Io e Andrea, Capitolo nove. Epilogo

Scritto da , il 2022-05-13, genere trans

Io e Andrea. Capitolo nove, Epilogo
L’idea di dover pensare al futuro iniziava a frullarmi in testa. Non che sentissi la necessità di costruire famiglia nel modo tradizionale del termine, ma uscire dalla convivenza con mia madre per respirare aria di casa mia assieme alla persona che amo quello si. Ero disponibile a scegliere una località che fosse congeniale alle sue esigenze ma una casa dove vivere insieme diventava ogni giorno di più un bisogno per me. Andrea da quell’orecchio proprio non ci sentiva. Proposi il tema nei momenti che mi parvero più propizi, a tavola in compagnia con la coppia Gay, che aveva optato per questa scelta felicemente da anni definendo il futuro insieme anche dal punto di vista giuridico per evitare equivoci.
Andrea ascoltava sorrideva, si accostava per delle moine, ma rimaneva in silenzio. Iniziò stranamente a parlare di qualche esperienza del passato (cosa che non aveva mai fatto). Espose in maniera anche circostanziata, una serie di episodi vissuti con “L’Amico” che aveva prima di conoscermi e che, (senza averne mai fatto menzione), in tutti quegli anni, non aveva sentito che per qualche breve saluto telefonico, ma non avevano mai sciolto il rapporto d’amicizia. Giurava che tra loro il sesso era morto da anni prima di conoscermi, lasciando vivo un sincero affetto che l’altro, (mio coetaneo peraltro), continuava a serbarle.
Dal canto suo Andrea non poteva che essere fedele a quell’amicizia che in tutto durava da vent’anni. Il Professore, l’aveva allevata sin da bambina accompagnando poi tutte le scelte. Tanto lei cresceva, quanto lui, per gravi problemi di salute, diventava impotente e tra i due si creò un legame di reciproco affetto. Il professore era sempre il benvenuto a casa sua, dove sua madre lo accoglieva con “Venerazione”. Capii subito che stavamo su due piani distinti e nemmeno provai a confrontarmi, anche se la cosa mi rodeva parecchio.
Andrea iniziò a raccontarmi di lui negli ultimi tre giorni della nostra permanenza a Punta Kriza e lo fece con una certa insistenza. Con Lui visitavano musei e città d’arte, non si faceva sport e sceglieva solo alberghi di lusso al mare ed in montagna. La montagna degna di questo nome si identificava dai duemila metri e più. Gli altipiani o comunque sotto quella quota, non venivano considerati montagna (solitamente io e lei andavamo poco sopra i milleseicento a sciare. Le cose poi precipitarono quando capii che adesso, nonostante il professore fosse caduto in disgrazia, ai limiti della povertà, stava risparmiando da anni per proporle un fine settimana in un albergo da sogno per rimembrare i vecchi tempi.
Un’altra notizia mi fece perdere il sonno in quei tre giorni; il professore ricorreva di tanto in tanto, all’uso di sostanze, (non ebbi possibilità di conoscere quali). Mi imposi di non pensarci, in fin dei conti non avevamo ancora fatto alcun progetto sul nostro futuro assieme, o meglio, lo avevo pensato solo io. Facevamo l’amore come sempre, anzi, lo facevo ogni volta come se fosse l’ultima. In qualche momento mi sembrò addirittura di essere violento con la rabbia che provavo per quello che avevo scoperto. Mi sentivo preso in giro anche se in realtà lei non mi aveva mai promesso nulla.
Quando potevo averla, in qualsiasi occasione, di giorno o di notte. Mi abbandonavo al desiderio senza filtrarlo con la valutazione se fosse il momento giusto, se lei potesse essere d’accordo o meno. Iniziavo a baciarla la mordevo la volevo “possedere”. Un atteggiamento che non mi era mai stato congeniale ma in quei giorni mi sembrava l’unico capace di risarcirmi di qualcosa che vivevo come un torto subito. Andrea continuava a sottolineare come l’amico di tanti anni la portasse sempre in hotel di lusso, le facesse da cicerone nelle gallerie d’arte e nella visita a ville e residenze storiche. E ancora, come fosse un profondo conoscitore di vini e non tenesse minimamente alla forma fisica (quindi non l’avesse mai stressata con prestazioni sportive). Insomma il nostro rapporto era un fallimento.
Non si lamentava mai del mio nuovo modo di fare l’amore, il professore era pressoché impotente, microdotato, si limitava a qualche pompino, e durava a malapena poco più di un minuto. Questo avrebbe dovuto lusingarmi, ma Andrea sembrava di punto in bianco avere messo in second’ordine il sesso. Ero “noioso”, dopo il sesso sentiva la necessità di bere, di bere molto, stordirsi! Non potevo condividere una tal visione. Io amavo vivere coscientemente ogni attimo dell’accoppiamento per gustarne il profumo, il sapore, l’emozione accesa e alimentata dalle esperienze vecchie e nuove. Niente a che fare con situazioni anestetiche qualsiasi ne fosse la genesi.
Cercai tuttavia di assecondarla quando la penultima sera, la coppia gay le aveva procurato un po’ di fumo, le feci compagnia dopo l’amore. Lei però ne approfittava per stare da sola, distante da me. Non c’era nessuna condivisione, ma solo il rifugio in una pratica che non sentivo. La mattina seguente affrontammo il discorso con tutta la serenità di cui ero capace e lei mi confermò di voler fare l’esperienza di un soggiorno nello stesso posto dove eravamo, con l’amico di sempre.
Ero sconvolto ma allo stesso tempo consapevole che una diversa prospettiva avremmo comunque dovuto darla a quel rapporto. Al rientro mi tuffai nel lavoro anche se la testa ed il cuore rimasero altrove. Sapevo che Andrea con l’amico di sempre erano ripartiti il giorno dopo per occupare lo stesso angolo della riserva che ci aveva visto vivere il mio incanto. La promessa di telefonarmi la sera durò i primi tre giorni, poi la chiamata avvenne solo nella tarda mattinata, quando si svegliava.
La sera erano troppo sbronzi (o fatti per usare una sua versione che le scappò nel corso di una delle stringate conversazioni telefoniche). La mattina si svegliavano tardi, mangiavano qualcosa e tornavano alla stessa occupazione. Mi rassicurò che non dovevo preoccuparmi per il sesso, lui non riusciva a trovarlo nemmeno per fare pipì. La cosa non mi interessava, nzon era quello che volevo da lei, o almeno non solo quello. Mi sembrava di impazzire, l’amore con Andrea mi mancava come l’aria che respiravo, il solo pensiero di non poterla avere mi procurava un dolore fisico e dal punto di vista psicologico ero angosciato. Ricorsi ai miei vecchi rapporti sociali che risposero prontamente (per mia fortuna), ma non ne ebbi il giovamento sperato.
Mi sembrava non riuscire a trovare ristoro per intere settimane, lei tornata a casa non mi rispose al telefono e non accettò di incontrarmi dopo che ebbi apertamente disapprovato la scelta fatta di condividere quell’esperienza con l’amico. Ottenni come risposta l’affermazione che si, ero un bravo amante, l’uomo che ha sempre desiderato per fare l’amore! Ma quella con me non sarebbe stata la sua vita. Non era quello che l’avrebbe fatta felice. Quella era la mia vita, quella di un borghesuccio conformista. Lei amava la trasgressione, la vita con la lettera maiuscola, fatta anche di imprevisti e di eccessi, ed io non gliela avrei saputa dare.
Dovevo smettere di pensarla, ma non ci riuscivo, dopo un paio di settimane mi misi ad elemosinare almeno un incontro per fare due chiacchiere. Me lo concesse e quando ci incontrammo dopo cinque minuti eravamo nell’aia della casa dei nonni a rotolarci come due animali nel plaid steso sull’erba, stavamo scopando alla grande, come se non avessimo mai smesso. Stavolta però provai ad alzare la testa e guardare quello che stavamo facendo dall’alto, come se nella mischia non ci fossi io con il mio corpo ed i miei sentimenti, ma un altro, diverso da me.
Lei era quella di sempre, le stavo succhiando l’alluce destro mentre tuffato nel suo corpo mi stava concedendo una penetrazione da urlo. Ansimava e godeva come sempre, ma ebbi per la prima volta la sensazione che lo avrebbe fatto anche con l’amico professore se avesse avuto la stessa prestanza che avevo io. La certezza che non amasse me, ma si servisse solo del mio corpo, anestetizzò di colpo quella sofferenza che mi rodeva dal rientro della vacanza. Ultimai la prestazione mancando però di dichiarare il mio amore come facevo sempre.
Lei parve non accorgersene e mentre ci rivestivamo, evitai le moine che caratterizzavano l’epilogo di ogni unione. Nessun commento da parte sua, ne approfittai per dirle che da come erano andate le cose avremmo dovuto prenderci una pausa così lei avrebbe potuto continuare le sue frequentazioni magari per trovare la giusta risposta. Di rimando, confermò la mia tesi: non aveva nessuna risposta da trovare, lei stava già bene così, quella con me non era la sua vita. Ci salutammo, non si fece mai sentire ne io la cercai più.
Il ricordo di lei è vivissimo segnato nel profondo del mio essere. Non trovai mai la stessa gioia nel darmi che sentivo nel sesso con Andrea. Ero solito farla sorridere quando durante il coito le dicevo che era dentro di me! Adesso mi rendo conto che non poteva comprendere quello che intendevo. Si limitava ad analizzare solo la fisicità di quelle azioni, mentre io attendevo alla profondità di un sentimento che veniva solo completato dalla fisicità ma era radicato in ogni mia fibra.

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