Nudista senza speranza X

di
genere
dominazione

«Padrona», dice Fuffy con un filo di voce e tenendo la testa bassa. «Padrona, devo andare in ospedale, ho il turno».
«Sì, lo so, cara, mi raccomando fa la brava e non indossare le mutandine, è un ordine».
«Va bene, padrona, esaudirò ogni suo desiderio», Matilde si gira e restando a quattro zampe si allontana verso l'uscita.
«Aspetta, cara», le dice Paola. «Non le vuoi?», la donna indica le sue ginocchia, e mentre lo fa sembra impaziente.
«Mi scusi Padrona!», Matilde si prostra sul pavimento freddo schiacciando le tette a terra, poi si avvicina carponi alle mani della padrona, annusandole e baciandole. Paola si siede nuovamente sulla sedia, adesso più comoda e fa accomodare la ragazza sulle sue ginocchia. La corvina inizialmente accarezza il culo di Matilde massaggiandolo e cullandolo tra le sue mani e poi la sculaccia fortemente. Matilde geme, urla e piange, ma una forte squirtata fa sembrare che in fondo le sia piaciuto. «Tu», mi dice guardandomi. «Hai 10 minuti, leccale il culo e dalle sollievo».
«Sì», tengo la testa bassa e mi avvicino a Matilde. Tiro fuori la lingua e la strofino su una chiappa, poi passo all'altra. I segni delle mani sono evidenti e hanno reso quel fondoschiena sodo, una vera zona di guerra, piena di piaghe. Mentre lecco, in un attimo assaggio anche la figa e poi continuo a soddisfare l'ordine della padrona, in un attimo una patta mi arriva anche sulle mie di chiappe.
«Fai quello che ti è stato detto, troia!».
«Sì padrona!», torno subito a leccare il culo rosso di Matilde. I dieci minuti passano veloci nel rumore della mia lingua che strofina e inumidisce il culo di questa bionda mozzafiato. Lei mi ringrazia scambianomi un bacio e poi a quattro zampe fila via, verso la porta d'uscita.
«Bene», mi dice Paola, «È ora che ti mostri la villa, desidero che raccogli il tuo reggiseno con la bocca e me lo porti».
Senza fiatare, gattono a quattro zampe mi chino con la testa dove mi ero denudata e mordicchiando una coppa della biancheria lo alzo, rigirandomi, lo consegno nelle mani della padrona.
«Molto brava e obbediente, vieni hai diritto ad un premio», la padrona spalanca le gambe e mi mostra la sua fica. «Puoi assaggiarla». Prima di affondare la mia lingua dove si formano gli umori più gustosi di una donna, chino la testa a baciarle i piedi.
«Adesso desidero che prendi in bocca le tue mutandine e ti ordino di non farle mai più uscire fino ad un nuovo ordine». Eseguo e nell'istante in cui le afferro e le stringo tra i denti assaporo tutti i miei umori che erano scesi leccando Matilde in macchina.
«Ok, ti mostro la villa», la padrona si avvicina e in un clak mi allaccia il guinzaglio, poi mi invita a seguirla. Insieme usciamo un giardino, sento l'aria fresca sulla pelle nuda e sotto l'erba umida e bagnata. Nella mano destra stringe un frustino lungo e in cuoio nero. La seguo senza fare tirare il guinzaglio, ne vado molto fiera e il sorriso della padrona mi da molta gioia, «Come hai visto questo è il nostro giardino», mi dice.
«È molto bello padrona». Rispondo stringendo le tette tra le mie braccia e inarcando la schiena.
«Grazie, ti mostro le altre stanze»
Abbaio.
Continuo a seguirla mentre mi mostra il soggiorno, salgo le scale e mi mostra le camere da letto, la sua, quella degli ospiti e quella che abitualmente usa con suo marito. Non mi ha mostrato due stanze, la prima al piano terra, una porta chiusa e al secondo piano un'altra porta sempre chiusa, ma questa volta il legno della porta è nero, come il carbone.
Mi porta nella sua camera da letto e appena entrate mi da due frustate secche sul culo. Resto in silenzio e la ringrazio leccandole ancora una volta i piedi.
«Sali sul letto», si inginocchia e mi slaccia il guinzaglio, si avvicina così tanto che posso vedere che sotto la vestaglia è completamente nuda anche lei. Faccio come dice le coperte rosse del letto fanno da sfondo al mio corpo nudo che carponi lo piega nei punti di mani e ginocchia disegnando nuovi motivi sul materasso.
Senza dirmi niente mi sferza un'altra volta.
«Come hai potuto farlo?», mi chiede disperandosi.
«Mi dispiace padrona», ammetto senza aver capito.
«Perché hai tenuto il tuo culo inteappolato nelle mutande e nei vestiti così tanto a lungo?»
«Ha ragione padrona, ma non è sempre facile esibire il proprio corpo».
«Immagino tu abbia ragione», incredibilmente mi sembra ragionevole. Lei si inginocchia ai piedi del letto mi afferra il culo e inizia a leccarmi le chiappe dall'esterno all'interno. Sto godendo come una pazza.
«La prego padrona, la smetta, potrei bagnarle il letto».
«Trattieniti e sarai premiata, bagna il letto e sarai punita»
Mi sforzo di resistere e sorprendentemente ci riesco, poi smette e mi ordina di sdraiarmi a pancia in su. Ho i capelli lunghi e sciolti che mi accarezzano la schiena nuda a contatto con il letto.
La vedo slacciarsi la cintura della vestaglia e rimanere completamente nuda davanti a me. Sale sul letto e mi si sdraia sopra, le sue tette sopra alle mie e d'impulso mi bacia.
«Sapessi da quanto volevo farlo, troia!», mi sussurra e mi torna a baciare, poi sposta una mano tra le mie cosce e dopo aver raccolto una ragnatela di umori me la porta alla bocca invitandomi a leccarle le dita. Dopo avermi limonata un altro po', scende con la lingua sulla mia pancia disegnano due cerchi perfetti sul mio seno, la corvina continua a scendere fino ad arrivare alla mia fica, Paola sembra apprezzare la mia rasatura perfetta e inizia a succhiarmela, sento la sua lingua penetrarmi, colpirmi, esplorarmi ed io gemo, urlo di piacere, godo e squirto.
«Brava la mia cagnolina», mi dice, poi si alza e torna con in mano il solito frustino di pelle nera. Mi frusta le cosce con veemenza, qualche colpo è finito pure lì e adesso mi sento davvero umiliata. Poi torna a leccarmi, mi inumidisce con la saliva dall'interno coscia fino alle labbra. E infine dopo essersi sistemata mi succhia le tette, nuovamente. Sono impacciata, madida di sudore, nuda e per la prima volta mi sento veramente spogliata.
«Va bene», dice con la bocca ancora piena dei miei umori.
«Scendi, ti faccio vedere la capanna», mi invita a scendere e a quattro zampe mi riallaccia il guinzaglio al collare. «Seguimi». E in tutto ciò mi rifila due frustate nelle chiappe. In tutto ciò lei è completamente nuda, come se avesse perso ogni freno inibitore esce in giardino come mamma l'ha fatta e mi strattona la corda. Siamo in giardino, affondo lentamente le mie ginocchia e le mani nell'erba quando mi scappa la pipì, mi blocco pensando a ciò che mi toccherà fare tra poco.
«Padrona», la chiamo prendendo coraggio. «Padrona devo andare in bagno».
«Capisco», mi fa lei, poi si abbassa e mi accarezza la testa e poi stringe una mia tetta. «Cara, è questo il tuo bagno, sei una cagna, no?, puoi accorciati e farla come una femmina, oppure alzare una gamba come un maschio per me rimarrai sempre bellissima, dopo leccherò la tua figa per bene», aggiungere sogghignando. Quando sorride così è bellissima, i capelli corvini mossi leggermente dalla brezza e le labbra che un momento prima si erano fiondato avide tra le mie cosce risaltano valorizzando un viso già di per suo molto carino. Sorrido e mi chino a baciarle i piedi, poi mi allontanò a quattro zampe, e la faccio come una femmina. «La prego padrona», sussurro. «Mi guardi», la supplico e tenendomi la figa, aprendola con due dita urino nel prato.
«Brava piccola, fatti accarezzare».
Si abbassa nuovamente, poi si sdraia, completamente nuda, sprofonda tra i fili d'erba del suo giardino e mi invita a mettermi sopra di lei.
Mi avvicino e le vado sopra, i nostri seni si accarezzano, le nostre labbra muoiono dalla voglia di assaggiarsi nuovamente, mi prende per il collare e mi strattona a sè, mi bacia. Poi si stacca,
«mettimi la figa in faccia».
È un ordine. E io obbedisco. La sua lingua mi penetra una seconda volta. Con le mani mi stringe il culo e me lo schiaffeggia, sono di sua proprietà, incatenata e nuda.
«Basta, accucciati lì», mi dice bofonchiando mentre ha la bocca che trasuda dei miei umori.
«È ora di mostrarti la capanna», si rialza ed ha ancora la figa fradicia della sua eccitazione, tanto che con il riflesso del sole posso ammirare piccole ragnatele che si sono formate tra i suoi peli pubici corvini.
«Sì padrona, sono al suo servizio», poi abbasso la testa e attendo che mi strattoni.
Mi conduce all'interno della casetta, da fuori sembra essere tutta realizzata in legno, ma all'interno mi accorgo che è stato fatto un lavoro superbo, pur camminando nuda, non ho freddo e le ginocchia e i palmi delle mani non mi fanno male. Subito la mia attenzione viene catturata da una serie di foto di donne nude con dei collari appesi ad ogni parete, c'è ne sono almeno quattro su ogni parete, bionde, more, rosse. C'è anche una ragazza con dei capelli colorati azzurri. Ciascuna di loro è in una posizione più o meno accattivante e indossa un collare per cani. C'è chi perfino beve da una ciotola o stringe tra i denti un vero osso.
«Ti ha colpito, vero?».
«Sì padrona, sono molto belle».
«Già, sono tutte le cagne che questa casa ha avuto».
«Scusi Padrona, non ne manca una?»
«Esatto, manca la più importante, mi piaci, sembra che al tuo sguardo non sfugga nulla».
La padrona mi sta riempiendo di complimenti e in mezzo alle gambe sento che sto per bagnarmi.
«vieni», mi conduce in un'altra stanza. Appena varco la porta, a quattro zampe, vedo subito una gigantografia appesa dietro la spalliera del letto di Matilde, a quattrozampe, ovviamente nuda, mentre aspetta ai piedi del divano un comando da parte della padrona. Mentre osservo Paola contemplare quella foto, vedo che porta una mano sulla figa e inizia a massaggiarsela.
«Le manca padrona?»
«Sì, molto. Il mio cane mi manca».
«Stenditi sul letto, oggi ti sei comportata bene e ti premierò, ma ascolta bene, mentre gusti il premio, ti elencherò le regole di questa casa e non dovrai mai infrangerle». Mi slaccia il moschettone del guinzaglio e mi invita stendermi sul letto. È morbido e la mia pelle nuda sprofonda su quest'ultimo. Adesso vedo Paola in piedi in fondo alla camera, nuda, che si infila due dita nella passera, le tira fuori e in un gesto sensuale le porta alla bocca per succhiarle poi sale sul letto ripete l'operazione e mi porge le dita che lecco senza che pronunci nenche una parola, poi afferra i miei piedi e mi tira un po' verso il basso, infine mi poggia la fica sulla lingua.
«Leccamela, dammi piacere e ascolta bene».
«Sì padrona, farò del mio meglio».
«Sarà meglio per te».
Affondo la lingua e il mio clitoride si irrigidisce, la padrona mi sta frustando tra le gambe.
«Sei pronta?»,
Per confermare le do una lunga laccata là sotto e vedo che si calma.
«Prima regola: nella quasi totalità della proprietà le cagne vivono completamente nude, vestite solo del collare, unico capo tollerato dai padroni»
Lecco in silenzio.
«Seconda regola: le cagne sono animali. Non hanno il diritto di parlare se il padrone o la padrona non glielo concedono».
Lecco in silenzio.
«Terza regola: le cagne mangiano e bevono a terra, a quattro zampe e nude. Non troverete mai apparecchiato per voi al tavolo e non potete mangiare usando le mani».
Lecco in silenzio.
«Quarta regola: le cagne faranno i loro bisogni in giardino nude, sarà permesso loro di pulirsi con carta igienica e acqua utilizzando il bagno della capanna».
Lecco in silenzio.
«Quinta regola: Le punizioni possono comprendere varie sfere emotive, sta alla padrona assegnarle e le cagne devono obbedire e imparare dai loro sbagli, in questo percorso verranno addomesticate e perciò devono sottostare ai loro padroni».
Lecco in silenzio.
«Sesta regola: la capanna è l'unico luogo dove l'autorità dei padroni non è assoluta, in questo spazio le schiave possono camminare come umane, possono godersi qualche momento di relax quando i padroni non hanno bisogno di loro, possono vestirsi o restare nude, possono rimuovere o tenere il collare. Nella capanna sono presenti due ampie camere da letto, perciò è possibile dormire, è presente un ampio bagno con vasca e sauna».
Lecco in silenzio.
«Settima regola: Le cagne devono essere sempre presentabili e pulite, la figa in particolare deve sempre essere offerta agli occhi dei padroni completamente glabra e le tette devono essere pulite e profumate. Inoltre, un medico si occuperà di visitarle e curarle per ogni emergenza sanitaria».
Lecco in silenzio.
«Ottava regola: le cagne devono salutare la padrona o il padrone appropriamente, il saluto è molto importante e enfatizza la situazione di sottomessa della cagna. Faccia in basso, tette schiacciate al suolo e culo e figa bene in mostra».
Lecco in silenzio.
«Nona regola: le cagne hanno diritto ad avere dei permessi speciali, essi comportano il loro status di animali, il loro utilizzo come strumento di piacere dei padroni, o semplicemente il loro tempo libero».
Lecco in silenzio
«Decima regola: la pulizia e la manutenzione della capanna è di competenza delle cagne, esse la gestiscono vivendoci e dove possibile dormendoci».
Lecco in silenzio.
Completamente persa nei miei compiti da lecca figa, vengo richiamata con dei colpetti sulle gambe.
«Sembra che tu abbia capito tutto», spiega la donna. Intanto dalle finestre della capanna vedo che si è fatto buio.
Mi alzo dal letto e mi fiondo in ginocchio ai piedi della padrona.
«Posso avere la parola, padrona?»
«Sì, qui puoi».
«Sì è fatta ora di cena, devo andare ad apparecchiare la tavola per voi e vostro marito padrona?»
«Grazie cucciola, ma Massimo non c'è, apparecchiare solo per uno».
«Come desiderate», mi allontano dal capanno e a quattro zampe mi fiondo in cucina, apparecchio e preparo la cena, poi mi accuccio ai piedi della sieda, che vuota aspetta Paola.
Lei arriva, si è vestita, indossa un abito nero che sembra comodo. Appena arrivata mi porge i piedi che inizio a leccare e baciare, poi senza degnati di uno sguardo prende una ciotola, la riempe d'acqua e me la sistema vicino. Si siede e inizia la sua cena, ogni tanto getta un boccone a terra che subito raccolgo con la bocca, ho già capito che questa sera non cenerò, ma è anche la mia prima cena come cane, non ho mai mangiato avanzi, e poi non ero mai stata l'unica ad essere nuda nella stessa stanza.
«Brava!», mi dice mentre mi lancia un pezzo del pollo, poi vado a bere, abbasso la testa nella ciotola e lappo l'acqua fresca. Essere trattati come animali è eccitante, sono nuda e con un collare al collo, sono di sua proprietà e lei lo sa e fa di tutto per enfatizzare questo fatto. Finisce la cena e si abbassa,
«Sparecchia e vieni in sala»
Mi abbasso con la fronte a terra. Non ha specificato come dovrò raggiungerla, ma sono stata attenta e so come devo comportarmi.
Sparecchio e lavo i piatti, poi dopo averli asciugati e sistemati nel mobile della cucina, mi inginocchio, mi viene da piangere per quanto sono eccitata. Sto vivendo come un cane, tutto ciò che ho sempre voluto. Mi massaggio una tetta e porto delicatamente una mano sull'interno coscia, là sotto è fradicia.
A quattro zampe e sculettando mi avvio nella sala, la padrona è comodamente seduta in poltrona e davanti a lei, su un tavolinetto è posizionata una tazza fumante.
«Vieni qui!», mi fa avvicinare alla poltrona indicando i suoi piedi. Mi accuccio.
«No», mi dice, «a quattro zampe».
Eseguo subito l'ordine e mentre lo faccio. Vedo che infila le mani all'interno del suo vestito.
Si toglie le mutandine, sono nere dello stesso colore del vestito elegante. «Ecco, prendile in bocca e non farle cadere per nessun motivo al mondo».
Spalanco la bocca e le accolgo tra i miei denti. La padrona decide di guardare un film alla televisione e nel frattempo di usarmi come poggiapiedi, avendo cura di spingere bene i suoi tacchi sui miei glutei e sulla schiena.
«Ti piacciono le mie mutandine, cagna?»
Mugolo di piacere, annuendo con la testa, questa donna mi ha già conquistata, non ha dovuto nemmeno invitarmi a cena, e anche se non mi avesse offerto i soldi avrei accettato di essere il suo animaletto.
«Bene, sono contenta, sai non hai ancora un nome», mi dice mentre affettuosamente mi da un pacca sul culo, che è già provato dai tacchi.
«Ovviamente il tuo nome da umano, non va bene, non sei d'accordo, piccola?».
Mugolo. Ho un solo pensiero nella testa, voglio leccare la sua passera. Assaporarne tutti i succhi di cui mi farà dono.
«Pensavo a qualcosa come Pinky, voglio dire la tua», vedo la padrona che si porta una mano sotto al vestito. «È così rosa e caruccia, sembra un confetto».
Mugolo di piacere e sculetto.
«Sembra ti piaccia, sono contenta. Bene, da oggi sarai Pinky».
«Pinky, girati e metti il muso sotto il mio vestito».
Non aspettavo altro, porto il mio viso ai suoi piedi e glieli bacio. Poi infilo la testa sotto al vestito. Mi trovo la sua fessa lì ad aspettarmi, affondo la lingua e inizio a leccare con passione.
Lecco e assaporo per un tempo indefinito, poi mi sento frustate la schiena. «Basta, si è fatto tardi, andiamo a letto», mi aggancia il guinzaglio e mi porta su nella sua camera da letto. Un letto con un bella spalliera in legno e delle lenzuola lilla profumate sono il centro della camera, ai lati due comodini in noce e sia davanti che ai lati del letto sono stesi due tappeti che al tatto delle mie mani sono soffici.
«Aiutami a spogliarmi»,mi ordina e io con il suo permesso mi alzo in piedi e slacciadole il vestito, abbassandogli le spalline, slacciandole il reggiseno l'aiuto a spogliarsi, fino a che non rimane con addosso solo le mutandine.
«Queste voglio che me le toglie con la bocca».
«Va bene padrona, ogni vostro desiderio è un ordine», torno in ginocchio e stringo tra I denti il pezzo di stoffa vicino al monte di venere. Le mutandine sono fradice. Ancora più di prima e mentre le tiro lungo le gambe della mia padrona la mia lingua viene invasa dai suoi aromi.
Arrivo in fondo e gliele sfilo. Poi le lecco i piedi, ringraziandola e passando bene la lingua tra le dita. La guardo, sembra divertita e compiaciuta.
Poi si rinchiude nel bagno. Sento dei rumori di doccia e ogni tanto la senti ansimare.
Poco dopo esce, ovviamente, completamente nuda. «Spalanca la bocca», mi dice, poi afferra la mia testa e la mette sotto alla sua figa, «Non sprecarne nemmeno una goccia».
«Sì padrona», sussurro. Paola inizia ad urinarmi in bocca e io bevo tutto. Qualche goccia cade e dopo aver ingoiato pulisco tutto con la lingua.
«Padrona, posso aiutarla ad indossare il pigiama?»
«Pigiama?», Paola mi guarda un po' perplessa mentre si siede sul letto e prende la mia testa tra le sue mani. «Vuoi darci ancora qualche bacino? Vero?»
«Sì», ammetto.
«Io dormo nuda, piccola. E tu dormirai qui a terra accanto a me. Ogni sera ti legherò al mio letto con il guinzaglio».
«E adesso, puliscimi la passera, è sporca».
Obbedisco senza pensarci. Lei è seduta sul letto e io a quattro zampe a terra posso infilare delicatamente la lingua per assaporare, assaggiare e infine gustare il suo frutto più prezioso.
Mi accuccio a terra, la padrona mi ha preparato solo un materassino, sono nuda e addosso ho solo il collare collegato alle sue mani da una catena che è come se fosse un guinzaglio. Non posso allontanarmi senza il suo permesso, non posso coprirmi. Sono sua. Sono il suo animale domestico.


scritto il
2025-02-27
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