La baita

Scritto da , il 2010-04-06, genere etero

Inverno. Settimana bianca. Era tanto che aspettavamo questo periodo di ferie. Con un gruppo di amici e amiche, eravamo riusciti a trovar posto in uno chalet ai bordi del paese, vicinissimo agli impianti di risalita.
Eravamo partiti il sabato, e per un po' di giorni non avevamo fatto altro che dedicarci al nostro sport preferito. Lunghe giornate sulle piste, rosse e nere che già conoscevamo. Da diversi anni il nostro gruppo si riuniva per questa settimana, gruppo molto affiatato, un paio di coppie e gli altri single, chi per scelta, chi per i casi della vita, vecchi compagni di scuola, e qualcuno anche di lavoro. Le donne, alla sera si dedicavano alla cucina, anche se qualche volta cedevano le armi, si dedicavano alla cena, noi uomini, a turno, a far la spesa.
Una convivenza felice la nostra. Niente litigate, eravamo molto uniti, bastavano poche parole per capirsi, ed eravamo uniti anche da questa passione per lo sci.
Dalla mattina all'ultima discesa, ognuno, da solo o in coppia, si sfogava, si rilassava davanti a quelle montagne. Succedeva, qualche volta e soprattutto per i single di fare conoscenze per cui alla sera spesso ci ritrovavamo ospiti allo chalet
Anche quest'anno, non faceva eccezione. Alberto aveva conosciuto una ragazza di Trento, e la sera spesso era assente, Marina un ragazzo di Roma, spesso presente alla nostra tavola, Lina se ne stava da sola, a rimarginare la ferita della dipartita del suo ormai 'ex' .
Da parte mia, per quest'anno avevo deciso di non fare niente. Il periodo prima di queste ferie era stato parecchio impegnativo sul lavoro, e volevo scaricare tutto lo stress accumulato in lunghe sciate. Avevo intravisto una ragazza che mi piaceva, sia alla partenza dell'impianto che una volta in uno dei rifugi dove a mezzogiorno ci fermavamo per un breve break mangereccio.
Decisamente carina, i suoi lunghi capelli biondi spuntavano da sotto il cappellino incorniciando l'ovale del suo viso, abbronzato, il burro cacao per proteggere le labbra dai riflessi del sole risaltava sul viso abbronzato. Linea elegante, era in compagnia di un gruppo di amici, che presumo anche loro stessero godendosi la settimana sulle piste da sci.
Ci osservammo forse più a lungo del consentito nella bolgia del rifugio, richiamati tutti e due dalle rispettive compagnie.
Ma fu un tenue e dolce ricordo, presi dalla nostra attività.
Le serate passavano allegramente davanti al camino del nostro chalet, dopo cena, chi ascoltava un po' di musica, chi giocava a carte, chi guardava la televisione, fin quando giungeva l'ora della nanna dove ci abbandonavamo stanchi.
Arrivò il penultimo giorno. Il tempo si stava guastando. Dopo giornate terse, con l'aria resa gelida dalle basse temperature, ma soleggiate, grosse nuvole grigie stavano coprendo il cielo.
Già alla mattina, si sentiva il freddo entrare in casa, sibilando dalle poche fessure dei muri.
Facemmo un'abbondante colazione indugiando più degli altri giorni prima di uscire in quel tempo.
Le cime delle montagne intorno a noi, non si vedevano più, tutte coperte dalle nuvole che sembravano scendere sempre più verso il paese coprendo e nascondendo i boschi, le strade, i tetti delle case. Un paio di amici, decisero di non venire con noi, vista la giornata, preferivano restare in casa o fare un giro nel paese, uno si era offerto volontario per la spesa, e ci ritrovammo in cinque, i soliti, i più arditi, i più temerari, i più testardi, uscimmo per prendere la seggiovia.
Restammo insieme fino a mezzogiorno, mangiammo sulla pista un panino, ci avviammo al rifugio per un buon bicchiere di grappa e via di nuovo per altre discese.
Non siamo spericolati, incuranti dei pericoli che la montagna sempre nasconde, ma amiamo anche i fuori pista. Dopo l'ennesima risalita parlammo con un maestro di sci della zona, valutando la possibilità di effettuare l'ultima discesa verso il paese prendendo un'altra pista.
Ci conosciamo, sono diversi anni che veniamo in questo posto, e comunque, prima di affrontare certe piste, ci consigliamo sempre con qualcuno di loro.
Ci dette delle informazioni e soprattutto rassicurazioni. Decidemmo quindi di affrontare la discesa. Ci sistemammo la tuta, lo zaino sulle spalle e poi.. giù ..
All'inizio tutto fu tranquillo, il silenzio del bosco interrotto solamente dallo scivolamento degli sci sul ghiaccio, poi i miei amici presero la corsa e mi ritrovai leggermente distaccato.
Non avevo fretta, nonostante la pista fosse in ombra, e il cielo cupo, si vedeva bene, non mi preoccupai del ritardo, mi fermai, guardandomi intorno, più in alto però non vidi nessun altro sciatore. E purtroppo come repentinamente succede in montagna il tempo cambiò. Fu una cosa che mi prese alla sprovvista, questa era una pista che non conoscevo a fondo, e mi ritrovai completamente spaesato quando la nebbia mi avvolse in un'atmosfera ovattata.
Non potevo certamente restare lì , per cui decisi di riprendere la discesa.
Non fu facile, spesso a spazzaneve, cercando di restare il più possibile al centro di quella che immaginavo essere la pista.
Il silenzio era assoluto. La visuale sempre più ridotta, ombre ai miei lati, visioni sfuocate di alberi innevati che si confondevano nel bianco.
Il cielo si era completamente incupito, mi fermai ulteriormente, cercai il telefonino, controllai, ma non c'era campo, ripresi a scendere, non so se imboccai qualche diramazione o se ero sempre sulla pista principale, nella nebbia, mi sembrava di intravedere una luce, mi decisi di proseguire verso quel lume.
Piano piano, sempre più si delineavano i contorni di una baita, sfuocata nel grigio, il tetto innevato, un fil di fumo usciva dal camino, immaginai quindi la presenza di qualcuno là.
Confortato, mi diedi un paio di spinte con le bacchette, ma un lastrone di ghiaccio, nascosto, mi fece perdere l'equilibrio; scivolai, cercai di rialzarmi, ma ormai senza più equilibrio, mi ritrovai a gambe all'aria, lo sci staccato terminava la sua corsa verso la baita. Tentai di rialzarmi, ma mi accorsi che la caviglia, bloccata dallo scarpone mi faceva un male pazzesco. Negli istanti della scivolata, probabilmente dovevo aver girato la gamba, e questo movimento, mi aveva fatto perdere lo sci, sganciandosi, e la caviglia bloccata dallo scarpone aveva preso tutto il colpo.
Mi appoggiai al bastoncino e mi avvicinai. Guardai dalla finestra, i vetri appannati dal calore interno. La caviglia mi faceva terribilmente male. E per di più aveva cominciato a nevicare.
Grossi fiocchi stavano ricoprendo il paesaggio. All'interno della baita vidi una donna, era stesa sul divano di fianco al camino, di fronte alla finestra. Era nuda, i vestiti sparpagliati per terra sul tappeto. Sembrava assorta in qualcosa che non capivo. Il suo corpo era bello, le lunghe gambe, il seno né grande né piccolo, ma sodo. Stesa sul divano, la vedevo leggere una lettera, poi, rialzò le ginocchia, allargò le gambe e vidi la sua mano scivolare nel mezzo.
Rimasi incantato, stupefatto, allibito, anche eccitato, non lo nego.
Lasciò cadere la lettera, con l'altra mano cominciò ad accarezzarsi i seni, mentre l'altra continuava, là in mezzo alle gambe, ad esplorare, sfiorare, stuzzicare il suo sesso. I movimenti cominciarono ad essere più veloci. La vedevo sempre più concentrata nel raggiungere il piacere, isolata dal resto del mondo, in un mondo tutto suo, gli occhi chiusi a gustare quel momento. Venne, il corpo scosso da fremiti violenti, e poi rilassato nel momento topico,
Non sapevo cosa fare, era illogico disturbarla, era illogico rompere quel silenzio, illogica la mia presenza da guardone, illogica la situazione.
Ma mi decisi, mi avvicinai alla porta e bussai, non mi era possibile, nelle mie condizioni, arrivare in paese, e non potevo restare lì fuori a morire assiderato.
Davanti alla porta aspettavo, e lei venne ad aprire.
Con un accappatoio che le avvolgeva il corpo, me la trovai davanti, sorpresa, e sorpresa ancor maggiore fu la mia, nel riconoscere la ragazza dello skilift, del rifugio.
Le spiegai la situazione, appoggiandomi allo stipite entrai nella baita dietro di lei.
Già il tepore del locale ebbe un benefico effetto su di me, mi sentivo già meglio.
Fuori, la nevicata stava aumentando d'intensità.
Mi aiutò a sedermi, prese dei medicinali, una benda, mi aiutò a fasciare la caviglia, e lì restammo a parlare. Anche lei, praticamente si era ritrovata da sola nella baita in quanto gli altri componenti della sua compagnia erano partiti. In realtà non distava tanto dal paese, ma in quel momento eravamo completamente isolati.
Era giunta l'ora di cena, in qualche modo l'aiutai a preparare qualcosa, anzi, fui io a fare quasi tutto, mi piace far da mangiare, quasi immobile ai fornelli diedi sfogo alla creatività culinaria con quel che c'era nel frigo e nei mobili.
Lei preparò la tavola, si era creata una bella atmosfera, forse complice la coabitazione forzata.
Anche lei mi riconobbe, mentre preparavamo la cena, sorseggiavamo da un calice del buon vino della cantina, e parlavamo del fatto che, come me, anche lei era diversi anni che veniva qui, le conoscenze reciproche.
Cenammo, sparecchiammo, mettemmo altra legna nel camino, nel frattempo si era cambiata, ora indossava un paio di jeans attillati e una semplice camicetta bianca, sbottonata fino all'incavo dei seni, abbastanza sexy e provocante. Un lieve profumo la circondava.
Dopo ci ritrovammo sul divano, io con la gamba appoggiata su un tavolino posto li davanti con delle riviste.
Vidi la lettera per terra e mi chinai a raccoglierla. Se ne accorse, mi chiese di restituirgliela, ma ridendo, le dissi di si se me la leggeva.
Uno sguardo incupito, imbarazzato da parte sua, le dissi che l'avevo vista dalla finestra mentre la leggeva e si….
Diventò rossa in viso, farfugliò qualcosa, le dissi di non temere, che era una cosa sua, ero io l'intruso.
Mi prese la lettera, si sedette di fianco a me, e cominciò a leggerla.
Mentre la leggeva, mi avvicinai a lei, le circondai le spalle. Forse questo la rilassò, appoggiò la sua testa nell'incavo, e senza nessun imbarazzo affrontò quello che immagino leggesse nel momento in cui arrivavo alla baita e la vidi.
Alla fine mi guardò dal basso in alto, e senza null'altro aggiungere, la baciai.
Fu un bacio lungo e tenero, ci stringemmo un poco, ci guardavamo negli occhi, il fuoco scoppiettante nel camino si stava via via affievolendo.
Ci avviammo verso le camere di sopra, mi avrebbe dato ospitalità per la notte.
Giunti alle porte, ci salutammo ed entrammo nelle rispettive camere.
Mi spogliai, mi misi a letto, sotto il piumone il caldo aveva un benefico effetto su di me.
Ero tentato, lo ammetto, di alzarmi , andare alla sua porta , bussare.
Ma non osavo, continuavo a rigirarmi nel letto.
Poi, un rumore alla porta, la vidi aprirsi, una lama di luce filtrava e un'ombra entrò.
Era lei, si avvicinò e si mise nel letto di fianco a me sotto il piumone.
La scusa più banale, quella di non prendere sonno, di avere freddo nella sua camera, la richiesta di ospitalità…
Ci ritrovammo abbracciati, e così cominciò una lunga notte d'amore, nella quale demmo sfogo alle nostre richieste, alle nostre voglie, al godere nel dare e riceve piacere.
La mattina ci ritrovò addormentati sotto il piumone, i corpi ancora caldi dell'amore donato.

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