Liz: la storiella di una escort dalle buone maniere. Parte 2 La violenza subita.

Scritto da , il 2021-07-13, genere prime esperienze

Infatti, per quella sera, nello stesso Hotel mi venne assegnata una camera nello stesso corridoio del Presidente, stanza munita davvero di tutto.
Telefonai in portineria e chiesi di mettermi in contatto con il Presidente. Fu fatto. Lui mi rispose al telefono: “Sono qui. La mia camera è la n.788” (numero farlocco, quello vero non lo ricordo!).
Bussai. Mi venne ad aprire il Presidente in evidente “déshabillè” e si scusò subito, da vero gentleman….Poi mi disse: “Togli il giacchino e vieni sul letto, voglio vederti pian piano.”
Feci come mi disse – non avevo scelta – e anche lui iniziò a svestirsi.
Poveretto! Dimostrava anche più dei dichiarati settanta anni, sembrava un lottatore di sumo in pensione e sessualmente era pressochè privo di “cartucce da sparare”.
Dopo essermi spogliata notai che il suo organo si era appena mosso. Ciò confermò la mia ipotesi che era soltanto un uomo che doveva “tirare i remi in barca”: Di fatto non era capace di prendere alcuna valida iniziativa. Feci il possibile e l’impossibile per tirarlo su; ed alla fine ci riuscii. Al momento giusto fui sopra di lui e guidai il suo membro fino a dentro di me. E l’operazione fu finalmente conclusa! Ma nel profilattico si poteva notare solo qualche piccola goccia di liquido.
“Brava, bravissima” mi disse. “Ora fammi l’ultimo favore: aiutami a fare la doccia e grattami in po’ la schiena. Poi potrai andar via. Prendi la busta che ti ho lasciato sul tavolo.”
Feci quanto mi fu richiesto (come una badante!), presi la busta e, dopo aver augurato la buonanotte, andai via.
Quanti soldi!!
Il giorno dopo fui volontariamente avvicinata dal direttore commerciale, un uomo alto e robusto, con chiaro accento scozzese il quale senza grandi attenzioni mi disse: “Il Presidente è rimasto entusiasta. A tal punto devi ripetere con me le tue performance”
“Ma?...” dissi.
“Nessun MA”. Sono nella camera 787, quella prima del Presidente. Il convegno finisce alle 17. Dalle 17,30 sono in camera. Ti aspetto.”
Questa vicenda mi stava dando un po’ fastidio. Ma negarsi al direttore commerciale significava dire “addio” ad ogni possibilità di entrare come collaboratrice nel loro staff e quindi addio ai miei sogni di gloria.
E sia.
Alle 17,30 bussai alla porta. Il direttore commerciale aprì. Aveva soltanto un pantaloncino ampio, molto ampio. Sul letto matrimoniale “alla francese” (più piccolo di quello tradizionale, ma più ampio di quello ad una piazza e mezza), solo due cuscini, un lenzuolo di lino spiegazzato ed un piccolo asciugamano.
Mi disse: “Copriti con il lenzuolo e spogliati. Lascia solo le mutandine ed il reggiseno slacciato.
Era una tecnica raffinata e peraltro da me sconosciuta.
Rimanendo vicino, il direttore, tirando giù il lenzuolo, scopriva centimetro per centimetro il mio corpo, cominciando dalla sommità del petto, poi pian piano un seno, scoprendo pian piano un’aureola e poi ancora il capezzolo, che veniva, una volta scoperto, succhiato, leccato, morso dolcemente… tutto un incanto.
Poi la spalla e più giù ancora… tutto scoperto pian piano, centimetro per centimetro, baciato dolcemente, leccato, fino al culetto.
Mi disse: “Hai una pelle eccezionale. Soda, costante, non un neo, non una imperfezione. La cellulite per te non esiterà mai.”
Giunto al culetto, non si stancava di ammirarlo. Mi aprì le natiche ed ammirò la forma naturale dell’ano. Non lesinava i complimenti. Forse tanti al punto che mi spinsero a dire: “Lo lasci stare. Il mio culetto non è in vendita”.
“Mi vuoi far credere che non lo hai preso prima?”
“Certo. E lo ripeto: il mio culetto non è in vendita”
E lui: “Basta con i preliminari. Pensavo durassero più tempo. Sei una favola. Il sangue mi è arrivato al cervello ed altrove…”
Ed iniziò a calare anche lui il lenzuolo pian piano fino a giungere al suo organo.
Alla vista rimasi basita. Era ENORME. Non tanto per la lunghezza o per la sua durezza, quanto per la sua circonferenza. In altre parole, un cazzo mostruoso.
Disse: “Possiamo cominciare”.
“Fermo! Deve usare il profilattico. Ho sempre usato il condom.”
Lui: “Sarà anche vero ma io non posso farlo per la conformazione. Mai usato profilattici in via vita. Ho moglie e figli. Il primo pensiero è per loro. Sono sanissimo. Non ti preoccupare.”
Era il mio secondo rapporto non protetto. Il primo fu quella della mia prima esperienza. Ma quel membro così generoso lo meritava!
Lui iniziò a penetrare come un instancabile stantuffo mosso da chissà quale forza. E la sua carne di esagerate dimensioni ma morbida e quasi cavernosa mi fecero giungere all’orgasmo prima di lui.
Non dissi nulla, proprio per non sottovalutarmi…. e lui continuò ancora per poco. Uscì il suo membro appena in tempo e vidi spruzzare il suo sperma come se fosse una fontanella diretto al piccolo asciugamano che volutamente lui aveva posizionato sul letto.
Alla fine l’asciugamano poteva essere strizzato per quanto era bagnato!
Lui disse: “Sei davvero un incanto. Voglio lasciarti un mio ricordo.”
Ed iniziò a mordermi il culetto dalla parte destra. Mordeva e succhiava fino a procurarmi quello che in lingua italiana viene tradotto come “succhiotto”. Un bel timbretto rosso al centro del gluteo destro.
Mi disse per ultimo: “Prendi la busta e va via. Però anche Thomas il bodyguard vuole conoscerti. E’ qui nella stanza a fianco alla mia.”
Riposi: “No, non è possibile. Non è mia abitudine ricevere più uomini nella stessa giornata come una prostituta. Mi dispiace ma non è possibile.”
Ma lui replicò: “Ma dài, anche Thomas fa parte dello staff. Fai il possibile”:
E quello fu il mio più grande errore: rispondere di “sì”.
Dopo una rapida doccia, mi rivestii, presi la busta e PURTROPPO bussai alla porta di Thomas.
E Thomas aprì…..
Thomas era un uomo che si presentava molto bene. Palestrato, di colorito olivastro – non ho mai capito le sue origini – il giusto portamento per un bodyguard. Non quei ciccioni che si trovano fuori dalle discoteche, ma un modo di muoversi quasi militaresco.
Ma ogni mia benevola considerazione svanì un attimo dopo.
Thomas era in realtà un tipo violento e cattivo. Un uomo dalla doppia personalità.
Appena mi vide sulla soglia, mi trascinò dentro con forza.
Iniziò e continuò ad offendermi.
“Ecco la puttana di turno! Ce ne hai messo di tempo prima di bussare a questa porta!”
“Su, troia, non perdere altro tempo. Spogliati completamente e rimani in piedi al centro della stanza.”
Poi ancora: “Apri le braccia, metti le mani sulla testa e gira su te stessa per tre volte”.
Eseguii gli ordini come un automa. Iniziai ad avere paura.
Lui: “Cosa è quel timbro sul culo? Chi te lo ha fatto?”
Mi prese per un braccio e mi tirò verso il letto. Lui si sedette sulla sponda. Mi spinse sulle sue ginocchia ed iniziò a sculacciarmi con forza.
“Lurida troia, avrei dovuto procurami una spazzola per vestiti. Il legno della impugnatura ti avrebbe fatto più male. Rispondimi: chi è stato?”
Non ce la facevo più e dissi: “Il direttore commerciale”.
Lui aggiunse: “Vecchio porco! E tu, puttanaccia, perché non me hai detto subito?
Meriteresti tanti schiaffoni! Ma ora basta. Mettiti alla pecorina.”
Non avevo scelta. Speravo solo che questo supplizio finisse in più presto possibile. Lui mise il preservativo ed iniziò a penetrarmi.
“Niente male. Meglio del previsto.”
Ma vedevo che pian piano ci stavamo spostando verso i cuscini. Con la coda dell’occhio vidi che lui sollevò un cuscino e prese un tubetto che aveva nascosto, tubetto simile ad un dentifricio.
“Questa è una bella pomatina. Un po’ a te ed un po’ a me. Anzi molto a te e molto a me.”
Ed iniziò a spalmare la pomatina sull’ano e poi anche dentro.
Urlai: “Stai fermo, cosa vuoi fare?”
“Cosa voglio fare? Te lo devo mettere nel culo. Non lo hai capito? Vuoi cha faccia lo spelling? No, è meglio la sillabazione: te – lo – de-vo met-te-re nel cu-lo! Mi hai capito ora?”
Ed iniziò a spingere prima gentilmente poi con spinte sempre più incalzanti. Alle mie grida ed alle mie preghiere di smettere rispondeva con degli schiaffi sul culo, sulla spalla e con pizzichi all’interno delle cosce.
Dette una spinta vigorosa ed avvertii un dolore terribile da far perdere i sensi.
Poi, sempre con il suo membro tutto dentro di me, mi disse:
“Ora, troia, pancia sotto, apri le gambe al massimo. Apri anche le braccia al massimo. Assumi una posizione come se fossi una stella.”
Come mi posi in quella forma, notai lui con le gambe dritte, quasi sull’attenti che continuava il suo rapporto. Poi, infine, a peso morto su di me, con il suo torace che schiacciava la mia spalla ed il suo alito che mi lambiva il collo. Era giunto all’orgasmo.
Ora, puttanona stai ferma. Se ti muovi ti farai anche più male. Te lo devo sfilare piano piano. E così fece.
Poi, COMPIACIUTO, mi mostrò il profilattico pieno di sperma e sorridendo mi disse: “Tutto sommato sei stata brava. Una brava zoccola. SEI LA DIACIANNOVESIMA RAGAZZA A CUI SFONDO IL CULO PER LA PRIMA VOLTA”.
Avrei voluto rispondere: “Bravo pezzo di porco. Che facciamo? Brindiamo?”
Ma non dissi nulla. Thomas con la sua violenza mi avrebbe schiaffeggiato in viso deturpandomi il volto. Con un dolore inenarrabile mi rivestii in fretta, presi la busta e mi avviai verso la mia camera.
Mi posi dinanzi al grande specchio dell’armadio e mi guardai il di dietro. La peggiore esperienza della mia vita. La pelle dell’ano (chiamatelo pure buco del culo!) originariamente raggrinzita e formata da piccole pieghe tutte uguali e visibilmente adorabili era sparita! Il buco si presentava aperto, attorniato da pelle liscia ed insensibile. Un dito poteva entrare ed uscire senza che io me ne accorgessi.
Iniziai a spruzzare dell’acqua fredda, poi calda, poi fredda. Nessun risultato. Solo un dolore immenso.
Riposi le buste nella cassaforte della stanza (ogni camera ne aveva una), uscii dall’albergo e presi un taxi. Ero diretta ad una farmacia. Qui giunta, non potevo certamente raccontare al farmacista quanto accaduto. Dissi soltanto: “Ho dolori forti dovuti al ciclo, dolori che giungono fino all’ano. Mi dia qualcosa”.
Il farmacista prese due scatole di supposte: una specifica per i dolori mestruali, l’altra per il “dolore cronico anale”. Pagai e con lo stesso taxi tornai in albergo. Mi infilai DUE supposte per il “dolore cronico anale” che entrarono velocemente. Mi posi pancia in giù per evitare che fuoriuscissero.
Quella notte dormii poco o niente. Oltre al dolore fisico, pensavo alla violenza subita ed al fatto che ormai ERO UNA CULAROTTA, UNA CULAPERTA, UNA ROTTA IN CULO e chi più ne ha, più ne metta. La mia moralità ormai era sottozero. Pensavo. “Se un giorno vorrò crearmi una famiglia, come mi presenterò al mio uomo?”
Pensavo che forse avrei patito la incontinenza fecale, con l’uso del pannolone e tanti altri cattivi pensieri. E mi tornava in mente quel porco del direttore commerciale che con il suo “succhiotto” mi aveva segnalato - per non dire venduta - al bodyguard come la sua prossima vittima. E quella “brava persona” che si vantava di avere una famiglia con moglie e figli!
Il giorno dopo andai in banca a versare il grosso malloppo e presi due giorni di ferie per rilassarmi.
Ma fu, tutto sommato, una pessima iniziativa.
Invero, durante il lavoro in agenzia viaggi si era sempre impegnati e i pensieri e le preoccupazioni passavano in second’ordine. I due giorni di ferie furono per me un continuo pensare e ripensare ai fatti accaduti, a ciò che mi sarebbe potuto accadere, alla moralità ormai compromessa ed a mille e mille altri pensieri.
Pensavo a quanta differenza c’è tra l’amore di quel ragazzo che accompagnai a Sharm e la violenza di Thomas. Eppure erano uomini tutti e due.
Come se non bastasse, quando tornai al lavoro, vidi che erano stati assunti due bei giovani. Il primo con caratteristiche scandinave, l’altro di colore. Chiesi spiegazione e mi fu candidamente riferito che i nuovi assunti dovevano soddisfare le esigenze dei clienti gay che stavano aumentando in maniera esponenziale. Si stava pensando anche di allargare la platea delle hostess e degli steward per soddisfare le più strane esigenze.
Ciò per me non era più tollerabile. L’ambiente si stava imbastardendo e non potevo mescolarmi a quella gentaglia.
Vi erano solo due concrete possibilità: emigrare in America oppure tornare in Italia.
Erano quasi tre anni che ero lontana da casa. Dopo quel che mi era capitato non me la sentivo di affrontare, oltretutto da sola, altre avventure. L’esperienza della subita violenza mi aveva segnato. Ero diventata psicologicamente labile e incerta. La vicinanza di un uomo capace di ridarmi quella sicurezza che avevo fino pochi giorni prima da sempre ostentato, si faceva sempre più pressante. Gli Inglesi oltretutto non mi avevano mai gratificato moralmente. Avrei dovuto capirlo già da quando quel ragazzo di Sharm non tornò più in Agenzia e dal fatto che la mia professionalità come traduttrice non interessava affatto né al Presidente né al suo direttore commerciale. Per non parlare poi di altre persone che la sera ti riempivano di soldi, di complimenti, di proprie confessioni, di promesse e di altro, e la mattina si dileguavano. In altre parole sembrava proprio che gli Inglesi “puttana mi avevano preso e puttana mi avevano lasciato!”
Dopo circa dieci giorni il mio culetto si era quasi ristabilito. Non ebbi alcun problema di incontinenza fecale ma le adorabili piccole pieghe della pelle intorno al buchetto erano irrimediabilmente sparite. Il mio sfintere appariva tondo e liscio.
Ripensando ancora una volta a quel che mi era accaduto, confermai a me stessa la volontà di cambiare vita.
Iniziai un giro di telefonate e riuscii a spuntarla. C’era in Italia una Agenzia di viaggi che ricercava una brava traduttrice/commessa/collaboratrice. Stipendio di gran lunga inferiore a quello di Londra. Al massimo qualche altra provvigione sui pacchetti che si sarebbero riusciti a piazzare. Ma bene! Sta bene! Torno in Italia!
Finalmente nella mia terra, mi iscrissi alla Facoltà di Lingue e letterature straniere e superai con facilità un esame dopo l’altro contemperando con enorme fatica sia il lavoro presso l’Agenzia di viaggi (ITALIANA!!) sia gli impegni universitari poiché dovevo garantire una certa frequenza.
Ma il destino questa volta fu benevolo.
Durante il terzo anno di Università, in agenzia, una sera, si presentò un nuovo Cliente alla ricerca di una località estiva ove trascorrere quindici giorni con la sua bambina di quattro - cinque anni. Era rimasto insoddisfatto di alcune strutture. Gli consigliai la riviera romagnola, un albergo con la piscina per i piccoli, il miniclub, la possibilità di spostarsi nell’entroterra nei pomeriggi e nelle serate, la possibilità di visitare il grande parco divertimenti poco distante, che comprendeva appunto diversi percorsi: quello per i giovani spericolati, quello per le persone mature e tante attrazioni per i più piccoli.
Il Cliente rimase soddisfatto, anche e soprattutto del prezzo. Riempì la “Scheda Cliente” qualificandosi per “Impiegato Statale – Funzionario – Livello C 5.”
La sua data di nascita non era scritta a numeri romani, ma aveva undici anni più di me. Poi mi disse: “Otto anni fa mi sposai con la donna che amavo. Purtroppo scoprii che mi tradiva. Chiesi ed ottenni la separazione – e di recente ho ottenuto il divorzio – e nei confronti della piccola che è tutta la mia vita, sono il padre, la madre, il compagno di giochi, la istitutrice dell’asilo e quanto altro si possa immaginare. Ho tutte le prove che la bambina è mia figlia, ma l’esperienza del matrimonio è stata sconvolgente. La mia ex moglie é sparita dalla circolazione e della bambina non gliene importa nulla. Vivo con un unico desiderio: quello di ricostruirmi una famiglia e di dare alla piccolina un fratellino o una sorellina”.
Quello fu l’inizio della mia nuova vita, segnata, da allora, da una serie di eventi favorevoli: la laurea, il matrimonio, la vincita del concorso per l’insegnamento, l’attesa gravidanza e, per ultimo – e non sto scherzando – offrire l’agognata libertà al mio scheletro che avevo mantenuto per anni chiuso nell’armadio.
Ringrazio Franca ed il suo splendido compagno per l’uso del computer e la trasmissione del racconto su questo sito.
Un saluto a tutto il forum.
Liz.

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