L'apparenza inganna - 2
di
Joker995
genere
dominazione
Era come se si conoscessero da tutta una vita, con la perfetta complicità e complementarietà tipica di chi ha potuto scoprire e sviscerare ogni pregio, difetto ed inclinazione dell'altro grazie al tempo passato insieme. Qui però era diverso, entrambi avevano capito: Vincent, che si sarebbe potuto spingere molto in là con la sua sadica perversione, Marta che sarebbe stato l'oggetto della sua lussuria per le ore a venire.
L'eccitazione di Vincent, dopo l'orgasmo di Marta, era incontenibile: il suo cazzo sbatteva feroce sulla patta dei pantaloni, ma ciononostante reputava che ancora non fosse arrivato il momento di darglielo; voleva che ogni singolo gesto non fosse lasciato al caso, infatti le afferrò la gola, stringendo al punto giusto per non toglierle completamente il respiro. Lei, appena ripresasi, con quel gesto cominciò nuovamente a bagnarsi in modo incontrollabile, avendo solo la forza di guardare il suo "aguzzino" che riprese a provocarla:
«Sai di essere una sporca troia?»
A questa domanda Marta rispose in automatico:
«Sì»
«E allora ti farò sentire la peggiore puttana che esista al mondo», così dicendo, Vincent la sollevò dal letto, le strappò di dosso top e gonna, e le riafferrò la gola col solo obiettivo di inginocchiarla di fronte a sé.
«Apri la bocca, troia. E sappi che potrai usare le tue mani solo per tenerti salda attorno alle mie cosce»
Vincent estrasse finalmente il cazzo, le sputo nuovamente in bocca e glielo infilò tutto dentro, iniziando a fare avanti ed indietro senza mai permettere al cazzo di uscire del tutto dalla sua bocca, senza mai permetterle di arretrare più del dovuto: voleva che Marta sentisse che il cazzo altro non fosse che un prolungamento della sua bocca a cui lei non poteva rinunciare.
Marta godeva e voleva farlo godere, voleva sentirsi l'oggetto sessuale perfetto, capace di soddisfare anche la richiesta più depravata. Vincent, dal canto suo, aumentò il ritmo dei colpi, iniziando a rallentare progressivamente solo quando il cazzo era interamente nella bocca di lei: voleva portarla al limite della sopportazione possibile.
I conati prima e le lacrime poi non tardarono ad arrivare, ben presto divennero un unicum che ricoprivano il suo volto arrossato dallo sforzo,
«Continua a guardarmi, troia» era l'ordine che con freddezza glaciale impartì alla ragazza.
Marta non voleva cedere, anzi: sperava che quel trattamento potesse continuare il più a lungo possibile, perché mai nessuno era riuscito a cogliere così tanto la sua essenza, mai nessuno l'aveva fatta godere in questo modo.
Dopo un arco di tempo che nessuno dei due avrebbe saputo quantificare, Vincent decise che era arrivato il momento di averla. La sollevò da terra con l'intenzione di piegarla a novanta sul letto, non prima però di un bacio tanto voluttuoso quanto appassionato da cui nessuno dei due sembrava volersi staccare. Terminato quel momento di passione che eccitò ancora di più entrambi, era giunto il momento di possederla, e Marta non desiderava altro.
«Quanti cazzi sono passati in questo culo, troia?»
Si sorprese da sola per il modo netto e fermo con cui rispose «Nessuno, non ho mai trovato la persona giusta. Ma tu sei libero di farmi tutto quello che vuoi».
Ormai non aveva più alcun motivo per controllarsi, e dopo un attimo di silenzio, una Marta ormai praticamente spettatrice delle sue voglie più perverse, continuò:
«Se però mi inculi, dopo desidero poter vedere il mio culo totalmente aperto dal tuo cazzo»
L'atteggiamento di Marta, quasi sfrontato, istigò Vincent a dare libero sfogo alla sua natura, ed ora voleva davvero aprirle il culo.
«Sei una lurida cagna che merita il cazzo senza ritegno, in ogni momento della giornata» incalzò lui prima di sputarle sul culo, per poi iniziare a premere la sua cappella per forzarne l'ingresso: sapeva di averla piuttosto grossa, ed è per questo che le riservò un "trattamento di favore", tentando di entrare piuttosto lentamente.
Marta era dolorante ma traeva un certo piacere da quella situazione, sapeva che se lo avesse lasciato fare, non se ne sarebbe mai pentita. E così fu: una volta calata la resistenza, il dolore lasciò il passo ad un crescente piacere che era nuovo per lei, era inculata per la prima volta e stava davvero godendo come una cagna.
Vincent aumentò sempre di più il ritmo, fino a giungere a scoparle il culo con disinvoltura, facendo sbattere le palle sulla sua figa, stimolandola al punto tale da portarla ad un orgasmo che fu accompagnato da urla liberatorie che riecheggiarono forti in tutta la stanza.
Vincent godeva, sapeva che stava per venire e sapeva che voleva sottometterla ancora di più; uscì brutalmente dal suo culo, prese il telefono dal comodino ed immortalò quello spettacolo che lui reputava sublime: il culo di Marta, tondo e sodo, inviolato fino a pochi istanti prima, che adesso aveva assunto la forma del suo cazzo.
«Così potrai sempre vedere quanto il tuo culo sia mio più di quanto lo potrà mai essere di qualcun altro. Adesso girati, puttana», disse lui mentre gettava incurante il telefono tra le coperte; Marta obbedì, tornando istintivamente in ginocchio ai piedi del letto e, sebbene temesse ciò che stava per succedere, aprì la bocca, perché sapeva che era quello che doveva fare, perché era quello che voleva: si fece scopare nuovamente la bocca, leccando e succhiando quel cazzo che era appena uscito dal suo culo, senza indugiare neppure per un attimo, facendosi piacere ogni oscenità che passava per la mente di lui.
«Guardami negli occhi mentre assapori il tuo culo, troia» disse Vincent che, all'apice del piacere, uscì dalla sua bocca per inondarla di sborra ovunque: fu così abbondante che sia la faccia che le sue splendide tette vennero ricoperte di sperma, con Vincent che non poteva che sentirsi soddisfatto per lo spettacolo che in quel momento gli si parava di fronte.
Lei era stordita e compiaciuta, sapeva che aveva goduto tanto quanto aveva fatto godere lui, nessuno mai era arrivato a tanto, ma non sapeva che non era finita lì.
Vincent, dopo un istante servitogli per riprendersi, la prese per i capelli: «Cammina come la cagna che sei» e, così dicendo, fece sì che lei lo seguisse gattonando verso la doccia, «Ora inginocchiati ed apri la bocca», Marta eseguì, immaginava di lì a poco cosa sarebbe potuto succedere, e stava pensando che mai nessuno aveva osato neppure immaginare di spingersi a tanto, di realizzare quella che in realtà era una delle sue fantasie più recondite.
Vincent iniziò a pisciare prima sulle sue tette, poi indirizzò il getto verso la sua faccia e la sua bocca. Senza che le fosse chiesto, lei ingoiò ogni fiotto che arrivò nella sua bocca, perché sapeva che era quello che doveva fare.
«Sei uno sborratoio, e da tale meriti di essere trattata», così dicendo, si fece succhiare bene il cazzo affinché lei lo ripulisse, affinché lei assaporasse ancora una volta tutto quello che c'era da assaporare.
Terminata così quell'ultima affermazione di potere, lui entrò in doccia con lei, quasi a voler suggellare tutto quello che era successo, con la consapevolezza che non c'erano limiti, non c'erano barriere che non avrebbero potuto abbattere.
L'eccitazione di Vincent, dopo l'orgasmo di Marta, era incontenibile: il suo cazzo sbatteva feroce sulla patta dei pantaloni, ma ciononostante reputava che ancora non fosse arrivato il momento di darglielo; voleva che ogni singolo gesto non fosse lasciato al caso, infatti le afferrò la gola, stringendo al punto giusto per non toglierle completamente il respiro. Lei, appena ripresasi, con quel gesto cominciò nuovamente a bagnarsi in modo incontrollabile, avendo solo la forza di guardare il suo "aguzzino" che riprese a provocarla:
«Sai di essere una sporca troia?»
A questa domanda Marta rispose in automatico:
«Sì»
«E allora ti farò sentire la peggiore puttana che esista al mondo», così dicendo, Vincent la sollevò dal letto, le strappò di dosso top e gonna, e le riafferrò la gola col solo obiettivo di inginocchiarla di fronte a sé.
«Apri la bocca, troia. E sappi che potrai usare le tue mani solo per tenerti salda attorno alle mie cosce»
Vincent estrasse finalmente il cazzo, le sputo nuovamente in bocca e glielo infilò tutto dentro, iniziando a fare avanti ed indietro senza mai permettere al cazzo di uscire del tutto dalla sua bocca, senza mai permetterle di arretrare più del dovuto: voleva che Marta sentisse che il cazzo altro non fosse che un prolungamento della sua bocca a cui lei non poteva rinunciare.
Marta godeva e voleva farlo godere, voleva sentirsi l'oggetto sessuale perfetto, capace di soddisfare anche la richiesta più depravata. Vincent, dal canto suo, aumentò il ritmo dei colpi, iniziando a rallentare progressivamente solo quando il cazzo era interamente nella bocca di lei: voleva portarla al limite della sopportazione possibile.
I conati prima e le lacrime poi non tardarono ad arrivare, ben presto divennero un unicum che ricoprivano il suo volto arrossato dallo sforzo,
«Continua a guardarmi, troia» era l'ordine che con freddezza glaciale impartì alla ragazza.
Marta non voleva cedere, anzi: sperava che quel trattamento potesse continuare il più a lungo possibile, perché mai nessuno era riuscito a cogliere così tanto la sua essenza, mai nessuno l'aveva fatta godere in questo modo.
Dopo un arco di tempo che nessuno dei due avrebbe saputo quantificare, Vincent decise che era arrivato il momento di averla. La sollevò da terra con l'intenzione di piegarla a novanta sul letto, non prima però di un bacio tanto voluttuoso quanto appassionato da cui nessuno dei due sembrava volersi staccare. Terminato quel momento di passione che eccitò ancora di più entrambi, era giunto il momento di possederla, e Marta non desiderava altro.
«Quanti cazzi sono passati in questo culo, troia?»
Si sorprese da sola per il modo netto e fermo con cui rispose «Nessuno, non ho mai trovato la persona giusta. Ma tu sei libero di farmi tutto quello che vuoi».
Ormai non aveva più alcun motivo per controllarsi, e dopo un attimo di silenzio, una Marta ormai praticamente spettatrice delle sue voglie più perverse, continuò:
«Se però mi inculi, dopo desidero poter vedere il mio culo totalmente aperto dal tuo cazzo»
L'atteggiamento di Marta, quasi sfrontato, istigò Vincent a dare libero sfogo alla sua natura, ed ora voleva davvero aprirle il culo.
«Sei una lurida cagna che merita il cazzo senza ritegno, in ogni momento della giornata» incalzò lui prima di sputarle sul culo, per poi iniziare a premere la sua cappella per forzarne l'ingresso: sapeva di averla piuttosto grossa, ed è per questo che le riservò un "trattamento di favore", tentando di entrare piuttosto lentamente.
Marta era dolorante ma traeva un certo piacere da quella situazione, sapeva che se lo avesse lasciato fare, non se ne sarebbe mai pentita. E così fu: una volta calata la resistenza, il dolore lasciò il passo ad un crescente piacere che era nuovo per lei, era inculata per la prima volta e stava davvero godendo come una cagna.
Vincent aumentò sempre di più il ritmo, fino a giungere a scoparle il culo con disinvoltura, facendo sbattere le palle sulla sua figa, stimolandola al punto tale da portarla ad un orgasmo che fu accompagnato da urla liberatorie che riecheggiarono forti in tutta la stanza.
Vincent godeva, sapeva che stava per venire e sapeva che voleva sottometterla ancora di più; uscì brutalmente dal suo culo, prese il telefono dal comodino ed immortalò quello spettacolo che lui reputava sublime: il culo di Marta, tondo e sodo, inviolato fino a pochi istanti prima, che adesso aveva assunto la forma del suo cazzo.
«Così potrai sempre vedere quanto il tuo culo sia mio più di quanto lo potrà mai essere di qualcun altro. Adesso girati, puttana», disse lui mentre gettava incurante il telefono tra le coperte; Marta obbedì, tornando istintivamente in ginocchio ai piedi del letto e, sebbene temesse ciò che stava per succedere, aprì la bocca, perché sapeva che era quello che doveva fare, perché era quello che voleva: si fece scopare nuovamente la bocca, leccando e succhiando quel cazzo che era appena uscito dal suo culo, senza indugiare neppure per un attimo, facendosi piacere ogni oscenità che passava per la mente di lui.
«Guardami negli occhi mentre assapori il tuo culo, troia» disse Vincent che, all'apice del piacere, uscì dalla sua bocca per inondarla di sborra ovunque: fu così abbondante che sia la faccia che le sue splendide tette vennero ricoperte di sperma, con Vincent che non poteva che sentirsi soddisfatto per lo spettacolo che in quel momento gli si parava di fronte.
Lei era stordita e compiaciuta, sapeva che aveva goduto tanto quanto aveva fatto godere lui, nessuno mai era arrivato a tanto, ma non sapeva che non era finita lì.
Vincent, dopo un istante servitogli per riprendersi, la prese per i capelli: «Cammina come la cagna che sei» e, così dicendo, fece sì che lei lo seguisse gattonando verso la doccia, «Ora inginocchiati ed apri la bocca», Marta eseguì, immaginava di lì a poco cosa sarebbe potuto succedere, e stava pensando che mai nessuno aveva osato neppure immaginare di spingersi a tanto, di realizzare quella che in realtà era una delle sue fantasie più recondite.
Vincent iniziò a pisciare prima sulle sue tette, poi indirizzò il getto verso la sua faccia e la sua bocca. Senza che le fosse chiesto, lei ingoiò ogni fiotto che arrivò nella sua bocca, perché sapeva che era quello che doveva fare.
«Sei uno sborratoio, e da tale meriti di essere trattata», così dicendo, si fece succhiare bene il cazzo affinché lei lo ripulisse, affinché lei assaporasse ancora una volta tutto quello che c'era da assaporare.
Terminata così quell'ultima affermazione di potere, lui entrò in doccia con lei, quasi a voler suggellare tutto quello che era successo, con la consapevolezza che non c'erano limiti, non c'erano barriere che non avrebbero potuto abbattere.
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