Io e Giovanni, parte quarta

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genere
trio

Io e Giovanni, parte quarta
Sembrava dovessimo continuare all’infinito in quell’incessante rincorrersi degli eventi. Io ero sempre più coinvolto nel rapporto con quell’ingombrante amico che si era intrufolato nella mia vita. Lui era divenuto un parassita del mio comportamento per cercare di assomigliarmi anche se resa dei conti, di fronte alle ragazze e nei rapporti sociali in generale, non riusciva a superarsi fermandosi sempre dietro la riga dei buoni propositi. Ma io mi vedevo oramai partito per la tangente. Ero arrivato a proporgli di farci reciproci pompini durante gli spostamenti in auto. Fare sesso con lui era diventata una dipendenza. Scopavo con un paio di amiche oramai da quasi cinque anni ma con loro gli appuntamenti diventavano per forza di cose sempre più radi perché durante gli spostamenti Giovanni mi faceva eiaculare almeno un paio di volte, ed io a lui.
A questo poi andava aggiunta la nostra sessione di sano sesso consumato a letto la sera a casa mia, dove oramai si fermava a dormire fino a tarda notte per poi alzarsi e tornare a casa sua. La cosa andava avanti senza che mi potessi rendere conto della deriva dove mi stavo arenando. Sua cugina era contentissima del nostro rapporto, mi confermava la crescita sociale del ragazzo che sembrava trasformato, e sorrideva quando lo vedeva indossare giacche o maglioni simili o addirittura uguali ai miei. Arrivai a proporlo a Lidia, una delle mie amiche. Ci mise due minuti a scoprirmi e sbattendomi in faccia la sua diagnosi mi disse: so che sei molto aperto di vedute, ma stavolta ti sei innamorato di un uomo!
Non ebbi il tempo di replicare, la sua diagnosi era vera! Non pensavo fosse così evidente, ma per coerenza con la mia fida scopamica, ammisi la mia debolezza. Si limitò a raccomandarmi di non perdere la testa e acconsentì a fare una bella sessione di sesso a tre il pomeriggio successivo. Quando lo dissi a Giovanni rispose con affermazioni di incredulità; pensava lo stessi prendendo in giro. Quella sera facemmo sesso con rinnovata partecipazione, mi sembrava quasi passionale, ma forse ero io che lo volevo vedere così. Di fatto non perdeva occasione per chiedere conferma che l’indomani “sarebbe andato in figa”! Questa la sua colorita affermazione mentre con il mio uccello ben piantato nel suo morbido prezioso culetto, roteando e pompandolo, si consolava che avrebbe finalmente provato cosa significasse il sesso con una donna.
Con una delle mie donne poi; questo era il punto. Fu bello come sempre, anche quella sera, volle trattenere tutto lo sperma dentro di se e come sempre erano due le razioni di sborra, perché dopo una decina di minuti al massimo, per la troppa eccitazione, mi svuotavo nel caldo morbido corpo dell’amico. All’epoca riuscivo ad eiaculare fino a cinque volte nelle ventiquattro ore. Il giorno dopo come da copione Giovanni non stava nella pelle, era agitatissimo e quando partimmo da casa mia per andare da Lidia, volle guidare lui la mia macchina, così si sarebbe calmato un po’. In realtà, appena imboccato la strada principale, accarezzandomi la patta, mi chiese di procedere al solito pompino al guidatore.
Acconsentii e come oramai era nostra abitudine mi riempì la bocca di sborra che ingoiai diligentemente rimettendogli il cazzone al momento domato, dentro la patta. Sembrava più calmo, mi chiese il cambio alla guida e appena ripartiti mi restituì il favore, rosso in viso sembrava essersi veramente tranquillizzato, il viaggio durò una buona ora e mezza e quindi avrebbe avuto il tempo di sbollire la sua ipersensibilità. Una volta arrivati, parcheggiai e gli dissi di sentirsi libero di dire e fare quello che voleva. Lidia sapeva di noi ed era una donna aperta ad ogni tipo di esperienza. Era tornato ad essere nuovamente nervoso, lo vedevo da come si muoveva a scatti, ma quando Lidia apparve nell’androne del palazzo, venendoci incontro dopo avermi baciato sulla guancia lo abbracciò dicendo: e tu sei il famoso Giovanni!
Lui quasi indagando ribattè con un: addirittura famoso! E lei: eh si mio caro, il tuo amico quando siamo insieme parla spessissimo di te. Poi salendo nell’ascensore: pensa che ogni volta che scopiamo da qualche mese a queste parti, mi dice: chissà come farebbe Giovanni questa posizione o come ti prenderebbe, ecc. Quando le porte dell’ascensore si chiusero, Lidia lo avvolse in un abbraccio e infilandogli la lingua in bocca iniziò ad esplorarlo infilando subito una mano dentro la cintura dei pantaloni, facendo uscire le punta del cazzone. Limonarono subito con foga e non smisero nemmeno quando la cabina arrivò all’ultimo piano attico, dove abitava la donna.
Lidia mi lanciò il mazzo delle chiavi togliendole dalla tasca e stava letteralmente procedendo placcando e trascinando a tratti il mio amico. Entrati in casa, iniziò a spogliarlo lentamente e lui si lasciava fare partecipando con foga a quei baci che sapevano più da belva affamata di sesso che di un comune amplesso. Giovanni ora era nudo e Lidia schiaffeggiava il suo cazzone senza pietà dandogli qualche colpo di sega ma continuavano con uno strano bacio e lui non prendeva alcuna iniziativa. Non sapevo che gioco facesse Lidia perciò decisi di spogliarmi velocemente ed entrare a gamba tesa tra i due.
Con una rapida mossa liberai Lidia dalla gonna, come immaginavo, sotto non aveva nulla. Accarezzai la figona dell’amica (aveva due grandi labbra molto pronunciate). Senti che pagnotta già grondante dissi ad alta voce. Vuoi che la prenda io o ti muovi a consumarla tu, ammonii il mio amico. Giovanni allungò la mano e quando si impadronì della pagnotta, si staccò dal bacio per inginocchiarsi in adorazione del pane celeste che mai aveva potuto avere. Lidia aprì le gambe e in quella posizione lo lasciò in adorazione per qualche secondo, poi lo prese per mano verso il grande divano in pelle nera. Avevamo entrambi un’erezione marmorea e Lidia perdeva gocce dalla pagnottona brunastra perfettamente depilata.
La vuoi leccare lo invitò maliziosamente. Giovanni si apprestò ad un cunnilinguo nascondendosi fattivamente tra le cosce dell’amica. Lei si espose tutta alle sue voglie, ma mi attirò a se per regalarmi uno dei suoi voraci pompini. La cosa era esilarante, pensavo che avrei sborrato precocemente per l’eccitazione, ma il mio cazzo era talmente teso da sembrarmi quasi anestetizzato. Giovanni leccava e mordeva, a tratti Lidia lo pregava di continuare o di smettere o di andarci piano. Lui era talmente perso nella pratica che risultava fradicio degli umori della donna, dalla fronte imperlata, al mento gocciolante.
Lidia gorgogliava col mio cazzo in bocca, mugolava per il capolavoro di Giovanni nella figa e per il mattarello che si stava lavorando in bocca. Continuò così per una mezzoretta, con qualche variante: si smenazzava il mio cazzo leccando le palle e la cappella e alzava le gambe per permettere a Giovanni di passarle bene il perineo e l’invaso del culo che io sapevo sempre pronto a ricevere il cazzo al momento della sborrata. Oggi la cosa si stava presentando intrigante pensai e provai a dirglielo, ma togliendosi il cazzo dalla bocca mi disse quasi sogghignando, che oggi aveva intenzione di divertirsi più del solito.
Si stese sul divano e trascinò letteralmente Giovanni sopra di lei, facendolo soffermare tra i seni generosi, dove l’amico parve nuovamente perdersi tra le morbide rotondità ed i puntuti capezzoli. Leccava e mordeva senza sosta, pago solo della scoperta di quel corpo chissà quante volte sperimentato negli anni senza essere mai completamente svelato vista la reazione compiaciuta di Lidia alle attenzioni dell’amico. Ma i convenevoli erano finiti! Aprì le gambe e offrendogli nuovamente il gioco del mordi/baci in bocca, si invaginò tutto il cazzone dell’amico in un’unica soluzione. Lo capii senza guardare, dal gemito indescrivibile di Giovanni.
Non poteva infatti sfuggirmi l’evento, il culetto dell’amico era letteralmente imprigionato tra le solide gambe della donna che aprendosi completamente come ben sapevo, si lasciava ravanare la pagnotta regalando emozioni da fica indimenticabili. Giovanni iniziò a pompare come un forsennato staccandosi dalla bocca, puntando i pugni sul letto all’altezza dei fianchi. Mi aspettavo da un momento all’altro che gli uscisse la bava dalla bocca vista l’emissione ritmica di rantoli e mugugni. Io stavo li col cazzo marmorizzato dandomi qualche colpo di sega, a contemplare la scena.
Lidia mi lanciò uno sguardo soddisfatto, aveva gli occhi lucidi per il piacere che il cazzo di Giovanni le stava procurando. Che fai li mi chiese, vieni qui, non sarai mica geloso, adesso lo vedi come mi scopa sto mandrillo, sono in un lago di broda ma ce n’è per tutti e tre, vieni qua vicino, adesso lo fermiamo un po’ perché bisogna fargli un po’ di scuola. Detto questo, gli cinse la schiena con le gambe bloccandolo ben piantato ed iniziando lentamente a roteare il bacino. Cambiamo gioco gli suggerì. Giovanni sorrise, era sudato, la pelle liscia e ambrata luccicava nella pallida luce dell’ampio salone.
Mi avvicinai come richiesto e Lidia che continuava a tenere imprigionato il cazzone muovendosi lentamente, prese a leccarmi l’asta e la cappella tesa e lucida, attirando anche Giovanni nel gioco, poi si mise a quattro zampe e ci scambiammo nel più scontato dei giochi a tre; uno in bocca ed uno in figa. Il mio amico mi incalzava per abbreviare al massimo il mio turno di fica, staccandosi dalla bocca ed affiancandomi col cazzo in mano ben segato pronto ad immergersi nella pignatta brodosa che già si presentava beante dopo ogni sessione di penetrazioni.
L’amica era una vera attrice porno, ma anche un’abile regista. Fece sdraiare Giovanni e ci si calò a spegnimoccolo, strappandogli uno straziante lamento. Era così preso che non pronunciava nemmeno una parola. Lidia si gustava il mio cazzo in bocca pretendendo che Giovanni guardasse e commentasse la scena. Con quello stratagemma riuscì a scioglierlo un po’ per gelarlo con la frase: adesso che mi hai visto bene, chi glielo sa succhiare meglio fra te e me! Lasciò cadere la frase e si apprestò alla nuova coreografia, comprendendo che l’amico era prossimo a scoppiare.
Adesso sborrami pure tutto il tuo piacere in bocca, disse a Giovanni, e io ti darò altrettanto; poi rivolta a me: tu fatti un giro nella stanza posteriore che con tutta sta broda è già bell’e pronta. Giovanni mi guardò e mentre si girava disse piano: non andare via, Lidia lo sentì e scoppiò a ridere, smettendo solo quando si riempì la bocca col cappellotto del giovane amante. Appena avvenne l’abboccamento dell’amico con la mega fica di Lidia, dopo essermi ben lubrificato l’uccello e aver infilato un paio di dita nella cedevole rosa bronzea di Lidia, iniziai a scoparle il culo. Giovanni se ne accorse dopo i primi colpi ed iniziò ad accarezzare quel binomio cazzo culo, arrivando a fornirvi qualche energica lappata. Quanto la cosa lo avesse mandato fuori di testa lo capimmo pochi minuti dopo, stava letteralmente ruggendo senza alcun ritegno inondando la bocca della donna con una fontana di sperma.
Come le avevo detto, Lidia abbandonò il cazzo dell’amico per evitargli imbarazzi data la ipersensibilità postcoitale di cui era affetto, Lui rimase li sotto a toccare e leccare quel massacro sfinteriale che stavamo consumando e teneva anche tre dita dentro la figa per drenare tutta la broda che l’azione anale procurava. Lidia verbalizzava ogni orgasmo ed era veramente impossibile contarli. Come facevamo sempre, mi chiedeva lei di venire, e quando era pronta mi diceva anche come. Quel pomeriggio volle che le riempissi il culo e che poi con Giovanni spalmassimo il tutto sui nostri corpi per finire insieme nell’enorme vasca idromassaggio che era come sempre, pronta.
E così dopo averle esploso in culo lo sperma rimasto, con Giovanni raccogliemmo la broda dalla figa e dal culo; orifizi straordinariamente aperti, difficile resistere ad infilarci ancora il cazzo, ma eravamo d’accordo a non mettere disagio Giovanni per quella sua limitazione. Ci sarebbero sicuramente state altre occasioni, da come si erano svolti i fatti, immersi nella vasca, avvolti dalla schiuma, Lidia pronunciò le lodi per la prima volta di Giovanni, auspicando una visita successiva a breve. Per me va bene, si affrettò a dire l’amico subito aggiungendo: se va bene a tutti. Una sonora risata concluse quella scena, il gioco era fatto, continuammo il nostro bagno chiacchierando del più e del meno fino al rientro.
Quella sera Giovanni dormì da me. Si andò aletto presto perché la prestazione sessuale lo aveva provato. Poco dopo mezzanotte mi svegliò chiedendomi di fare l’amore, si era svegliato molto eccitato e non riusciva più dormire. Come potevo dirgli di no! Lo scopai piano e riuscii a mantenermi calmo evitando la sborrata precoce, sottolineavo ogni pompata con il racconto di quello che lo avevo visto fare a Lidia nel pomeriggio. Per la prima volta lo sentivo mugolare piano e verbalizzare qualche “sii, ancora, dai, dammelo tutto, spingi che mi sento pieno….”. continuammo finché non mi chiese di dargli il caldo latte che avrebbe conciliato il sonno. Volevo cercare di fare dello spirito chiedendogli se lo voleva in bocca, ma quasi in tono di rimprovero rispose che dovrei sapere ormai dove lo dovevo mettere. Così deposi il mio piacere notturno nel suo caldo astuccio prima di scivolargli a fianco e addormentarmi con il cazzo madido dei suoi umori.
Avevamo aggiunto alla nostra esperienza qualcosa di veramente grande. Il giorno dopo mi sentii al telefono con Lidia e l’entusiasmo con il quale mi invitò a programmare un nuovo incontro, fu la prova del successo che aveva avuto l’esperienza a tre. Non vedo l’ora di celebrare la prossima puntata disse sogghignando. Fissammo il pomeriggio di mercoledì della settimana successiva, era il giorno libero per tutti. Quando lo comunicai a Giovanni, gli brillarono gli occhi e portò subito la mano a massaggiarsi la patta.
scritto il
2021-11-27
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