La porta della cantina

di
genere
tradimenti

Tanti anni fa, finita la sessione di esami universitari di maggio, decido di trasferirmi al mare. La vecchia casa di famiglia, quella delle mie estati da bambino e alla morte del nonno, era stata divisa, la zia Francesca aveva preso il piano terra e la mamma il primo piano con il terrazzino. La zia aveva ristrutturato il suo appartamento per affittarlo, tenendosi una piccola parte per se, dove custodiva le vecchie botti del vino del nonno e un’infinita quantità di cianfrusaglie di cui non si voleva liberare. La mamma invece aveva fatto dei lavori per poterci vivere una volta andata in pensione e nel frattempo ce la godevamo d’estate. Arrivo nel primo pomeriggio, apro tutte le finestre per far arieggiare i locali e togliere quella puzza insopportabile di chiuso e dopo aver dato una sommaria ripulita esco a fare la spesa. Mi dirigo al mini market a poche centinaia di metri da casa. Una volta dentro la voce inconfondibile di Luisa, “Tesoro, ti sei trasferito per l’estate?”. Le vado incontro e ci abbracciamo. Luisa è una grandissima amica di mamma e della zia, una signora dolcissima, una lavoratrice instancabile, fin da piccola gestisce il mini market in paese, una persona di grande spessore, unico neo… ha messo al mondo Roberto, un coglionazzo incredibile, il classico bulletto, di professione nullafacente, un tipo davvero insopportabile ma per fortuna Luisa era riuscita a convincerlo a trasferirsi in Veneto dallo zio, che portava avanti una grande officina industriale con tanti dipendenti. “Allora, che mi racconti tesoro? La mamma quando arriva?”. Rispondo alle domande di Luisa quando mi interrompe “Tesoro mio, sai chi ha affittato casa della zia Francesca?”. “No, zia! (io la Luisa, la chiamavo zia)”. “Roberto! L’ha affittata per tutta l’estate, sono appena arrivati!” E qui mi ricordo che la mamma mi aveva detto qualche tempo prima del matrimonio di Roberto e che io avevo scherzato sulle capacità cerebrali della donna che aveva sposato, com’era possibile che una donna “normale” si fosse sposata con Roberto, per me, rimaneva un enigma troppo grande, quasi come il contenuto della valigetta nel film Pulp fiction. Finita la spesa, mi ero pure fatto sbaciucchiare da zia Luisa, torno a casa e mentre porto i pacchi in casa “Ehi tu, mantenuto, cosa ci fai qui?”. Con un falso accento veneto il tremendo Roberto si era palesato come una di quelle disgrazie che ti capitano quando meno te lo aspetti. “Ciao Roberto, come stai?” E qui parte un pippone infinito di Roberto, sulla sua nuova vita in Veneto, sui grandissimi guadagni che stava facendo con lo zio e mi invitava a fare lo stesso invece di perdere tempo sui libri. “Ma lo sai che mi sono sposato?” Gli dico che avevo appena visto la madre e che mi aveva informato, gli ho fatto le congratulazioni e proprio quando credevo di essermelo tolto dalle palle “Michela!” Roberto chiama la moglie che ci raggiunge in un attimo. Strano, Michela ha due gambe, due braccia, una testa e se non fosse per un’espressione chiaramente rincoglionita, sembra una tipa normalissima. Chiacchieriamo qualche minuto, Michela è perfino simpatica, finché ci salutiamo con la promessa di una cena tutti insieme. I giorni trascorrevano tutti uguali, la solita colazione al bar sotto casa e poi con libri e computer fino al tardo pomeriggio. La sera era dedicata al cazzeggio puro, videogames e partite a carte alla vecchia sala giochi. Erano circa le 10.00, ero appena rientrato dalla colazione quando squilla il telefono. Era Luisa, che con la voce disperata mi avvertiva che la nuora, Michela, era caduta in casa e si era fatta molto male, che Roberto, all’alba era andato a pescare con gli amici e che lei era sola al mini market, mi chiedeva se potevo accompagnarla alla guardia medica, dico subito di si. Mi precipito dalle scale e suono al citofono di Roberto, dopo pochi secondi esce Michela che con la faccia sofferente mi dice che è scivolata nel bagno e che ha un dolore tremendo al polso. A tutta velocità ci dirigiamo verso l’ospedale, la guardia medica non era un’opzione percorribile. In ospedale una gentile infermiera si occupa immediatamente di Michela mentre io mi accomodo in sala d’aspetto. Dopo circa 45 minuti, ricompare Michela. Ha il volto disteso e appena mi vede mi fa un sorriso. “Per fortuna niente di rotto, è andata bene!”. Torniamo verso casa. Michela comincia a raccontarmi un po' di se, di come ha conosciuto Roberto e della noia che la stava attanagliando da quando era venuta al mare, senza amici, con la suocera sempre al lavoro e Roberto che sgattaiolava ogni minuto per andare a pescare con i vecchi amici. Arriviamo al mini market quando Luisa ci viene incontro e le raccontiamo l’accaduto. Luisa mi abbraccia e mi ringrazia tantissimo, io saluto e lascio Michela al mini market. Dopo pranzo, me ne stavo a fumare sul terrazzino, quando sento le voci di Michela e Roberto, stavano litigando. Lei si era stancata di rimanere a casa sempre da sola ma a Roberto non sembrava che gliene fregasse molto delle urla della moglie, infatti la salutò e l’avvertiva che sarebbe arrivato prima di cena. E’ pomeriggio e sento ancora le urla di Michela, questa volta capisco che parlava al telefono con Roberto e dalla discussione capisco che la battuta di pesca si protraeva fino a tarda notte. Roberto non era cambiato, nonostante gli anni passati a lavorare lontano da casa, nonostante un matrimonio, era rimasto il solito insopportabile egoista. Mi fumo l’ennesima sigaretta sul terrazzino e proprio sotto, nel cortiletto interno della casa, Michela sta armeggiando con delle bottiglie di detersivo. La chiamo, le chiedo come va il dolore. Parte una lunghissima chiacchierata. Io in piedi e lei sdraiata sul divanetto. Finchè “E come se non bastasse la Luisa, credendo di farmi una cosa gradita si è autoinvitata a cena e viene pure con la sorella”, le dico che magari Luisa lo fa per non lasciarla sola visto che Roberto rimarrà fuori tutta la notte. La risposta di Michela è inquietante. “No, mi vuole solo controllare. Da quando sono qui e quando sa che sono sola mi chiama ogni quarto d’ora e diverse volte anche in orario di lavoro è passata a sorpresa da casa, con la scusa di portarmi la spesa e altre scuse ridicole si presenta senza essere invitata, addirittura una volta mi ha chiesto di poter usare il bagno, scusa ridicola perché non ne aveva bisogno ma l’ho vista che controllava in tutte le stanze”. Luisa? La dolce Luisa è una stalker? E qui Michela rincara la dose “Come questa sera che si è autoinvitata a cena, dice che viene a farmi compagnia ma lo so benissimo che viene solo per controllarmi, credimi, non vedo l’ora di tornare a casa mia”. Rispondo “Non ho parole, davvero, non credevo che la Luisa fosse così pesante, mi dispiace.” Continuiamo a chiacchierare quando Michela mi saluta “Mi ha fatto piacere parlare con qualcuno, ora faccio una doccia e poi preparo per la sera”. “Ehi stai attenta, già sei scivolata in bagno”. Michela “No, la doccia la faccio qui, all’aperto, ho appena finito di pulire la doccia esterna”. Ci salutiamo. Io non capisco se sono stato io a percepire della complicità in quel “No, la doccia la faccio qui, all’aperto” oppure è solo una coincidenza. Rientro in casa, bevo un po' d’acqua, rispondo a delle mail quando sento nitidamente lo scroscio dell'acqua spruzzata dal soffione, decido di tornare sul terrazzo, lentamente mi affaccio sul cortile privato, Michela era in bikini, nel box doccia, che zia Francesca aveva fatto costruire con mattoni e mattonelle smaltate in pieno stile azulejos portoghesi. Si, continuo a pensare che avesse lo sguardo un po' da rincoglionita ma che corpo. Non era molto alta e nemmeno magrissima, un concentrato di curve incredibili, una carnagione bianchissima, si stava insaponando e io mi godevo lo spettacolo con una sigaretta accesa. Lo spettacolo dura qualche minuto quando Michela chiude i rubinetti, prende un asciugamano, per farsi il solito turbante per i capelli, quando tira la testa all’indietro e mi vede. Michela mi sorride, mi saluta con la mano e si sistema sul solito divanetto. “Sei uno spione” E ride. E io con voce bassa “Eh ma tu mi dici che fai la doccia all’aperto, non potevo non dare un’occhiata!”. Breve chiacchierata, ci salutiamo, lei ha la cena con la zia e la suocera mentre io raggiungo i miei amici per una pizza. Sono le 07.00 del giorno seguente e io dormivo alla grandissima quando quel rompicoglioni di Roberto comincia a urlare e naturalmente urla anche Michela. La situazione stava degenerando, quelle urla cominciavano a snervarmi. Mi alzo, mi vesto come una furia ed esco, raggiungo il bar, faccio colazione. Torno a casa, tutto tace e mi metto a studiare. Poco prima di pranzo vado a fumare sul terrazzo, rivedo Michela sul divano a cazzeggiare con il cellulare. “Buongiorno, come va il polso?”. “Buongiorno, va molto bene almeno quello!”. Michela mi racconta la cena della sera prima dove Luisa e la sorella sono rimaste fino a dopo mezzanotte, che si è annoiata da morire e della lite del mattino con Roberto. “Gli ho detto che voglio tornare a casa ma alla fine l’unica cosa che sono riuscita a ottenere è mia sorella, l’ho chiamata e gli ho detto di trasferirsi qui, così almeno posso uscire in compagnia e lui può andare a pescare tutte le volte che vuole”. Gli ho detto che mi sembrava un’ottima idea e che aveva fatto bene a chiamare la sorella. “Si mia sorella è una persona divertente, ci divertiremo, ora mi preparo qualcosa da mangiare, poi voglio riposare, sono stanca e alle 18.00 vado al mini market ad aiutare Luisa, ci vediamo dopo, diciamo per le 17.00?” E ride. Io rimarco l’orario. “Ok, alle 17.00, sarò puntuale qui in prima fila”. Ridiamo, ci salutiamo. Faccio mio il copione di Michela, anche io per colpa sua e di quell’idiota di suo marito ho sonno e sono stanco. Mi sveglio carico e decido di approfittarne per studiare un po'. Sono le 16.00 e comincio a sentire rumore giù nel cortiletto, Michela si era messa perfino a canticchiare “Alba chiara” di Vasco, a questo punto sono sicuro, lo faceva apposta ma ci eravamo accordati per le 17.00 e nonostante la curiosità di vedere cosa stesse facendo rimango sui libri. Alle 17.00 in punto, mi accendo una sigaretta, quando vedo Michela giù nel cortile, sdraiata con il solito cellulare. “Sono le 17.00?” mi chiede con una voce da stronza. “Si, sono le 17.00, ti devi preparare, devi andare a lavorare” Ride. “Non me lo ricordare, ti prego”. Senza dire altro, si alza, si toglie i pantaloncini, la maglietta, rimane in bikini, senza accertarsi che io fossi ancora lì, secondo me aveva la certezza che fossi lì e si dirige verso il box della doccia. Prima di entrare mi guarda, apre il rubinetto e immediatamente si mette proprio sotto il soffione. Prende il bagnoschiuma e comincia a insaponarsi. La scena era eccitante, inutile negarlo ma quella stronza aveva deciso di farmi impazzire, appoggiandosi con il corpo alla parete del box, si mette proprio di fronte a me. Sgancia il reggiseno. Si massaggia quelle tette enormi con il bagnoschiuma e mi guarda. Mi guarda con un sorrisetto da bastarda che mi fa impazzire. Si tocca anche tra le cosce ma non toglie le mutandine, ci infila la mano, si sta masturbando e con l’altra si accarezza le tettone. Gode. Gode piano, in silenzio, rimane ancora sotto la doccia qualche istante. Dopo qualche minuto esce, si asciuga, si guarda intorno, prende il cellulare in mano e a bassa voce “Dammi il tuo numero” Michela prontamente digita le cifre del mio numero sul suo telefono. “Vado al mini market, ti posso scrivere dopo cena” le dico che può scrivermi quando vuole. Ci salutiamo. Intorno a mezzanotte mi arriva un messaggio. Era Michela. Era tornata a casa da poco, Luisa l’aveva invitata a casa a cena e poi l’aveva accompagnata a casa. Chiacchieriamo per sms e naturalmente la discussione finisce sulla doccia pomeridiana, mi dice che si era molto divertita, che era stata una cosa eccitante, peccaminosa e che l’aveva mandata fuori di testa, gli era piaciuto un sacco farsi guardare. Le dico che anche a me era piaciuta l’idea, che la trovo molto bella e che ha un corpo da sballo. “Mi vuoi vedere ancora?” le dico subito di si. “Esci, dai, vieni a guardarmi”. Con un’eccitazione che a momenti mi acceca, mi dirigo verso il terrazzino, tutto buio, quando arriva Michela. E’ in reggiseno e mutandine. Mi guarda, sempre in silenzio. Si toglie il reggiseno e lo appoggia sul divano, si toglie le mutandine, si sdraia, è esattamente sotto di me purtroppo a qualche metro da me, con tutte e due le mani si accarezza le cosce e poi convergono sulla fica, mi guarda, mi dice qualcosa ma non riesco a sentirla, abbandona il massaggio, prende il cellulare e mi scrive “Ti stai segando?”. Le faccio capire di no ma che stavo per cominciare. Michela è eccitatissima. Ritorna a massaggiarsi le magnifiche tettone e la fica. Io la guardo e comincio a segarmi. Passano pochi minuti e quando Michela mi fa capire che sta per godere, godo anch’io. Michela mi indica il telefono, mi saluta e torna in casa. Breve ripulita in bagno e torno a messaggiare con Michela. I giorni passano tutti uguali, la mattina colazione al solito bar, poi studio e la serata cazzeggio e quando Roberto va a pescare io e Michela facciamo le solite porcate. Non ci basta più. Michela ha troppo paura delle incursioni di Luisa per farmi entrare in casa o venir su da me e io sono pure titubante, mi sembrava di fare un torto un po' troppo grande a Luisa ma Michela mi faceva impazzire sempre di più. I messaggi erano diventati pornografici e in pratica girava per casa nuda quando Roberto era fuori. Era un tormento. Una sera torno a casa subito dopo cena, appena in casa sento delle voci dal cortiletto, riconosco la voce di Luisa e mi scappa una risata, pensando alle parole di Michela e a quanto si starà annoiando. Guardo un po' la tv. Intorno a mezzanotte mi arriva un messaggio, era Michela. Mi aveva sentito rientrare e finalmente si era liberata di Luisa che anche quella sera si era autoinvitata a cena perché Roberto era andato ancora una volta a pesca e rimaneva fuori tutta la notte. Messaggiamo. A un tratto Michela mi scrive “Ma quella porta nella lavanderia, sotto la scala, a che serve? E’ una stanza che tua zia usa per tenere le proprie cose?” Per un attimo ci penso ma io ho visto solo una volta casa di zia Francesca dopo i lavori. “Non lo so, non conosco bene la casa dopo la ristrutturazione”. Continuiamo a messaggiare ma sono troppo preso dalla curiosità di quella porta, mi alzo e cerco le chiavi della cantina. Le trovo. Senza dire nulla a Michela, esco e vado giù nella mia minuscola veranda, la percorro fino in fondo, apro la porta della cantina, la solita puzza di vecchio mi assale, è tutto rimasto come una volta, giro tra le botti, quando proprio sotto la trave delle scale vedo una porta. Mi avvicino. E’ una porta nuovissima e c’è la chiave inserita. L’eccitazione mi distrugge. Mando un sms a Michela. “Che tipo di porta è?” “Aspetta, vado a vedere” sento nitidamente la presenza di Michela dietro la porta. “E’ una porta di legno bianca”. Bingo. La zia avrà lasciato un’apertura dalla casa alla cantina per non dover fare il giro e che chiude quando l’affitta. Mando un messaggio a Michela. “Ho voglia di te”. La risposta arriva immediata “Anche io, farei di tutto per te”. Ritorno in veranda, tutto buio, è il momento buono. E’ l’una di notte. Ritorno in cantina, chiudo a chiave la porta. Mi dirigo verso la porta interna. Scrivo a Michela “Mi hai fatto venire la curiosità, sono andato giù in cantina e ho scoperto che la porta è un accesso da casa tua alla cantina” La risposta di Michela è inequivocabile “Ti prego dimmi che puoi aprirla” le rispondo “Sono proprio dietro la porta” La risposta di Michela questa volte è a voce. “Apri! Apri! Apri!”. Giro la chiava nella serratura e apro la porta. Michela con un sorrisone incredibile a voce bassa “Non ci credo, non ci credo”, mi viene incontro, mi invita a entrare. Michela è in lingerie, un completino nero, non di quelli eccitanti, molto sportivo ma che le stava da dio. Il minuscolo locale della lavanderia è piuttosto angusto ma la lavatrice offre un ottimo ripiano. “Sei troppo vestito per i miei gusti”. Mi sfilo i bermuda. “Togli tutto”. Mi tolgo anche i boxer, la tshirt, mi siedo sulla lavatrice. “Prendilo in bocca ora”. Michela si fionda letteralmente tra le mie gambe e comincia a torturarmi il cazzo leccando la punta e guardandomi negli occhi. Ci sa fare, è tremendamente sexy, si muove con un’armonia incredibile e io approfittando della posizione, le sgancio il reggiseno, non vedevo l’ora di guardarle bene quelle tettone e lei lo sa bene, talmente bene che smette di pompare e si mette in piedi tra le mie gambe. “Toccale, sono qui ora, non puoi solo guardarle”. Le tocco, sono meravigliose, sono dure, piene, sono enormi, con i capezzoli molto grandi, da succhiare e infatti Michela prende e avvicina un seno alla mia bocca, me lo fa succhiare, con l’altra mano mi sega dolcemente. Ci baciamo. Lo prende ancora una volta in bocca facendomi impazzire finché piano piano mi scosto, scivolo giù dalla lavatrice, la prendo in braccio, la faccio accomodare. Michela spalanca le cosce “Ti prego leccala”. Esaudisco immediatamente il suo desiderio, mi stringe le cosce intorno al viso, con una mano mi tiene la testa. “Ti prego continua, continua”. Sono lì piegato con la testa ficcata tra le sue cosce, profuma di buono, sa di buono, adoro come mi parla, come si gode il momento, dice certi “Siiiiiii” che mi fanno impazzire, le torturo la fica con la lingua quando lei allenta la presa della mia testa e apre le cosce, si sposta, scende dalla lavatrice, ci baciamo, ci abbracciamo. “Prendimi” con un sorriso da gran bastarda, mi guarda, si gira, si appoggia alla lavatrice, divarica le gambe. Piegata, vogliosa davanti a me, le metto una mano tra le cosce, è talmente bagnata che mi fa impazzire. “Prendimi, prendimi ora”. Eseguo gli ordini. Gli strofino il cazzo tra le natiche, sulle labbra e quando sta praticamente implorando di metterglielo dentro, l’accontento. Guardo le sue tettone dondolare sotto i mie colpi e ogni tanto appoggiarsi sul piano della lavatrice, ogni tanto gliele accarezzo, strizzo ma è una parentesi perché il must di Michela è “Tienimi per i fianchi” mentre la scopo lentamente ogni tanto si gira a guardarmi e dire qualcosa di sconcio “Ora fermati” eseguo ancora una volta. Michela fa dondolare il culo, in pratica mi scopa rimanendo piegata, è armoniosa veramente, si muove in maniera elegante, non è mai volgare, nemmeno per un secondo. La sento ansimare più forte, la prendo con forza. Non aspettava altro. Gode. Purtroppo gode trattenendosi, avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto dirmi quanto le stava piacendo ma io l’ho capito, ho capito tutto. Stanca e soddisfatta si appoggia completamente sul piano della lavatrice. Dopo qualche istante si rialza. Curiosa allunga lo sguardo oltre la porta. “Ah tenete le botti del vino” e comincia a girare nuda per la cantina. “Ma c’è il vino?” Rispondo immediatamente. “Certo!” E indicando le botti “Rosso, rosso, bianco” Michela “Io adoro il bianco” e si dirige verso la botte del vino bianco. “Ci sono dei bicchieri?”. “No, non credo, puoi prenderne uno dei tuoi in casa oppure ti pieghi, apri il rubinetto e bevi”. Michela ha capito che il mio “Ti pieghi”era un desiderio e mi accontenta. Con grande classe si piega sulle ginocchia, con le dita apre il rubinetto ma lo fa troppo velocemente e in pratica viene innaffiata di vino bianco. Un po' spaventata e un po' divertita si mette in piedi. “Mi sono sporcata tutta” E ride. “Potrei sporcarmi di più però”. Prendo la palla al balzo, vado da lei, che ritorna a mettersi accovacciata. Me lo prende in bocca, sa cosa voglio, in quelle interminabili chat erotiche con cui ci siamo massacrati i sensi glielo avrò ripetuto almeno 100 volte che avrei voluto godere sulle sue tette. Mi accontenta. Lo succhia e poi lo prende tra le tette. “Volevi questo? Dimmelo, volevi questo?” le dico subito di si. Ogni tanto avvicina la bocca per leccarmi la punta e continua a massaggiarmelo tra le tettone finché, mi lascio andare e godo sul suo seno. Michela ora era sporca davvero. E mentre io cercavo di ristabilire un contatto con la realtà, aveva di nuovo aperto il rubinetto ma questa volta aveva fatto tutto lentamente. Siamo rimasti in cantina a chiacchierare ancora per un bel pezzo. Abbiamo anche bevuto diverse volte. Con un lungo bacio appassionato ci eravamo salutati. Ho chiuso la porta e sono tornato in casa. I giorni passano tutti uguali, la mattina colazione al solito bar, poi studio e la serata cazzeggio e quando Roberto va a pescare io e Michela facciamo le solite porcate, le abbiamo continuate a fare per tutta l’estate, anche quando è arrivata la sorella. Sempre usando la porta segreta. Michela tradiva il marito e io tradivo zia Luisa ma ogni volta che mi vede continua a chiamarmi tesoro.
di
scritto il
2022-01-17
1 1 K
visite
7
voti
valutazione
3
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Il casello autostradale

racconto sucessivo

Chat - Scegli nickname: Ryan 74
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.