva passare lì davanti a qualsiasi ora mi faceva bollire il sangue nelle vene.

Negli anni precedenti lei era sempre stata attenta: pigiamini chiusi, pantaloncini, niente rischi. Ma quell’estate no. Quell’estate era diversa.
Aveva scelto vestitini leggeri, corti, trasparenti. Sotto, mutandine minuscole che sembravano fatte apposta per lasciar uscire quel ciuffo di peli scuri e ricci che incorniciava la sua figa. Bastava un movimento, un cambio di posizione, e il tessuto si scostava mostrando tutto: l’attacco delle cosce, qualche ricciolo nero, a volte persino le labbra gonfie che sporgevano un poco.

Io fingevo di dormire, ma restavo immobile a guardarla.
Ogni dettaglio era un colpo al cuore e al cazzo.
E mi martellava in testa un pensiero proibito: “E se qualcuno la vedesse così? Se proprio mio padre, passando per andare in bagno, notasse quella figa pelosa esposta, senza nemmeno dover cercare?”

Quel pensiero mi incendiava dentro.
Il cazzo mi pulsava forte, e piano lo liberavo dalle lenzuola. Mi segavo in silenzio, con gli occhi incollati tra le sue gambe aperte. Ogni ricciolo che spuntava oltre il bordo mi faceva tremare le mani.

E più mi segavo, più mi eccitava immaginare non solo me, ma altri occhi puntati su di lei. Mio padre, in silenzio, che la osservava nello stesso modo, magari fermandosi un istante di troppo.

Alla fine ho sborrato piano, trattenendo il respiro, sporco e sudato, mentre lei dormiva ignara — o forse no.
Forse lo sapeva. Forse si lasciava guardare apposta.

E io, cornuto, restavo lì con una sola certezza: la mia donna stava diventando la troia che si faceva vedere anche sotto quel tetto… e io non potevo fare altro che goderne.
Segue .
scritto il
2025-08-21
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