“Sotto la Divisa Bianca”

di
genere
prime esperienze

Il silenzio del reparto era interrotto solo dal suono ritmico dei macchinari. L’illuminazione soffusa rendeva l’ambiente irreale, quasi sospeso. Lui, immobilizzato da un’operazione alla gamba, fissava il soffitto in cerca di sonno. Ma da quando l’aveva vista, la notte non aveva più pace.

Si chiamava Elisa. Infermiera di trentatré anni, capelli raccolti in uno chignon preciso, divisa bianca stirata alla perfezione, seno pieno che sfiorava il cotone e curve che facevano sudare anche senza febbre. Ma c’era qualcosa in lei che andava oltre la bellezza: un’eleganza erotica, un modo di camminare consapevole, lo sguardo che ti scopriva prima ancora di spogliarti.

Quella notte, Elisa entrò nella sua stanza con la cartella clinica in mano. “Tutto bene, signor Dario?” chiese, con voce suadente.
“Un po’ di dolore… ma credo sia colpa tua”, rispose lui, sfiorandole lo sguardo.
Lei sorrise, si avvicinò al letto, e mentre sistemava la flebo, il suo décolleté si rivelò provocante, palpitante sotto la divisa. Lo guardò da vicino. “Dovresti riposare…”
“Solo se resti qui con me.”

Per un attimo il tempo si fermò. Poi Elisa chiuse lentamente la porta. Spense metà delle luci e tornò al suo fianco, appoggiandosi alla sponda del letto. La sua mano, sicura, scivolò sotto il lenzuolo, incontrando subito l’effetto che gli faceva. Era già duro. Gonfio. In attesa.

“Immaginavo ti facesse effetto…” sussurrò lei, piegandosi in avanti. Le sue labbra sfiorarono l’orecchio di Dario. “Ma devi promettermi che non urli troppo… o qualcuno entrerà.”

Salì sul letto con movimenti decisi ma sensuali. Si inginocchiò tra le sue gambe e, senza perdere tempo, liberò il suo sesso da sotto il lenzuolo. Era affamata. E lo dimostrò.
Le sue labbra scesero lente, calde, avvolgenti. Lo succhiò profondo, con arte e desiderio. La sua lingua sapeva dove fermarsi, quando accelerare, come strofinare. Ogni tanto lo guardava dal basso, con quegli occhi verdi pieni di malizia. Lo voleva eccitato, ma non subito finito.

“Adesso voglio sentirti dentro di me,” disse, con la voce roca.

Salì a cavalcioni, slacciando la divisa e mostrandogli un corpo da sogno: seno nudo, sodo, capezzoli duri. Niente intimo sotto. Elisa era una sorpresa continua. Si abbassò su di lui lentamente, bagnata, caldissima, accogliendolo centimetro dopo centimetro.

Dario gemette piano. Lei lo zittì con un bacio profondo, muovendosi con ritmo preciso, sensuale, perfetto. Il suo corpo si muoveva sopra il suo con una grazia animalesca, e il suono dei loro respiri, delle spinte, del sesso bagnato riempiva la stanza. Elisa si lasciò andare: ondeggiava, si piegava in avanti, si offriva. Ogni gemito era un invito, ogni spinta una promessa.

Ma proprio quando sembrava tutto finito, Elisa impazzì. Strinse le sue mani intorno al suo viso e si abbassò ancora, più veloce, più profonda. Lo baciava mentre lo cavalcava, senza freni, come se il tempo si fosse rotto. Non c’era più ospedale, non c’era più notte, non c’erano più regole.

“Vieni dentro,” sussurrò all’orecchio, “voglio sentirti tremare.”

E fu un’esplosione simultanea. Lui la afferrò per i fianchi, la spinse a fondo dentro di sé, mentre lei lo stringeva con tutto il corpo, urlando piano contro la sua pelle, come se fosse l’ultima notte della sua vita.

Rimasero così, fusi, sudati, nudi sotto la luna che entrava dalla finestra. Elisa si accasciò su di lui, il respiro affannoso, il cuore impazzito.

Poi lo guardò, seria e sensuale.
“Domani non esisterà. Né io, né te. Questa notte… è per sempre.”

E se ne andò, lasciando la porta socchiusa, una goccia calda sulla pelle di lui e il sapore eterno di ciò che non si ripete.
scritto il
2025-05-07
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