Un gita in Toscana (punto di vista lei)
di
Spawn
genere
tradimenti
Mancano poche ore.
Sono le 6:30 del mattino, sto per iniziare un’altra giornata in ufficio. Fuori è già caldo, e mentre bevo il caffè penso a oggi pomeriggio.
A te.
È passato quasi un mese dall’ultima volta che ci siamo visti. Da allora, solo messaggi, vocali, qualche foto, qualche fantasia sussurrata.
Un desiderio lento, costante.
Oggi avremo due ore. Forse niente. Forse tutto.
Cerco di non pensarci troppo. Non voglio alzare aspettative, ma so già che appena ti vedrò mi mancherà il respiro.
Mi preparo, mi vesto con qualcosa di leggero. Un vestitino nero, sandali comodi. Non ho tempo per la doccia. Poco male.
Mi scrivi mentre sei in coda sulla tangenziale. Mi dici che sei in anticipo, che hai preso gli asciugamani. Io ti rispondo tra una mail e l’altra. Oggi finisco verso le 13:20.
Nel pomeriggio ci vedremo vicino a un laghetto. Lo hai trovato per caso su Google Maps.
Mi fido. Un po’ mi eccita l’idea. Un po’ mi agita.
Finisco il lavoro di corsa. Prendo la macchina, ti raggiungo. Mi mandi la posizione. Ci vediamo nel parcheggio.
Scendo e ti saluto dal finestrino. Hai gli occhi pieni di voglia. Mi dici di seguirti.
Ci spostiamo. Parcheggiamo più avanti, in un punto isolato.
Sali nella mia macchina, mi baci con fame. La lingua mi prende, mi stordisce. È troppo tempo che ci desideriamo.
Non parliamo, non serve.
Poi mi guidi in un piccolo prato nascosto tra gli alberi.
È perfetto. Isolato, silenzioso. Ombra e luce si rincorrono tra le foglie.
Stendiamo i teli.
Il vino è fresco, la poke leggera. Ma io non ho fame.
Parliamo, ridiamo. Hai quel modo naturale di starmi addosso senza invadere. Mi sento al sicuro.
Mi guardi come se fossi nuda anche quando sono vestita.
Mi racconti del tuo viaggio, io ti parlo del lavoro. Sembri ascoltare ogni mia parola come fosse una poesia.
Poi mi baci. Le tue labbra sono morbide, lente, poi più insistenti.
Mi baci il collo. Respiro più veloce.
Mi sdraio. Le tue mani vanno sotto il vestito. Ti fermo:
“Ehi… siamo in un prato, ci può vedere qualcuno.”
Tu sorridi.
Mi accarezzi con rispetto. Poi scendi giù. Le tue labbra sui miei piedi. Le dita nella tua bocca.
Mi vergogno un po’. Ti dico che non ho fatto la doccia. Tu non ti fermi.
Anzi. Ti eccita.
Arrivi al mio inguine. Le mutandine verdi – le ho scelte apposta.
Mi baci sopra, lentamente.
Poi ti togli la camicia, la stendi su di me. Per proteggermi.
Un gesto dolce, prima ancora che eccitante.
Sposti le mutandine. La tua lingua mi accarezza. Prima dentro, poi sul clitoride.
Un dito entra. Poi due.
Mi sciolgo.
Il bacino si muove da solo. Ti prendo per i capelli, ti guido.
Mi mangi con fame. Senza pausa.
Sento che sto per venire. Provo a trattenermi, ma non riesco.
Il mio corpo si tende, poi crolla.
Un suono mi sfugge dalle labbra, basso, quasi imbarazzato.
Mi guardi e sussurri:
“Tutto quello che esce da te è mio.”
Mi baci ancora.
Mi accarezzi le gambe.
Poi ti guardo.
“E tu?”
Sorridi. Ti slacci i pantaloni. Ti sfioro. Ti prendo tra le mani. È caldo, duro.
Lo voglio.
Ti sposto le mutandine.
“Guardami mentre entro,” mi dici.
Lo faccio.
Entri piano. È meraviglioso.
Copriamo tutto con la camicia, ma potremmo anche essere visti. E sinceramente, non me ne importa più.
Mi muovo contro di te. I nostri respiri si uniscono.
Ci baciamo.
Poi mi dici che stai per venire.
Esci.
Lo prendo con la mano, accelero.
Sollevo il vestito.
Vieni. Un suono profondo.
Sul mio ventre.
Ci guardiamo.
Siamo sudati, caldi, appagati.
Mi chiedi scusa per essere venuto presto.
Sorrido:
“Non dire sciocchezze.”
Il vino ormai è caldo.
Parliamo ancora. Ci diamo un bacio più lungo.
Il tempo è finito.
Ti rivesti, io pure.
Ognuno torna alla sua giornata.
Ma dentro, sappiamo bene che quella pausa tra le ore è stata più vera del resto del giorno.
E che alla prossima… sarà ancora più intensa.
Sono le 6:30 del mattino, sto per iniziare un’altra giornata in ufficio. Fuori è già caldo, e mentre bevo il caffè penso a oggi pomeriggio.
A te.
È passato quasi un mese dall’ultima volta che ci siamo visti. Da allora, solo messaggi, vocali, qualche foto, qualche fantasia sussurrata.
Un desiderio lento, costante.
Oggi avremo due ore. Forse niente. Forse tutto.
Cerco di non pensarci troppo. Non voglio alzare aspettative, ma so già che appena ti vedrò mi mancherà il respiro.
Mi preparo, mi vesto con qualcosa di leggero. Un vestitino nero, sandali comodi. Non ho tempo per la doccia. Poco male.
Mi scrivi mentre sei in coda sulla tangenziale. Mi dici che sei in anticipo, che hai preso gli asciugamani. Io ti rispondo tra una mail e l’altra. Oggi finisco verso le 13:20.
Nel pomeriggio ci vedremo vicino a un laghetto. Lo hai trovato per caso su Google Maps.
Mi fido. Un po’ mi eccita l’idea. Un po’ mi agita.
Finisco il lavoro di corsa. Prendo la macchina, ti raggiungo. Mi mandi la posizione. Ci vediamo nel parcheggio.
Scendo e ti saluto dal finestrino. Hai gli occhi pieni di voglia. Mi dici di seguirti.
Ci spostiamo. Parcheggiamo più avanti, in un punto isolato.
Sali nella mia macchina, mi baci con fame. La lingua mi prende, mi stordisce. È troppo tempo che ci desideriamo.
Non parliamo, non serve.
Poi mi guidi in un piccolo prato nascosto tra gli alberi.
È perfetto. Isolato, silenzioso. Ombra e luce si rincorrono tra le foglie.
Stendiamo i teli.
Il vino è fresco, la poke leggera. Ma io non ho fame.
Parliamo, ridiamo. Hai quel modo naturale di starmi addosso senza invadere. Mi sento al sicuro.
Mi guardi come se fossi nuda anche quando sono vestita.
Mi racconti del tuo viaggio, io ti parlo del lavoro. Sembri ascoltare ogni mia parola come fosse una poesia.
Poi mi baci. Le tue labbra sono morbide, lente, poi più insistenti.
Mi baci il collo. Respiro più veloce.
Mi sdraio. Le tue mani vanno sotto il vestito. Ti fermo:
“Ehi… siamo in un prato, ci può vedere qualcuno.”
Tu sorridi.
Mi accarezzi con rispetto. Poi scendi giù. Le tue labbra sui miei piedi. Le dita nella tua bocca.
Mi vergogno un po’. Ti dico che non ho fatto la doccia. Tu non ti fermi.
Anzi. Ti eccita.
Arrivi al mio inguine. Le mutandine verdi – le ho scelte apposta.
Mi baci sopra, lentamente.
Poi ti togli la camicia, la stendi su di me. Per proteggermi.
Un gesto dolce, prima ancora che eccitante.
Sposti le mutandine. La tua lingua mi accarezza. Prima dentro, poi sul clitoride.
Un dito entra. Poi due.
Mi sciolgo.
Il bacino si muove da solo. Ti prendo per i capelli, ti guido.
Mi mangi con fame. Senza pausa.
Sento che sto per venire. Provo a trattenermi, ma non riesco.
Il mio corpo si tende, poi crolla.
Un suono mi sfugge dalle labbra, basso, quasi imbarazzato.
Mi guardi e sussurri:
“Tutto quello che esce da te è mio.”
Mi baci ancora.
Mi accarezzi le gambe.
Poi ti guardo.
“E tu?”
Sorridi. Ti slacci i pantaloni. Ti sfioro. Ti prendo tra le mani. È caldo, duro.
Lo voglio.
Ti sposto le mutandine.
“Guardami mentre entro,” mi dici.
Lo faccio.
Entri piano. È meraviglioso.
Copriamo tutto con la camicia, ma potremmo anche essere visti. E sinceramente, non me ne importa più.
Mi muovo contro di te. I nostri respiri si uniscono.
Ci baciamo.
Poi mi dici che stai per venire.
Esci.
Lo prendo con la mano, accelero.
Sollevo il vestito.
Vieni. Un suono profondo.
Sul mio ventre.
Ci guardiamo.
Siamo sudati, caldi, appagati.
Mi chiedi scusa per essere venuto presto.
Sorrido:
“Non dire sciocchezze.”
Il vino ormai è caldo.
Parliamo ancora. Ci diamo un bacio più lungo.
Il tempo è finito.
Ti rivesti, io pure.
Ognuno torna alla sua giornata.
Ma dentro, sappiamo bene che quella pausa tra le ore è stata più vera del resto del giorno.
E che alla prossima… sarà ancora più intensa.
6
voti
voti
valutazione
6
6
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Un gita in Toscana (punto di vista lui)
Commenti dei lettori al racconto erotico