Vacanze italiane (parte 2)
di
Mister Pink
genere
feticismo
4.
L’idea le venne dopo avere consumato la cena, mentre fuori dagli oblò la luce stava calando velocemente e le luci all’interno della cabina venivano abbassate per permettere di riposare. Michelle aprì la borsettina riservata a chi viaggiava in business e tirò fuori le calze in omaggio. Piegò la gamba destra e si preparò a indossare il primo calzino.
“Peccato” scappò a Colt.
“Cosa?” lo guardò Michelle.
Lo sguardo piantato nel suo, Colt le rispose sicuro. “Peccato che tu abbia deciso di mettere le calze”.
“E perché?”.
“Perché i tuoi piedi sono bellissimi ed è un piacere guardarli”.
“Si stanno raffreddando” fu la prima scusa che le venne in mente.
“Te li scalderei volentieri io” azzardò Colt.
“E come?” gettò l’amo Michelle.
Senza dire nulla, Colt allungò una mano, le prese il piede, lo sollevò, e lo posò sulle proprie gambe, per poi iniziare a massaggiarlo lentamente.
Michelle si trovò a trattenere il fiato, ma non fece nessun tentativo di spostarlo.
“E poi…” riprese Colt, e con un gesto che Michelle non si sarebbe mai aspettata, soprattutto lì in mezzo ad altra gente che avrebbe potuto vederli, prese nuovamente il piede, lo sollevò e lo portò alle sue labbra, per un bacio tanto leggero quanto sensuale.
Nel buio dell’aereo rotto solo dalle immagini di qualche schermo tv acceso, Michelle si trovò a rabbrividire di piacere. “Se Brent vedesse tutto questo” pensò.
“Mi sembra un metodo efficace” sussurrò con voce sensuale a Colt, guardandolo negli occhi.
“Allora direi che possiamo fare a meno dei calzini, non credi?”. E prima che Michelle potesse rispondere, allungò la mano verso l’altra gamba, la sollevò all’altezza del ginocchio, scese lentamente lungo il polpaccio fino al piede sinistro, afferrandolo con dolcezza ma altrettanto fermezza, per posizionarlo a sua volta sulle proprie gambe. Poi, presa la coperta, la sistemò per coprire tutto, così da evitare sguardi indiscreti, e nel riprendere a chiacchierare incominciò un lungo, dolce e lento massaggio, il pollice a pressare la pianta del piede, prima che le dita andassero ad accarezzare le falangi, stringendole, allargandole, percorrendole piano.
“Il vantaggio della business. Farei il giro del mondo coccolata così” sorrise l’avvenente signora.
Se tutto questo aveva eccitato Michelle, lo stesso si poteva dire per Colt, che mai si sarebbe aspettato una situazione simile ma, adesso che quei piedi deliziosi erano letteralmente tra le sue mani, non li avrebbe lasciati per nulla al mondo. Tra una carezza e un massaggio, si ritrovò anche più volte a toccare gli anelli, roteandoli, facendo il gesto di estrarli per poi infilarli nuovamente.
“Una sera, ero ad Austin…” fu così che Michelle gli raccontò quello che le aveva gridato l’uomo mentre passeggiava lungo la 6a Strada.
“Sono sicuro che ora mi invidierebbe un sacco” ribattè Colt. E prima che Michelle potesse capire cosa stesse accadendo, abbassò la testa, le sollevò il piede destro e lo portò alla sua bocca. Per qualche attimo la sua lingua giocò con le dita, accarezzandole con cura, poi, chiudendo con forza le labbra, iniziò a far uscire lentamente le dita, sfilando gli anellini e custodendoli in bocca.
Michelle si scoprì eccitata come poche volte ultimamente, sentiva la figa pulsare e la testa girare come se fosse ubriaca, mentre Colt tornava a sistemare il piede sotto la coperta, per poi guardarla, sorriderle, aprire la bocca e mostrarle i due anellini sulla lingua.
“Oh Dio” fu tutto quello che Michelle riuscì a dire, mentre sotto la coperta l’altro piede veniva a contatto con qualcosa di duro, molto duro.
Non servirono parole, né inviti, ma ormai preda del proprio piacere, estasiata quanto incredula di avere fatto quel passo che aveva immaginato tante volte, Michelle si lasciò andare. “Carpe diem”, cogli l’attimo, il detto latino attorno al quale era stato costruito uno dei suoi film preferiti, ‘L’Attimo fuggente’ con Robin Williams, in quel momento era tutto quello che contava, così che anche il piede sinistro si unì al destro e mentre Colt, infilati nuovamente gli anellini, le accarezzava piano le caviglie, iniziò una lenta ma pressante masturbazione al cazzo di quell’uomo conosciuto solo un paio di ore prima.
Il bacio che seguì poco nel silenzio che li circondava, dopo fu solo la conseguenza di una situazione sempre più bollente, tanto che a Michelle a un certo punto venne quasi da ridere nel pensare al club più esclusivo del mondo, quello delle 10000 Miglia.
“Hai mai fatto sesso in aereo?” chiese a Colt, tornando poi a infilargli la lingua in bocca.
“No, e tu?”.
“Neppure, ma in questo momento ti farei e mi farei fare di tutto” gli sussurrò, mentre il piede percorreva lentamente quello che sembrava essere un cazzo di tutto rispetto.
“Slacciati i pantaloni, voglio sentire il suo calore” aggiunse subito dopo, mentre contemporaneamente la mano di Colt aveva oltrepassato il valico delle sue ginocchia, infilandosi sotto la gonna.
“Sei una donna estremamente eccitante, bella, ricca di fascino. E porca” le mormorò in un orecchio, la lingua ad accarezzarle un lobo, mentre con una certa fatica per non farsi scoprire dai vicini di viaggio, aveva slacciato la cintura, slacciato il bottone e aperto la zip. Pochi istanti dopo, i piedi di Michelle avvilupparono quel pezzo di carne caldo e pulsante, con le dita ad allargarsi nell’afferrare e circondare la cappella, iniziando una lentissima, ma non per questo meno eccitante, masturbazione.
Contemporaneamente, la mano di Colt era salita tra quelle cosce che per lunghi anni erano state proprietà esclusiva di Brent. Continuarono a salire fino a che, senza che Michelle opponesse il minimo di resistenza, le dita dell’uomo d’affari raggiunsero il confine delle mutandine.
“Sei fradicia” le disse come un dato di fatto inoppugnabile, mentre le dita percorrevano su e giù il tessuto intriso di piacere. Michelle per risposta strinse ancora di più il cazzo accelerando il movimento.
Quando il primo dito di Colt, spostato l’elastico dello slip, si infilò dentro di lei, a Michelle scappò un sussulto che per un attimo le fece temere che qualcuno l’avesse sentita. Avvertiva la figa bollente, pulsante, quasi che avesse vita propria, mentre quel dito lungo e grosso, dopo essere uscito dal suo sesso bagnato risaliva lungo le labbra per andare a caccia di un clitoride gonfio e duro, bramoso di attenzioni.
“Mi fai morire” sussurrò Michelle, prima di mordergli il labbro inferiore in un bacio carnale. Poi, allungando la mano, la infilò sotto la coperta di Colt, andando a scoprire quel cazzo che stava contribuendo a mandarla fuori di testa.
“Dio, quanto è grosso. E caldo. Quanto lo vorrei dentro di me” gli disse con la voce quasi singhiozzante, mentre la mano accelerava il lavoro incominciato dai piedi.
Per tutta risposta Colt accelerò il movimento delle sue dita, il pollice si unì all’indice per strizzare il clitoride, gesto che provocò uno spasmo improvviso della figa di Michelle. Subito dopo, poi, mentre il pollice continuava a premere sul bottoncino, Colt infilò quasi con prepotenza due dita nella figa della manager bionda, il cui marito sedeva ignaro qualche decina di fila di sedili più indietro.
Fu il primo punto di non ritorno di Michelle, che come presa da un raptus abbandonò la presa al cazzo, afferrò la nuca di Colt e la tirò con violenza verso di sé, affogando l’urlo del proprio orgasmo nella bocca dell’uomo, mentre le dita continuavano a sconquassarla senza tregua e la figa sembrava sciogliersi dal piacere. Non fosse stato per il rumore dell’aereo, a un ascoltatore attento non sarebbe sfuggito lo sciacquettio crescente tra le sue gambe.
Ci volle qualche minuto perché Michelle iniziasse a riprendersi dall’orgasmo, mentre il cuore iniziava a rallentare e il respiro a quietarsi. Nel frattempo, l’assalto di Colt era diventato una piacevole carezza, le dita a contornare le labbra calde, il clitoride gonfio, le mutandine fradice della sua estasi. Michelle baciò dolcemente Colt, chiedendosi come avrebbe reagito Brent se l’avesse vista in quel momento, poi con il piede sinistro tornò a cercare il cazzo del texano, trovandolo se possibile ancora più duro.
“Vedo che non sono la sola a essermi divertita. Ma credo che sia il momento di ricambiare il favore, non credi?” gi disse con un sorriso civettuolo, riprendendo con i piedi il su e giù sul cazzo dell’uomo.
“Dimmi che non sei un sogno” le sussurrò Colt, con uno sguardo che la trapassò, mentre con una mano andò ad afferrare le due estremità, stringendole attorno al cazzo gonfio e aumentando il movimento. L’altra mano, contemporaneamente, andò alla ricerca di un seno.
L’eccitazione tornata a salire, per quello che era davvero un sogno finalmente diventato realtà, Michelle aumentò il ritmo, senza mai staccare lo sguardo dal volto di Colt. Che a un certo punto chiuse gli occhi, il corpo sempre più teso, le dita a strizzare con forza il capezzolo.
“Sto per venire” la avvisò.
“Vienimi sui piedi” lo incitò sottovoce Michelle, un piede che continuava a premere lungo l’asta e l’altro che prontamente era risalito a ricoprire la cappella.
Fu la parola magica, perché pochi istanti dopo il primo fiotto caldo e violento le invase le dita e la pianta del piede, e a quello ne seguì un secondo e poi un terzo, mentre Colt sembrava preda di uno spasmo.
“Cazzo…” fu tutto quello che Michelle riuscì a dire, mentre i piedi massaggiavano lentamente il cazzo che un po’ alla volta iniziò a perdere vigore.
“Poverini, sono tutti appiccicosi” le sussurrò Colt poco dopo. E, sincerandosi che nessuno potesse vederli, sollevò la coperta e, prima uno, poi l’altro, portò entrambi i piedi alla sua bocca, leccando e ripulendo prima le dita, poi la pianta e infine il collo. Il gesto, completamente inaspettato, regalò un altro mini orgasmo a Michelle, che si aiutò andando a cercare con le proprie dita il clitoride.
Quando poi Colt tornò a sistemare la coperta, lo tirò a sé per un altro bacio profondo.
“La tua sborra ha decisamente un buon sapore” gli disse, gustando il suo sperma dalla bocca del texano.
I due continuarono a baciarsi e a parlare a voce bassa, ma la notte ormai profonda, il calo di adrenalina e un po’ anche il timore di venire scoperti da una hostess di passaggio o da un altro passeggero, conciliarono l’arrivo del sonno. “Lasciami dormire con i tuoi piedi” le chiese Colt. E fu così che Michelle si addormentò.
_ . _
Il risveglio, poche ore dopo, trovò Michelle un po’ disorientata, ma quella mano che le accarezzava leggera un piede, le riportò alla memoria l’avventura più pazza della sua vita.
Poco dopo arrivò la hostess con la colazione e i due si ricomposero, quindi, prima dell’atterraggio, Michelle si recò in bagno per lavarsi i denti. I capelli arruffati e gli occhi stanchi erano i testimoni di quelle poche ore di passione. Quando tornò al suo posto, fece segno a Colt di avvicinarsi.
“Questo è un regalo per te” gli sussurrò, facendogli scivolare nella mano le mutandine, che anche dopo tutte quelle ore conservavano traccia dei suoi orgasmi.
“E questo è il mio numero di telefono” aggiunse subito dopo allungandogli il biglietto da visita. Il secondo che lascio a uno sconosciuto in meno di 12 ore, rise dentro di sé.
Al momento dello sbarco, i due si scambiarono un bacio veloce.
“Spero di rivederti, ma anche se non dovesse accadere, non dimenticherò mai questa notte” le disse con un sorriso dolce Colt.
“Devo confessarti una cosa – gli rispose Michelle –. Conoscevo la teoria della cavigliera, e se la porto sulla destra è proprio per quel motivo. Ma fino a questa notte non ero mai stata di nessun altro che di mio marito”.
Gli sfiorò le labbra con un altro bacio dolce, poi se ne andò.
_ . _
Cinque ore dopo, all’arrivo a Milano, Michelle e Brent erano sul taxi che dall’aeroporto di Linate li stava portando all’hotel, quando Michelle prese la mano del marito e la infilò sotto la gonna, portandosela senza indugi tra le gambe.
“Ma…?” Brent la guardò sorpreso.
“Preparati ad ascoltare una bella storia” gli strizzò l’occhio Michelle.
5.
Per quanto lussuoso, allo stato dell’arte a livello di design, comfort e, soprattutto vista, con le ampie finestre che si aprivano sulla nuova Milano, quella di piazza Gae Aulenti, del Bosco verticale, il grattacielo considerato il più bello del mondo, e del quartiere Isola, che nel fiorire post Expo di Milano poteva essere paragonato alla TriBeCa newyorkese, nulla di tutto ciò sembrò interessare a Brent nel momento in cui lui e Michelle entrarono nella stanza al 22° piano del Verticale Una Hotel.
Se va dato atto a Michelle di tentare di godersi quella vista bellissima su una delle città europee più in espansione e fermento, in realtà le fu concesso appena il tempo di depositare il trolley in un angolo della stanza, che Brent le era già addosso. E se pensate a lui come a un uomo di oltre 190 cm con un fisico atletico e possente, potete capire come la povera mogliettina si trovò inerme di fronte al suo assalto.
Abbracciandola con impeto, Brent rovesciò Michelle sul grande letto matrimoniale e, prima che la moglie potesse tentare di reagire, infilò la testa sotto il vestito e tra le sue gambe, assaltandone la figa come un assetato nel deserto. Sapeva che Michelle fino al momento di imbarcarsi per Londra indossava le mutandine. Come le avesse ‘perse’ era quello che da lì a poco avrebbe scoperto, ma intanto le tracce di piacere che ancora impregnavano la figa della moglie gli raccontavano di una notte in volo a luci rosse.
L’odore che emanava dal sesso di Michelle dopo il lungo viaggio sembrò accendere ancor più l’entusiasmo del marito, che dopo un primo assalto alla figa iniziò a concentrarsi sull’interno cosce, per poi risalire alle labbra, leccarle avidamente quasi fosse un cagnolino in estasi per il ritorno a casa della sua padrona, quindi contornarle, stando però sempre attento nel far sì che la sua lingua non trovasse il clitoride. Sapeva quanto il bottoncino di Michelle fosse particolarmente sensibile, e quanto la moglie apprezzasse lunghe attenzioni a quell’interruttore capace di farle perdere velocemente il controllo. E, proprio per questo, quasi sadicamente, Brent si ostinò a non sfiorarlo neppure, nonostante le suppliche crescenti di Michelle, che a un certo punto afferrò il marito per i capelli e provò a indirizzarlo verso il fulcro del suo piacere.
Inutilmente, perché Brent le afferrò le mani, bloccandole, continuando come se nulla fosse a circumnavigare il suo sesso, la lingua a solleticare quella terra di nessuno tra figa e ano, le labbra madide di desiderio risucchiate nella sua bocca, il liquido sempre più copioso a inondargli la faccia con Michelle, sempre più frustrata e impotente, a sbattere violentemente le gambe sul grande letto.
Quando poi, perfido nel suo attacco, Brent si avvicinò a un nulla dal clitoride ma, invece di solleticarlo con la lingua, lasciò partire un soffio violento, a Michelle scappò un urlo gutturale. “Oh Dio, Brent, sììììì” le parole inciamparono tra le labbra spalancate di Michelle, che sentiva di essere ormai vicinissima all’orgasmo. “Ti prego, conti…” ma non arrivò a completare la parola, che il suono del campanello della loro stanza avvisò i due che le valigie erano pronte per essere consegnate.
“Non provare neanche a muoverti, hai voluto fare la zoccola e adesso iniziamo un gioco nuovo” le disse a metà tra il serio e il divertito Brent, sollevandosi dal letto non prima di sollevare completamente il vestito della moglie, che con le gambe spalancate e la figa vistosamente fradicia offriva uno spettacolo erotico irresistibile.
“Ma…” provò a obiettare Michelle, prima che una sberla sulla figa, non troppo forte ma sicuramente decisa di Brent, la bloccasse.
“Ho detto di non muoverti”. E mentre il campanello rompeva una seconda volta il silenzio della stanza, Brent si diresse alla porta.
“Le sue valigie signore” le parole in un inglese un po’ stentato del facchino.
“Grazie, le metta pure lì” Brent gli indicò un punto della stanza praticamente di fronte al letto dove Michelle, gli occhi chiusi, un braccio a coprirle parzialmente la faccia, tratteneva il fiato, quasi che non guardare e non respirare la rendesse invisibile al mondo.
Solo che il facchino, un ragazzo di circa una ventina d’anni, alto, moro e di piacevole aspetto, tutto era tranne che cieco e, pur cercando di non essere eccessivamente plateale, non poté esimersi dal lanciare più di una occhiata verso quel corpo sdraiato sul letto, le gambe oscenamente spalancate. Brent, un passo dietro, si godeva la scena compiaciuto, il cazzo gonfio nei pantaloni.
“Va bene qui?” disse il facchino, provando a sembrare molto più sicuro e imperturbabile di quanto in realtà non fosse.
“Perfetto, grazie” rispose Brent.
E quando il ragazzo, lasciati i bagagli, si preparava a uscire, Brent tirò fuori il portafoglio, estrasse una banconota di dieci euro, ma poi fermò la mano a mezz’aria.
“Puoi scegliere: questa mancia” e sventolò la banconota. “Oppure quella” e con un gesto indicò Michelle.
Il facchino lo guardò, rosso in viso. In quell’anno all’hotel, dove lavorava per pagarsi gli studi, di situazioni borderline ne aveva viste diverse, ma quella…
Senza rispondergli, si avvicinò al letto.
“Aspetta. Anche qui devi scegliere. O lecchi mia moglie fino all’orgasmo, o ti fai fare un pompino”.
Michelle, immobile e per certi versi atterrita, nel sentire quelle parole si irrigidì ancora di più.
Il ragazzo la guardò a lungo, incerto sulla situazione. Aveva notato la donna quando la coppia si era presentata al check-in e nell’osservare la sua camminata elegante si era ritrovato a pensare a come gli sarebbe piaciuto affondare la sua faccia in quel sedere tonico dal quale partivano quelle gambe slanciate. Così, contrariamente a quello che probabilmente avrebbe scelto il 90% degli uomini, si inginocchiò sul letto, la faccia a pochi centimetri da quella figa luccicante, le labbra ben definite che sembravano quasi chiedergli una sola cosa: baciaci.
E a baciarle il ragazzo non prese tempo, la lingua che vorace andò a separare le grandi labbra per tuffarsi dentro Michelle, la bocca a creare una sorta di vuoto pneumatico, con il ragazzo che a un certo punto più che a leccare sembrò quasi voler mangiare il sesso della bionda manager. Quando, poi, i denti presero possesso del clitoride, con la lingua a picchiettare in maniera sempre più decisa e insistente, Michelle partì per la tangente. Le mani si chiusero a pugno attorno alle lenzuola quasi volessero strapparselo, mentre le gambe artigliarono la schiena del ragazzo.
“Sì, così, continua…” cominciò a farfugliare, mentre il bacino si sollevava quasi invitando il ragazzo a conquistare ancora di più il suo sesso.
Quando poi il facchino scese con la bocca di qualche centimetro, catturando le labbra, mordendole piano, la lingua a penetrare in profondità nella figa e il naso a premere forte sul clitoride, Michelle imboccò la strada del non ritorno. Le cateratte del piacere ruppero gli argini, il respirò sembrò mozzarsi in gola, le mani afferrarono i capelli del ragazzo e, con una violenza quasi primitiva, cominciò a premere il volto di quello che fino a pochi minuti prima era un perfetto sconosciuto, dimenandosi come un’ossessa con il bacino, lo sfregamento della barba su interno cosce e figa ad amplificare la sensazione del piacere.
Mentre Brent, appoggiato al muro, guardava eccitato come poche altre volte nella sua vita, la mano ad accarezzare da sopra i pantaloni un cazzo durissimo, Michelle venne violentemente una prima volta. Le gambe scattarono in aria come se colpite da una scossa elettrica, prima di tornare a stringere con violenza il busto del ragazzo, la testa incominciò a sbattere senza controllo da una parte all’altra sul materasso, mentre un gemito gutturale di piacere accompagnava un’esplosione lavica.
Godeva, Michelle, e più godeva, più il ragazzo affondava la lingua tra quelle labbra che sembravano un fiume in piena, i denti a stringere la carne pulsante, la faccia fradicia dell’orgasmo. Fu un orgasmo lungo, violento, con picchi di piacere a cui, per pochissimi secondi, sembrava seguire la fine dell’amplesso, prima che un nuovo colpo di lingua, un morso, o il clitoride risucchiato con violenza nella bocca, riportassero Michelle a raggiungere un nuovo apice del piacere.
Non seppe quanto tempo era trascorso dal momento in cui aveva iniziato a godere ma, quando poco dopo il facchino staccò la faccia fradicia di piacere dalla sua figa, Michelle si ritrovò priva di fiato, di energie, di tutto.
“Te li sei meritati, grazie” disse Brent a sua volta visibilmente accaldato nell’allungare al facchino una banconota di 20 euro.
“Grazie a voi. E se aveste ancora bisogno di me, chiedete di Lucio” rispose il ragazzo, prima di avvicinarsi alla porta, aprirla e, la faccia ancora piena degli umori di Michelle, uscire.
“Sei fantastica” Brent disse a bassa voce non appena la porta si fu chiusa. Ma Michelle, esausta dal lungo viaggio e dagli orgasmi, già dormiva.
L’idea le venne dopo avere consumato la cena, mentre fuori dagli oblò la luce stava calando velocemente e le luci all’interno della cabina venivano abbassate per permettere di riposare. Michelle aprì la borsettina riservata a chi viaggiava in business e tirò fuori le calze in omaggio. Piegò la gamba destra e si preparò a indossare il primo calzino.
“Peccato” scappò a Colt.
“Cosa?” lo guardò Michelle.
Lo sguardo piantato nel suo, Colt le rispose sicuro. “Peccato che tu abbia deciso di mettere le calze”.
“E perché?”.
“Perché i tuoi piedi sono bellissimi ed è un piacere guardarli”.
“Si stanno raffreddando” fu la prima scusa che le venne in mente.
“Te li scalderei volentieri io” azzardò Colt.
“E come?” gettò l’amo Michelle.
Senza dire nulla, Colt allungò una mano, le prese il piede, lo sollevò, e lo posò sulle proprie gambe, per poi iniziare a massaggiarlo lentamente.
Michelle si trovò a trattenere il fiato, ma non fece nessun tentativo di spostarlo.
“E poi…” riprese Colt, e con un gesto che Michelle non si sarebbe mai aspettata, soprattutto lì in mezzo ad altra gente che avrebbe potuto vederli, prese nuovamente il piede, lo sollevò e lo portò alle sue labbra, per un bacio tanto leggero quanto sensuale.
Nel buio dell’aereo rotto solo dalle immagini di qualche schermo tv acceso, Michelle si trovò a rabbrividire di piacere. “Se Brent vedesse tutto questo” pensò.
“Mi sembra un metodo efficace” sussurrò con voce sensuale a Colt, guardandolo negli occhi.
“Allora direi che possiamo fare a meno dei calzini, non credi?”. E prima che Michelle potesse rispondere, allungò la mano verso l’altra gamba, la sollevò all’altezza del ginocchio, scese lentamente lungo il polpaccio fino al piede sinistro, afferrandolo con dolcezza ma altrettanto fermezza, per posizionarlo a sua volta sulle proprie gambe. Poi, presa la coperta, la sistemò per coprire tutto, così da evitare sguardi indiscreti, e nel riprendere a chiacchierare incominciò un lungo, dolce e lento massaggio, il pollice a pressare la pianta del piede, prima che le dita andassero ad accarezzare le falangi, stringendole, allargandole, percorrendole piano.
“Il vantaggio della business. Farei il giro del mondo coccolata così” sorrise l’avvenente signora.
Se tutto questo aveva eccitato Michelle, lo stesso si poteva dire per Colt, che mai si sarebbe aspettato una situazione simile ma, adesso che quei piedi deliziosi erano letteralmente tra le sue mani, non li avrebbe lasciati per nulla al mondo. Tra una carezza e un massaggio, si ritrovò anche più volte a toccare gli anelli, roteandoli, facendo il gesto di estrarli per poi infilarli nuovamente.
“Una sera, ero ad Austin…” fu così che Michelle gli raccontò quello che le aveva gridato l’uomo mentre passeggiava lungo la 6a Strada.
“Sono sicuro che ora mi invidierebbe un sacco” ribattè Colt. E prima che Michelle potesse capire cosa stesse accadendo, abbassò la testa, le sollevò il piede destro e lo portò alla sua bocca. Per qualche attimo la sua lingua giocò con le dita, accarezzandole con cura, poi, chiudendo con forza le labbra, iniziò a far uscire lentamente le dita, sfilando gli anellini e custodendoli in bocca.
Michelle si scoprì eccitata come poche volte ultimamente, sentiva la figa pulsare e la testa girare come se fosse ubriaca, mentre Colt tornava a sistemare il piede sotto la coperta, per poi guardarla, sorriderle, aprire la bocca e mostrarle i due anellini sulla lingua.
“Oh Dio” fu tutto quello che Michelle riuscì a dire, mentre sotto la coperta l’altro piede veniva a contatto con qualcosa di duro, molto duro.
Non servirono parole, né inviti, ma ormai preda del proprio piacere, estasiata quanto incredula di avere fatto quel passo che aveva immaginato tante volte, Michelle si lasciò andare. “Carpe diem”, cogli l’attimo, il detto latino attorno al quale era stato costruito uno dei suoi film preferiti, ‘L’Attimo fuggente’ con Robin Williams, in quel momento era tutto quello che contava, così che anche il piede sinistro si unì al destro e mentre Colt, infilati nuovamente gli anellini, le accarezzava piano le caviglie, iniziò una lenta ma pressante masturbazione al cazzo di quell’uomo conosciuto solo un paio di ore prima.
Il bacio che seguì poco nel silenzio che li circondava, dopo fu solo la conseguenza di una situazione sempre più bollente, tanto che a Michelle a un certo punto venne quasi da ridere nel pensare al club più esclusivo del mondo, quello delle 10000 Miglia.
“Hai mai fatto sesso in aereo?” chiese a Colt, tornando poi a infilargli la lingua in bocca.
“No, e tu?”.
“Neppure, ma in questo momento ti farei e mi farei fare di tutto” gli sussurrò, mentre il piede percorreva lentamente quello che sembrava essere un cazzo di tutto rispetto.
“Slacciati i pantaloni, voglio sentire il suo calore” aggiunse subito dopo, mentre contemporaneamente la mano di Colt aveva oltrepassato il valico delle sue ginocchia, infilandosi sotto la gonna.
“Sei una donna estremamente eccitante, bella, ricca di fascino. E porca” le mormorò in un orecchio, la lingua ad accarezzarle un lobo, mentre con una certa fatica per non farsi scoprire dai vicini di viaggio, aveva slacciato la cintura, slacciato il bottone e aperto la zip. Pochi istanti dopo, i piedi di Michelle avvilupparono quel pezzo di carne caldo e pulsante, con le dita ad allargarsi nell’afferrare e circondare la cappella, iniziando una lentissima, ma non per questo meno eccitante, masturbazione.
Contemporaneamente, la mano di Colt era salita tra quelle cosce che per lunghi anni erano state proprietà esclusiva di Brent. Continuarono a salire fino a che, senza che Michelle opponesse il minimo di resistenza, le dita dell’uomo d’affari raggiunsero il confine delle mutandine.
“Sei fradicia” le disse come un dato di fatto inoppugnabile, mentre le dita percorrevano su e giù il tessuto intriso di piacere. Michelle per risposta strinse ancora di più il cazzo accelerando il movimento.
Quando il primo dito di Colt, spostato l’elastico dello slip, si infilò dentro di lei, a Michelle scappò un sussulto che per un attimo le fece temere che qualcuno l’avesse sentita. Avvertiva la figa bollente, pulsante, quasi che avesse vita propria, mentre quel dito lungo e grosso, dopo essere uscito dal suo sesso bagnato risaliva lungo le labbra per andare a caccia di un clitoride gonfio e duro, bramoso di attenzioni.
“Mi fai morire” sussurrò Michelle, prima di mordergli il labbro inferiore in un bacio carnale. Poi, allungando la mano, la infilò sotto la coperta di Colt, andando a scoprire quel cazzo che stava contribuendo a mandarla fuori di testa.
“Dio, quanto è grosso. E caldo. Quanto lo vorrei dentro di me” gli disse con la voce quasi singhiozzante, mentre la mano accelerava il lavoro incominciato dai piedi.
Per tutta risposta Colt accelerò il movimento delle sue dita, il pollice si unì all’indice per strizzare il clitoride, gesto che provocò uno spasmo improvviso della figa di Michelle. Subito dopo, poi, mentre il pollice continuava a premere sul bottoncino, Colt infilò quasi con prepotenza due dita nella figa della manager bionda, il cui marito sedeva ignaro qualche decina di fila di sedili più indietro.
Fu il primo punto di non ritorno di Michelle, che come presa da un raptus abbandonò la presa al cazzo, afferrò la nuca di Colt e la tirò con violenza verso di sé, affogando l’urlo del proprio orgasmo nella bocca dell’uomo, mentre le dita continuavano a sconquassarla senza tregua e la figa sembrava sciogliersi dal piacere. Non fosse stato per il rumore dell’aereo, a un ascoltatore attento non sarebbe sfuggito lo sciacquettio crescente tra le sue gambe.
Ci volle qualche minuto perché Michelle iniziasse a riprendersi dall’orgasmo, mentre il cuore iniziava a rallentare e il respiro a quietarsi. Nel frattempo, l’assalto di Colt era diventato una piacevole carezza, le dita a contornare le labbra calde, il clitoride gonfio, le mutandine fradice della sua estasi. Michelle baciò dolcemente Colt, chiedendosi come avrebbe reagito Brent se l’avesse vista in quel momento, poi con il piede sinistro tornò a cercare il cazzo del texano, trovandolo se possibile ancora più duro.
“Vedo che non sono la sola a essermi divertita. Ma credo che sia il momento di ricambiare il favore, non credi?” gi disse con un sorriso civettuolo, riprendendo con i piedi il su e giù sul cazzo dell’uomo.
“Dimmi che non sei un sogno” le sussurrò Colt, con uno sguardo che la trapassò, mentre con una mano andò ad afferrare le due estremità, stringendole attorno al cazzo gonfio e aumentando il movimento. L’altra mano, contemporaneamente, andò alla ricerca di un seno.
L’eccitazione tornata a salire, per quello che era davvero un sogno finalmente diventato realtà, Michelle aumentò il ritmo, senza mai staccare lo sguardo dal volto di Colt. Che a un certo punto chiuse gli occhi, il corpo sempre più teso, le dita a strizzare con forza il capezzolo.
“Sto per venire” la avvisò.
“Vienimi sui piedi” lo incitò sottovoce Michelle, un piede che continuava a premere lungo l’asta e l’altro che prontamente era risalito a ricoprire la cappella.
Fu la parola magica, perché pochi istanti dopo il primo fiotto caldo e violento le invase le dita e la pianta del piede, e a quello ne seguì un secondo e poi un terzo, mentre Colt sembrava preda di uno spasmo.
“Cazzo…” fu tutto quello che Michelle riuscì a dire, mentre i piedi massaggiavano lentamente il cazzo che un po’ alla volta iniziò a perdere vigore.
“Poverini, sono tutti appiccicosi” le sussurrò Colt poco dopo. E, sincerandosi che nessuno potesse vederli, sollevò la coperta e, prima uno, poi l’altro, portò entrambi i piedi alla sua bocca, leccando e ripulendo prima le dita, poi la pianta e infine il collo. Il gesto, completamente inaspettato, regalò un altro mini orgasmo a Michelle, che si aiutò andando a cercare con le proprie dita il clitoride.
Quando poi Colt tornò a sistemare la coperta, lo tirò a sé per un altro bacio profondo.
“La tua sborra ha decisamente un buon sapore” gli disse, gustando il suo sperma dalla bocca del texano.
I due continuarono a baciarsi e a parlare a voce bassa, ma la notte ormai profonda, il calo di adrenalina e un po’ anche il timore di venire scoperti da una hostess di passaggio o da un altro passeggero, conciliarono l’arrivo del sonno. “Lasciami dormire con i tuoi piedi” le chiese Colt. E fu così che Michelle si addormentò.
_ . _
Il risveglio, poche ore dopo, trovò Michelle un po’ disorientata, ma quella mano che le accarezzava leggera un piede, le riportò alla memoria l’avventura più pazza della sua vita.
Poco dopo arrivò la hostess con la colazione e i due si ricomposero, quindi, prima dell’atterraggio, Michelle si recò in bagno per lavarsi i denti. I capelli arruffati e gli occhi stanchi erano i testimoni di quelle poche ore di passione. Quando tornò al suo posto, fece segno a Colt di avvicinarsi.
“Questo è un regalo per te” gli sussurrò, facendogli scivolare nella mano le mutandine, che anche dopo tutte quelle ore conservavano traccia dei suoi orgasmi.
“E questo è il mio numero di telefono” aggiunse subito dopo allungandogli il biglietto da visita. Il secondo che lascio a uno sconosciuto in meno di 12 ore, rise dentro di sé.
Al momento dello sbarco, i due si scambiarono un bacio veloce.
“Spero di rivederti, ma anche se non dovesse accadere, non dimenticherò mai questa notte” le disse con un sorriso dolce Colt.
“Devo confessarti una cosa – gli rispose Michelle –. Conoscevo la teoria della cavigliera, e se la porto sulla destra è proprio per quel motivo. Ma fino a questa notte non ero mai stata di nessun altro che di mio marito”.
Gli sfiorò le labbra con un altro bacio dolce, poi se ne andò.
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Cinque ore dopo, all’arrivo a Milano, Michelle e Brent erano sul taxi che dall’aeroporto di Linate li stava portando all’hotel, quando Michelle prese la mano del marito e la infilò sotto la gonna, portandosela senza indugi tra le gambe.
“Ma…?” Brent la guardò sorpreso.
“Preparati ad ascoltare una bella storia” gli strizzò l’occhio Michelle.
5.
Per quanto lussuoso, allo stato dell’arte a livello di design, comfort e, soprattutto vista, con le ampie finestre che si aprivano sulla nuova Milano, quella di piazza Gae Aulenti, del Bosco verticale, il grattacielo considerato il più bello del mondo, e del quartiere Isola, che nel fiorire post Expo di Milano poteva essere paragonato alla TriBeCa newyorkese, nulla di tutto ciò sembrò interessare a Brent nel momento in cui lui e Michelle entrarono nella stanza al 22° piano del Verticale Una Hotel.
Se va dato atto a Michelle di tentare di godersi quella vista bellissima su una delle città europee più in espansione e fermento, in realtà le fu concesso appena il tempo di depositare il trolley in un angolo della stanza, che Brent le era già addosso. E se pensate a lui come a un uomo di oltre 190 cm con un fisico atletico e possente, potete capire come la povera mogliettina si trovò inerme di fronte al suo assalto.
Abbracciandola con impeto, Brent rovesciò Michelle sul grande letto matrimoniale e, prima che la moglie potesse tentare di reagire, infilò la testa sotto il vestito e tra le sue gambe, assaltandone la figa come un assetato nel deserto. Sapeva che Michelle fino al momento di imbarcarsi per Londra indossava le mutandine. Come le avesse ‘perse’ era quello che da lì a poco avrebbe scoperto, ma intanto le tracce di piacere che ancora impregnavano la figa della moglie gli raccontavano di una notte in volo a luci rosse.
L’odore che emanava dal sesso di Michelle dopo il lungo viaggio sembrò accendere ancor più l’entusiasmo del marito, che dopo un primo assalto alla figa iniziò a concentrarsi sull’interno cosce, per poi risalire alle labbra, leccarle avidamente quasi fosse un cagnolino in estasi per il ritorno a casa della sua padrona, quindi contornarle, stando però sempre attento nel far sì che la sua lingua non trovasse il clitoride. Sapeva quanto il bottoncino di Michelle fosse particolarmente sensibile, e quanto la moglie apprezzasse lunghe attenzioni a quell’interruttore capace di farle perdere velocemente il controllo. E, proprio per questo, quasi sadicamente, Brent si ostinò a non sfiorarlo neppure, nonostante le suppliche crescenti di Michelle, che a un certo punto afferrò il marito per i capelli e provò a indirizzarlo verso il fulcro del suo piacere.
Inutilmente, perché Brent le afferrò le mani, bloccandole, continuando come se nulla fosse a circumnavigare il suo sesso, la lingua a solleticare quella terra di nessuno tra figa e ano, le labbra madide di desiderio risucchiate nella sua bocca, il liquido sempre più copioso a inondargli la faccia con Michelle, sempre più frustrata e impotente, a sbattere violentemente le gambe sul grande letto.
Quando poi, perfido nel suo attacco, Brent si avvicinò a un nulla dal clitoride ma, invece di solleticarlo con la lingua, lasciò partire un soffio violento, a Michelle scappò un urlo gutturale. “Oh Dio, Brent, sììììì” le parole inciamparono tra le labbra spalancate di Michelle, che sentiva di essere ormai vicinissima all’orgasmo. “Ti prego, conti…” ma non arrivò a completare la parola, che il suono del campanello della loro stanza avvisò i due che le valigie erano pronte per essere consegnate.
“Non provare neanche a muoverti, hai voluto fare la zoccola e adesso iniziamo un gioco nuovo” le disse a metà tra il serio e il divertito Brent, sollevandosi dal letto non prima di sollevare completamente il vestito della moglie, che con le gambe spalancate e la figa vistosamente fradicia offriva uno spettacolo erotico irresistibile.
“Ma…” provò a obiettare Michelle, prima che una sberla sulla figa, non troppo forte ma sicuramente decisa di Brent, la bloccasse.
“Ho detto di non muoverti”. E mentre il campanello rompeva una seconda volta il silenzio della stanza, Brent si diresse alla porta.
“Le sue valigie signore” le parole in un inglese un po’ stentato del facchino.
“Grazie, le metta pure lì” Brent gli indicò un punto della stanza praticamente di fronte al letto dove Michelle, gli occhi chiusi, un braccio a coprirle parzialmente la faccia, tratteneva il fiato, quasi che non guardare e non respirare la rendesse invisibile al mondo.
Solo che il facchino, un ragazzo di circa una ventina d’anni, alto, moro e di piacevole aspetto, tutto era tranne che cieco e, pur cercando di non essere eccessivamente plateale, non poté esimersi dal lanciare più di una occhiata verso quel corpo sdraiato sul letto, le gambe oscenamente spalancate. Brent, un passo dietro, si godeva la scena compiaciuto, il cazzo gonfio nei pantaloni.
“Va bene qui?” disse il facchino, provando a sembrare molto più sicuro e imperturbabile di quanto in realtà non fosse.
“Perfetto, grazie” rispose Brent.
E quando il ragazzo, lasciati i bagagli, si preparava a uscire, Brent tirò fuori il portafoglio, estrasse una banconota di dieci euro, ma poi fermò la mano a mezz’aria.
“Puoi scegliere: questa mancia” e sventolò la banconota. “Oppure quella” e con un gesto indicò Michelle.
Il facchino lo guardò, rosso in viso. In quell’anno all’hotel, dove lavorava per pagarsi gli studi, di situazioni borderline ne aveva viste diverse, ma quella…
Senza rispondergli, si avvicinò al letto.
“Aspetta. Anche qui devi scegliere. O lecchi mia moglie fino all’orgasmo, o ti fai fare un pompino”.
Michelle, immobile e per certi versi atterrita, nel sentire quelle parole si irrigidì ancora di più.
Il ragazzo la guardò a lungo, incerto sulla situazione. Aveva notato la donna quando la coppia si era presentata al check-in e nell’osservare la sua camminata elegante si era ritrovato a pensare a come gli sarebbe piaciuto affondare la sua faccia in quel sedere tonico dal quale partivano quelle gambe slanciate. Così, contrariamente a quello che probabilmente avrebbe scelto il 90% degli uomini, si inginocchiò sul letto, la faccia a pochi centimetri da quella figa luccicante, le labbra ben definite che sembravano quasi chiedergli una sola cosa: baciaci.
E a baciarle il ragazzo non prese tempo, la lingua che vorace andò a separare le grandi labbra per tuffarsi dentro Michelle, la bocca a creare una sorta di vuoto pneumatico, con il ragazzo che a un certo punto più che a leccare sembrò quasi voler mangiare il sesso della bionda manager. Quando, poi, i denti presero possesso del clitoride, con la lingua a picchiettare in maniera sempre più decisa e insistente, Michelle partì per la tangente. Le mani si chiusero a pugno attorno alle lenzuola quasi volessero strapparselo, mentre le gambe artigliarono la schiena del ragazzo.
“Sì, così, continua…” cominciò a farfugliare, mentre il bacino si sollevava quasi invitando il ragazzo a conquistare ancora di più il suo sesso.
Quando poi il facchino scese con la bocca di qualche centimetro, catturando le labbra, mordendole piano, la lingua a penetrare in profondità nella figa e il naso a premere forte sul clitoride, Michelle imboccò la strada del non ritorno. Le cateratte del piacere ruppero gli argini, il respirò sembrò mozzarsi in gola, le mani afferrarono i capelli del ragazzo e, con una violenza quasi primitiva, cominciò a premere il volto di quello che fino a pochi minuti prima era un perfetto sconosciuto, dimenandosi come un’ossessa con il bacino, lo sfregamento della barba su interno cosce e figa ad amplificare la sensazione del piacere.
Mentre Brent, appoggiato al muro, guardava eccitato come poche altre volte nella sua vita, la mano ad accarezzare da sopra i pantaloni un cazzo durissimo, Michelle venne violentemente una prima volta. Le gambe scattarono in aria come se colpite da una scossa elettrica, prima di tornare a stringere con violenza il busto del ragazzo, la testa incominciò a sbattere senza controllo da una parte all’altra sul materasso, mentre un gemito gutturale di piacere accompagnava un’esplosione lavica.
Godeva, Michelle, e più godeva, più il ragazzo affondava la lingua tra quelle labbra che sembravano un fiume in piena, i denti a stringere la carne pulsante, la faccia fradicia dell’orgasmo. Fu un orgasmo lungo, violento, con picchi di piacere a cui, per pochissimi secondi, sembrava seguire la fine dell’amplesso, prima che un nuovo colpo di lingua, un morso, o il clitoride risucchiato con violenza nella bocca, riportassero Michelle a raggiungere un nuovo apice del piacere.
Non seppe quanto tempo era trascorso dal momento in cui aveva iniziato a godere ma, quando poco dopo il facchino staccò la faccia fradicia di piacere dalla sua figa, Michelle si ritrovò priva di fiato, di energie, di tutto.
“Te li sei meritati, grazie” disse Brent a sua volta visibilmente accaldato nell’allungare al facchino una banconota di 20 euro.
“Grazie a voi. E se aveste ancora bisogno di me, chiedete di Lucio” rispose il ragazzo, prima di avvicinarsi alla porta, aprirla e, la faccia ancora piena degli umori di Michelle, uscire.
“Sei fantastica” Brent disse a bassa voce non appena la porta si fu chiusa. Ma Michelle, esausta dal lungo viaggio e dagli orgasmi, già dormiva.
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