Glory Hole

di
genere
bisex

"Che cos'è questo?"
"Il tuo regalo di anniversario."
"Non dovevano essere quelli di prima i regali?"
"No, questo è il vero regalo."
Non l'avrei sopportata ancora per molto. Il viaggio era cominciato da manco quattro ore e lei mi stava riempendo di troppe attenzioni. Troppe ma, sopratutto, sfiancanti seghe. Ora aveva deciso di usare la bocca, i fazzoletti stavano finendo. Odiavo quel suo atteggiamento di convenienza.
La settimana prima del nostro anniversario, mentre ero indaffarato ad organizzare il nostro viaggio sulle montagne svizzere, beccai mia moglie venire inculata da due grossi cazzi neri. Ricordo tutto, per filo e per segno: lei con il culo aperto e la bocca spalancata che mi guardava come se da lì a poco tutto le stesse per cadere addosso.
Ora cercava di sistemare le cose, usando la sua tattica migliore: fare la troia. Non avevo avuto il coraggio di dirle che non mi interessava, che con il suo corpo poteva fare quello che voleva. Immaginate la sua reazione: dieci anni di vita coniugale gettata nel cesso. Ero stanco, stressato, con la mente costantemente dispersa tra le nuvole. Nulla mi interessava, perlomeno non più come prima.
Lei lo aveva capito, forse cercò pure di aiutarmi, di parlare con me, ma da parte mia c'era solo scarsa intenzione ad aprirmi, e lei passò al miglior offerente. D'altronde non la biasimai.
Sentivo la sua calda saliva scivolarmi fino alle palle, la cappella che sbatteva sul suo palato, lei che chiudeva gli occhi sperando in una remissione.
'Ti prego Dio, fammi trovare un autogrill il prima possibile, così mi levo di dosso questa cagna.'
Quando le imbrattai la bocca di seme cominciò a tossire, sputando tutto l'ingoiato sul mio pisello.
"No, dai! Che macello!" Esclamai. "Hai rovinato la tappezzeria!"
"Scusami caro, è solo che..."
Distolsi l'attenzione dalla strada, un attimo e il volante trainò le ruote contro il guardrail della strada. Un tonfo, il cofano che si apre, un fumo nero. Siamo tutte e due salvi. Sfortunatamente.
"E adesso?" Aveva ancora lo sperma che strisciava lungo lo spacco del bodycon.
"Chiamo il servizio stradale."

Il carro attrezzi ci portò in un motel. Il costo dei danni era ancora da calcolare. Saremmo dovuti rimanere lì per la notte, il giorno dopo avremmo noleggiato una macchina per tornare a casa. Il viaggio d'anniversario terminò lì.
Tristi, melanconici, ci distendemmo sul letto. Entrambi guardavamo il soffitto, specialmente quella macchia di condensa che stava per fulminare la luce del lampadario.
La odiavo a morte quella donna. Lei e il suo comportamento immaturo. Perché la sposai? Perché decisi di fare da testimone a quel maledetto matrimonio, dove la incontrai mentre faceva la damigella della sposa? Perché, perché, perché?
Lei mi guardò: aspettava qualcosa, magari che mi infuriassi con lei, oppure che la consolassi. Andava bene qualsiasi cosa che le facesse capire che ancora importava. Ma nulla, nessun vivido sentimento, nessuno scoppio d'ira, nessun lume di emozione. Alla fine aveva appurato che tra noi due era decisamente finita.
Si distese su un lato e prese a dormire. Cercava di nascondere i singhiozzi del pianto. Non potevo aiutarla.
Andai nel bagno, mi guardai allo specchio: quelle rughe sulla fronte fino a qualche settimana fa non c'erano. La mia faccia sembrava cadere a pezzi.
"Psst!" Che cos'era? "Di qua!"
Presi la spazzola in mano e la usai come arma. Un fantasma? Un ladro? Forse era meglio se non fossi stato troppo a lungo ad osservare quella macchia di condensa con la luce del lampadario che a momenti mi bruciava la retina dell'occhio.
Perlustrai tutto il bagno. Appena arrivai nella vasca e tirai la tenda, notai un gigante buco che dava direttamente all'esterno della stanza. Perché non era stato riparato?
Dai suoi contorni sbucò fuori una bocca dal sorriso smagliante. Trabalzai per lo spavento.
"Un maniaco!" Urlai d'impeto.
"Shh! Non urlare." Mi chetò.
"Che...che vuoi?"
"Ti va di spassarcela? Sai, ho visto te e tua moglie che arrivavate qui al motel. Ho subito notato la tua espressione. Secondo me vorresti togliertela di torno. Magari preferisci altro."
La bocca venne inghiottita dall'oscurità della notte; in compenso nella fessura si insidiò un rosato buco a forma di 'y'. Due mani si stavano aggrappando attorno ad esso per dargli ampia vista.
Voleva che scopassi il suo culo? Che razza di gente frequentava quel motel? Non ero gay e, di certo, non ero un pervertito. Gli tirai la spazzola addosso e ruotò fino a conficcarsi con il manico in quel piccolo antro. Lui orgasmò.
'Che schifo!' Pensai, ma vedere quella sottospecie di dipinto sembrava causare altri sentimenti, certamente più contrastanti e potenti in me.
Entrai nella vasca da bagno e sfilai la spazzola facendo attenzione a non intingere troppo nelle sue grazie. Il suo ano si adattava alla forma del corpo inserito. Rifilai il manico nuovamente lì dentro, curioso come un bambino che infila il dito nell'entrata del formicaio.
Stava godendo. Mi piaceva sentirlo ansimare, anche se non lo avrei mai ammesso. Ne volevo ancora, lo sentivo, stavo per soccombere al mio eros.
Ficcai il manico tutto dentro e, invece di tirarlo fuori, cominciai a ruotarlo. Gli stavo stimolando la prostata? Non avevo mai avuto rapporti omosessuali, ma notando come riuscivo a farlo godere mi illusi di essere un esperto.
Il sangue arrivò a pompare nel mio uccello. Spingeva il tessuto dei pantaloni, voleva uscire allo scoperto e vedere lo spettacolo, forse a rendersene partecipe.
Slacciai la zip e una cappella rossa fuoco dondolava su e giù, facendo uscire un filo di liquido preseminale. Sì, ero eccitato.
Tolsi la spazzola dal suo buco, creava attrito con la parete di quella strettoia. Forse dovevo inumidirlo. Presi il doccino e lo aprì sul suo culo. Era fradicio, bagnato quanto bastava per scoparlo, ma non quanto bastava a me.
Non indulgiai ulteriormente: tirai fuori la lingua e la feci scivolare nel suo ano. Muovei la testa avanti e indietro, così da mantenere la lingua ferma e il resto in moto. Le mie papille gustative furono sature di un sapore aspro, a cavallo tra il gusto ferroso del sangue e un agrume.
Ora fu bagnato come volevo io. Ero lì ad ammirarlo, senza accorgermi che il mio cazzo si stava già avviando a percorrere quello stretto viottolo inumidito dalla saliva.
Ero dentro, scavavo tra le sue pareti, cercavo un ovulo inesistente da rendere fecondo. Sputai un altro po' di saliva sull'asta del pene, mantenendo il livello di lubrificazione adatto per non fargli male. Avrebbe orgasmato lo stesso anche in quel caso, sentivo come fremeva dalla voglia di essere irrigato dal suo possessore. E il suo possessore avrebbe esaudito le sue voglie.
Lo lavai con i miei spermini, lo stavo facendo sentire una vera zoccola, e io sorrisi di una gioia totalmente spontanea. Ero felice, di nuovo. Proiettai nella mia mente una sequenza di ricordi, tutti riguardanti mia moglie. I motivi per cui mi innamorai dei suoi capelli rossi ramati, dei suoi occhi azzurri come il ghiaccio, del suo nasino francese, della sua bocca che parlava e parlava, e ogni volta che lo faceva creava nuovi colori nel mio immaginario.
Ero pentito di essermi scopato un uomo, di fatto tradendola? No, era un sentimento più glorioso, di chi si era liberato dalle proprie catene. Tornai ad amarla, perché ora sapevo che sarebbe stato il mio tutto, per sempre.
"Va da lei" Al posto del culo spuntò nuovamente quella mefistofelica bocca. "Vai, torna da lei."
Perché me lo stava dicendo? Mi aveva letto in pensiero?

Mi svegliai con un manto di sudore che mi avvolgeva la gola. Era stato un sogno? Non ricordai di essere andato a letto.
La tv, la bajour, l'armadio a muro, quella chiazza di umido che sembrava farsi sempre più verde e scura. Corsi in bagno, scostai la tenda della vasca e la fessura era scomparsa; al suo posto c'era un biglietto con su scritto "Il getto dell'acqua non funziona. L'idraulico arriverà domani mattina." Manco si erano scomodati di dircelo direttamente alla reception.
Uscì dal bagno e mi passai una mano per i capelli. Mia moglie si trovava ancora lì nella posizione in cui l'avevo lasciata. Esalava sospiri lievi di chi non dormiva così placidamente da tanto. La faccia stretta tra i suoi gomiti, le cosce che levigavano l'una sull'altra. Eccola lì la donna che avevo sposato, tenera e in cerca di conforto anche nel sonno.
Mi sdraiai sul letto, l'abbracciai da dietro, scostandole una ciocca di capelli dagli occhi. Lei aprì le palpebre di poco, credendo ancora di stare a dormire. La mia mano passava per la sua candida pelle come una gondola che naviga su un fiume in piena. Le abbassai, fino ad arrivarle ai seni. Li strinsi, potevo sentire quanto erano gonfi.
"Cosa...?" Chiese sospesa.
"Ti amo." Le sussurrai. Si lasciò andare.
Tirai giù le sue spallette, le baciai la spalla, scesi giù lungo la sua schiena per arrivare a mordere quei meloni che aveva al posto del culo. Le lappai la vulva, non resistette al tocco magico della mia lingua e mi fece assaporare quella parte di sé che da tempo non sentivo.
Si sdraiò sulla schiena. Mi accarezzò la faccia con la sua ruvida mano. Ci guardammo negli occhi: mi perdevo tra i sentieri freddi che la sua pupilla creava. Stava ridendo, le labbra unite, arancioni, sapevano di pesca.
La girai sulla pancia, strinsi le sue mani sul fondoschiena e la penetrai. Venne per una seconda volta, lubrificò il mio cazzo così da lasciarmelo affondare ancora di più. Il mio petto era appiccicato alla sua schiena, muovevo solo il bacino e sentivo le pareti della sua figa prostarsi ed aprirsi sempre di più al mio passaggio.
Versai nella sua vagina ciò che avevo lasciato bollire in me per così tanto tempo. Ne fu appagata, sentiva il mio sperma fluire dentro di sé. Non era ancora tardi per avere un bambino. Forse quella volta avrebbe funzionato.
Rimasi dentro di lei per dieci minuti buoni. Volevo capire se mi avrebbe rifiutato e scansato via. Non lo fece, mi amava ancora.
Il nostro decimo anniversario, senza manco cominciare, lo decretai come il migliore di sempre. Eravamo senza macchina, in un posto sperduto a valle di alcuni monti, in un motel schifoso e sporco, ma ci amavamo come mai prima di allora.








scritto il
2025-08-08
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