Torre in H5: sesso matto - Capitolo 9

di
genere
etero

Luigi sapeva riconoscere il momento esatto in cui una donna iniziava a perdere il controllo.
Non servivano parole esplicite, né dichiarazioni sdolcinate. Bastava osservare quei piccoli segnali: lo sguardo che si illuminava ogni volta che lui le scriveva, il modo in cui la sua voce cambiava quando lo sentiva al telefono, l’attesa silenziosa tra un incontro e l’altro.
E Giulia era quasi arrivata a quel punto.
Primo movimento: aumentare il bisogno.
Non la cercava sempre.
A volte spariva per un giorno intero, senza spiegazioni. E quando finalmente compariva, era con una frase che sembrava buttata lì con leggerezza, ma che in realtà aveva il peso di un veleno che si diffonde lentamente nel corpo.
Luigi: Oggi ho pensato a come gemi quando sei sopra di me. Dovresti farlo più spesso.
Sapeva che quel messaggio l’avrebbe fatta arrossire. Sapeva che l’avrebbe riletta più volte, che si sarebbe immaginata nella sua testa, che avrebbe desiderato di essere lì, con lui.
E funzionava.
Giulia si stava aggrappando a quei momenti come a qualcosa di prezioso, senza rendersi conto che era lui a decidere quando e quanto darle.
Secondo movimento: il sesso come arma.
La volta successiva che la vide, la prese appena varcata la soglia di casa sua.
Non le diede nemmeno il tempo di parlare.
La spinse contro il muro, le afferrò i polsi e la baciò con una fame che la fece tremare.
«Hai pensato a me?» le sussurrò contro le labbra.
Giulia annuì, senza fiato.
«Dimmi cosa hai pensato.»
«Io…» si morse il labbro, gli occhi lucidi di desiderio. «Ho pensato a te dentro di me.»
Luigi sorrise. Era sua. Completamente.
Quella notte non ci furono dolcezze. Fu sesso sporco, intenso, un piacere che la lasciò esausta e confusa, con il corpo ancora scosso da brividi.
Quando tutto finì, rimase accanto a lui nel letto, la testa poggiata sul suo petto.
Luigi la sentì sospirare piano.
E poi, il primo segnale di pericolo.
«Non mi hai mai detto cosa siamo.»
Terzo movimento: il dubbio.
Luigi chiuse gli occhi per un secondo. Ci siamo.
La domanda era inevitabile. Arrivava sempre.
Sapeva già come rispondere. Con la stessa strategia che aveva usato decine di volte prima.
Si sollevò leggermente, guardandola negli occhi con un’espressione indecifrabile.
«Ti serve davvero un’etichetta?»
Giulia abbassò lo sguardo, insicura. «No, ma…»
Luigi le prese il mento tra le dita, costringendola a guardarlo.
«Io sono qui, tu sei qui. Ti voglio, mi vuoi. Non è abbastanza?»
Giulia trattenne il fiato, indecisa tra l’accettare le sue parole o chiedere di più.
E alla fine, fece esattamente ciò che lui voleva.
Annuì.
Ultimo movimento: il veleno è nel sangue.
Mentre dormiva accanto a lui, con le dita ancora intrecciate alle sue, Luigi si allungò a prendere il telefono dal comodino.
Un nuovo messaggio.
Alessia: Quanto tempo prima che scappi da lei?
Un sorriso gli incurvò le labbra.
Luigi: Ti stai preoccupando per me?
Passarono pochi secondi prima che arrivasse la risposta.
Alessia: No. Mi diverto a guardarti fare sempre gli stessi errori.
Luigi rimase a fissare quelle parole per un attimo. Poi posò il telefono e tornò a guardare Giulia.
Dormiva profondamente, il viso rilassato, il corpo morbido avvolto dalle lenzuola.
Ancora ignara di tutto.
Ancora convinta che questa volta fosse diverso.
Quanto ancora sarebbe durata l’illusione?
Luigi sapeva già la risposta.
Non molto.
scritto il
2025-03-05
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