Un nuovo incontro

Scritto da , il 2022-10-10, genere esibizionismo

Il mattino dopo quella giornata incredibile non riuscivo a far finta di nulla e, come prevedibile, mi svegliai immaginando fantasie che portassero a proseguire il gioco iniziato con il vicino. Pensavo ormai di essere pronta a lasciarmi andare ed esplorare seriamente quell’aspetto della mia sessualità che era diventato dominante e quel vicino era l’ideale per cominciare a capire fin dove sarei riuscita a spingermi. Si era dimostrato così discreto e riservato che meritava la mia fiducia.
Io stessa ero rimasta molto colpita da quello che ero riuscita a fare che mi convinsi che avrei fatto qualsiasi cosa sotto la sua guida. Anzi lo desideravo proprio.
Mi ero masturbata così tante volte immaginando, e forse sperando, che qualcuno mi guardasse farlo che era arrivato il punto di rendere più intrigante la cosa.

Erano da poco passate le 8 di mattina, mia sorella era ancora a letto, dopo quella notte che avevo capito non aver passato da sola e io ero troppo su di giri per aspettare ancora. Del resto, il primo gioco lo avevo portato a termine senza troppe difficoltà, incurante perfino di non essere più sola in casa e soprattutto che non era solo il mio spettatore dall’altro lato. Fu proprio quest’ultimo dettaglio a caricarmi maggiormente di voglia, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno. Il rischio di essere scoperti era stato così eccitante ma anche la paura di perdere il gioco se questo fosse accaduto che mi faceva desiderare di ripeterlo, di trovarmi nuovamente in quella situazione, a un passo dalla fine, in bilico tra il piacere e la vergogna. Forse la chiave era tutta là e lui lo aveva capito prima di me, l’imbarazzo era ciò che più mi eccitava e mi rendeva forte, la vergogna, lungi dal terrorizzarmi, non mi bloccava, anzi mi spingeva a desiderare situazioni sempre più indecenti.
Mentre riflettevo su queste cose scorsi finalmente una presenza alla finestra di fronte. Nonostante la visuale migliore della sera precedente non potevo essere certa di quale dei due fratelli si trattasse, dovevo ancora affinare l’occhio ma il fatto che si trattasse della camera del mio vicino e non di quella del fratello mi faceva ben sperare. La tentazione di esibire le tette a mo di buongiorno fu davvero forte ma la paura che potesse diventare un’abitudine che lo avrebbe annoiato lo fu di più, per cui attesi, senza fare nulla, di capire quali intenzioni avesse il mio guardone e se fosse effettivamente lui, dato che non rivolse mai lo sguardo verso di me.
Da quello che riuscivo a capire si stava preparando per uscire. L’abbigliamento molto informale non faceva immaginare che stesse andando a lavoro così nel dubbio mi preparai anche io più velocemente e scesi ad aspettarlo. Era stato chiaro sulla questione dei contatti, per parlargli avrei dovuto incontrarlo casualmente, solo che la mia voglia non poteva aspettare il caso, non più. Quando lo vidi uscire e attraversare il piccolo giardino, imprudentemente lo seguii finchè non entrò nel bar sotto casa per fare colazione. Mi sentivo una stalker ma era a fin di bene e magari era proprio quello che voleva, di sicuro era quello che voleva la mia figa quella mattina, andare incontro alle sue attenzioni, quindi entrai nel bar e con discrezione lo raggiunsi per ordinare lo stesso caffè che stava bevendo lui.
La nostra conversazione non poteva svolgersi al bancone, quando mi vide, in maniera del tutto serafica mi invitò a spostarci sul tavolino più appartato.

Mentre bevevamo in silenzio il nostro caffè, interruppi quel silenzio per lui naturale per me insopportabile dicendo che sarei andata un attimo a lavarmi le mani.
“Tranquilla, vai pure se ti imbarazza restare qui” rispose lui.
“No dai... non è per quello. Devo fare pipì.”
Chiusi la porta e attesi un paio di minuti per assicurarmi che non mi avesse seguita.
Una volta finito, uscii e lo trovai fuori la porta ad aspettare. Io gli sorrisi ma lui non ricambiò.
Avvertii dei tuoni, parecchio forti. Erano in lontananza ma erano violenti. Annunciavano un acquazzone imminente.
Fuori la porta del bagno del bar rimase a guardarmi.
“Ti serve qualcosa?” gli chiesi.
“No” rispose lui.
“Ok... torniamo al tavolo?” chiesi io.
“Uhm. Ok.” E si allontanò.

“E' successo qualcosa?”
“Sembri ancora molto intimorita dalla mia presenza...” disse lui.
“Ma che dici... se non te ne sei accorto ti ho cercato io stamattina” risposi sorpresa.
“Può essere, ma inconsciamente sei legata a qualche strana reticenza. Potevi benissimo lavarti le mani con la porta aperta. Non credo ci sia nulla di male.”

Lo guardai con profonda perplessità.
“Ma veramente non mi sono lavata soltanto le mani. Ho fatto anche pipì...!”
“Ok... forse ci vuole un po' di tempo perché tu possa capire quello che intendo io...”
A quel punto stavo iniziando a provare fastidio nei confronti di quella conversazione irrazionale.
“Senti... è una semplice forma di rispetto nei tuoi confronti. Apprezzo come tu sia davvero disponibile a condividere quel gioco con me e non mi sento intimorita.”
“Ok. Tranquilla. Sono discorsi sciocchi. Non c'è bisogno di continuare a parlarne” rispose lui.
“Dovremmo invece parlare di ieri sera” gli dissi alludendo a quanto mi fossi divertita. Ovviamente aspettavo che lui mi chiedesse perché e non appena lo fece, risposi.
“Toccarci insieme davanti a tuo fratello ignaro di tutto è stata una follia. Una follia troppo eccitante per non rifarla però”.

Da quelle parole finalmente parve intuire che la mattinata non sarebbe finita con quel caffè, percepii la sua eccitazione e lui la mia paura quando compresi anche io che quella mattina il gioco sarebbe ripreso e non eravamo più alla rassicurante distanza delle nostre finestre e nemmeno nella privacy di casa mia.
Ora lui voleva accelerare i tempi.
"Ieri, se non sbaglio, mi hai detto che davanti a me faresti qualsiasi cosa…"
Io annuii guardandolo. Gli sembrò il momento giusto e non se lo lasciò scappare.
“Ora io però devo andare che ho un appuntamento con un amico, magari ti va di accompagnami così ne riparliamo”
Ancora una volta non ebbi il tempo di pensarci o rifiutare e meno di me lo ebbe la mia figa al solo pensiero di un’ennesima variante a quel gioco. Mi sentivo come all’interno di un videogioco in cui per vincere dovevo superare ogni volta un livello crescente di difficoltà e il bello era che non mi dispiaceva affatto, perciò accettai di seguirlo in auto.
“Questa è la strada che porta al mare, la spiaggia è abbastanza vicina da poterci anche arrivare a piedi ma forse non era il caso di perdere altro tempo, non ti pare?”
No, non mi pareva affatto.
Ci mettemmo davvero poco ad arrivare e parcheggiare nelle vicinanze dell’unico lido ancora aperto a fine stagione, “Il Caramella”. Buffo nome ma il lido sembrava tranquillo, non pretenzioso eppure curato. La giornata non era delle migliori, il cielo coperto annunciava la fine dell’estate, almeno quella balneare e infatti il lido era vuoto, facevo fatica a capire chi potesse avergli dato appuntamento proprio là, finchè non mi presentò il famoso amico, che aveva qualcosa di molto vagamente familiare.
“Lui è Cristian, il gestore del lido e mio grande amico”
Pur non suonandomi del tutto nuovo quel nome non riuscivo a collegarlo a nulla di preciso se non quando aggiunse che Cristian era anche il suo vicino, quindi altro mio dirimpettaio.
Cazzo! Ora collegavo tutto, lo aveva già nominato il giorno prima ed era l’uomo che avevo visto passare nel giardino poco prima di vedere lui.
“Lei invece è…. scusa ricordami il tuo nome, sono una frana per i nomi”
E ci credo, non ci eravamo ancora nemmeno presentati!
“Se…Serena, sono Serena”
“Se lo dici così però non ti si crede” e scoppiarono a ridere del mio imbarazzo che iniziava il suo lavoro tra le mie cosce.
Finite quelle presentazioni di rito, Cristian si scusò dicendo che doveva chiudere l’ingresso prima che a qualche cliente dell’ultima ora venisse in mente di sfidare la sorte con il temporale in arrivo.
La rassicurazione del fatto che non sarebbe entrato nessun altro durò poco in confronto all’idea di ciò che restare da sola con due uomini più grandi poteva significare.
“Oh eccoti qua, insomma Cristian come ti dicevo, lei è la nostra nuova vicina, mi sembrava carini presentarvi, in caso potesse servirle qualcosa, può contare anche su di te ora, giusto?”
Quell’anche sottolineato per me poteva significare ben altre cose e guardando il bel Cristian la cosa si faceva parecchio interessante.
“Mi era sembrato fosse arrivato qualcuno nell’appartamento di fronte” commentò lui sul vago “ma sembrava diversa la ragazza che avevo visto, siete per caso…sorelle?”
“Si, avrai visto Diana, mia sorella”
Il corto circuito nel cervello di Cristian, che noi non potevamo conoscere, fu evidente nella stoffa del costume rosso che faticava ad indossare.
“Bene, ora che Cristian si è messo a disposizione, forse dovresti presentarti anche tu un po' meglio, farti conoscere in modo che anche lui sappia di cosa potresti avere bisogno..”
Non ero certa di aver capito e di sicuro non capì il povero Cristian ancora preso a fare i conti mentalmente tra la sorella che si era già scopato, la madre che in teoria avrebbe dovuto scoparsi e ora io davanti a lui.
“Ma qui??? Su una spiaggia???” Provai inutilmente ad obiettare.
“Beh che c’è? Non ti sei mai cambiata il costume in spiaggia?” rispose Guido dandolo per scontato.
“Si, ovvio a chi non è capitato” confessai.
“E magari sarà anche capitato che lo facessi più lentamente del necessario, sbaglio?”
“Non…sbagli” confessai di nuovo abbassando lo sguardo.
“Vedi Cristian, la nostra Serena è un po' timida ma solo con chi non conosce, ti posso assicurare che con me non lo è stata affatto” si sentì in dovere di spiegare all’amico ancora incredulo. "Serena, a me ad esempio adesso andrebbe che tu rifacessi davanti a noi, quello che hai fatto ieri per me! Lo fai vero?"
Sorrisi, feci passare un attimo e poi dissi “certo”.
Quindi Guido continuò "allora mettiti in piedi di fronte a noi e togliti i pantaloni".
Cristian era ora visibilmente eccitato e fissava le mie gambe in attesa del seguito. Rimasi in slip con una evidente macchiolina al centro delle mutande.
"Ora togliti le mutande" continuò a guidarmi Guido, e mai nome fu più azzeccato a una persona e al suo ruolo.
Mi fece molto eccitare la sua decisione di condividere la nostra perversione con qualcun altro. Mi tolsi le mutande, coprendomi la figa con la mano.
“Via la mano, sciocchina!” mi ammonì Guido divertito.
Quindi la spostai, mostrando la mia figa già gonfia e quasi totalmente bagnata.
"Ora toccatela Serena, lentamente, vai fino infondo con le dita che voglio che Cristian te la veda tutta bella aperta!”
Cominciai ad eseguire come il giorno prima, non per sottomissione, anzi mi sentivo più libera e padrona di me stessa che mai. Lo facevo perché eravamo sintonizzati sullo stesso piacere, mostrando la figa a un altro sconosciuto accontentavo più me che lui. Anche Guido aveva infilato intanto la mano nelle sue mutande per toccarsi. Cristian, superato lo shock delle due sorelle, senza alcun imbarazzo non ci pensò un attimo ad imitarlo. Si stavano toccando i cazzi nel pantalone e nel costume, e lo facevano guardando me che mi masturbavo per loro. Io avrei resistito di più, ma Cristian dopo qualche smanettata già ansimava impaziente.
Non volevo finisse tutto lì, con l’orgasmo di Cristian, per fortuna Guido lo capì e mi venne in soccorso proponendo il gioco della verità, in perfetta ambientazione da spiaggia.
Ci spiegò le regole come al solito.
"Ora vai a mettere la tua mano su quella di Serena così la levi dal tuo cazzo amico che ti vedo in difficoltà. Guida tu le sue dita molto lentamente e io vi farò alcune domande per farti capire quanto è porca la nostra vicina, vedrai che viene più facilmente quando si sente così!”
Cristian sembrò eccitatissimo. Così la prima domanda spettò a lui, anche se indirettamente era rivolta a me.
"Vuoi vedere Serena che sbrodola a terra per noi? Fidati che merita!"
Cristian rispose sì, ridendo compiaciuto. Così si avvicinò a me e prese possesso della mia mano con la sua, tirandomi fuori le dita e facendomi dare qualche colpo lentamente.
"Allora, Serena tocca a te, mi avresti voluto vedere ieri sera mentre mi toccavo il cazzo sotto al boxer?"
"Sì" risposi.
"E cosa avresti fatto?"
"Avrei tolto il boxer per guardarti il cazzo!" risposi ancora.
"E me lo avresti voluto leccare?"
"Sì"
"Ma io non ero solo e tu lo sapevi… non dirmi che avresti voluto leccarlo anche a mio fratello… o si?"
"Sì"
"E poi ti saresti fatta scopare da lui?"
"Sì"
"E come?"
"Prima nella fica poi nel culo!"

Sentivo la figa già pronta per venire, quindi Cristian mi tirò di nuovo fuori le dita, fermandomi: "Non venire già maiala! Aspetta…"
Ansimai profondamente per trattenermi.

"Ho pensato che bisognerebbe fare delle foto per immortalare il nostro incontro, non fate così fra giovani? Mi sembra carino che Cristian possa rivedere le tue tette e la tua fica quando gli va, sei d’accordo?"
Io naturalmente dissi di sì, diventava un’esibizione continua e sempre più spinta che mi avrebbe tenuta legata a loro.
Quindi si voltò verso Cristian: "Dai, continua un pò che io prendo il tuo cellulare"
Di nuovo la sua mano premeva sulla mia e attraverso questa sulla mia figa.
Guido era stato chiaro fin dall’inizio, non ci sarebbero stati contatti tra di noi ma questo non implicava che io non potessi averne con altri e desiderai fortissimo togliere la mia mano per farlo continuare da solo. Era la prima volta che offrivo così direttamente la figa alle attenzioni di un uomo sconosciuto e più grande e solo allora mi cadde l’occhio sulla sua fede, un uomo sposato per giunta!
Cristian sembrava ipnotizzato dalla mia figa e non perse tempo per continuare il gioco.

"Ti stai masturbando pensando di farti scopare anche da me, vero?"
Risposi di sì.
"E dove mi faresti venire?"
"Nella fica…"
Anche Guido non poteva perdere l’occasione per sottolineare la cosa e mettermi in imbarazzo.
"Quindi ti tocchi pensando di farti schizzare nella fica dal mio amico, ho sentito bene?"
"Sì" risposi ancora.
In realtà non sapevo più se era un desiderio reale o soltanto quello di farmi guardare fino a quel punto ma lo dissi lo stesso per sentirmi porca.
"E adesso vorresti che ti scopasse davanti a me?"
"Sì"
"Maiala. Ma non te lo faccio scopare! Accontentati di guardare il suo cazzo come hai fatto con il mio".
Prese il cellulare di Cristian e cominciò a scattare una foto ai miei seni nudi che l’altro guardava con avidità.
"Ora immortaliamo anche questa fica bagnata…"
Scattò la foto alla mia fica aperta che stava per esplodere.
"Amico mi sa che non ce la fa più, se ti mette una mano sul cazzo viene subito"
Quindi si rivolse di nuovo a me: "se ti facciamo palpare il cazzo di Cristian, ci fai vedere come vieni subito?"
Dissi sì.
Quindi invitò l’amico ad abbassarsi il costume e poi toglierlo. Cristian mi mostrò il suo cazzo in perfetta erezione e io con una mano cominciai a stringerlo forte. La mano di Cristian continuava a tenere la mia finchè non cominciai a sbrodolare senza più possibilità di controllo.
"Eccola che sbrodola la porca!"
Io e Cristian ci sorridemmo compiaciuti mentre non ci perdevamo un solo fremito del mio piacere. Vidi la mano di Cristian bagnata quanto la mia figa e la vidi mentre se la passava sul cazzo come per asciugarsela. Quasi cedevo sulle ginocchia, tra piacere e sofferenza, per quella venuta senza che nessuno dei due mi avesse offerto il cazzo per completarla.
Solo spettatori!
Cristian però non riuscì a resistere e in ginocchio col viso sempre più vicino alla mia fica, decise di appoggiarci la bocca per assaporare ciò che rimaneva del mio piacere. Spinse quattro-cinque volte la lingua fin dentro, arrivando fin dove poteva, mentre si dava da fare con il cazzo per venire. Ora poteva finalmente godere anche lui.

L’unico rimasto a non essere venuto era proprio l’artefice di tutto. Certamente non sarebbe rimasto così. Mentre cercavo di ricompormi, si tolse finalmente le mutande e piantandosi con le gambe belle larghe cominciò a toccarsi, riprese anche a parlarmi.
“Fammi venire!”
Rimasi perplessa ma non osai dire una parola per paura di fraintendere. Lui si avvicinò alla mia fica e cominciò a tirare fuori la lingua vicinissima al mio clitoride ma non ci arrivò mai, era il suo modo per negarmi e negarsi quello che desideravamo. Mi misi nuovamente una mano sulla figa per fargli capire che per me non era ancora finita e avevo ancora bisogno di godere. Dopo un suo cenno di assenso ruppi gli indugi affondando ancora una volta le dita nella mia fica bagnata. Mostrai di avere una certa dimestichezza, ormai masturbarmi davanti a lui era diventata un’abitudine naturale e farlo anche davanti a chi voleva lui iniziava ad aumentare il mio piacere.
Guardavo Cristian e il suo piacere sparso ancora sulla sabbia e dopo qualche attimo vidi quella macchia allargarsi, anche Guido stava avendo un orgasmo fortissimo a pochissima distanza dalla mia figa, aggiungendo sperma su sperma a terra.
Senza fermarsi chiese a Cristian di ricambiargli il favore delle foto e a me di farmi fotografare i seni duri, il culo e la mia fica aperta. L’idea che entrambi si sarebbero masturbati guardando le mie foto mi fece impazzire e mi portò sull’orlo del mio secondo orgasmo. Cristian, seppur con un po’ di imbarazzo, si prestò ad essere il mio fotografo. Mi eccitava molto vedere due amici che, pur di continuare a vedere la mia figa, si incitavano a vicenda, con la scusa di farsi un favore a vicenda io restavo il centro di tutte le loro morbose attenzioni. Mi sentivo come se li avessi in pugno nonostante fossi io quella nuda, esposta e vulnerabile. Così continuavo a mettere in mostra le mie mammelle nude davanti ai loro occhi; Guido continuava a impartirmi istruzioni, mi chiese di stuzzicarmi un po’ i capezzoli per farli diventare ancora più turgidi. E io ubbidiente eseguivo, perché era quello il mio piacere. Poi fu il momento di fotografarmi il culo. E Cristian fece anche quello.

Infine mi fecero sedere sulla sabbia e aprire le gambe. Lì, ebbi un attimo di resistenza. Ma Guido non perse l’occasione per non far calare l’atmosfera.
"Dai Serena, hai voluto vedere me e Cristian che ce lo toccavamo davanti a te e tu non vuoi neppure mostrarci l’effetto sulla tua passerina per una foto?"

Ribaltare la situazione, incolpando me di quello che avevamo fatto mi fece aprire le gambe senza pensarci, ora potevano guardarmi entrambi per bene la fica e il clitoride ben in vista che si sporcava di sabbia. Guido mi chiese di bagnarmela un po’, per farli eccitare di più. Cominciai a sgrittellarmela davanti a loro fin quando i miei umori non furono ben visibili. Cristian fotografò con un bel primo piano la fica aperta e bagnata.
A quel punto mi aspettavo che anche loro si sarebbero fatti fotografare o che sarebbe successo altro. Ma ero io l’oggetto dell’esposizione e non accadde. Ripreso il cellulare con le foto dalle mani dell’amico, si allontanarono lasciandomi là. Nuda a terra, porca e arrapata. Guido mi disse con un sorriso che sarebbero andati a farsi un caffè per riprendersi, “se vuoi puoi finire da sola” aggiunse.
L’eccitazione era così insopportabile che ci misi un bel po' a completare l’opera prima di raggiungerli, ricomposta come se niente fosse successo.
Pranzammo insieme sul lido e finalmente ci rilassammo, sembrava stesse nascendo un’amicizia pulita che avrebbe tenuto insieme quei momenti di gioco e perversione e un rapporto normale tra persone normali, solo un po' più libere. Ad un certo punto mi diressi in cerca del bagno per andare a lavarmi le mani.
Si respirava un’aria pesante, carica di umidità. Stavo cercando la chiave della porta ma non la trovai e rinunciai a chiuderla. Questa azione, talmente semplice e allo stesso tempo carica di significato, mi risuonò in testa come una forzatura.
Era nella mia natura chiudermi a chiave in bagno, anche quando stavo solo a casa mia. Il fatto di dover cambiare questa mia abitudine ricordandomi della richiesta esplicita del mio compagno di giochi era qualcosa certamente intrigante, ma quale sarebbe stato il risultato finale?
Il cielo si fece cupo sopra di me. Il clima sembrava impazzito.
Pochi minuti dopo Cristian entrò in bagno senza bussare e mi fissò.
Io ricambiai lo sguardo.
“Stavi cercando la chiave, vero?” disse con tono quasi ammonitore.
“Si... è un’abitudine. Ma non è così importante adesso” replicai io, già infastidita da quell’atteggiamento così simile a quello di Guido.
“Meno male, perché questo è il bagno di servizio che uso solo io e spesso mi capita di doverci andare tempestivamente, per questo ho tolto la chiave.”
“Devi andare in bagno...?”
“Eh si. Ti dispiace?”
“Si ok. Esco subito.” risposi io.
Lui sbuffò. “Non ho intenzione di farti interrompere quello che stavi facendo! Finisci di lavarti le mani e non ti preoccupare...”
“Ma cosa dici? Non ci sono problemi per me...!” risposi io, quasi offesa.
“E allora posso entrare, si?” chiese lui, impaziente.
“Entra...!” risposi io, esausta e abbastanza avvilita da quella discussione.
“Grazie.” Cristian entrò e si diresse verso il gabinetto.
Io uscii e chiusi la porta alle mie spalle. Era diventata davvero strana questa coincidenza. Qualcosa non quadrava.
Tornata a tavola da Guido gli chiesi spiegazioni e se per caso avesse fatto anche a Cristian quel discorso su cui si era fissato.
“Mi spieghi perché hai detto anche a lui questa faccenda del bagno?” gli chiesi.
“Semplice, Serena. Ti vedo intimorita. Ti vedo poco in sintonia. E' come se quello che ti ho chiesto di fare lo facessi per forza. Non lo sentissi naturale” disse lui.
Io andai su tutte le furie. Mi aveva proprio fatto incazzare.
“Ma che problema c'è se una preferisce stare in bagno da sola? Abbiamo già fatto di tutto. Un momento di privacy non è concesso?”
Lui mi guardò, stupito dal mio cambio di umore.
“Intanto calmati. Stiamo discutendo normalmente.” provò a dire.
“Ma io sono calma! Il fatto è che trovo questa storia abbastanza priva di senso...! Mi fai sentire parecchio inadeguata per qualcosa di inesistente.”
Guido mi guardò intensamente, capì d'aver esagerato, si morse il labbro poi continuò.
“Perdonami. Io ci tengo molto a questo gioco. Scusami se hai interpretato male. Quello che voglio è che tu ti senta assolutamente libera in mia presenza... e ora anche in presenza di Cristian che come hai visto è un tipo a posto, soltanto questo. Ho come avuto l'impressione che tu facessi quelle cose solo per fare contento me. Chiuditi pure a chiave se vuoi. Non ti voglio forzare.”
Voleva che mi aprissi a lui in tutto e per tutto, senza lucchetti, senza serrature e io manifestavo insofferenza.
In fondo, quello che stava facendo non era altro che un test per vedere fino a quanto ero disposta a dargli fiducia e affidarmi al suo gioco, dovevo rifletterci meglio.
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Per scoprire cosa è successo prima e cosa accadrà dopo passa a trovarmi sul mio blog https://lenottidisanlorenzo.wordpress.com

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