Alassio

di
genere
bondage

Primo giorno di ferie ad Alassio.
Piove.

Non un temporale, non un acquazzone.
Una pioggia lenta, costante, che sembra non voler finire mai.
È come se il cielo stesso fosse stanco.

Mi lega alla sedia.
Con calma. Con attenzione.
Mi sistema lì, davanti alla finestra, e se ne va sul divano.
Resto ferma, legata.
Osservo la normalità scorrere fuori dal vetro.
La gente passa sotto gli ombrelli.
Chi va al lavoro, chi torna con la spesa, chi parla al telefono.
La vita fuori è ordinaria. Invisibile.
Io no.

Qualcuno guarda verso casa.
Forse mi vede.
Ma non capisce che sono legata.
Non nota le corde che mi tengono immobile, le mani dietro lo schienale.
Non sente il battito del mio cuore nel petto, veloce, caldo, presente.
Le corde stringono.
Non mi imbavagliano.
La voce resta libera.

Parliamo tutto il giorno così.
Lui sul divano, io sulla sedia.
Le sue parole attraversano la stanza e mi raggiungono come carezze lente.
A volte rispondo, altre no.
Ci basta poco.
Silenzio. Presenza. Legami invisibili.

A un certo punto si alza, mi sposta al tavolo.
Le corde restano.
Mi imbocca.
Cucchiaio dopo cucchiaio.
Mangio. In silenzio.
Lo guardo. Lui mi guarda.
Nessuno dice niente. Nessuno ride. Non serve.
È un gesto sacro, semplice.
Mi nutre come si nutre qualcosa di prezioso.

Poi mi riporta alla finestra.
Riprende il suo posto sul divano.
E la pioggia continua a cadere.

La sera arriva, silenziosa.
La luce fuori si attenua, si scioglie nei riflessi dei lampioni.
Lui si alza.
Si avvicina.
Scioglie i nodi che mi fissano alla sedia.
Ma non quelli che mi tengono.
Mi prende in braccio.
Mi attraversa la casa come se fossi una sposa.
Attraversa la soglia della camera da letto.
Mi lancia sul materasso con dolcezza decisa.
Mi incapretta, con sicurezza e calma.
Le mani legate alle caviglie, dietro la schiena, il corpo piegato.
Una posizione che conosco, che temevo, che ora cerco.

Mi prepara per la notte.

Ora dorme.
È accanto a me.
Respira piano, profondo.
Io sono ancora legata.
Incaprettata, il corpo raccolto in sé stesso.
Ma non soffro.
Non c'è dolore.
Le corde stringono, ma sono come un nido intorno a me.
Contengono, non opprimono.
Proteggono, non costringono.

Con uno sforzo lento, appoggio la testa sul suo petto.
La guancia trova spazio tra pelle e respiro.
Mi fermo lì.
E penso.

Penso che sono libera.
Più legata sono, più i pensieri si calmano.
Il corpo è fermo.
Ma la mente si distende.

Nel buio della stanza, le luci della strada entrano dalle fessure delle tende.
Disegnano forme sul mio corpo nudo.
Luce e ombra sulle corde tese, sulle gambe piegate, sulla schiena curva.
Mi guardo.
Per quanto posso, mi osservo.
Sembro una modella.
Una di quelle che vedo di nascosto, nelle foto bondage.
Ma stavolta non è un’immagine rubata.
Sono io.
Davvero io.

Il pensiero mi eccita.
Il cuore batte più lento, ma più profondo.
Non è un brivido. È una pace intensa.
Un’intimità che non ha bisogno di niente.
Solo questo.
Solo noi.
Solo le corde.

Chiudo gli occhi.
Il suo petto si alza e si abbassa.
Le luci si fanno più deboli.
Il respiro mi avvolge.
Mi addormento così.
Legata.
Rilassata.
In pace.
scritto il
2025-07-31
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