Flora - il primo incontro

di
genere
etero

Ricordo ben poco della notte in cui vidi Flora per la prima volta.
Avevo trascorso la serata a far baldoria in un pub del centro con degli amici di vecchia data che non vedevo da tempo. Inizialmente, quando mio fratello Marco mi aveva proposto questa rimpatriata, ebbi la tentazione di trovare una scusa per non andare. Certe cose mi deprimevano da morire. Riunirsi con persone con le quali sei cresciuto, riesumando aneddoti dal passato per tutto il tempo e buttando giù qualsiasi tipo di alcolico cercando vanamente di sentirsi ancora giovani, mi rendeva maledettamente malinconico. Nonostante tutte le mie remore, alla fine decisi di accettare, per trascorrere una serata diversa dal solito Netflix & chill solitario che ormai portavo avanti da qualche mese. Il mio vicino di casa, un signore sulla settantina, credeva che fossi diventato improvvisamente un donnaiolo superdotato. La parete nord del mio salotto dov'era appesa la tv da sessanta pollici confinava con la sua camera da letto ed ogni volta in cui mi capitava di masturbarmi davanti ad un porno, si appostava ad origliare tutte quelle grida di piacere pensando che fossi io a far gemere così quelle donne. Ogni mattina quando uscivo per andare a lavoro, si affacciava dal balcone per farmi un occhiolino colmo di maschile complicità. Non compresi a cosa fosse dovuto quel gesto fin quando un pomeriggio, rientrando a casa, fui fermato dalla sua signora. Mi chiese gentilmente e con molto imbarazzo di cercare di fare più piano quando invitavo le mie amiche da me. Se ne fossi stato capace, mi sarei smaterializzato dalla vergogna.
Comunque, avevo deciso che quella sera avrei messo in pausa i porno e sarei uscito. Mi dissi che niente mi avrebbe poi impedito di potermi masturbare una volta tornato se fossi stato depresso a causa di quell'uscita.
Marco passò a prendermi alle ventidue in punto, ora in cui solitamente mi lavavo i denti e mi accingevo a coricarmi. Aveva deciso che sarebbe stato lui quello sobrio del gruppo per poterci riaccompagnare tutti a casa al ritorno e quando gli chiesi come sarebbe riuscito ad affrontare una serata del genere senza bere, mi disse che se al mondo esisteva una persona più asociale di me, sicuramente si era suicidata.
Dopo aver fatto varie soste, ricongiungendo strada facendo la vecchia cricca tra abbracci e stupide battute del tipo: "Come sei invecchiato male" o "Sembri mio nonno, solo molto più vecchio", arrivammo al locale stipati come sardine a bordo della Panda di Marco, con la musica a tutto volume con i finestrini aperti, facendo voltare frotte di ragazzi che ci guardarono visibilmente impietositi nel vedere un gruppo di cinquantenni comportarsi da adolescenti.
Mi vergognavo come un ladro colto in flagrante durante uno scippo ad un disabile. Scesi dall'auto con la testa bassa, mentre gli altri continuavano a far casino, stonando canzoni a squarciagola e facendo apprezzamenti sconci ad ogni culo di ragazzina che ci scodinzolava davanti. Devo ammettere che alcuni erano davvero invitanti, ma non avrei mai avuto il coraggio di ammetterlo ad alta voce. Ero sempre stato un tipo pudico ed estremamente timido, nonostante il mio aspetto rude desse l'impressione a chi mi stava di fronte che fossi una sorta di barbaro privo di qualsiasi blocco emotivo. Il mio metro e novanta di altezza, le spalle larghe, la folta barba bruna e la mia espressione perennemente crucciata, finivano quasi sempre per intimorire chiunque non mi conoscesse, rendendo ancora più difficile ad una persona introversa come me, l'arduo tentativo di svolgere una normale vita sociale.
Entrammo nel locale a fatica, dopo qualche minuto di attesa. Era stracolmo di gente, ma utilizzando le mie suddette caratteristiche fisiche, i miei vecchi e simpatici amici riuscirono ad intimorire un gruppo di studenti visibilmente fumati, dicendo loro che ero un agente della Digos in borghese. I ragazzi abbandonarono il posto in fretta e furia, scambiandosi occhiate furtive.
Ci sedemmo ridendo allegramente mentre Luca, il più giovane della compagnia, tentava inutilmente di attirare l'attenzione della cameriera dall'altra parte della stanza.
Fu proprio in quel momento che vidi Flora per la prima volta.
Come ho detto all'inizio, non ricordo molto di quella serata, ma lei non potrei dimenticarla neanche se mi dessero una botta in testa e perdessi la memoria.
Se ne stava con entrambi i gomiti appoggiati al bancone, sostenendosi il mento tra le mani, con lo sguardo perso chissà dove, assorta nei suoi pensieri. I lunghi capelli ricci, le ricadevano sulla schiena nuda, accarezzandole la pelle dove lo spacco vertiginoso del vestitino attillato lasciava intravedere la sua carnagione pallida fin proprio sopra alle natiche sode e strette fasciate dal tessuto scuro.
Le guardai le gambe, partendo dai piedi che calzavano tacchi rossi e vertiginosi, salendo senza fretta con lo sguardo su verso i polpacci lucidi fino alle cosce nude e succulente che quasi imploravano di essere afferrate con forza. Immaginai di essere proprio di fronte a lei. Di stringere quelle gambe con entrambe le mani e sollevarla di peso facendola sedere sul bancone per poi aprirle con cattiveria le cosce e tuffarvici in mezzo la faccia, strappandole le mutandine con i denti.
Nella posizione in cui era, s'intraveda la forma dei seni non troppo prosperosi ma dai capezzoli ritti come baionette pronte alla guerra. Fantasticai di sfilarle le spalle del vestitino e ritrovarmi quei due piccoli vulcani di piacere tra le mani, mentre la mia lingua accarezzava ogni millimetro della sua vagina.
Non so se fu l'intensità del mio sguardo o l'ironia del destino a farla voltare nella mia direzione proprio mentre stavo dando un'ennesima ripassata alle sue forme sensuali. I nostri occhi s'incontrarono e ci fissammo per qualche secondo prima che giungesse la cameriera con la sua vocetta squillante a riportarmi alla realtà.
Avevo il cazzo duro che premeva contro la patta dei jeans facendomi quasi male.
Senza che nessuno lo notasse allentai la cinta dei pantaloni di quel tanto che bastava a non strangolarmi la cappella turgida e indolenzita dalla costrizione degli slip.
Ordinammo da bere e finalmente la cameriera se ne andò, lasciandomi la visuale libera verso il bancone del bar.
Lei non c'era più. Mi voltai immediatamente in ogni direzione possibile, ma non riuscivo più a vederla. Mi alzai di scatto e dissi a tutti che dovevo andare a pisciare. Marco notò il rigonfiamento dei miei jeans e si mise a ridere a crepapelle. Mi chiese da quanto tempo non vedevo così tanta fica stipata tutta in solo posto, facendo ridere tutti gli altri che a quel punto, notarono la sagoma del mio arnese al suo massimo splendore.
Lo mandai calorosamente a fanculo e mi diressi a grandi passi verso i bagni che si trovavano in una stanza adiacente.
Imbarazzato dalla situazione, non mi resi conto di aver scelto la porta sbagliata e mi ritrovai nel bagno riservato alle donne. Inizialmente mi scusai, tenendo gli occhi fissi sul pavimento, poi alzando leggermente la testa notai un paio di scarpe rosse con un tacco vertiginoso.
Sollevai lo sguardo e la vidi. Era lei. I suoi occhi scuri erano fissi su di me e mi scrutavano con aria divertita e maliziosamente incuriosita.
- Mi stavi cercando? - disse, avvicinandosi passo dopo passo, facendo oscillare i fianchi.
- Io... ehm.. veramente.. - balbettai.
- Ho visto come mi guardavi, prima -
Ormai ci trovavamo quasi faccia a faccia. Allungò una mano verso di me e mi poggiò le sue dita sul petto, facendole scivolare fino all'ombelico.
Il cuore mi martellava nel petto, cibandosi dell'eccitazione che quel rapido tocco aveva fatto scaturire.
I suoi occhi famelici si spostarono in basso sui miei jeans. Sorrise e si avvicinò ancora di più.
Era giovane. Molto giovane. Avrà avuto vent'anni al massimo, ma la sua sicurezza e il suo atteggiamento erano quelli di una donna esperta.
Mi sentivo intimorito ed eccitato al contempo.
- Quanti anni hai? - le chiesi, ritrovando improvvisamente un briciolo di coraggio, ma la sua risposta demolì nuovamente la mia debole corazza.
- Abbastanza da sapere come ingoiare un cazzo come il tuo fino alle palle -
Così dicendo, mi appoggiò una mano sulla patta dei pantaloni e me lo strinse saldamente.
Ero sbigottito. Confuso ed arrapato.
- Come ti chiami? - domandai, tentando inutilmente di sostenere il suo sguardo.
Lei sorrise di nuovo.
- Perchè vuoi saperlo? Vuoi gridare il mio nome mentre la tua sborra calda mi colerà giù per la gola? -
Altra risposta, altra difesa demolita. Ero suo. Avrebbe potuto far di me quello che voleva.
- Il mio nome è Flora ed il tuo, stasera, è Fortunato -
Mi afferò la cinta dei jeans con entrambe le mani e mi trascinò dentro ad uno degli scompartimenti dove c'era il water, chiudendo la porticina alle sue spalle.
Ironicamente, in quel preciso momento pensai al mio anziano vicino di casa e mi scappò un sorriso.
Flora mi guardò per una frazione di secondo, poi mi baciò.
Sentii la sua lingua insinuarsi tra le mie labbra e persi totalemente il controllo di me stesso.
Le afferrai il culo con entrambe le mani e la sollevai da terra, facendole sbattere la schiena contro la parete. Questo la eccitò ancora di più. Prese a baciarmi il collo con una foga tale che non riuscivo più a capire neanche dove mi trovassi. Le appoggiai il cazzo ancora incarcerato sulla fica e premetti verso di essa muoventomi su e giù. Lei aprì le gambe accogliendo quel movimento muovento il bacino in sincronia. La misi nuovamente a terra con l'intenzione di toglierle il vestito, ma lei anticipò ogni mia mossa mettendosi in ginocchio e slacciandomi i pantaloni.
FInalmente libero, il mio membro si presentò di fronte alle sue sue labbra carnose, ricoperte di rossetto ormai sbaffato. Dal basso della sua posizione, mi guardò dritto negli occhi e dischiuse le labbra. Centimetro dopo centimetro lo accolse totalmente fino al mio pube, accarezzandomi le palle con la mano. Le afferrai quei capelli ricci e la spinsi con prepotenza ancora più affondo.
La tenni ferma lì per qualche secondo. Flora continuò a fissarmi negli occhi senza timore.
Quando le permisi di sfilarlo dalla bocca, cominciò a leccarmi la cappella, compiendo lenti movimenti circolari con la lingua. Stavo diventando matto.
- Vuoi darmi la tua sborra, paparino? - sussurrò, per poi rimetterselo tutto in gola.
- Vuoi la mia sborra, piccola puttana? - risposi, afferrando nuovamente la sua chioma e facendola andare avanti e indietro, dalla cappella alle palle.
Le scopai letteralmente la bocca per qualche minuto. Lei continuava a guardami negli occhi, facendomi arrapare sempre di più.
Sentii l'orgasmo arrivare come un fiume in piena.
Le sfilai il cazzo dalle labbra tenendole saldamente la testa con l'altra mano.
- Apri la bocca e tira fuori la lingua - le ordinai, continuando a menarmelo da solo.
- Vuoi darmi la tua sborra, paparino? Sono stata molto cattiva! -
A quelle parole, una poderosa schizzata di sperma bianco le ricoprì le labbra e parte del naso.
Flora allungò la mano e lo afferrò nuovamente, stringendolo forte e spremendo ogni goccia fuori per poi leccarle tutte, una ad una.
Dopo avermi ripulito per bene con la sua lingua deliziosa, si portò le dita al volto ed afferrò delicatamente lo sperma che aveva in faccia, portandoselo alla bocca per poi ingoiarlo.

Non ci salutammo neanche, uscii dal bagno mentre lei ancora si dava una ripulita. Ancora non mi capacitavo di ciò che era appena accaduto. Tornai a sedermi al tavolo. Marco mi chiese se mi fossi fatto una sega visto che ci avevo messo così tanto. Poi notò una macchia di rossetto sulla mia guancia. Tutto il gruppo prese a darmi forti pacche sulla schiena e mi porsero un boccale di birra.
Da quel momento in poi non ricordo altro di quella serata.
Mi risvegliai la mattina seguente pensando che fosse stato soltanto un sogno. Andai verso il bagno barcollando e maledicendomi per aver bevuto così tanto. Vomitai un paio di volte, poi mi guardai allo specchio. Avevo una macchia di rossetto sulla guancia.
- Non male queste serate tra vecchi amici - dissi al mio riflesso, ridendo.
scritto il
2023-10-12
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