La scoperta delle mogli 3 -Luca-

di
genere
corna

Luca è un uomo comune, con quel suo metro e settanta di altezza, la testa rasata e un fisico asciutto e tonico. La sua vita con Sabrina sembrava uscita da un catalogo della borghesia: dieci anni di matrimonio, un figlio di quattro, una casa bella e una moglie che, almeno in superficie, incarnava quell'ideale di donna perbene che la società si aspetta. Sabrina è davvero uno spettacolo per gli occhi. Con quel suo fondoschiena a mandolino che sembrava scolpito nel marmo, quel seno piccolo ma invitante, e quei capezzoli rosa scuro che Luca adorava descrivere come "due caramelle da succhiare". Una bellezza classica, insomma, che però nascondeva un lato inesplorato, represso da anni di educazione cattolica e convenzioni sociali a differenza di Luca, quella passione per il bondage, per la sottomissione estrema, per l'umiliazione ritualizzata, era sempre stata lì, nascosta sotto la superficie dell'uomo perbene che portava la spesa a casa e giocava a calcio con gli amici il sabato pomeriggio. E quando aveva conosciuto me, aveva trovato finalmente qualcuno con cui condividere quelle fantasie proibite. Le nostre chat erano diventate presto un fiume in piena di immagini rubate, di fantasie sempre più audaci, di masturbazioni sincronizzate mentre parlavamo delle nostre mogli come se fossero oggetti in vendita, fino al mio messaggio.
POV Luca:
Quel pomeriggio d’estate ero in ufficio, con l’aria condizionata che ronzava debolmente, quando il telefono vibrò. Era Andrea: "Devo parlarti. Ho combinato un casino." Il suo tono era diverso dal solito. Lo conoscevo da anni, sapevo quando era davvero in difficoltà. E quella volta lo era. Ci sentimmo la sera stessa. Mentre mi raccontava di Alessandro, del ricatto, di come avesse piegato Rebecca a diventare la sua troia, io lo ascoltavo con un groppo in gola e il cazzo che si induriva lentamente nei pantaloni.
IO: "Merda, Andrea..."
Cercando di sembrare preoccupato per lui. E in parte lo ero davvero, ma c’era dell’altro. Un pensiero che mi attraversava la mente ogni volta che mi parlava di sua moglie, di quel culo che avevo ammirato in segreto per anni.
A: "Non so cosa fare, se la perdo..."
IO: "Non la perderai. Vedrai che troverai una soluzione."
Ma dentro di me, qualcosa si era già messo in moto. Quella notte, mentre Sabrina dormiva accanto a me, ignara, io fissavo il soffitto con gli occhi sbarrati. Il pensiero di Rebecca, di quel culo, quella figa che Andrea mi ha per anni mostrato e che ora viene scopata da Alessandro, mi bruciava nella mente. Mi girai a guardare Sabrina, il suo fianco nudo che emergeva dalle lenzuola, il respiro calmo. E se...? L’idea mi colpì come un fulmine. Andrea era già nei guai con Alessandro. Rebecca era ormai una puttana sottomessa, tanto valeva provarci piuttosto che lasciarla in pasto a quel bastardo o chissà chi altro. Mi alzai in silenzio, andai in soggiorno e accesi il computer. Cercai Alessandro sul sito, sul nostro sito, quello che sicuramente ha usato Alessandro per cercare Andrea. Quando finalmente trovai il suo profilo, tra l’altro era anche online, mi si seccò la bocca. Cristo santo. Le foto del suo cazzo erano surreali. Un mostro. Capii subito perché Rebecca non avesse resistito. Con le dita che mi tremavano, gli scrissi:
IO: "Ciao Alessandro, sono Luca. Un amico di Andrea. So tutto di te e Rebecca. E forse posso esserti utile."
A: "Non mi serve nulla da te. Cosa vuoi davvero?"
Respirai a fondo, il cuore che mi batteva forte. Scrissi:
IO: "Voglio partecipare, voglio scoparmi anche io Rebecca."
Il suo messaggio successivo mi gelò il sangue.
A: "Dammi il contatto di tua moglie."
IO: "Ma vaffanculo!" risposi subito, una fitta di gelosia allo stomaco. Sabrina era mia. Solo mia. Nonostante tutte le fantasie che avevo condiviso con Andrea, tutte le volte che mi ero segato pensando a come sarebbe stato vederla scopare da un altro, ma la realtà era diversa. Alessandro non si scompose.
A: "Allora continua a segarti sulle vostre foto, come fate da anni."
Quelle parole mi colpirono come uno schiaffo. Come faceva a saperlo? Effettivamente su quel sito ci sono solo cuckold, aspiranti cuckold o Bull, ed io non lo ero. Passarono tre giorni infernali. Tre notti in cui fissavo Sabrina che dormiva, quel culo perfetto che spuntava dal pigiama, e mi chiedevo se sarebbe stata capace di tradirmi. "Non è come le altre," mi ripetevo. "Non cederebbe mai." Ma il pensiero di Rebecca, di poterla avere, mi consumava. E poi, sarebbe stato meglio che fossi io a godermela, insieme ad Alessandro, piuttosto che lasciarla ad altri, addirittura questo pensiero era rivolto ad Andrea. Tanto Sabrina non cederà mai, lo farò per lui, per il mio amico. Meglio io che altri. Alla fine, decisi di provare e riscrissi ad Alessandro:
IO: "Cosa vuoi fare con il contatto di mia moglie?"
A: "Ci proverò. Se non ci sta, ti faccio scopare Rebecca lo stesso."
Era un patto col diavolo. Ma ormai ero disposto a tutto, tanto, mi continuavo a ripetere, Sabrina non cederebbe mai. Gli diedi il contatto di Sabrina.
IO: "Ma voglio sapere tutto quello che vi scrivete. Tanto con lei andrai in bianco"
A: "vedremo. Voi mariti siete tutti uguali. Gelosi, ma col cazzo duro quando si parla di fottere le vostre mogli."
Misi sul tavolo il telefono con la mano sudata. Sabrina entrava in quel momento in camera, ignara di tutto.
S: "Tutto bene, amore?" mi chiese, con quel suo sorriso angelico.
IO: "Certo, cara"
Mentii, mentre il mio sguardo scivolava sul suo corpo, Dio, era perfetta, e ora l’avevo offerta in pasto al lupo. Ma in fondo... in fondo ero eccitato all’idea. E questo era il vero schifo. La mia vita era diventata un gioco perverso di attese e silenzi. Alessandro non mi parlava mai di Sabrina nei messaggi, eppure ogni volta che il telefono vibrava, il mio cuore si fermava. L’ha contattata? Le ha già parlato? Ma no, i nostri messaggi riguardavano solo Rebecca, la sua troia, come la chiamava con quel tono di possesso che mi faceva ribollire il sangue e, allo stesso tempo, mi eccitava in modo disgustoso. Alessandro ha un talento innato per fiutare le donne che, sotto la superficie di mogli e madri perfette, nascondevano un’anima da puttane. "Le riconosco a chilometri di distanza," mi aveva detto una volta, la voce carica di un’arroganza che mi faceva stringere i pugni.
A:"Basta uno sguardo, un modo di ridere, cosa scrivono... Rebecca sembrava una santa, e invece guardala ora. La mia cagnetta personale. E tua moglie... oh, Luca, tua moglie ha lo stesso sguardo."

Quelle parole mi erano rimaste attaccate alla pelle come una malattia. Ogni sera, tornando a casa, osservavo Sabrina con occhi nuovi. La guardavo mentre preparava la cena, mentre rideva al telefono con un’amica, mentre accarezzava nostro figlio prima di metterlo a letto. Davvero c’è una puttana dentro di lei? Mi chiedevo, e il pensiero mi faceva venire il cazzo duro e il cuore in gola. Alessandro mi teneva al guinzaglio, e io obbedivo come un cane affamato.
Io: “Allora, mercoledì confermato?”
A: “Ti ho già detto di sì. Rebecca è pronta.” Io: “E… Sabrina?”
A: “Ah, finalmente ti interessa? Stai tranquillo, cornacchino. Quando sarà il momento, te lo farò sapere.”
Era quel quando che mi uccideva. Perché non se, ma quando. Come se fosse inevitabile. Poi arrivò sabato sera. Sabrina era stranamente silenziosa durante la cena, era diversa. infatti quando a letto provai ad accarezzarle il fianco: "Non stasera, Luca," mi disse voltandomi le spalle. “stanotte no."
Mi alzai e uscii in giardino, le mani che tremavano. Il mio stomaco era un nodo di gelosia e paura. Alessandro l’ha già contattata? Le ha già messo in testa chissà cosa?
Guardai attraverso la finestra: Sabrina era sdraiata sul letto, il telefono in mano. Con chi cazzo sta parlando? Il mio telefono vibrò.

A:” Domani ti mando l’indirizzo. Mercoledì Rebecca sarà la nostra troietta. E tu, Luca, stai al piano”.
Ero geloso. Geloso di Rebecca, che Alessandro considerava già sua. Geloso di Sabrina, che forse stava già cedendo. Terrorizzato dall’idea che, tra qualche settimana, sarei potuto essere io a guardare impotente. Ma poi pensai a Rebecca. A quel culo che avevo sognato per anni. A come avrei finalmente potuto affondarci le mani, le dita, il cazzo. E il mio corpo traditore rispose con un’erezione dolorosa e un senso di colpa che non riuscivo più a distinguere dall’eccitazione. Alessandro aveva ragione. Eravamo tutti uguali. La villa dei miei sogni era silenziosa quella notte. Troppo silenziosa. Camminavo a piedi nudi sul parquet che avevamo scelto insieme, io e Sabrina, dopo mesi di discussioni e calcoli. "Ce la faremo?" mi chiedeva lei, quella sera in cui avevamo firmato il mutuo. Le avevo stretto la mano, sicuro: "Certo, amore. Per la vostra felicità farei di tutto." E ora? Ora stavo facendo di tutto per perderla. Il nostro giardino era illuminato dalla luna. Ogni fiore, ogni cespuglio, parlava di noi. Delle nostre domeniche passate in giardino, delle risate quando nostro figlio si era infangato tutto cercando di annaffiare. Sto per tradire tutto questo per una figa, ma che figa! Dentro casa, Sabrina dormiva. O almeno, fingeva di dormire. Da quando avevo dato il suo numero ad Alessandro, ogni suo gesto mi sembrava un sospetto. Quel modo di tenere il telefono sempre vicino, quelle risatine soffocate quando riceveva un messaggio...

Io: “Hai scritto a Sabrina?”
A: “Preoccupato?”
Non risposi. Non volevo sapere. Eppure, non smettevo di controllare il telefono di nascosto quando Sabrina era sotto la doccia. Niente. Nessun numero sconosciuto, nessun messaggio strano. Alessandro probabilmente ha ragione, le donne come Sabrina e Rebecca hanno un lato nascosto. Ogni suo gesto ora mi riconduce a quella frase, poi quel suo rifiuto secco. "Non stasera, Luca." Mai successo in dieci anni. Mai. Di solito quando non ha voglia o ha il ciclo, mi accontenta con qualche sega o pompino veloce, ma stanotte il nulla. Il telefono vibrò.

A:” Non pensare ora a tua moglie, pensa a mercoledì, e al piano. Rebecca è in calore. Dice che non vede l'ora di essere riempita da due cazzi.”
Mi si indurì all'istante. Ma era un'erezione sporca, avvelenata. Perché mentre immaginavo le mani di Rebecca su di me, sapevo che in qualche modo, Alessandro stava già tessendo la sua ragnatela attorno a Sabrina. E la cosa più malata? Non volevo più tornare indietro. Ma avevo paura, una paura viscerale, che mi faceva sudare freddo. Paura di perdere Sabrina. Paura che nostro figlio un giorno mi odiasse. Paura che gli amici, i parenti, tutti quelli che ci invidiavano per la nostra vita perfetta, scoprissero che ero solo un cornuto e pervertito patetico. Ma soprattutto, avevo paura di me stesso, perché nonostante tutto, nonostante il rischio, nonostante il tradimento... Non vedevo l'ora di mercoledì. E questo mi faceva sentire il peggiore degli uomini.
Lui comanda, lui è il capo. Lui decide come Rebecca deve essere scopata. Il piano era semplice: entrare da lei, scaldarla e poi portarla in camera da letto, dove ci saremmo fatti succhiare i cazzi a turno. Lui sempre per primo, ovvio. Poi Alessandro si sarebbe sdraiato sul letto, godendosi un pompino mentre io mi occupavo di leccarle figa e culo, infilandole le dita in entrambi i buchi contemporaneamente. Dopo, sarebbe toccato a lui scoparla nella figa, sborrandole dentro per marcarla, mentre io avrei potuto usare la sua bocca come meglio credevo. Una volta venuti, finalmente avrei avuto il mio turno dentro di lei, mentre Alessandro avrebbe scattato foto e video, continuando nella sua educazione. E poi, il momento più atteso: il suo culo. Per la prima volta, Alessandro mi aveva concesso un onore, "Con il cazzo che ho io, la spaccherei. Meglio che il primo sia tu, senza esaltarti troppo, non è una cortesia, è solo per il mio cazzo", anche se me lo concedeva per forza di cose, l’idea mi faceva impazzire. Ma il clou sarebbe stato dopo: io sdraiato sul letto, Rebecca sopra di me, e Alessandro che la sodomizzava con violenza, mentre lei gemeva come una puttana. Gli insulti erano parte fondamentale del piano. Non erano casuali, né lasciati al momento. Alessandro li aveva studiati, calibrati come armi per demolirla pezzo per pezzo, trasformandola in quello che voleva: una cagnetta obbediente, il cui unico scopo era soddisfare i cazzi. "Non è vero piacere se non c’è umiliazione," mi aveva spiegato. "Se lei non si sente una puttana, allora stai solo scopando. E io voglio che si senta una troia. Che lo sappia. Che lo desideri." Non vedevo l’ora. Eppure, in mezzo a tutta questa eccitazione malata, c’era un pensiero fisso: Questo potrebbe essere il destino di Sabrina. Alessandro l’avrebbe usata allo stesso modo? L’avrebbe fatta diventare la sua prossima cagnetta, costringendola a obbedire ai suoi ordini? Magari con altri uomini, mentre io guardavo impotente? No. Mi aggrappavo disperatamente a quell’unica certezza: Lei non cederà mai. Sabrina è diversa, Sabrina è forte. Ma Alessandro rideva sempre quando lo dicevo,
A: "Tutte cedono, Luca. È solo questione di tempo."
E io, mentre mi segavo pensando sia Rebecca che a mia moglie Sabrina non sapevo più se sperare che avesse ragione… o torto.
Avevo preso un giorno di ferie. Non potevo rischiare fretta, ansia, scuse. Rebecca meritava tutto il tempo del mondo. Arrivai davanti a un complesso di villette eleganti, il tipo di posto dove le famiglie perfette crescono i figli tra prati curati e silenzi dorati. E lì, in mezzo a quel paradiso borghese, c’era lui, Alessandro. Trent’anni, fisico scolpito, sorriso da predatore. Una presenza che ti spegneva. Non era solo sicurezza: era dominio. Capii subito perché le donne cedevano. Bastava un suo sguardo per sentirti già nudo, già sottomesso.
A: "La troietta è impaziente di riceverci, tu fa’ quello che ti ho detto, e andrà tutto per il meglio." mi disse, mentre il portone del cancello si apriva all’istante.
IO: "Ok, capo." Mi odiai per quella risposta. "Ok, capo"? Ma che cazzo, non sono il tuo cane!” Ma la sua voce aveva quel tono che non ammetteva repliche. E poi, Rebecca ci accolse come una Dea in calore. Indossava un completo rosso fuoco, interamente in pizzo: un perizoma sottilissimo, autoreggenti che le fasciavano le gambe come una seconda pelle e un reggiseno che sembrava più un invito peccaminoso che un semplice indumento. Il tutto era “coperto”, per modo di dire, da una vestaglietta trasparente, dello stesso rosso acceso, che lasciava intravedere ogni curva, ogni dettaglio. Era una provocazione fatta persona. Una fantasia che camminava. Si gettò su Alessandro con un bacio bollente, mentre lui, senza troppi preamboli, le afferrava il culo con forza. Fu allora che lo vidi: tra le sue chiappe perfette, incorniciato dal filo sottile del perizoma, spuntava un plug. Un piccolo gioiello luccicante, provocante, simbolo indelebile della sua sottomissione. Un’erezione prepotente si fece strada nelle mie mutande. La voglia di averla, di possederla come mai prima, divenne quasi insostenibile. Eccola, quella per cui io e suo marito ci eravamo segati chissà quante volte. Un corpo da paura, seni sodi, fianchi stretti, e quel culo alto, sodo e leggermente sporgente che sembrava fatto apposta per essere montato. "Luca è un amico fidato," disse Alessandro, presentandomi con una stretta di mano e due baci timidi sulle guance. Rebecca non fece in tempo a parlare che Alessandro la trascinò in salotto abbracciandola in un limone profondo. Le mani le divoravano il culo, spingendola contro la sua erezione. "Vieni qui, mettiti dietro lei" mi ordinò Alessandro, senza staccarsi dalle sue labbra. Obbedii. Mi avvicinai, premendo il mio pacco contro quel sedere perfetto. Rebecca gemette, alzando le braccia in segno di resa. Era già nostra. Ci alternavamo a limoni e palpate, con lei passiva si faceva toccare dappertutto. Alessandro la portò in camera, tenendola per il polso come un trofeo:
A: "Non vedevi l’ora, eh? Ora siamo qui tutti per te. E tu saprai essere all’altezza?"
Rebecca ansimò: "Certo che lo sarò. Sono già tutta bagnata… Stamattina, appena rimasta sola, ho dovuto toccarmi per placare il fuoco che mi hai acceso. Mi stai trasformando in una cagna, Alessandro. Non vedevo l’ora di questo momento."
Io ero solo uno spettatore ipnotizzato. Si spogliò lentamente, torturandoci. I nostri cazzi erano già di marmo quando Alessandro salì sul letto e mi invitò di imitarlo, la spinse in ginocchio sul letto, tra noi due, come un’offerta. Iniziò con il mostro di Alessandro. Lo adorò prima con la lingua, baciando la punta con devozione, fissandolo con occhi da cerbiatta in trappola. Poi lo imboccò con una tecnica da pompinara navigata, succhiando come se la sua vita dipendesse da quel cazzo. Quando si voltò verso di me, mi guardò negli occhi. E in quello sguardo c’era tutto: Sono la vostra puttana. Fatemi ciò che volete. Chiedetemi l’impossibile. Io lo farò. Io voglio superare ogni limite. Sono vostra. Questo era quello che il suo sguardo diceva. Ero sul punto di sborrare solo per quello. Alessandro si sdraiò, afferrandola con decisione per i capelli e guidandole la testa di nuovo sul suo cazzo, che lei accolse senza esitazioni. Io mi posizionai dietro di lei, divorandola con lo sguardo prima ancora di toccarla. Iniziai a leccarle la figa, assaporando ogni stilla del suo desiderio, mentre lentamente sfilavo il plug dal suo culo. Stavo impazzendo. L’eccitazione era tale che sarei potuto venire da un momento all’altro. Poi, senza riuscire a trattenermi oltre, infilai due dita nel suo culo, e un dito nella figa. Era più aperta di quanto immaginassi. Il plug aveva fatto il suo lavoro. Le mie dita scivolarono dentro con facilità, accompagnate dalla sua umidità e dalla mia saliva. Era calda, accogliente, pronta. E io ero sul punto di esplodere, ma esplose lei, tremando come una foglia, mentre Alessandro continuava a spingerle il cazzo in gola senza pietà.
A: "Hai goduto, puttana?" le chiese, tirandola su per i capelli.
R: "Sì…" ansimò.
A: "Sì, COME?"
R: "Sì… come una troia!"
Alessandro rise. Poi la sollevò, facendola sedere sul suo cazzo.
"Guarda come la sfondo," mi disse, mentre la figa di Rebecca si apriva a fatica sul suo membro. "Vuole solo essere riempita."
Vidi il cazzo di Alessandro penetrarla con una lentezza sadica, la sua figa stretta che si apriva a fatica per accogliere quel mostro. Rebecca emise un lamento strozzato, le unghie che affondavano sulle spalle di Alessandro, il corpo che si inarcava in un'estasi dolorosa. Ma lo prese tutto. Fino alle palle.
A: "Cazzo... sei strettissima... devo ancora abituarla al mio calibro"
Rebecca alzò la testa verso il cielo, gli occhi stravolti, la bocca aperta in un gemito che sembrava uscire dalle profondità del suo essere. Io non resistetti. Mi alzai, il cazzo durissimo che pulsava davanti alla sua faccia, la lingua già protesa in attesa. Fu uno spettacolo di degradazione pura. Mentre io cercavo di metterglielo in bocca, Alessandro la martellava da sotto con colpi animaleschi, il suo cazzo che sbatteva nella sua figa con un rumore umido e violento. Rebecca sobbalzava come una bambola di pezza, i gemiti soffocati dal mio cazzo, le lacrime che le rigavano il viso. Alessandro cambiò posizione con un ringhio, sollevandola con una forza bruta e sistemandola a missionaria, la testa che penzolava dal bordo del letto, prese il suo randello e lo affondò dentro con un colpo che la fece urlare. Io le afferrai la testa, scopandole la bocca con lo stesso ritmo selvaggio con cui Alessandro le devastava la figa. Lei era ormai un oggetto, un giocattolo da usare, i suoi gemiti vibranti attraverso il mio cazzo mentre la sua gola si contraeva intorno. Il ritmo diventò insostenibile. Alessandro era una macchina, i suoi colpi potenti che scuotevano tutto il letto, la pelle di Rebecca che sbatteva contro la sua con un suono umido e ripetitivo.
A: "Sto per arrivare, troia!"
ringhiò, prima di piantarsi fino in fondo con un ultimo, devastante affondo. Un grugnito. Lo vidi scaricarsi dentro di lei, il suo corpo che si irrigidiva, le mani che le stringevano i fianchi con forza mentre la riempiva. A quella vista esplosi anche io nella sua bocca, gli spasmi della sua gola che mi succhiavano ogni ultima goccia di godimento. Rebecca tremava, incapace di gestire tutto, il cazzo di Alessandro che ancora pulsava dentro di lei, il mio seme che le riempiva la bocca. Girai lo sguardo verso Andrea, aveva lo sguardo fisso su sua moglie, la bocca semiaperta in un respiro affannoso, la mano che si muoveva frenetica sul cazzo, si stava segando come un ossesso. Poi, crollammo, tutti e tre, esausti. Il mio respiro era ancora affannoso, il cazzo ancora duro come il marmo nonostante avessimo appena finito. Il piano era chiaro: prenderla in figa, alla missionaria, e stavolta sarei stato io a dominarla, usai il lenzuolo pulendo con crudeltà i resti di Alessandro dalla sua figa ancora tremante prima di piantarmi dentro con un colpo secco.
IO: "Cazzo... che figa larga e accogliente che hai" affondandolo fino alle palle senza alcuna resistenza. "Alessandro te l'ha aperta proprio bene, eh puttana?"
Rebecca gemette, le palpebre pesanti di piacere.
R: "Mmmh... non vi saziate mai voi?"
IO: "Come cazzo potremmo, con un pezzo di figa così? Sei capace di far venire duro persino un morto!". Misi i suoi polpacci sulle spalle, aumentando l'angolazione per penetrarla più profondamente. Alessandro intanto si accarezzava il cazzone con una mano mentre con l'altra filmava tutto, il telefono che catturava ogni mio affondo, ogni smorfia di piacere di quella troia. Sentivo il suo sguardo su di me, quel giudizio silenzioso, e raddoppiai gli sforzi, non potevo sfigurare di fronte a lui, anche se sapevo bene che con quel mostro che aveva tra le gambe non avrei mai potuto competere davvero.
A: "Ti piace essere usata così, zoccola? Ti abbiamo già riempita una volta, eppure sei ancora qui a gemere come una cagna in calore. Ma ti rendi conto di quanto sei troia?"
Rebecca annuì freneticamente, i capelli bagnati incollati alla fronte.
R: "S-sì... sì... tu mi hai trasformata così... e mi piace... mi piace troppo... fatemi godere ancora, vi prego..." Approfittai della sua resa per cambiare posizione in un baleno. Con un movimento fluido la girai a pancia sotto, infilando un cuscino sotto il ventre per sollevarle quel culo perfetto che avevo sognato per anni.
IO: "È ora di provare quest'altro buchino" annunciai, mentre Alessandro mi passava il lubrificante con un ghigno da regista perverso. La preparai con cura sadica, spalmando il gel freddo prima sul mio cazzo poi direttamente sul suo ano stretto, un dito che giocherellava sul buco mentre l'altra mano le afferrava un fianco.
A: "Rilassati, troietta... più ti rilassi, meno ti farà male..."
Rebecca trattenne il fiato, le unghie che si aggrappavano alle lenzuola quando la cappella finalmente superò la resistenza.
R:"Aahh... ahh... piano... lo sento tutto..." gemeva, il corpo teso come una corda di violino.
Alessandro continuava a filmare, ma ora con una mano le massaggiava il clitoride con movimenti esperti.
A: "Brava cagnolina... vedrai che piacere diverso..." la incoraggiava mentre io spingevo lentamente, centimetro dopo centimetro, fino a che il mio pube andò contro il suo sedere sudato.
IO: "Cazzo... è dentro tutto..." ansimai, fermandomi per lasciarle prendere confidenza con quella nuova sensazione. Rebecca tremava sotto di me, ma i gemiti cambiavano, meno dolore, più incredulo piacere mentre le dita di Alessandro lavoravano sulla sua figa.
R: "Mmmmm... sì... continua..."
sbuffò dopo un minuto, il corpo che finalmente si rilassava nella nuova posizione. Sentii il suo ano adattarsi a me, stringermi in un abbraccio bollente, e iniziai a muovermi con movimenti brevi e profondi, mentre Alessandro continuava il suo lavoro con le dita. Era fatta. Rebecca era nostra completamente, davanti, dietro, nell'anima. E Andrea, nell'angolo, continuava a masturbarsi come un dannato, testimone impotente della definitiva educazione di sua moglie. Iniziai a muovermi con movimenti lenti e profondi, sentendo ogni centimetro del suo culo stringermi in una morsa bollente. Rebecca faceva una smorfia ogni volta che arrivavo fino in fondo, le dita che si aggrappavano alle lenzuola, il respiro affannoso. Ma Alessandro non le dava tregua, le sue dita scivolavano tra le sue cosce, massaggiando il clitoride con movimenti circolari, trasformando quel dolore iniziale in un piacere distorto, proibito.
A: "Sì... così, troietta.. Rilassati e godi. È quello per cui sei fatta."
E lei obbedì. I suoi gemiti cambiarono tono, diventando più profondi, più sporchi. Incoraggiato, aumentai il ritmo, le chiappe che sbattevano contro il mio bacino con un rumore umido ed eccitante. Schiaffi duri, regolari, che risuonavano nella stanza insieme ai nostri gemiti. Alessandro intanto non perse tempo. Afferrò il suo cazzone ancora lucido di saliva e lo schiaffeggiò sulla faccia di Rebecca, costringendola a guardarlo mentre le prendeva i capelli a pugno.
A: "Apri quella bocca da pompinara"
E lei lo fece, senza esitazione. La penetrò la bocca con un movimento fluido, la cappellona che scomparve tra le sue labbra fino a farle sentire il suo sapore. Rebecca emise quei suoni gutturali, soffocati, di chi sta per vomitare ma non osa fermarsi, perché ormai sapeva qual’è il suo scopo. La sua troia, la sua cagna. Alessandro la scopava in bocca con lo stesso ritmo con cui io le devastavo il culo, una perfetta sincronia di dominazione. Poi, all'improvviso, uscì dal suo viso, lasciandola boccheggiante, la saliva che le colava dal mento. E lei, senza nemmeno bisogno di ordini, si chinò e iniziò a leccargli le palle con devozione. Era incredibile. Aveva interiorizzato il suo ruolo. Io intanto non rallentavo, il cazzo che affondava nel suo culo con una furia crescente, afferrandole i fianchi per aumentare la forza degli affondi.
Rebecca rispose con un gemito lungo, il corpo che si inarcava sotto il doppio assalto. Fu allora che mi sfuggì: "La nostra puttana personale..." Alessandro mi lanciò un'occhiata che mi gelò il sangue. Un avvertimento silenzioso. Lui era il capo. Lui decideva. Poi si chinò su Rebecca, la voce un sibilo malizioso:
"Abbiamo dei progetti per te, troia. Orge. Festini... Vedrai che avrai cazzo a volontà."
Rebecca tremò, ma nei suoi occhi non c'era paura c'era desiderio. Mi ritrassi dal suo culo con un movimento fluido, afferrandole le natiche con entrambe le mani per ammirarle meglio. Il buco anale era rosso, dilatato, ancora pulsante, una perfetta immagine di degradazione. Non resistetti: con un colpo secco, lo riempii di nuovo, facendola urlare. Volevo che quel buco rimanesse così per sempre, che portasse il segno di ciò che le avevamo fatto.
IO: "Guarda come l'abbiamo aperta" dissi ad Alessandro, che osservava compiaciuto, il telefono in mano a immortalare ogni dettaglio.
A: "è arrivato il mio momento".
Capii subito cosa intendeva. A malincuore mi ritrassi e mi piazzai davanti a Rebecca, mentre Alessandro si posizionava dietro di lei, il suo mostro già pronto a violare quel passaggio già così provato.
A: "Sei pronta per la vera inculata, troia?" le chiese, la voce carica di sadico divertimento.
R: "Ti prego... fai piano... mi farai male..."
A: "Tranquilla, ti farò godere. Oggi due cazzi, domani molti di più."
E poi spinse, la cappella del suo mostro entrò senza pietà, dilatando ulteriormente l'anello anale già martoriato. Rebecca urlò, un suono strozzato che io soffocai infilandole il cazzo in gola, afferrandole i capelli per tenerla ferma.
A: "Stai buona, il più è fatto, vedrai come ti piacerà."
Centimetro dopo centimetro, avanzò, fino a che il suo pube non si schiacciò contro il sedere di Rebecca. Lei ansimava, le lacrime che le rigavano il viso, il corpo completamente in nostra balia. Alessandro rimase immobile per un'eternità, lasciandole il tempo di abituarsi a quella mostruosità dentro di lei. Poi, con movimenti lenti e calcolati, iniziò a muoversi, tirandosi quasi completamente fuori per poi riaffondare con violenza. Rebecca mugugnava, i suoni soffocati dal mio cazzo in gola, il corpo scosso da brividi. Ma presto, quei lamenti si trasformarono In godimento.
IO: “Cazzo, se continuo sborro di nuovo! È una femmina nata, Alessandro. Sei un genio per averla trovata!"
Rebecca rispose con un gemito roco, selvaggio, completamente abbandonata al piacere: "Mi state distruggendo! Sono una troia... fatemi di tutto, Ahhhh!"
Alessandro si ritirò bruscamente, lasciandola cadere a pancia in giù sul letto sfatto. Ma non aveva intenzione di concederle tregua.
A: "Luca, sdraiati, è ora di farle provare due cazzi insieme."
IO: "Subito, capo!" obbedii, rotolando sul letto con il cazzo ancora durissimo, lucido della sua saliva.
Alessandro la sollevò per i fianchi, posizionandola sopra di me. Non ci fu resistenza. Il mio cazzo scivolò dentro di lei con facilità, mentre Alessandro si preparava a riprendere possesso del suo culo. Era uno spettacolo surreale. Rebecca iniziò immediatamente a muovere il bacino in sensuali movimenti rotatori, le labbra che si aprivano in un'espressione di pura estasi. Alessandro intanto spalmò una generosa quantità di lubrificante sul suo membro e sul buco anale di Rebecca. Con un gesto autoritario, fermò i suoi movimenti posando una mano sulla sua schiena sudata. Un semplice tocco che lei interpretò immediatamente, immobile. In attesa. Io allargai le sue natiche con entrambe le mani, esponendo quel rosa acceso e gonfio che pulsava leggermente. Alessandro non perse tempo: posizionò la punta del suo mostro all'ingresso e spinse.
R: "AHHHHH! Piano! Mi spacchi!" urlò Rebecca, le dita che si aggrappavano alle lenzuola.
Alessandro ignorò le sue proteste: "Stai buona, troia. Il peggio è passato. Ora sentirai solo piacere."
Centimetro dopo centimetro, avanzò, fino a che il suo pube non si schiacciò completamente contro di lei.
A: "Ora sei davvero nostra, ti stiamo aprendo per bene. Presto potremo riempirti in tre, in quattro... quanti ne vorrai." Sussurrò, iniziando un ritmo lento ma implacabile.
Io nel frattempo avevo ripreso a muovermi sotto di lei, i nostri corpi che danzavano in una perfetta sincronia perversa. Sentivo il cazzo di Alessandro attraverso le pareti della sua figa, una sensazione incredibile che mi faceva impazzire. Rebecca era in trance, gli occhi socchiusi, la bocca semiaperta: "Oh Dio... sono così piena... sììì... riempitemi... voglio la vostra sborra dentro di me... godooo!"
Era fatta. Una creatura di puro piacere, senza più vergogna.
A: "La prossima volta, ti faremo provare un terzo cazzo in bocca. E se Sabrinai brava, proverai due cazzi nella tua figa stretta."
Rebecca ebbe un sussulto, come elettrizzata da quelle parole: "Sììì! Alessandro... ti prego... voglio più cazzi... sono tua!"
Era diventata una puttana bisognosa.
Io gemevo sotto di lei: "Dai che sto per esplodere! Sento il cazzo di Alessandro... cazzo, è troppo!"
Alessandro rise: "Anch'io sto per venire. Ma stavolta voglio vederti imbrattata di sborra in faccia."
Con un movimento repentino, si ritirò e mise Rebecca in ginocchio sul letto. Io lo seguii, puntando il mio cazzo pulsante verso il suo viso. Lei aprì le labbra e cacciò fuori la lingua, pronta a ricevere. Esplosi, schizzi bianchi che le imbrattarono il viso, i capelli, le tette. Alessandro afferrò la sua testa, costringendola ad aprire la bocca, ed eruttò a sua volta, coprendola completamente. Crollammo sul letto, esausti. Rebecca, la faccia e il corpo imbrattati di sborra, sorrise. Dopo qualche minuto di silenzio, mentre Rebecca e Alessandro si scambiavano effusioni languide tra le lenzuola sporche, ci alzammo all’unisono. Loro si avviarono verso il bagno e io, ingenuamente, pensai a una doccia rinfrescante dopo una scopata del genere. Ma Alessandro si girò all’improvviso, il sorriso scomparso, gli occhi freddi: "Tu qui hai finito. Puoi levarti dai coglioni. Ci sentiamo, e poi ti faccio sapere di tua moglie."
Un groppo allo stomaco. Mi rivestii in fretta, le mani che tremavano mentre infilavo i pantaloni. Ma Andrea dov’è? Scorsi la stanza, il salotto, niente. Poi, scendendo le scale, lo vidi. Seduto sul divano della taverna, la testa tra le mani. Alzò lo sguardo quando sentì i miei passi, e vidi le lacrime che gli rigavano le guance. Forse aveva pensato fossi Rebecca. Forse aveva paura che fosse lei.
A: "Divertito?"
IO: "Andrea… sei arrabbiato? Non è quello che abbiamo sempre voluto?"
A: "Sì, ma io sono tagliato fuori. Rebecca mi ha tradito. Tu mi hai tradito. Un conto è farlo insieme, un altro è escludere il proprio partner. Sai che farà lo stesso con te e Sabrina, vero?"
IO: "Sabrina non cederà mai. Lo so."
A: "Ne sei così sicuro, Luca? Secondo te, io non pensavo lo stesso di Rebecca?"
Il groppo alla gola si fece più stretto. Eppure, nonostante tutto, sentii il cazzo indurirsi di nuovo. L’idea di Sabrina…
IO: "Rebecca non ti ha tradito, ti ha tenuto all’oscuro per paura di perderti. Vedrai che ti confesserà tutto. È stato un momento di debolezza, non la perdi, lei ti ama!"
A: "Ama me o il cazzo di Alessandro?"
IO: "Ripeto, è solo trasgressione, Rebecca è intelligente, non butterà via la sua vita per un cazzo."
Ma mentre parlavo, la mia erezione cresceva. Perché mi stavo immedesimando in lui, e se Sabrina…? Lo salutai in fretta, scusandomi con un tono che speravo fosse sincero: "Ti terrò informato," promisi. Uscii dalla casa, il vento freddo che mi schiaffeggiava il viso. E per la prima volta, davvero, ebbi paura. Perché Andrea aveva ragione. Alessandro non si sarebbe fermato. E Sabrina, ormai, era solo la prossimo della lista.
scritto il
2025-04-28
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