Il lupo
di
Camila
genere
dominazione
Roberta già orfana di madre a 25 anni perse anche il padre. La scuola di musica che frequentava le trovò un incarico presso una famiglia come insegnante della loro figlia in modo da poter trovare un sostentamento economico.
Il titolare della scuola, un uomo scapolo di dieci anni in più l'aveva voluta aiutare nella speranza di potersi prima o poi unire a questa giovane ragazza. Roberta era lusingata da queste attenzioni ma in cuor suo sapeva che non avrebbe mai potuto amare quell'uomo.
Nella casa del signor Bianchi un giorno conobbe l'ingegnere Paini uno dei principali finanziatori dell'imprenditore suo datore di lavoro.
Appena Roberta incontrò lo sguardo del Paini capì di essere perduta.. lui aveva occhi da lupo, affamati e penetranti, che si facevano strada e sapevano dove assestare il morso al bisogno letale. Paini le baciò la mano con lentezza, sfiorandole le nocche con le labbra. Se Fiorani (il suo aspirante marito) era cortese e premuroso il Paini era l'incarnazione dell'uomo che ottiene sempre ciò che vuole. Dal suo sorriso crudele lei intuì che le aveva letto nell'anima e aveva indovinato i suoi desideri, e che se ne faceva beffe. Roberta sentì quel vago disprezzo che suscitano in noi le cose che ci attraggono senza che ne siamo consapevoli. Si disse che non lo voleva più vedere, che avrebbe rinunciato alla sua allieva preferita pur di non doverlo incontrare ancora. Aver riconosciuto il suo predatore in quell'uomo vestito di lino risvegliò un istinto di fuga. Balbettò una scusa per ritirarsi, davanti ad un perplesso padrone di casa, alla sonora risata dell'ingegnere e allo sguardo triste della piccola Anna, che capiva le persone ancora meglio della musica e sapeva di aver perduto la sua insegnante di pianoforte.
Una settimana dopo Paini attese Roberta davanti alla scuola di musica, sfogliando un giornale. Si guardarono e senza dire nulla lui la portò in un edificio a due isolati da lì. Era un immobile nuovo ancora vuoto. L'ingegnere spalancò la porta dell'appartamento e le cedette il passo. Roberta entrò in un labirinto di corridoi dalle pareti spoglie. Non c'erano mobili né quadri né lampade, nessun oggetto che potesse fare di quel luogo un'abitazione. Paini chiuse la porta guardandola.
"Ti ho pensata tutta la settimana" disse l'uomo. "Se per te non è stato così dimmelo. Ti lascerò andare via e non ti cercherò più.."
Roberta tacque. Lui atteso qualche istante la spogliò e come un lupo famelico la costrinse ad inginocchiarsi e ingoiare un cazzo già quasi pronto. La soffocava scopandole con forza inaudita la bocca. Poi la fece rialzare e giratola con la faccia al muro la sodomizzò senza un briciolo di preparazione se non la saliva che colava abbondantemente sul suo membro. Dopo averla presa da dietro le scopo' anche la figa dove con un rantolo scaricò il suo sperma.
I loro incontri clandestini durarono novantasei giorni. Si vedevano nell'appartamento vuoto tutti i martedì e giovedì alle tre del pomeriggio, mai per più di un'ora. A volte Roberta restava lì dopo che Paini se ne era andato, a piangere in un angolo della stanza. Poi la domenica, tentava di ritrovare negli occhi del suo estimatore che tanto la corteggiava qualcosa dell'antica Roberta. Il suo pseudo fidanzato non vedeva i lividi, i tagli e le ecchimosi sulla pelle, non vedeva la disperazione nel suo sorriso, non vedeva niente! Forse fu per questo che alla fine accettò la sua proposta di matrimonio. Portava in grembo il figlio di Paini ma aveva paura a dirglielo tanto quanto temeva di perderlo. Ancora una volta fu Paini ad intuire ciò che lei non riusciva a confessare. Le diede un po' di denaro, l'indirizzo di una clinica con medici amici e le ordinò di sbarazzarsi del feto. Al suo rifiuto Paini la schiaffeggiò fino a farle sanguinare le orecchie e minacciò di farla uccidere se avesse detto a qualcuno di quella relazione o sostenuto che il figlio era suo rovinando la sua reputazione.
Quando raccontò al futuro sposo che dei malviventi l'avevano aggredita lui le credette. Il giorno delle loro nozze venne consegnata in chiesa una grande corona funebre. Tra i presenti l'errore del fiorista provocò risa e ilarità diffuse. Ma Roberta non rise, l'ingegnere Paini si era ricordato di lei nel giorno del suo matrimonio, capì che ne sarebbe rimasta soggiogata per chissà quanto altro tempo.
Il titolare della scuola, un uomo scapolo di dieci anni in più l'aveva voluta aiutare nella speranza di potersi prima o poi unire a questa giovane ragazza. Roberta era lusingata da queste attenzioni ma in cuor suo sapeva che non avrebbe mai potuto amare quell'uomo.
Nella casa del signor Bianchi un giorno conobbe l'ingegnere Paini uno dei principali finanziatori dell'imprenditore suo datore di lavoro.
Appena Roberta incontrò lo sguardo del Paini capì di essere perduta.. lui aveva occhi da lupo, affamati e penetranti, che si facevano strada e sapevano dove assestare il morso al bisogno letale. Paini le baciò la mano con lentezza, sfiorandole le nocche con le labbra. Se Fiorani (il suo aspirante marito) era cortese e premuroso il Paini era l'incarnazione dell'uomo che ottiene sempre ciò che vuole. Dal suo sorriso crudele lei intuì che le aveva letto nell'anima e aveva indovinato i suoi desideri, e che se ne faceva beffe. Roberta sentì quel vago disprezzo che suscitano in noi le cose che ci attraggono senza che ne siamo consapevoli. Si disse che non lo voleva più vedere, che avrebbe rinunciato alla sua allieva preferita pur di non doverlo incontrare ancora. Aver riconosciuto il suo predatore in quell'uomo vestito di lino risvegliò un istinto di fuga. Balbettò una scusa per ritirarsi, davanti ad un perplesso padrone di casa, alla sonora risata dell'ingegnere e allo sguardo triste della piccola Anna, che capiva le persone ancora meglio della musica e sapeva di aver perduto la sua insegnante di pianoforte.
Una settimana dopo Paini attese Roberta davanti alla scuola di musica, sfogliando un giornale. Si guardarono e senza dire nulla lui la portò in un edificio a due isolati da lì. Era un immobile nuovo ancora vuoto. L'ingegnere spalancò la porta dell'appartamento e le cedette il passo. Roberta entrò in un labirinto di corridoi dalle pareti spoglie. Non c'erano mobili né quadri né lampade, nessun oggetto che potesse fare di quel luogo un'abitazione. Paini chiuse la porta guardandola.
"Ti ho pensata tutta la settimana" disse l'uomo. "Se per te non è stato così dimmelo. Ti lascerò andare via e non ti cercherò più.."
Roberta tacque. Lui atteso qualche istante la spogliò e come un lupo famelico la costrinse ad inginocchiarsi e ingoiare un cazzo già quasi pronto. La soffocava scopandole con forza inaudita la bocca. Poi la fece rialzare e giratola con la faccia al muro la sodomizzò senza un briciolo di preparazione se non la saliva che colava abbondantemente sul suo membro. Dopo averla presa da dietro le scopo' anche la figa dove con un rantolo scaricò il suo sperma.
I loro incontri clandestini durarono novantasei giorni. Si vedevano nell'appartamento vuoto tutti i martedì e giovedì alle tre del pomeriggio, mai per più di un'ora. A volte Roberta restava lì dopo che Paini se ne era andato, a piangere in un angolo della stanza. Poi la domenica, tentava di ritrovare negli occhi del suo estimatore che tanto la corteggiava qualcosa dell'antica Roberta. Il suo pseudo fidanzato non vedeva i lividi, i tagli e le ecchimosi sulla pelle, non vedeva la disperazione nel suo sorriso, non vedeva niente! Forse fu per questo che alla fine accettò la sua proposta di matrimonio. Portava in grembo il figlio di Paini ma aveva paura a dirglielo tanto quanto temeva di perderlo. Ancora una volta fu Paini ad intuire ciò che lei non riusciva a confessare. Le diede un po' di denaro, l'indirizzo di una clinica con medici amici e le ordinò di sbarazzarsi del feto. Al suo rifiuto Paini la schiaffeggiò fino a farle sanguinare le orecchie e minacciò di farla uccidere se avesse detto a qualcuno di quella relazione o sostenuto che il figlio era suo rovinando la sua reputazione.
Quando raccontò al futuro sposo che dei malviventi l'avevano aggredita lui le credette. Il giorno delle loro nozze venne consegnata in chiesa una grande corona funebre. Tra i presenti l'errore del fiorista provocò risa e ilarità diffuse. Ma Roberta non rise, l'ingegnere Paini si era ricordato di lei nel giorno del suo matrimonio, capì che ne sarebbe rimasta soggiogata per chissà quanto altro tempo.
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