Dai, svergina mio figlio, ma mettimi incinta! Parte 2

di
genere
incesti

Il pranzo continuò poco dopo il brindisi. Ana, la mamma e le altre due donne - scoprii che erano una sorella e una cugina - sarebbero rimaste a lungo ma avvertivano il desiderio che io e in fondo anche Josè sentivamo, l’urgenza di spogliarci e scopare. Insistettero per lavare i piatti e sparecchiare loro, lasciando me e Josè e baciarci sul divano. Sotto i jeans la mia erezione era più che visibile. Guardandola la zia esclamò “che gran cazzo che intravedo” e proseguì dicendo con aria seria alla mamma. “Ma sei sicura che non abbia malattie?” “Eh forse dovresti controllare” rispose l’altra, “con l’occhio clinico di una infermiera!” Era chiaro che l’esperienza alla mamma non proveniva esattamente dal lavoro. “Forse sei occhi vedono meglio di due”.
Josè venne mandato di là in camera “non sta bene che una sposa veda in anteprima il suo ‘regalo’” sentenziò una delle due fingendo di non sapere che io e il ragazzino avevamo già fatto sesso nella mattinata. “Alza le braccia e lascia fare a noi”, intimò una mettendomi. Letteralmente con le spalle al muro. Si misero sedute ginocchioni intorno a me, mi abbassarono la cerniera dei jeans, sfilarono la cintura e abbassarono le mutande. Il mio sesso che era già eccitato al pensiero di quello che sarebbe successo nelle ore seguenti: avrei sverginato un ragazzino meraviglioso, divenne ancora più duro all’idea di tre femmine desiderose di guardarlo e di toccarlo. “Sembra che non ci siano segni di malattie ma… guardiamo bene”, disse la cucina, prendendolo in mano con la scusa di sollevarlo. L’altra mi tastò i testicoli “guarda Ana da dove verrà fuori il tuo secondo bambino, toccali” e mentre la mamma, che mi ero impegnato a scopare ogni mattina mentre il figlio andava a scuola, eiaculando dentro di lei per fertilizzarla, li prendeva dolcemente in mano, la sorella sussurrò al mio sesso “mi raccomando sii dolce con Josè, è poco più di un bambino. Con Ana invece non essere affatto dolce ma deciso e determinato e soprattutto buttale dentro tutto il seme che nascondi in queste palle!, più e più volte!”.
Josè rientrò mentre mi rivestivo “Tutto a posto” assicurò la zia, “più che a posto” esclamò l’altra guardando con invidia Ana. Josè assunse l’aria preoccupata. “Hai visto zia come è grosso. Aiuto!” La mamma lo abbracciò “non aver paura, Josè, il tuo uomo sa come fare. È anche questo il vantaggio di farlo la prima volta con un uomo maturo. E poi… impiegano più tempo a venire. Il male fa tempo a passare e arriva il piacere!”.

No mamma.resta qui con noi!

Uscendo la zia abbracciò Josè che chissà perché piangeva, gli tastò il sedere che si scorgeva perfettamente nei jeans bianchi probabilmente della mamma, e guardandomi disse “che culo stupendo che ti stai per fare. Quasi ti invidio!” E uscì. Ana stava per uscire quando Josè la fermò
“No mamma non uscire”, piangnucolò
“Ma ora… vorrete … restare soli”, rispose smarrita la mamma
“Si ma” e si rivolse a me “se sei d’accordo, vorrei che tu rimanessi qui, mi sentirei più… sicuro”
Ana mi guardò e feci un segno di assenso “se ti spogli anche tu però. Se resti vestita mi sembrerà di essere in un esperimento scientifico”.
Ana aveva preparato il suo letto per noi due ma Josè insistette per restare in soggiorno “È il divano dove dormo sempre. Potrò ricordare questa cosa ogni notte!” Accettai.
Josè andò in bagno per un ultima abluzione ma prima disse “Mamma, spogliami tu, come quando ero bambino, e poi spoglia lui!”. Era divenuto imperioso come un bimbo - anzi una bimba - che sta per fare i capricci, in fondo ancora più adorabile. Ana gli slacciò i bottoni della mavia e la sfilò, poi abbassò i jeans sfiorandogli volutamente il sedere e il sesso rigido “Uhm che voglia che vedo qui!”. Josè andò in bagno e la mamma si avvicinò a me. Mi tolse la t shirt che indossavo e massaggiò il ‘pacco’ attraverso la stoffa. “Voglio baciarlo!” Disse.
Mi abbassai subito i jeans e lei prese la punta in bocca. “Ecco il cazzo duro che fra poco sverginerà il mio bambino, lo renderà donna per la prima volta”. Si alzò e mi baciò “e farà madre me per la seconda volta”.
Per la prima volta sfiorai i suoi seni e il corpo sodo e rorido.
Mi distrasse l’ingresso di Josè che era nudo sotto l’accappatoio bianco. “Spogliati anche tu mamma, siediti qui” e indicò la poltrona, “abbassiamo la tapparella saremo quasi al buio ma potrai vederci”. Si lasciò cadere l’accappatoio e venne verso di me facendo un giro su se stesso. In mano aveva un tubetto di crema, “eccomi sono tuo”. Avrei voluto iniziare con un po’ di preliminari ma Josè insistette “E’ questo che abbiamo festeggiato. Ora dobbiamo farlo. Fammi tua!”. Usò il pronome femminile.
Finii di spogliarmi e feci per prendere il tubetto di crema. Josè mi fermò. “Tu lo userai su di me e lei su di te” insistette. Così Ana passò la crema (tanta) sul mio sesso durissimo con gesti lascivi mentre io la guardavo (era rimasta in mutandine). Poi Jose si mise a quattro zampe e passai la crema intorno al suo buchino e nell’anello che sembrava impenetrabile del suo piccolo ano.
“Come ci mettiamo?” Chiese alla mamma
“Così a quattro zampe fa meno male ma se lui si sdraia su di te come fossi una ragazza potete baciarvi ed è più romantico”, rispose con cognizione di causa la mamma.

La deflorazione

“Proviamo romantico” decise Josè sdraiandosi di schiena per il lungo sui cuscini del divano (sul quale aveva steso un telo). Allungò le braccia dietro la testa “Mamma tienimi per mano mentre… mentre il mio uomo mi prende il culo!”. Ana si mise dietro di lui semi nuda stendendo le braccia. Sistemai i cuscini in modo da alzare il bacino a 45 gradi, mi sdraiai su di lui e iniziai a baciarlo, titillandogli i lobi. “Lascia stare, scopami dai!. Non è di quello che hai voglia, guarda il mio buchino, la mia fighetta. Anzi!” Esclamò. Mamma presto vai a prendere quella Pola.. qualcosa che Jean ti aveva regalato. Jean era un canadese un po’ anziano che la mamma aveva conosciuto tempo addietro. La mamma tornò e Josè, con le gambe ripiegate all’indietro le diede precise istruzioni. “Inquadra il mio buchino vergine per l’ultima volta e prendi anche il suo cazzo duro e voglioso”. La mamma scattò e riprendemmo la posizione. La crema avrebbe presto perso il suo effetto lo baciai e guardandolo negli occhi dossi. “José, io ti amo e voglio che ti sia mio”. “Fai di me tutto ciò che vuoi perchè p questo che io voglio” rispose Josè. Controllando con la mano misi in posizione il glande e spinsi. La mamma aveva ben spiegato al figlio cosa doveva fare. Josè sentiva dolore, lo capivo dall’espressione del viso e dalla forza con cui le sue mano stringevano i polsi della mamma dietro di lui. L’espressione sofferente di un ragazzo che amavo avrebbe un po’ smorzato la mia erezione se - alzando gli occhi - non avessi visto sua madre mordersi il labbro in una espressione sensuale e perfino invidiosa. Si sarebbe sostituita subito al figlio per mettersi al suo posto!
Josè per facilitami il compito si teneva le mani sulle chiappe per distanziarle. Baciandolo appassionatamente riuscii a rilassarlo fino a superare, almeno con il glande, l’anello di muscoli che mi sbarrava il passo. Ora toccava farsi strada nell’ultima parte del suo intestino, strettissima. “Ecco, Josè, hai dato la tua verginità al tuo uomo!”. “No, gliela avrò data davvero quando verrà dentro di me. Solo a quel punto sarò davvero suo”, la smentì il ragazzino. “E quando verrò anche io, come fai tu quando ti scopano; quando lo pregherò di scoparmi perché lo voglio allora sarò completamente la sua femmina”. Ancora una volta fu il ragazzino a prendere l’iniziativa. Bene la parte romantica l’abbiamo fatta. Ora solo sesso”. Mi scostò e si girò mettendosi in ginocchio sui cuscini, il torace posato sul bracciolo del divano, la testa in basso e le braccia distese a incontrare le mani di sua madre. “Scopami dai, inculami, che aspetti!”. Nel frattempo avevo spalmato ancora un poi di crema sul mio sesso che in quella posizione più favorevole superò più facilmente l’abnello di muscoli dell’ano e bastò spingere per entrare prima solo in parte e poi fino in fondo dentro di lui. Josè non potè trattenere un urlo quando evidentemente incontrai la fine del suo breve retto e iniziai a insinuarmi nel più ampio colon. L’urlo non mi fermò e Josè se ne accorse. “Mi fai male ma continua. Dio come è grosso il tuo cazzo, come mi riempie”. Di lui vedevo solo la schiena - ancora con le ‘alucce’ delle scapole e oltre di lui il seno turgido e i capezzoli eretti della mamma. Ma ‘vedevo’ è una parola grossa. Tutte le mie sensazioni provenivano dal cazzo stretto dall’interno del culo del mio ragazzino che mi si dava completamente, accettava di soffrire per far godere il suo uomo. Avevo iniziato a scoparlo davvero, ritraendomi e spingendo (piano ma con decisione) fino a far sbattere i testicoli contro di lui. Notai che il cazzo di Jose stava inturgidendosi, segno che iniziava a provare piacere, anche la sua voce era più affannata “entra fino in fondo, sbattimi, il mio culo è tuo” diceva o cercava di dire ansimando. Josè aveva liberato una mano e la stendeva verso di me sfiorandomi il torace senza vederlo. Ana aveva una mano libera e le sussurrai “toccati pure se vuoi”.
Ana aspettava solo quello e iniziò - io non la potevo vedere bene in quella posizione ma Josè si - a masturbarsi. Ansimavamo tutti e tre, le mie spinte davano il là, Josè rispondeva con un piccoli grido e un invito a continuare, i seni di Ana si ergevano e un rivolo di sudore scendeva fra di loro. D’improvvisò Josè mi fermò. “Mamma fai una foto al mio buchino ora!” Malvolentieri io e lei ci staccammo. Non lo avevo ancora guardato. Allargando le chiappe con le mani, Josè mostrò il suo ano largo un centimetro, perfettamente circolare e rosso. “E il sigillo del tuo cazzo” avrebbe poi commentato guardando la foto.
Alla ripresa tutto divenne veloce. Scopavo il culetto di Josè come avrei fatto più tardi con la figa di sua mamma, senza amore, con spinte sempre più lunghe e frequenti, senza null’altro che voglia di spingere sempre più a fondo, di godere. Josè capì e ne fu felice. Stava diventando la mia femmina e iniziò a sentire anche lui solo piacere. La mamma aveva ripreso a masturbarsi con la destra (e poi venne quasi insieme a me) la sinistra più che stringere la mano del figlio, percorreva il suo braccio, e la nuca, gli scompigliava i capelli. La mia cavalcata finale forse provocò dolore al ragazzino (certo non alla mamma che la guardava) e il mio orgasmo fu lungo e urlai il nome di Josè. Andai a lavarmi e tornando vidi la mamma e il bambino abbracciati mentre dal buco del culo scendeva un rivolo bianco del mio sperma (Josè chiese che fotografassi anche questo). Josè si alzò dolorante e con una camminata incerta si recò in bagno. La mamma ancora seduta mi fece segno di avvicinarmi e baciò il mio sesso ancora in parte duro, “sei stato bravissimo. Non hai ceduto alla tentazione di essere inutilmente dolce. Lo hai fatto quasi venire … e anche me!”

Il resto del pomeriggio lo passammo, la mamma era uscita, sul lettone questa volta abbracciati, gli succhiai il sesso percorrendo con l’intero dito il suo buchino fino a trovare i punti in cui sentiva più piacere. Venne nella mia bocca e di baciammo ancora. E poi una veloce cena e poi - sul letto questa volta - Josè mi si offrì ancora. Questa volta mentre lo scopavo con la mano lo masturbavo e Josè ebbe, sue parole, il più bell’orgasmo della sua vita. Ci addormentammo nudi e abbracciati.
scritto il
2025-05-06
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