Torre in H5: sesso matto - Capitolo 8
di
LtMilligan
genere
etero
Luigi sapeva esattamente cosa stava facendo.
Giulia non era come le altre. Non era sicura di sé, non sapeva quanto potesse essere desiderabile. E questo la rendeva malleabile. Un blocco di marmo ancora da scolpire.
Lui sarebbe stato lo scultore.
Primo movimento: costruire il desiderio.
Dopo la loro prima notte insieme, si fece desiderare.
Niente messaggi al mattino, niente attenzioni immediate. La lasciò sulle spine, facendola dubitare, portandola a chiedersi se per lui fosse stata solo una notte qualsiasi.
Poi, quando la tensione fu abbastanza alta, tornò.
La invitò a cena.
Non in un ristorante, ma a casa sua.
Giulia arrivò con un abito semplice, nero, niente di troppo audace. Eppure, il suo corpo prosperoso non poteva fare a meno di attirare l’attenzione.
Luigi la accolse con il solito sorriso, versandole un bicchiere di vino e lasciandola sciogliere lentamente, rilassarsi, abituarsi alla sua presenza.
Ma la cena era solo una scusa.
Quando la prese per la mano e la fece girare su se stessa, osservandola come se fosse l’unica donna al mondo, vide il rossore salirle sulle guance.
«Non sei abituata a essere guardata così, vero?»
Giulia abbassò lo sguardo, imbarazzata. «Non proprio.»
«Dovresti esserlo.»
La tirò a sé, le mani che scivolarono lungo i suoi fianchi abbondanti, fino a stringere il tessuto leggero dell’abito.
«Perché quando un uomo ti guarda, dovrebbe perdere la testa.»
Sentì il respiro di lei farsi più corto, il corpo tendersi sotto il suo tocco.
Perfetto.
Secondo movimento: abbattere i limiti.
Quella notte, Luigi si prese il suo tempo.
La spogliò lentamente, lasciando che ogni centimetro della sua pelle fosse rivelato con la giusta dose di suspense. Sentì la sua esitazione, il suo istinto di coprirsi, di nascondersi.
Non glielo permise.
«Guarda come ti desidero,» le sussurrò contro il collo, guidando la sua mano sul proprio corpo, facendole sentire il calore della sua eccitazione.
Giulia trattenne il fiato, mordendosi il labbro.
«Non devi avere paura,» continuò, leccandole lentamente il lobo dell’orecchio. «Io voglio tutto di te.»
Lei si sciolse tra le sue mani.
Il sesso fu diverso, più intenso, più profondo. Luigi la guidò oltre i suoi stessi limiti, la fece sentire bella, potente, donna.
E quando alla fine lei si strinse contro di lui, il viso nascosto nel suo petto, Luigi sapeva di averla quasi completamente nelle sue mani.
Quasi.
Messaggio in arrivo.
Si svegliò nel cuore della notte con la luce del telefono che illuminava il comodino.
Alessia: Questa volta quanto ci metterai a distruggerla?
Luigi fissò lo schermo per qualche secondo, poi digitò una risposta.
Luigi: Pensi sempre a me?
Alessia: Non ho mai smesso.
Un sorriso gli incurvò le labbra.
Terzo movimento: il primo segno della dipendenza.
Giulia si svegliò qualche minuto dopo, stiracchiandosi piano. Quando lo vide con il telefono in mano, sorrise.
«Qualcosa di importante?»
Luigi la guardò. I suoi capelli erano spettinati, le labbra ancora gonfie dai baci, il corpo morbido rannicchiato tra le lenzuola.
Sembrava già sua.
«Niente di importante.»
Le spostò una ciocca di capelli dalla fronte e la baciò.
E in quel momento, Giulia si convinse di essere speciale.
Che errore.
Giulia non era come le altre. Non era sicura di sé, non sapeva quanto potesse essere desiderabile. E questo la rendeva malleabile. Un blocco di marmo ancora da scolpire.
Lui sarebbe stato lo scultore.
Primo movimento: costruire il desiderio.
Dopo la loro prima notte insieme, si fece desiderare.
Niente messaggi al mattino, niente attenzioni immediate. La lasciò sulle spine, facendola dubitare, portandola a chiedersi se per lui fosse stata solo una notte qualsiasi.
Poi, quando la tensione fu abbastanza alta, tornò.
La invitò a cena.
Non in un ristorante, ma a casa sua.
Giulia arrivò con un abito semplice, nero, niente di troppo audace. Eppure, il suo corpo prosperoso non poteva fare a meno di attirare l’attenzione.
Luigi la accolse con il solito sorriso, versandole un bicchiere di vino e lasciandola sciogliere lentamente, rilassarsi, abituarsi alla sua presenza.
Ma la cena era solo una scusa.
Quando la prese per la mano e la fece girare su se stessa, osservandola come se fosse l’unica donna al mondo, vide il rossore salirle sulle guance.
«Non sei abituata a essere guardata così, vero?»
Giulia abbassò lo sguardo, imbarazzata. «Non proprio.»
«Dovresti esserlo.»
La tirò a sé, le mani che scivolarono lungo i suoi fianchi abbondanti, fino a stringere il tessuto leggero dell’abito.
«Perché quando un uomo ti guarda, dovrebbe perdere la testa.»
Sentì il respiro di lei farsi più corto, il corpo tendersi sotto il suo tocco.
Perfetto.
Secondo movimento: abbattere i limiti.
Quella notte, Luigi si prese il suo tempo.
La spogliò lentamente, lasciando che ogni centimetro della sua pelle fosse rivelato con la giusta dose di suspense. Sentì la sua esitazione, il suo istinto di coprirsi, di nascondersi.
Non glielo permise.
«Guarda come ti desidero,» le sussurrò contro il collo, guidando la sua mano sul proprio corpo, facendole sentire il calore della sua eccitazione.
Giulia trattenne il fiato, mordendosi il labbro.
«Non devi avere paura,» continuò, leccandole lentamente il lobo dell’orecchio. «Io voglio tutto di te.»
Lei si sciolse tra le sue mani.
Il sesso fu diverso, più intenso, più profondo. Luigi la guidò oltre i suoi stessi limiti, la fece sentire bella, potente, donna.
E quando alla fine lei si strinse contro di lui, il viso nascosto nel suo petto, Luigi sapeva di averla quasi completamente nelle sue mani.
Quasi.
Messaggio in arrivo.
Si svegliò nel cuore della notte con la luce del telefono che illuminava il comodino.
Alessia: Questa volta quanto ci metterai a distruggerla?
Luigi fissò lo schermo per qualche secondo, poi digitò una risposta.
Luigi: Pensi sempre a me?
Alessia: Non ho mai smesso.
Un sorriso gli incurvò le labbra.
Terzo movimento: il primo segno della dipendenza.
Giulia si svegliò qualche minuto dopo, stiracchiandosi piano. Quando lo vide con il telefono in mano, sorrise.
«Qualcosa di importante?»
Luigi la guardò. I suoi capelli erano spettinati, le labbra ancora gonfie dai baci, il corpo morbido rannicchiato tra le lenzuola.
Sembrava già sua.
«Niente di importante.»
Le spostò una ciocca di capelli dalla fronte e la baciò.
E in quel momento, Giulia si convinse di essere speciale.
Che errore.
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