La swcoperta delle mogli 2 - L'inizio del caos -

di
genere
corna

Ricordo ancora la prima volta che vidi la foto di Sabrina. Era su quel sito per cuckold, tra centinaia di altre mogli esposte come trofei, ma lei... lei spiccava come un diamante. Alta, snella, quel fisico scolpito che sembrava uscito dalle mani di un dio greco. Un culo così perfetto da sembrare finto, sodo e tonico, che anche attraverso lo schermo ti veniva voglia di affondarci i denti. E quel viso da angelo perverso, con quei capelli castani che le scendevano fino sotto le spalle, quegli occhi che promettevano innocenza ma il sorriso che sussurrava "scopami”. "Che bella troia tua moglie", gli scrissi, le dita che già scivolavano sul cazzo duro. "Anche la tua non scherza", mi rispose, e così iniziò tutto. Scambi di foto sempre più spinte, commenti sempre più sporchi. Rebecca nuda sul letto, le tette che sembravano implorare di essere morsicate. Sabrina in tanga, quel culo marmoreo che sporgeva dal perizoma come un insulto alla decenza. Poi i numeri di telefono. Poi le chat notturne. Poi le masturbate, mentre ci raccontavamo le nostre fantasie più malate. Luca era più estremo di me. A lui piaceva l'idea di legare Sabrina e Rebecca, di vederla immobilizzata mentre veniva usata come un oggetto. Io le immaginavo circondate da neri superdotati, la mia dolce moglie bianca riempita da quel seme scuro. Ma il denominatore comune era sempre lo stesso: cazzi enormi e umiliazione totale. Passavamo ore a inventare scenari sempre più degradanti. Rebecca in un casolare di campagna, presa a turno da un branco di stalloni muscolosi che la riempivano di sborra fino a farla soffocare. Sabrina legata ai cessi di una stazione, costretta a servire chiunque passasse, la faccia tumefatta dal troppo cazzo, la figa così slabbrata che non sarebbe più tornata come prima. Diventammo amici, complici, fratelli di sborra. Ci confidavamo tutto. Le difficoltà con le mogli, i problemi a lavoro. Ridevamo insieme, ci consolavamo a vicenda. Ma c'era una differenza tra noi. Luca era ossessionato da Rebecca in modo malato. "Per il culo di Rebecca farei di tutto", mi disse una volta, la voce roca dall'eccitazione. "Davvero, Andrea, è perfetta. Quel culo, quelle tette... la distruggerei." E io, stupido, ridevo e mi eccitavo. "Ma va, Sabrina è mille volte più fica", gli rispondevo, ignorando il fuoco che gli brillava negli occhi. Ora, dopo quello che è successo con Alessandro, quelle parole mi rimbombano nella testa come un incubo. Luca può essere pericoloso. Ma spero ancora nella nostra amicizia. Nella complicità che ci lega. Nel fatto che, alla fine, siamo sempre stati dalla stessa parte. O forse mi sto solo illudendo. Forse Luca potrebbe cogliere questo momento per usare Rebecca come la sua personale troia da sborra. Avevo fiducia in Luca. No, non lo farebbe mai. O almeno, se per qualche strano scherzo del destino avessi mai avuto Sabrina davanti e avrei modo di provarci, la prima cosa che avrei fatto sarebbe stato avvertirlo. Perché io sono fatto così. Troppo ingenuo. Troppo leale. Ma forse, mi dicevo, è proprio questo il mio problema. Tre settimane senza una parola da Alessandro. Avevo quasi iniziato a credere che fosse finita. Rebecca sembrava tornata alla normalità, o quasi. Ogni tanto controllavo le videocamere di casa, ma niente di sospetto. Solo quel piccolo, insignificante dettaglio: a volte non indossava le mutande. Strano, certo. Ma se quello era l’unico segno rimasto del suo passaggio, potevo anche accettarlo. Il plug? Mai visto. O forse non avevo mai avuto il coraggio di cercarlo bene. Il sesso che non c’era, o meglio, si era ridotto tutto a seghe. E che seghe, però. Rebecca aveva preso alla lettera l’ordine di Alessandro: al cornuto solo seghe. Ed era diventata una maestra. Iniziava lenta, con movimenti ampi, dal basso verso l’alto, sputandoci sopra senza vergogna, bagnandomelo tutto mentre mi fissava negli occhi. "Ti piace?" sussurrava, leccandosi le labbra. Mi faceva morire. Era un cambiamento netto, violento, e sapevo benissimo a chi dovevo ringraziare. "Vedi," mi sussurrava una vocina malefica, "non tutto il male vien per nuocere." E ogni volta mi rispondevo che era vero, peccato che la figa, continuasse a negarmela. Si eccitava, mentre mi segava, lo capivo da come si mordeva il labbro, da come il suo respiro diventava più affannoso, era diversa, diversa da prima. Prima lo faceva per dovere, svogliata. Ora c’era devozione in quelle mani. Accelerava il ritmo, le dita che scivolavano sulle mie palle, la lingua che a volte le sfiorava, mentre un ditino mi punzecchiava l’ano, nuovo. Assolutamente nuovo. E, anche se non volevo ammetterlo, non mi dispiaceva (Zampino di Alessandro, anche questo?). Con quel trattamento, ci mettevo sempre meno a sborrare. E lei, puntuale, mi indirizzava lo schizzo sulla pancia, poi si girava e si addormentava. Io rimanevo lì, con la testa piena di malpensieri. Ma, tutto sommato, le cose sembravano andare meglio. I pensieri ossessivi svanivano. Rebecca ebbe il ciclo, e io tirai un sospiro di sollievo, guaio evitato, o almeno, così credevo. Poi, quel maledetto messaggio:
A: Cornutello, come stai? Sei pronto?
Bastò quel nulla per farmi sprofondare di nuovo nell’oblio.
IO: Pronto per cosa?
A: A vedere la tua pura mogliettina montata da me e da un mio carissimo amico.
Il cuore mi si fermò.
IO: Ma lei ha accettato quindi? Nessun ripensamento, nessun rimorso o timore?
Speravo. Speravo disperatamente in un suo ripensamento, in un barlume di paura, nel minimo scrupolo per la nostra famiglia. Ma niente.
A: Ma ti ricordi cosa è successo l’altra volta, giusto? Ha goduto come una matta, mi incitava a spaccarla, e al mio ordine ha aperto la bocca e ha succhiato le mie dita come una troia affamata! Non ha rimorsi, cornuto, ha solo voglia, voglia del mio cazzo e di provare due buchi pieni… e fidati, la prossima volta mi chiederà di riempirli tutti e tre! Figa, culo e bocca.
Stavo male. Lo stomaco si contorceva, la testa mi girava. Ma il cazzo… Il cazzo era durissimo, così duro da farmi male.
IO: Mi ricordo, non c’è bisogno di ricordarmelo, è solo che… lascia stare. Cosa hai organizzato? Dove?
A: Sempre a casa tua. Fra due settimane. Rebecca mi ha avvisato che questa settimana ha il ciclo e sue parole: il momento in cui è più in calore, è quando lo finisce.
Era vero. Rebecca, dopo il ciclo è sempre stata più calda.
IO: Io quindi cosa faccio? Mi nascondo in casa?
A: Ma che cazzo, ti devo dire tutto io? Fai come cazzo ti pare. Stavolta ce la faremo in camera vostra, nel vostro letto. Così ogni volta che andrete a dormire, lei si ricorderà della troia che è, e tu ti ricorderai della zoccola che hai sposato.
IO: Ok. Allora entrerò in casa appena andate in camera da letto.
A: Ok, ti farò sapere. Ciao, cornutello. Ah, e mi raccomando… se le tocchi il culo, non mettere le dita in mezzo. Altrimenti sentirai una presenza. Ahah! Ciao.
Ero a pezzi, ma il cazzo non accennava a sgonfiarsi, corsi in bagno, me lo tirai fuori e, non feci in tempo a tirare giù la pelle che sborrai a fiotti, imbrattando muro e tavoletta del bagno dell’ufficio, ancora. Ma il sollievo non arrivò, dovrei intervenire? dovrei fermare tutto? Le domande mi ronzavano in testa, mentre il mio cazzo, imperterrito, rimaneva duro. Come se sapesse che, alla fine, avrei ceduto.
Ho provato a leggere quei racconti, sullo stesso sito dove tutto è iniziato, storie di mogli che tradiscono e mariti che sanno, che guardano e che a volte perfino spingono. Mi chiedevo sempre come fosse possibile. “Io sarei intervenuto”, mi dicevo. “Avrei messo fine a quella farsa con un pugno sul muso di chiunque osasse toccarla”. E invece no. Eccomi qui, esattamente come quei personaggi che disprezzavo. Accondiscendente. Sottomesso. Impotente. Ma perché? Cos’è che mi blocca? La paura? Ma di cosa ho paura, esattamente? Sono un uomo culturalmente elevato, con un ruolo di spessore, conosco persone importanti, ho un carattere forte e deciso. Eppure, davanti a questa situazione, mi sento paralizzato. Ho paura di perderla? Forse. “Ho paura della sua reazione, se scoprisse che ho visto tutto?” Anche. O forse ho paura che, ormai, lei non voglia più rinunciare a quelle sensazioni? E qui il cuore mi si stringe. Perché se è così, allora è già finita. Ma sono solo paranoie? Costruzioni del mio subconscio per non farmi vergognare della verità? La verità forse è che non voglio intervenire. E allora, la domanda più grande: cosa voglio davvero? Voglio una moglie che si concede a tutti? Che geme sotto un cazzo più grosso del mio? Che obbedisce a un estraneo mentre a me nega una scopata? Non lo so. Ma qualcosa di me sembra saperlo molto bene. Il mio cazzo. Ogni volta che affondo in questi pensieri, lui si erige, duro e prepotente, come se avesse una sua volontà, una sua logica. È questa la risposta, allora? Mi eccita l’idea di una moglie troia, di una donna che si fa sfondare da chiunque abbia un cazzo più grosso del mio?
Mi disgusta.
Mi eccita.
Mi confonde.
E mia moglie? Cosa vuole lei? Guardando quei video, quelle foto, è bastato così poco a trasformarla. Un cazzo grosso. Un uomo che l’ha dominata senza remore. È davvero solo questo? Un cazzo più grande, per una donna, è come per noi maschi due belle tette, un culo perfetto? O forse molto, molto di più? Forse l’ha fatta godere come non aveva mai goduto in vita sua.
Due mesi. Due mesi in cui Alessandro l’ha plasmata a suo piacimento, mentre io ero al lavoro, ignaro, lontano, inutile. Un cazzo grosso può distruggere una famiglia? Alessandro non la ama, la usa. E lei? Ha perso la testa per lui? O solo per il suo cazzone? Il silenzio della notte non mi dà risposte. Solo il mio cazzo, duro e implacabile, sembra aver già deciso. E io non so più chi sono.
La settimana passava con un respiro di tregua, sembrò tornare una pace effimera, giorni dolci e felici in cui passavamo ore a parlare, a ridere, a scambiarci carezze che sapevano di riconciliazione, era come se fossimo tornati indietro nel tempo, prima di Alessandro, prima del tradimento, prima che tutto crollasse, una settimana perfetta in cui persino nostra figlia sembrava più serena, inconsapevole dell'uragano che si preparava oltre quel fragile specchio di normalità. Ma la notte portava con sé verità più crude, e mentre Rebecca dormiva accanto a me, il mio corpo si rifiutava di dimenticare, proiettato già alla settimana seguente, a quella maledetta doppia monta che Alessandro aveva orchestrato con la precisione di un generale. E come diceva Petrarca, il tempo passa inesorabile, senza fermarsi neppure un’ora, ed ecco che arrivò il lunedì, portando con sé una tensione che mi serrava lo stomaco, nervosismo puro, perché non avevo dettagli, non sapevo nulla di concreto, solo che Alessandro mi avrebbe fatto sapere, e io aspettavo come un condannato attende la sentenza. Fortuna volle che il lavoro mi tenesse occupato, dirigere un’azienda non è semplice e le ore scorrevano via senza che me ne accorgessi, problemi da risolvere, decisioni da prendere, tutto un turbine che mi distraeva dalla realtà, almeno finché, martedì, durante una riunione, il telefono non vibrò con un messaggio di Alessandro:
A: “Cornutello, domani mattina alle 9:00 saremo da tua moglie, dalla mia cagnetta”.
Lessi l’anteprima e il mondo intorno a me svanì, la riunione continuava, voci lontane, discussioni che non mi appartenevano più, mentre io ero lì, paralizzato, con quel senso di smarrimento che ormai conoscevo bene, vertigini, nausea, eppure, come sempre, il calore al basso ventre che prendeva il sopravvento.
IO: “Ok, ci sentiamo dopo che sono impegnato in riunione”.
A: “Quindi se ti dico che ce la faremo in tutti i modi non ti disturbo?”
IO: “Sì che mi disturbi…”
A: “Pensavo che il primo a incularla sarà il mio amico, anche perché non ha il cazzo grosso come il mio, almeno mi apre la strada dopo il lavoro del plug.”
Leggevo e il cazzo si induriva, una reazione automatica, incontrollabile, ero eccitato, disgustato, furioso, eppure lì, in mezzo a quella riunione, avrei voluto solo chiudermi in bagno e tirarmi una sega all’istante, ma il telefono vibrò di nuovo, un’immagine questa volta, e il cuore mi si fermò, l’ultima volta che mi aveva mandato una foto era Rebecca con in mano il cazzo di Alessandro, enorme, mentre lo guardava con adorazione, e ora cosa sarebbe stato?
A: Non scomodarti per dopo, ci vediamo domani, o almeno, ci vedrai tu…
La riunione si protrasse, interminabile, problemi banali, soluzioni già pronte, io ero lì fisicamente ma la mente era altrove, finché finalmente non finì e mi catapultai in bagno, sempre lo stesso bagno, quello che ormai conoscevo bene, quello che se qualcuno avesse esaminato con la luce blu avrebbe trovato chissà quante tracce di sborra sulle pareti. Prima di aprire l’immagine sul telefono mi liberai il cazzo, non volevo rischiare di macchiarmi i pantaloni, e quando finalmente la visualizzai, mi si presentò uno spettacolo osceno, peccaminoso, che mi fece male eppure mi eccitò a dismisura, era uno screenshot della conversazione tra Alessandro e Rebecca, lei nuda sul letto, sul nostro letto, a pecora, il culo rivolto verso lo specchio, si vedeva benissimo il plug conficcato dentro di lei, la figa bagnata, e il suo sguardo, quello sguardo da vera troia che non le avevo mai visto prima, mentre scriveva:
"Non vedo l’ora di domani…"
E come al solito, non appena toccai il cazzo, sborrai.
Mi svegliai come ogni altro giorno, con la solita routine familiare che scandiva i miei gesti in modo automatico, quasi meccanico. Colazione preparata con cura, la sveglia di nostra figlia, quel sorriso assonnato che mi spezzava il cuore ogni volta, la sistemazione della cucina, la pattumiera svuotata perché in casa nostra l'ordine è sacro, e io e Rebecca abbiamo sempre voluto che tutto fosse perfetto. Salutai mia figlia con un bacio sulla fronte, poi mi voltai verso Rebecca, era serena, completamente normale. La solita moglie, la solita madre, la solita donna che avevo sposato anni prima, quella che si dedicava alla famiglia con un amore che sembrava incrollabile. Uscivo di casa con un sorriso, come se fosse un giorno qualunque, ma dentro di me, era un inferno. Un fuoco che mi divorava, uragani di pensieri che si scontravano, un caos di emozioni che non riuscivo a decifrare, né tanto meno controllare. Ero un uomo spezzato. Arrivai al lavoro e organizzai la mia giornata in modo che la mia assenza non pesasse sull’azienda. Poi aspettai. Le nove. Le maledette nove. Il tempo sembrava essersi fermato, le lancette dell’orologio si muovevano con una lentezza esasperante, come se il destino si prendesse gioco di me. Finalmente, l’ora arrivò. Uscii dall’ufficio, corsi alla macchina e accesi le videocamere di casa. E lì li vidi, Alessandro, mia moglie… e una terza persona. Non riuscivo a distinguere il volto, era di spalle, ma la scena era chiara. Come vidi anche, com’era vestita: per l’occasione, ma sapevo bene che era stato Alessandro a volerlo, forse a pretenderlo, Rebecca si era presentata come una Dea dell’eros. Indossava un completo rosso fuoco, tutto in pizzo: perizoma sottile, autoreggenti che le fasciavano le gambe come una seconda pelle, e un reggiseno che sembrava più un invito che un indumento. Il tutto coperto, si fa per dire, da una vestaglietta trasparente, dello stesso tono acceso, che lasciava intravedere ogni curva, ogni dettaglio. Rebecca era tra le braccia di Alessandro, abbracciata a lui, mentre si scambiavano un bacio profondo, passionale, quasi violento nella sua intensità. Le sue mani, come tentacoli, le scorrevano ovunque: sul culo, sulla schiena, lungo le cosce, nei capelli. Era sua, completamente. La osservai meglio, con attenzione quasi maniacale, e fu allora che lo vidi. Lì, incastonato tra le sue splendide chiappe, brillava il plug che Alessandro le aveva ordinato di “indossare”. Il perizoma era talmente sottile da non riuscire minimamente a coprirlo, lasciandolo in bella mostra: un piccolo gioiello luccicante, fiero, provocante. Un dettaglio tanto osceno quanto eccitante, che rendeva quella visione ancora più proibita, ancora più potente. Era la firma indelebile di un altro uomo sul corpo della mia donna. L’altro uomo si avvicinò da dietro, il corpo già teso per l’eccitazione, e le premette contro, facendole sentire la sua presenza. Un pugno di gelosia mi serrò lo stomaco, ma insieme a quel dolore, un’ondata di eccitazione malata mi travolse. Mi stavo eccitando. Mia moglie si girò verso lo sconosciuto e iniziò a baciarlo anche lui, lasciandosi palpare senza resistenza, le braccia alzate in segno di resa. Una troia in estasi. Alessandro, da dietro, iniziò a sculacciarle il culo, ogni schiaffo un’affermazione di dominio. Io non resistetti più, misi in moto e partii verso casa, i chilometri sembravano non finire mai. Sudavo, le mani mi scivolavano sul volante, il cuore batteva così forte da farmi credere che sarebbe esploso. E il cazzo, duro, pulsante, stretto nei pantaloni, come se avesse una vita propria. Non riuscivo a pensare. Ero guidato solo dall’istinto, dalla necessità di vedere, di essere lì, di assistere a quello spettacolo che mi disgustava e mi eccitava allo stesso tempo. Arrivai a casa, parcheggiai lontano per non farmi sentire, entrai dal garage, salii le scale come un ladro, in silenzio, il respiro trattenuto. Attraversai il salotto, il corridoio, e poi… I suoni, gemiti gutturali, voci maschili che incitavano, Alessandro stava ordinando a Rebecca di succhiare, di prendere tutto, di essere la troia che era. E poi la voce dell’altro uomo:
X: "Sei magnifica di bocca, sei una pompinara nata, ti ho sempre immaginato mentre me lo succhiavi, ma nella realtà sei ancora più brava."
Mi si gelò il sangue. Luca. Era Luca, il marito di Sabrina, il mio "amico", quello che credevo essere dalla mia parte. Un tradimento nel tradimento. Mi avvicinai all’armadio posto nel corridoio prima della camera da letto, nascosto ma con una visuale perfetta. I due mi videro. Alessandro e Luca mi guardarono, ma io distolsi lo sguardo, troppo umiliato, troppo degradato per guardarli negli occhi. E poi la scena: Rebecca in ginocchio sul letto, in perizoma, mentre Luca le afferrava la testa e le scopava la bocca con violenza.
L: "È da quando ti ho vista che ti voglio, ti desidero, voglio scoparti fino allo sfinimento!"
le sussurrava, mentre le infilava il cazzo fino in gola.
L: "E visto che sei così troia, ti daremo talmente tanto cazzo che non ne farai più a meno!"
Rebecca ansimava, mugugnava, la saliva che le colava dal mento, completamente sottomessa. Alessandro rise.
A: "Ti piace, troiona? Confermi tutto quello che ti ho già detto: sei nata per questo. Dalla prima volta che ti ho vista avevo capito che eri peggio di Marisa. Almeno lei ha avuto la dignità di non voler prendere due cazzi insieme. Ma tu? Senza batter ciglio hai accettato… e guardati adesso."
Io ero pietrificato, Il cazzo durissimo, la mente confusa, diviso tra l’istinto di intervenire e il desiderio malato di godermi lo spettacolo. E poi, Rebecca si voltò verso Alessandro, iniziando a succhiare il suo cazzo mentre Luca si posizionò dietro di lei, leccandole la figa con voracità.
R: "Mmmmmmm, che goduria, mi state facendo impazzire, sono in calore… fatemi di tutto, vi prego!"
Tra una succhiata e l’altra, guardò Alessandro con occhi pieni di desiderio
R: "Che cazzone che hai… ogni volta la stessa emozione, con la voglia di farmelo entrare tutto dentro."
Alessandro rise: "Non ti preoccupare, bella troietta, alla fine ne prenderai talmente tanto che per una settimana farai fatica a camminare!"
Luca continuava a leccarla con fame, mentre con una mano sfilava lentamente il plug dal suo culo. Le sue dita, senza perdere un attimo, presero il posto di quel gioiello: due nel culo, una nella figa. Rebecca si contorceva sotto di lui, un misto di piacere e abbandono assoluto.
L: “Cazzo… il plug ha fatto il suo effetto. Le mie dita entrano che è un piacere…”
Alessandro, intanto, afferrò la testa di Rebecca e la spinse giù sul suo cazzo, costringendola a prenderne tanto, fino a farla soffocare. La stava usando, senza pietà. Quando la lasciò risalire, un fiume di saliva colò lungo il suo cazzo, e Rebecca gemette, gli occhi al cielo, mentre Luca la martellava con le dita.
L: "Godi, troia! Godiiii!" le urlò, accelerando il ritmo.
E lei godette, tremante, le gambe che si scuotevano, completamente in balia di quei due uomini che la stavano plasmando a loro piacimento, ma Alessandro non aveva finito, le riafferrò la testa e la rispinse giù, più forte, più profondo, mentre Luca continuava a scoparla con le dita. Era uno spettacolo di degradazione, di pura, cruda sottomissione. Quando finalmente Rebecca smise di contrarsi, Alessandro la tirò a sé e le chiese: "Hai goduto, troia? Ti piace essere usata, vero?"
Rebecca annuì, ansimando: "Sì… "
A:"Come cosa?" la interruppe Alessandro, la voce un ruggito.
R:"Come una troia!" gemette Rebecca, arrendendosi completamente.
Luca rise: "Avevi ragione, Alessandro. Questa ha voglia di cazzo."
Alessandro le ordinò di salire sopra di lui, e Rebecca obbedì, posizionandosi a cavalcioni, il cazzo di lui che le scorreva lungo la figa già bagnatissima. E io osservavo, con il cazzo in mano, completamente in balia di quell’orrore che mi eccitava oltre ogni limite. Vedere quel mostro di carne scorrere tra le labbra di mia moglie era uno spettacolo che mi inchiodava. Era largo, venoso, potente. E le labbra di Rebecca si aprivano per accoglierlo, come se il suo corpo lo riconoscesse, lo volesse, ne avesse bisogno. Poi, lentamente, iniziò a scendere. Faticò, come la prima volta, ma alla fine lo prese tutto. Il volto rivolto al cielo, le mani sulle spalle di Alessandro, completamente penetrata, riempita, posseduta. Luca, intanto, si avvicinò con il suo cazzo in mano e lo strofinò sulle labbra di Rebecca, che iniziò a muoversi su e giù, lentamente, abituandosi alla mole che la stava sfondando. E io ero lì, in piedi, nascosto, il cazzo in mano, a guardare mia moglie scoparsi due uomini nel nostro letto. Alessandro la afferrò per i fianchi e iniziò a muoverla, a farla danzare sul suo cazzo, ogni movimento calcolato per allargarla, per sfondarla, per renderla sua. Rebecca prese in mano il cazzo di Luca e iniziò a segarlo, strofinandolo contro le sue labbra mentre continuava a essere scopata. E poi iniziò a perdere il controllo:
R: "Sì! Godo! Godo! Fatemi godere sempre di più! Apritemi! Vi voglio dentro insieme! Vi voglio sentire esplodere in me! Siete dei tori!"
Erano parole da troia, da puttana, da donna che aveva dimenticato di essere una moglie, una madre. Alessandro la bloccò e iniziò a scoparla da sotto, colpi violenti, profondi, ognuno un’affermazione di dominio, la stava spaccando. Rebecca urlava, un misto di dolore e piacere, completamente in balia di quell’uomo che la stava modellando a suo piacimento. Luca la teneva per la testa, cercando di scoparle la bocca, ma i colpi di Alessandro erano troppo potenti.
L: "Cazzo, Alessandro, sì! Spaccala! Distruggila, che poi la inculo io come si deve! Cazzo che troia da monta… a questa ci vogliono più di due cazzi!"
Rebecca ansimava: "Cazzo… lo sento in gola… lo sento tutto… mi stai spaccando!"
Alessandro era diventato un animale, selvaggio, brutale, senza pietà. La scopava da sotto come se volesse distruggerla, come se il suo unico obiettivo fosse segnarla per sempre. Poi, all’improvviso, la mise supina, la testa fuori dal letto, e la penetrò di nuovo con un colpo solo. E ricominciò a martellarla. Ogni colpo una fucilata, ogni movimento un’umiliazione. Luca scese dal letto e le infilò il cazzo in bocca, scopandole la gola mentre Alessandro le devastava la figa. Era in balia di due maschi. Di due predatori che la volevano solo usare. Gli insulti volavano, le parole oscene si mischiavano ai gemiti, e Rebecca li accettava tutti, come se fossero carezze. Poi, finalmente, Alessandro raggiunse l’orgasmo. Un urlo animalesco, il corpo che si irrigidì, e esplose dentro di lei, riempiendola completamente. Luca, alla vista, sborrò a sua volta nella bocca di Rebecca. E lei ingoiò, tutto, senza esitazione. Quando Alessandro si ritirò, un fiume di sborra colò dalla figa di Rebecca, macchiando il nostro letto. E io ero ancora lì, A guardare, A eccitarmi, A odiarmi.
Il letto era un campo di battaglia, le lenzuola stropicciate, il respiro affannoso dei tre corpi che si muovevano ancora in quel groviglio di sudore e sesso. Erano sfiniti, soprattutto lei, distesa con le gambe aperte, il corpo ancora scosso da brividi di piacere. Ma i due uomini, nonostante la stanchezza, avevano ancora fame. I loro cazzi, duri e impazienti, non accennavano a placarsi. Luca si alzò, afferrò un lembo di lenzuolo e pulì alla meglio la figa di Rebecca, ancora grondante della sborra di Alessandro. Poi, senza preavviso, glielo piantò dentro tutto d’un colpo, affondandole nel profondo con un movimento deciso.
L: "Cazzo che figa larga che hai…" rise, iniziando a scoparla con un ritmo vivace, già intenso fin dal primo istante.
L: "Alessandro, l’hai aperta a dovere!"
Rebecca si risvegliò da quel torpore post-orgasmico, le palpebre pesanti, la voce roca.
R: "Mmmmm… non siete mai stanchi?"
Luca col sorriso sfrontato: "Come facciamo a stancarci con un pezzo di figa così? Faresti arrapare persino un defunto!"
Alessandro, intanto, si godeva lo spettacolo da un angolo del letto, una mano che accarezzava lentamente il proprio cazzo, l’altra che reggeva il telefono per filmare tutto. Ogni tanto, i suoi occhi si spostavano verso di me, nascosto nell’ombra, e quel bastardo non resisteva: mi faceva il gesto delle corna, beffardo. E io? Io ero un groviglio di contraddizioni. Il cuore mi batteva forte, la rabbia mi serrava lo stomaco, ma il mio cazzo… il mio cazzo era durissimo, dolorosamente teso, come se avesse una volontà propria. Dovevo sborrare. Ma non mi toccavo. Non ancora. Perché se lo avessi fatto, l’eccitazione sarebbe svanita troppo presto, e io non volevo perdere nemmeno un secondo di quello spettacolo. Luca continuò a sbatterle dentro con forza, le gambe di Rebecca ora appoggiate sulle sue spalle, le tette che rimbalzavano al ritmo delle sue spinte. Alessandro si avvicinò, il telefono sempre in mano, la voce bassa e provocatoria:
A: "Ti piace, zoccolona? Ti abbiamo già riempita una volta, eppure sei ancora qui a godere come una cagna in calore. Ma ti rendi conto di quanto sei troia?"
Rebecca annuì, gli occhi velati di piacere, le labbra socchiuse in un gemito.
R: "Sì… sì… tu mi hai trasformata così… e mi piace… mi piace godere… fatemi godere ancora, vi prego… vi voglio…"
Luca rise, un suono grezzo, animalesco.
L: "Cazzo, ma tuo marito lo sa che sei una puttana del genere? O glielo diciamo noi? Magari si eccita a vederti così… potremmo sistemarlo nell’angolo, a segarsi mentre lo facciamo!"
Rebecca scosse la testa, un lampo di panico negli occhi.
R: "No… no, vi prego… mi lascerebbe se mi scoprisse così…"
Alessandro si chinò su di lei, la voce un sibilo malizioso.
A: "Lo sai? Gliel’hai mai chiesto? Ne sei sicura? Magari gli piace e tu non lo sai! Pensa come godremmo, alla luce del sole, con lui nell’angolo che si masturba guardandoti… e poi magari viene qui a pulirti dalla nostra sborra!"
Rebecca emise un gemito lungo, il corpo che si inarcava sotto le parole di Alessandro.
R: "Mmmmm… mi eccita solo a pensarci…"
Luca, senza preavviso, uscì dalla sua figa con un movimento fluido, la girò a pancia sotto, infilando un cuscino sotto il ventre per sollevarle il culo.
L: "È arrivato il momento di prendere questo bel culetto… è un sacco che lo sogno."
Alessandro annuì, compiaciuto: "Un vero sogno proibito. Un bel culetto vergine da profanare. Ti concedo di essere il primo solo perché col mio cazzo rischio di farle male."
Alessandro gli passò il lubrificante, ne spalmò una generosa quantità sul buco stretto di Rebecca, poi sul suo cazzo, assicurandosi che tutto scivolasse bene. Quando finì, poggiò la punta del suo cazzo contro quel forellino contratto, pronto per la conquista. E io, nascosto, trattenevo il respiro. Era il momento che temevo e desideravo allo stesso tempo. Mia moglie, sdraiata a pancia sotto, nel nostro letto, nel nostro nido d’amore, stava per essere scopata nel culo da un altro uomo. E io non potevo farci niente. O non volevo? Luca iniziò a premere, lentamente, la cappella che sfidava la resistenza di quel muscolo stretto. Rebecca afferrò le lenzuola, le nocche bianche, il respiro trattenuto. Alessandro continuava a filmare, una mano che le accarezzava i capelli, la voce che sussurrava rassicurazioni.
A: "Stai tranquilla, rilassati… più ti rilassi, più sarà facile…"
Luca emise un gemito basso: "Mmmm… la cappella è entrata… cazzo, è strettissimo… che goduria…"
Alessandro rise: "Immagino… e pensa quando ci entrerà il mio… glielo apro tutto!"
Rebecca, con una mano sulla sua gamba, cercò di fermare l’avanzata, ma Luca era inesorabile.
R: "Ahh… ahh… piano… piano… lo sento tutto…"
E poi, finalmente, il suo pube si schiacciò contro il sedere di Rebecca.
A: "Ce l’hai fatta, troietta, ora aspetta un attimo… vedrai che sentirai un piacere diverso… un piacere nuovo."
Luca rimase immobile per qualche istante, lasciandole il tempo di abituarsi, mentre Alessandro scivolò una mano tra le sue cosce, le dita che trovavano il clitoride e iniziavano a massaggiarlo con movimenti circolari. E funzionò, Rebecca emise un gemito lungo, il corpo che si rilassava sotto quelle carezze.
R: "Mmmmm… sì… continua…"
Iniziò a muovere il bacino in piccoli cerchi, cercando più stimoli, mentre Luca, paziente, iniziò a muoversi con lentezza, tirandosi indietro fino a quasi uscire, per poi riaffondare con delicatezza. Ogni volta che arrivava in fondo, Rebecca faceva una smorfia di dolore, ma presto, grazie alle dita di Alessandro, quel dolore si trasformò in piacere. E quando Luca iniziò a scoparla con più vigore, le chiappe che sbattevano contro il suo pube, Rebecca non si lamentò più. Stava godendo. Alessandro, soddisfatto, si posizionò davanti a lei, la tirò su a novanta gradi, e con un gesto deciso le schiaffeggiò le labbra col suo cazzo. Rebecca aprì la bocca, lo ingoiò avidamente, mentre lui le teneva la testa, controllando ogni movimento. La vidi rossa in volto, gli occhi che lacrimavano, ma i gemiti che uscivano dalla sua gola erano di puro piacere. E io ero al limite. Guardare quella scena mi aveva portato sull’orlo, il cazzo che pulsava, dolorosamente duro. Quando Alessandro estrasse il suo cazzo dalla sua bocca, Rebecca emise un gemito lungo, disperato…"Ahhhhhhhhhh…" E io, nascosto nell’ombra, sapevo che non sarei riuscito a resistere ancora a lungo. Ero lì, immobile, nascosto nell'ombra dell'armadio, il mio corpo percorso da brividi mentre osservavo la scena con occhi febbrili. Il cazzo mi pulsava in maniera quasi dolorosa, teso all'inverosimile, quando Rebecca emise quel gemito straziante, un suono che era insieme dolore, estasi e totale abbandono. Non potei resistere. Venni con una violenza inaudita, cinque, sei, sette fiotti potenti schizzarono contro la parete dell'armadio, densi e caldi. Avrei voluto colpire lei, imbrattare quel viso che un tempo era stato solo mio, marchiarla con la mia sborra come punizione per avermi escluso dalla sua trasformazione. Ma ero solo uno spettatore impotente. Alessandro dominava la scena con l'autorità di un sovrano, il suo corpo muscoloso era lucido di sudore mentre teneva Rebecca in una morsa implacabile. Con una mano afferrò la sua mascella, costringendola a guardarlo mentre con l'altra si masturbava lentamente, il cazzo impressionante che si tendeva verso l'alto.
A: "Lecca, cagnetta," ordinò, la voce un basso ringhio.
Rebecca obbedì immediatamente, la lingua che si protese per accarezzare le sue gonfie palle con una devozione che mi fece rabbrividire. Era impressionante quanto capisse al volo cosa voleva. Bastava un suo sguardo, un cenno, e lei si adattava, trasformandosi nella perfetta troia sottomessa. Luca intanto continuava il suo lavoro da dietro, i potenti colpi che risuonavano nella stanza mentre affondava il suo cazzo nel culo martoriato di Rebecca.
L: "La nostra puttana personale," ringhiò, aumentando il ritmo.
A: "Abbiamo bei progetti per te, troia. Orge, festini... vedrai che avrai cazzo a volontà."
Con un movimento improvviso, Luca uscì da lei, aprendole le chiappe con le mani per ammirare il suo lavoro. Il buco era rosso, dilatato, usato. Con un ghigno soddisfatto, lo riempì di nuovo con un colpo secco, facendola urlare. Voleva romperla, voleva che quel buco rimanesse così per sempre. Ora la scopava solo con la cappella, entrando e uscendo con movimenti brevi e precisi, mentre Alessandro osservava con aria compiaciuta, il telefono in mano che riprendeva ogni dettaglio. Io, intanto, cercavo di pulire la mia sborra con una salvietta presa dall’armadio, il respiro affannoso, le orecchie tese per non perdere nemmeno un gemito. Poi, il cambio di posizione. Alessandro e Luca si scambiarono un'occhiata complice. Ora era Alessandro dietro di lei, il suo cazzo lubrificato pronto per l'assalto, mentre Luca si posizionò davanti.
A: "Sei pronta alla vera inculata?"
Rebecca tremò.: "Ti prego, fai piano... mi farai male..."
A: "Tranquilla, ti farò godere. Oggi due cazzi, domani molti di più."
E poi spinse. La cappella del suo mostro entrò subito, dilatando l'anello anale già provato. Rebecca urlò, un suono strozzato, mentre Luca le afferrava la testa e le infilava il cazzo in bocca, soffocando le sue proteste.
A: "Stai buona, il più è fatto" ringhiò Alessandro, afferrandole i fianchi con una presa che avrebbe lasciato lividi.
A: "Vedrai come ti piacerà."
E continuò ad avanzare, centimetro dopo centimetro, fino a che il suo pube non si schiacciò contro il suo culo. Rebecca ansimava, il viso rigato di lacrime, la bocca piena del cazzo di Luca che la scopava con movimenti brevi e profondi. Era completamente in loro balia. Alessandro rimase immobile per quello che mi parve un'eternità, lasciandole il tempo di abituarsi a quella mostruosità dentro di lei. Poi, con movimenti lenti, millimetrici, iniziò a muoversi, tirandosi quasi completamente fuori per poi riaffondare con decisione. Rebecca mugugnava, i suoni soffocati dal cazzo in gola, il corpo scosso da brividi di dolore e piacere. Ma presto, i lamenti si trasformarono in qualcos'altro. In godimento. Alessandro, soddisfatto, aumentò il ritmo, i colpi che diventavano sempre più potenti, il suo bacino che schiaffeggiavano il suo culo con un rumore umido ed eclatante. Luca, intanto, la scopava in bocca con lo stesso fervore, fino a quasi soffocarla.
L: "Cazzo, se continuo sborro!" gemette Luca, gli occhi vitrei. "È una femmina nata, Alessandro. Sei un genio per averla trovata!"
Rebecca gemeva con una voce che non le avevo mai sentito, roca, selvaggia, completamente abbandonata al piacere:
R: "Cazzo mi state distruggendo! Sono una troia... fatemi di tutto, Ahhhh!"
Alessandro si ritirò dal suo culo con un movimento fluido, lasciandola cadere a pancia in giù sul letto sfatto, il respiro affannoso mentre cercava di riprendere fiato. Ma Alessandro non aveva intenzione di concederle tregua.
"Luca, sdraiati," ordinò con la calma di un generale che comanda le sue truppe. "È ora di farle provare due cazzi insieme."
"Subito, capo!" rispose Luca, obbediente come un soldato, rotolando sul letto con il cazzo ancora durissimo che svettava verso l'alto, lucido della saliva di Rebecca. Alessandro la afferrò per i fianchi, aiutandola a posizionarsi sopra Luca. Non ci fu resistenza, il cazzo di Luca scivolò dentro di lei con facilità. Era uno spettacolo surreale. Rebecca iniziò immediatamente a muovere il bacino in sensuali movimenti rotatori, le labbra che si aprivano in un'espressione di pura estasi, io ero incapace di distogliere lo sguardo, la mia mano riprese a masturbarmi quasi automaticamente, ipnotizzato dalla scena. Alessandro intanto prendeva il lubrificante, spalmandone una generosa quantità sul suo membro già impressionante e sul buco anale di Rebecca, che luccicava sotto la luce fioca della camera. Con un gesto autoritario, fermò i movimenti di mia moglie posando una mano sulla sua schiena sudata, un semplice tocco che lei interpretò immediatamente, immobilizzandosi in attesa del suo destino. Luca allargò le chiappe di Rebecca con entrambe le mani, esponendo quel rosa acceso e gonfio che pulsava leggermente. Alessandro non perse tempo: posizionò la punta del suo mostro all'ingresso e, senza alcuna cerimonia, spinse in avanti.
"AHHHHH! Fermo! Mi spacchi!" urlò Rebecca, le dita che si aggrappavano alle lenzuola.
Ma Alessandro ignorò le sue proteste. "Stai buona, troia. Il peggio è passato. Ora sentirai solo piacere." La sua voce era un misto di minaccia e promessa, mentre continuava ad avanzare centimetro dopo centimetro, fino a che il suo pube non si schiacciò completamente contro le natiche di Rebecca.
"Ora sei davvero nostra," sussurrò Alessandro, iniziando un ritmo lento ma implacabile. "Ti stiamo aprendo per bene. Presto potremo riempirti in tre, in quattro... quanti ne vorrai." Luca nel frattempo aveva ripreso a muoversi sotto di lei, i loro corpi che si muovevano in una perfetta sincronia perversa. Rebecca era in uno stato di trance, gli occhi socchiusi, la bocca semiaperta da cui uscivano gemiti e frasi sconnesse: "Oh Dio... sono così piena... sììì... riempitemi... voglio la vostra sborra dentro di me... voglio sentirmi riempire... godooo!"
Era completamente persa, trasformata in una creatura di puro piacere, senza più vergogna o inibizioni. Alessandro osservava la scena con un sorriso compiaciuto, il padrone che ammira la sua opera. "La prossima volta," promise, aumentando il ritmo, "ti faremo provare un terzo cazzo in bocca. E se sarai brava, proverai due cazzi nella tua figa stretta." Rebecca ebbe quasi un sussulto, come risvegliata da quelle parole. "Sììì! Alessandro... ti prego... voglio più cazzi... voglio essere piena... usami come vuoi... sono tua!" La sua trasformazione era completa. Non c'era più traccia della moglie pudica che conoscevo. Ora era solo una puttana bisognosa, che supplicava per essere usata in modo sempre più degradante. Luca gemeva sotto di lei: "Dai che sto per esplodere! Sento il cazzo di Alessandro... cazzo, è troppo!"
A: "Anch'io sto per venire. Ma stavolta voglio vederti imbrattata di sborra in faccia. Voglio vederti leccare tutto dalla faccia come la cagna che sei."
Con un movimento repentino, Alessandro si ritirò e mise Rebecca in ginocchio sul letto. Luca lo seguì, puntando il suo cazzo pulsante verso il viso di mia moglie.
Il primo getto di Luca schizzò sulle sue guance, caldo e denso. Gli altri colpirono il suo viso. In pochi secondi il viso di Rebecca era un dipinto di sborra, i capelli appiccicosi, le ciglia pesanti. Alessandro non fu da meno. Afferrò la sua testa per i capelli, costringendola ad aprire la bocca e tirare fuori la lingua. "Prendi tutto, puttana!" ringhiò, mentre il suo cazzo eruttava in potenti schizzi che le riempivano la bocca e viso, le colavano sul mento, le imbrattavano le tette ancora scosse dai respiri affannosi. Io, nascosto, eiaculai per la terza volta, il corpo scosso da spasmi incontrollabili mentre assistevo alla completa umiliazione della donna che era mia moglie. Quando ebbero finito, i tre crollarono sul letto esausti. Rebecca rimase in ginocchio per un attimo, la lingua che cercava disperatamente ogni goccia di sborra, le dita che la spalmavano sul corpo come fosse una crema preziosa. Poi, con un sospiro soddisfatto, si lasciò cadere tra i due uomini, abbracciandoli come fossero i suoi amanti, i suoi padroni. Era diventata la loro perfetta troia sottomessa. Io, intanto, scivolai via in silenzio, andando al piano inferiore, mentre sentivo i loro passi dirigersi verso il bagno. Tutti e tre insieme. E sapevo, con un nodo allo stomaco, che questa era solo l'inizio della sua trasformazione. Alessandro non aveva ancora finito con lei. E, in qualche modo oscuro, sapevo che nemmeno io avevo finito di guardare.
scritto il
2025-04-24
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