Queen Deborah I Parte.

di
genere
etero


Nell'autunno del 1993, la mia carriera forense poteva dirsi, tranquillamente, decollata.
Di contro, i miei rapporti con "Lady Rowena" erano entrati in una statica fase di "cripto amore".
Uscivamo, ci telefonavamo, ci scambiavamo auguri e regali per le feste comandate, sentivamo le rispettive mancanze durante i periodi di ferie ma, nemmeno per sogno, osavamo smettere di recitare la commedia e dichiararci l'un l'altra.
In fondo, la situazione di "Lady Rowena" era perfettamente comprensibile: come si suol dire, il gatto ustionato dall'acqua calda aveva paura, persino, di quella fredda.
Per quanto mi riguarda, a parte le mie ponderose remore derivate dalle pregresse esperienze, vedevo la comune situazione come un delicato motore, il quale sarebbe potuto andare in pezzi se sottoposto ad "eccessive sollecitazioni". Pertanto, non senza sofferenza, mi contentavo di quel che passava il convento, pur senza arretrare di un solo micron.
Circa il "coté" "luce rossa", avevo trentun anni ed ero un uomo nel pieno delle sue forze virili.
Per tanto, avevo ripreso, con tutta la prudenza del caso, l'"antica strada" che conduceva a certi "circoli ricreativi" da dove, ogni volta, uscivo col morale, letteralmente, a pezzi.
Ma non ero un monaco!
Una mattina del novembre di quell'anno, ero seduto su un sedile di attesa posto sul marciapiede della stazione *** della Metropolitana, quando non credetti ai miei occhi. Era apparsa o, forse, si era materializzata, una vera e propria regina. Incedeva come se fosse stata sulla passerella di una sfilata di moda guardando, tutto e tutti, con sguardo leggermente severo.
Più vicina ai quaranta che ai cinquanta, sul metro e settanta abbondante, indossava un tailleur minigonna grigio.
Le calze, velatissime, facevano risaltare due gambe da far invidia a Marlene Dietrich, ed i suoi piedi erano adorni da mocassini decolleté con tacchi alti, ma tutt'altro che vertiginosi.
I capelli, accuratamente mechati, ed un "make up" imperfettibile, completavano il tutto.
Il suo viso mi ricordava, non poco, quello di Rossella Como nel servizio pubblicato dal numero di luglio 1978 di "Playboy".
Il treno arrivò e, fortuna delle fortune, la "Regina" andò a sedersi sul sedile di rimpetto al mio. Ovviamente, accavallò le gambe.
Sincerità mi impone di affermare che, il constatare l'uso dei "collant", fu come il rilevare una piccola stonatura, impercettibile al "profanum vulgus" ma chiarissima agli esperti "addetti ai lavori", nell'apparente perfetta esecuzione di un brano sinfonico, ma via...
Il vagone, intanto, si era riempito e la folla dei passeggeri mi impediva di ammirare, ulteriormente, le grazie della "Regina".
Fu quando stava avvicinandosi la mia fermata di destinazione, che successe qualcosa di decisamente inaspettato. Il vagone si era alquanto svuotato, anche se, la vista della misteriosa passeggera, mi era impedita da due garrule impiegate. Dal momento che sono solito alzarmi all'arrivo alla fermata precedente quella di destinazione, scattai in piedi, pur non avvicinandomi all'uscita.
Anche la "Regina" si alzò, per fermarsi di fronte alla porta, e fu allora che lasciò cadere in terra quello che, a tutta prima, mi parve un comune pezzetto di carta.
Senza por tempo in mezzo, vi misi il piede destro sopra e, solo quando, dopo l'uscita della donna e di altri passeggeri, il treno ripartì, provvidi a raccoglierlo.
Lo introdussi nella tasca della giacca, e non lo estrassi fino a quando non raggiunsi la fermata dell'autobus che mi avrebbe portato in tribunale.
In esso erano stampate queste parole:
BUTTERFLY MASSAGE CLUB.
Seguivano l'indirizzo ed il numero di telefono; a matita c'era scritto un nome: DEBORAH.
Occultai il biglietto nelle segrete del mio portafogli, ripromettendomi di esaminarlo più tardi, e cosi' feci.
Una volta portato a termine il mio "dovere professionale", adocchiato un angolino tranquillo della sala avvocati, estrassi il foglietto - in realtà era un cartoncino - e lo studiai attentamente.
Come ho scritto altrove, un avvocato penalista è, per i quattro settimi, un investigatore, per cui mi fu per nulla difficile giungere "a piaggia" con i seguenti risultati.
Primo: era molto probabile, che "Deborah" "prestasse servizio" al "Butterfly Club", "part time".
Simili locali aprono nella tardissima mattinata, se non proprio nel primo pomeriggio, ed il viaggio in metropolitana era durato dalle otto alle otto e trentacinque, circa.
Secondo, che per quanto avesse indulto, e non poco, alla "provocazione", la "mise" indossata da "Deborah" era ancora decisamente "ministeriale", e i "collant" facevano giustizia di non pochi dubbi.
Merita di essere sottolineato, a questo punto, che, fatta eccezione pel "magico binomio" - reggicalze + calze - dalla "Wandissima" indossato con assoluta naturalezza, quest'ultima, e "Deborah", vestivano in modo simile, molto simile.
Terzo: il circolo era ubicato in tutt'altro quartiere della città.
Riposi il cartoncino e consultai l'orologio: si stava facendo l'ora del rientro.
Un piccolo - grande colpo di fortuna lo ebbi un paio di giorni dopo.
Recandomi a studio dopo un consulto pomeridiano presso un collega, presi la metropolitana ed, alle diciassette e trenta precise, il treno arrivò alla stazione ove era scesa "Deborah".
La donna fece il suo ingresso nella carrozza. Non potei non notare il suo aspetto, privo di qualunque "indizio" di "stanchezza da sesso", segno che, quel giorno, il "Butterfly" aveva fatto a meno di lei.
Arrivammo a destinazione, scendemmo, e la vidi dirigersi verso l'uscita che mena al parcheggio autoveicoli.
Pochi minuti dopo un'utilitaria, ma di costo, di colore verde bottiglia, con al volante "Deborah", mi passava di fronte. Di certo non mi vide, e per due motivi.
primo: perché era concentrata alla guida;
secondo: perché mi trovavo in una zona decisamente poco illuminata.
Annotai a mente il numero di targa: due giorni dopo, grazie alle mie conoscenze nella Polizia Giudiziaria, non solo sapevo le generalità complete, e l'indirizzo, di "Deborah", ma sapevo anche molte informazioni sul "BUTTERFLY MASSAGE CLUB".
L'Ispettore *** mi fece avere un sintetico, ma preciso, rapportino, ovviamente anonimo, con il quale, schematicamente, mi si informava di quanto segue:
1) il "BUTTERFLY MASSAGE CLUB" era un discreto "centro massaggi con sauna". Talmente discreto che, pur ubicato, nientemeno, non lontanissimo dal mio studio, mai ne avevo sentito parlare, né mi ero imbattuto, sino ad allora, nel suo materiale pubblicitario;
2) la Polizia sapeva, e sapeva "ad un puntino", che in realtà, la "struttura" celava una "casa allegra". Tuttavia, non essendo pervenuti, per lo meno sino ad allora, reclami, non foss'altro perché provvista di ingresso indipendente, lasciava correre;
3) "Deborah" si chiamava, in realtà ***, era nata nel 1947, ed era impiegata, da oltre vent'anni, in un Ufficio Pubblico, situato poco lontano da quella fermata della metropolitana ove l'avevo vista scendere.
Divorziata da tempo, viveva con una figlia ed abitava abbastanza vicino, in linea d'aria, da quella che, al momento, era la mia abitazione da scapolo.
Riflettei, circa un quarto d'ora, sulle informazioni ricevute poi, lacerato a dovere il foglietto del rapporto, formai il numero di telefono del "BUTTERFLY CLUB".
Mi rispose una voce di donna per mezzo della quale presi appuntamento, per due giorni dopo, per una sauna e massaggio con "Deborah".
L'impiegata mi spiegò che "Deborah" non era disponibile tutti i giorni, ma solo su prenotazione.
Due giorni dopo, suonavo il campanello del portoncino del club.
La porta venne aperta elettricamente e, discesi due gradini, mi trovai in un salottino di ricevimento, fiocamente illuminato, nel quale, oltre alla porta di ingresso, si aprivano altre quattro porte: la prima, di rimpetto dall'entrata principale, dava su di un corridoio che mi sembrò essere piuttosto lungo; le altre tre, davano ognuna ingresso ad una piccola cabina di attesa.
Dal corridoio, anch'esso poco illuminato, entrò una donna, sui cinquanta abbondanti, sobriamente vestita e pochissimo truccata; stile "Donna Alexandra", per intenderci.
- Lei è il Signor...
- "Wilfred" - risposi prontamente - ho prenotato una seduta di sauna e massaggio con la Signora Deborah...
- Bene! allora l'accompagno subito nello spogliatoio.
Una volta tolti tutti gli abiti, e dopo averli chiusi a chiave nell'armadietto, potrà accomodarsi nella sauna.
La Signora Deborah la raggiungerà immediatamente.
Così feci; nella sauna, la temperatura cominciava ad aumentare, senza che anima viva si fosse vista ed io, cominciavo a scoraggiarmi.
- Se non altro, avrò provato il beneficio della sauna - pensai.
Mi accorsi, allora, di un "fenomeno" di cui avevo letto in alcuni racconti "piccanti", ma che, in tutta sincerità, mai avevo pensato avesse potuto "effettivamente" verificarsi.
Grazie alla temperatura, che favoriva la dilatazione del sistema circolatorio, il mio scettro, non solo si era eretto all'inverosimile, ma mi sembrava, anche, aumentato di dimensioni.
Pertanto, l'asciugamano che mi cingeva le reni aveva assunto una forma simile ad un tendone da circo e l'organo aveva iniziato a dolermi.
- Complimenti!!! - esclamò una voce femminile da dietro una nuvoletta di vapore - ha mai girato film porno?
Aguzzai la vista, e vidi "Deborah", che era appena entrata nella cabina.
Era completamente nuda fatta eccezione per un paio di zoccoli di legno ed un candido asciugamano drappeggiato intorno al busto e che le arrivava a metà coscia.
- Veramente...no! Sarà l'effetto della sauna... del calore, intendo dire - risposi con un tono da scolaretto intimidito.
Mi alzai in piedi e mi diressi verso la donna; quando fui ad una ventina di centimetri da lei, messa da parte ogni timidezza, la squadrai a dovere, la guardai fissa negli splendidi occhi castani ed esclamai:
- Quelle surprise charmante!
- Anch'io sono lietamente sorpresa di incontrarla.
Mi collocai subito alle sue spalle e le dissi, accarezzandole entrambe le braccia con entrambi i medi:
- Vogliamo dare inizio alle danze?
Subito "Deborah" portò entrambe le mani al nodo che le teneva fermo il telo da bagno e, con una mossa di assoluta eleganza - un perfetto "mix" tra una "veronica" da torero ed un passo di danza - si denudò, girandosi, nel contempo, di fronte a me.
I suoi seni erano di una terza misura, leggermente scarsa, tanto da non apparire cascanti od appesantiti, ed il suo corpo, nel complesso, poteva, tranquillamente, fare invidia a qualunque trentenne.
Istintivamente, potrei scrivere "automaticamente", ci baciammo.
Un lungo bacio, di totale passione, un bacio scambiato da due amanti di vecchia data, ricongiuntisi dopo una separazione lunga, al limite dello strazio.
La donna passò subito all'azione, dando, attraverso l'asciugatoio, una leggera, ma vigorosa e prolungata, carezza al mio scettro.
Ratto mi denudai ed, alla vista del mio scettro, la voce di "Deborah" proruppe in un sonoro "Ooooh", mentre andava a sedersi sui talloni.
Tra il vapore, potei ammirare, grazie alla parete a specchio, le sue labbra circondare dapprima il mio glande, per poi scendere, con esasperante, crudele lentezza, lungo tutto il corpo dell'organo.
Quando sentii che ero giunto in fondo alla sua bocca, si fermò per alcuni secondi per poi iniziare a salire e scendere alternando lentezza e velocità.
Quando giungeva al glande, la sua lingua, diabolica, indugiava a lungo sul meato, serpeggiando, facendomi, letteralmente, impazzire.
- Maledetta, sto per venire - gridai digrignando i denti.
- Ti voglio prosciugare, sino all'ultima goccia...
Ed esplosi! Durante l'eiaculazione mi parve, chiaramente, che la parete a specchio andasse in pezzi e che il mio corpo, del pari, si disintegrasse.
Ma mi riebbi. Con immenso piacere constatai che il mio scettro era, di nuovo, pronto all'azione; anche "Deborah" se ne accorse e, senza farsi pregare, assunse la posizione "a la levrette" collocandosi sulla panchetta.
Subito entrai in lei; il mio pene scivolava nella sua vagina, ampiamente lubrificata dal suo sudore, tanto intimo che dermico.
Le ghermii le splendide natiche, anch'esse da fare invidia a non poche donne, ben più giovani e, dopo essermi arrestato un cinque secondi, iniziai a correre nel suo corpo.
Diversamente dalle altre volte, non attesi per iniziare a "lavorare" sul suo clitoride: lo "aggredii" subito, immediatamente gratificato da un lunghissimo gridò di piacere.
Penetravo "Deborah" con il mio "coito a sinusoide", alternando alta e bassa velocità, senza, tuttavia, variare la pressione sulla sua "turgida gemma".
I minuti passavano: potevo, dunque, "profanare" la sua "intimità più segreta". Al momento del passaggio del mio glande, notevolmente ingrossato, pel suo sfintere, notai una certa resistenza, sottolineata da un prolungato, gutturale "Aaaagh".
- Piano, piano, ma non ti fermare: voglio essere tua, tutta tua...- esclamò la donna.
Entrai: nei rapporti anali non sono solito variare la velocità, così proseguii, a velocità "medio - alta", la penetrazione.
"Deborah" ansimava come un mantice, scuotendo la testa col massimo vigore. Dopo alcuni minuti, quasi singhiozzando, mi disse:
- Ho sete, ho ancora sete...
Compresi: uscii dal suo ano per rientrare nella sua bocca, a dir poco famelica. Ancora pochi minuti di un coito orale di un'avidità più unica che rara, poi venni, di nuovo.
Tre fiotti di sperma, ad altissima pressione, si schiantarono nel fondo della sua gola, lasciandomi, letteralmente, stremato. Crollai sulla panchetta, semisvenuto.
Fu "Deborah" pochi minuti dopo a farmi riprendere.
- Su alzati, andiamo a prendere una doccia.
L'acqua, più fredda che bollente, mi fece, del tutto, tornare in me.
Rivestitomi, mi accomiatai da "Deborah" con un ulteriore, lunghissimo, bacio, alla francese.
Quando raggiunsi l'uscio, mi volsi indietro, verso di lei, e piantatole in volto uno sguardo al limite del feroce le dissi:
- Fuori di qui, non ci conosciamo:
d'accordo?
- Con gli occhi bassi, "Deborah" mormorò:
- D'accordo.




scritto il
2022-10-24
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