La fine di una spia: tra le grinfie di Nadia (Cap. 2)

Scritto da , il 2020-12-29, genere sadomaso

Il mattino successivo dovevano decidere come sbarazzarsi della traditrice.
“Che ne facciamo di lei, Marta?”
“Diventerà la nostra cagna che ci farà godere e divertire …”
“Conoscendola, piuttosto si farebbe uccidere. È una tipa che non si piega facilmente, l’abbiamo vista anche durante le torture…! Dovremo continuamente sorvegliarla e a lungo andare tenterà di scappare o potrebbe anche avere la meglio su una di noi…troppo pericoloso Marta!”
Ma Marta aveva già pensato a tutto…
“Claudia, se sono il capo ci sarà un motivo…avevo già pensato ad un piano B che ora ti spiego e spiego anche a questa troia…Svegliatela!”
“Buongiorno puttana! Ora che le armi sono state recuperate ci occuperemo di te e del tuo futuro tra noi, perché rimarrai qui…sarai la nostra schiava e vivrai come una bestia alle nostre dipendenze soddisfacendo ognuna di noi e chi altro vorremmo soddisfare”
“Vaffanculo! Non sarò mai la vostra schiava!”
“Uh…la troietta si ribella! Vediamo…ti ricordi del piano B…allora…c’è un mio caro amico, Assir, anche lui fa parte della organizzazione, un bel tipo, alto muscoloso e con un cazzone impressionante…e sai cosa sta facendo adesso…? Si sta fottendo la tua sorellina Monia! Ah, ah, ah…”
“NNNOOO!!! BASTARDA!!! Monia no! …ti scongiuro lasciala fuori da questa merda…!!!
Monia era la sorella minore di Federica, più piccola di cinque anni, faceva la commessa in un negozio di abbigliamento e non sapeva nulla del lavoro della sorella. Monia non sapeva che Federica fosse una spia, ma sapeva solo che passava molto tempo in viaggio per lavoro come rappresentante di una società di import-export. Monia era il punto debole di Federica; dopo avere scoperto il doppio gioco di Federica, Marta aveva indagato sulla sua vita e aveva scoperto dell’esistenza della sorella. Federica non avrebbe mai permesso che le facessero del male, a costo della sua vita. Era quindi disposta a rinunciare alla propria libertà e a subire anche ogni tipo di umiliazione, purché Monia venisse lasciata stare.
“Dipende da te puttana! Ma dovrai diventare la nostra cagnolina ubbidiente pronta a soddisfare ogni nostro capriccio…!
Federica piangeva disperata, si trovava a vivere un incubo! Continuava a chiedersi come avessero fatto ad arrivare a Monia? Era convinta che la causa fosse una talpa; la sua copertura era saltata, non aveva più il supporto della base, era prigioniera di una banda di squilibrate che oltretutto aveva in mano anche sua sorella. Doveva trovare una via d’uscita, ma doveva pensare anche alla sicurezza di Monia, e in quel momento non era in grado di fare nulla neanche per sé stessa. Sopravvivere, doveva solo sopravvivere!
Marta per rafforzare l’impotenza di Federica le mostrò un tablet in cui un video mostrava Assir e Monia che stavano facendo sesso in modo furioso e intenso. Il filmato era interminabile e Marta volle che la prigioniera lo vedesse tutto. Monia era dominata da Assir spesso in modo violento ma partecipato; schiaffi e sputi si succedevano con una sequenza impressionante, i due apparivano completamente sudati e Monia veniva in continuazione urlando di piacere. Assir aveva degli attributi veramente da record e per fortuna di Monia, che probabilmente era ancora vergine nel secondo canale, stava avendo solo rapporti vaginali. Marta spiegò che Assir era un vero bastardo ma che in quella fase i due erano solo degli scopamici.
“Va bene, farò quello che volete ma garantitemi che non sia Monia a pagare per mio conto.”
“Non preoccuparti di tua sorella, troia, lei è solo una copertura assicurativa, preoccupati invece di te stessa perché la tua vita cambierà drasticamente! Noi quattro avremo da fare nei prossimi giorni per cui non ci potremo occupare di te e ti affideremo a Miss Nadia per una settimana…ah, dimenticavo, Nadia è una sadica del cazzo ed è molto brava ad addestrare e sottomettere troie come te”.
La sera fu portata a casa di Nadia, una villa isolata dai centri urbani quasi una fortezza con alte mura, filo spinato e telecamere perimetrali, corredata di un ampio parco e con un enorme seminterrato impiegato per le peggiori torture. Nella villa lavoravano un’altra decina di persone tra guardie, domestici e giardinieri e inoltre, vivevano in totale sottomissione alcuni ospiti che rimanevano all’interno della villa per periodi non più lunghi di una decina di giorni. Questi schiavi, di cui Federica era entrata a far parte, si occupavano principalmente delle pulizie della casa e venivano usati e abusati in qualsiasi ora del giorno e della notte, per qualsiasi sfizio sessuale di Nadia e dei suoi dipendenti.
Nadia era una bella donna sulla cinquantina, alta, snella, con capelli biondi cortissimi e con uno sguardo glaciale.
Nadia accolse personalmente Claudia e il suo gruppo all’interno della villa, mentre Federica, che fu completamente ignorata, venne lasciata incatenata ad un palo nel piazzale esterno antistante la porta principale d’ingresso. Mentre le cinque donne si gustavano una birra, Nadia incaricò le sue guardie di provvedere alla nuova schiava:
“Prendete la gabbia più piccola, mettete l’animale dentro e portatela nel seminterrato!”
Le due guardie andarono a prendere una gabbia in acciaio con un carrello elevatore arrivarono sul piazzale e liberarono Federica per farla entrare nella gabbia che poi chiusero con un lucchetto. Federica entrò a fatica dentro la ridottissima gabbia cubica all’interno della quale poteva assumere una o due posizioni, accovacciata e sempre con arti e testa piegati.
Andate via Marta e le sue tirapiedi, un paio di ore dopo, Nadia andò a dare il benvenuto a Federica:
“Tu per me vali meno della merda! In questa settimana imparerai ad essere umile e ubbidiente e diventerai una schiava completamente sottomessa.”
Federica aveva già capito che con una persona del genere la risposta migliore sarebbe stata il silenzio.
“Ci sono poche regole da conoscere:
- Non parlare se non sei interpellata
- Non guardarmi mai in faccia, ameno ché sia io a dirti di sollevare lo sguardo
- Mangerai e berrai quando lo deciderò io, a tal proposito non vorrei deludere le tue aspettative, ma avrai gli avanzi dei nostri pasti quando soddisferai le mie voglie, mentre avrai piscio e merda quando non mi farai felice
- Non devi parlare con nessuno, tantomeno con gli altri due schiavi che al momento sono miei ospiti
- Farai, senza esitazioni, quello che ti ordinerò quando te lo chiederò io o i miei dipendenti
- Non hai bisogno di vestiti, per cui rimarrai nuda per tutto il tempo di permanenza nella casa e alloggerai in quel ripostiglio, almeno per il poco tempo che ti sarà concesso per riposare
- Quando avrai necessità di fare i tuoi bisogni potrai chiedere permesso ed espletare all’esterno in una delle aiuole in cui troverai il cartello: cesso per cagne.
Il non soddisfacimento di queste poche regole sarà severamente punito in modi atroci che nemmeno immagini.
Giusto per darti un saggio di ciò che ti potrà capitare, passerò il resto della serata a torturarti affinché ne prenda coscienza; in tal modo riuscirò anche a comprendere quale sia il tuo grado di resistenza al dolore.”
Dopo una breve pausa in cui Nadia si assentò, la gabbia venne sollevata a mezzo metro di altezza e un inserviente mise un'imboccatura a morso nella bocca di Federica bloccandola alle sbarre e vincolando così la testa a quell’unica posizione.
Nadia fece attaccare alle sbarre due morsetti, estremità di due cavi elettrici che fuori uscivano da un generatore di corrente elettrica a batteria. Quindi, si sedette vicino alla gabbia, prese possesso della consolle di controllo e iniziò ad inviare dei brevi impulsi di corrente elettrica attraverso le maglie metalliche della gabbia e sul corpo di Federica. Dopo qualche debole impulso elettrico di prova che aveva generato qualche mugolio di Federica, Nadia aumentò l’intensità della corrente strappando alla prigioniera urla disperate.
Dopo ogni strillo di Federica, Nadia metteva in atto tutta la sua depravazione e il suo sadismo: si masturbava a gambe aperte fino a squirtare ripetutamente verso la gabbia, bagnando la prigioniera ancora tremante dall’effetto della scossa elettrica.
Nadia godeva nel torturare Federica, completamente immobilizzata in quella terribile gabbia elettrica. Le scariche di corrente, che si succedevano ogni minuto, si interrompevano dopo quattro cinque secondi, il tempo sufficiente a far strillare e piangere la povera Federica, piegata dal dolore e demolita dalla frustrazione di non potersi muovere o reagire minimamente.
Nadia andò avanti così per un’ora di seguito; al termine della tortura il volto di Federica appariva distrutto dalla sofferenza. Quindi staccò i cavi e liberò Federica dal morso:
“Passerai la notte qui tesoro! Buonanotte!”
Nadia andò via e spense la luce del seminterrato lasciando la schiava al buio, all’interno della angusta gabbia d’acciaio.
Dopo un po’ Federica si rese conto che in quel seminterrato non era sola, ma nessuno proferiva parola e lei era troppo stremata per avere la forza di parlare.
Il mattino successivo Federica venne svegliata da una secchiata di acqua gelata. Le guardie aprirono la gabbia e la fecero uscire; dopo tutte quelle ore passate chiusa dentro quelle sbarre, cadde per terra non riuscendo a mettersi in posizione eretta. Le ci vollero svariati minuti prima di poter assumere una posizione eretta. Le misero un grosso collare di acciaio e un guinzaglio, poi la fecero mettere a quattro zampe e la portarono al piano terra della villa, dove Nadia la stava aspettando seduta al tavolo del soggiorno gustandosi una tazza di tè con dei biscotti; sul tavolo c’era ogni prelibatezza, tra svariate tipologie di biscotti e marmellate, torte e pasticcini. La colazione di Federica si riduceva ad una ciotola d’acqua e a del pane duro posti sotto il tavolo.
“Trascorso una piacevole notte tesoro? ...gustati la colazione perché da domani avrai solo piscio”
Federica si era letteralmente gettata sul tozzo di pane svuotando la ciotola dell’acqua tanta era la fame accumulata in due giorni di digiuno.
La crudeltà di Nadia sembrava non avere limiti, ma il peggio doveva ancora arrivare: alle 09.00 del mattino chiamò un domestico e si fece portare un grosso cuneo di gomma. Aveva una colorazione nera, era costituito da diversi anelli concentrici di diametro via via crescente man mano che arrivava a terra, una base con diametro di 15 centimetri e una altezza di oltre 30 centimetri.
Nadia fece fissare le mani e i piedi di Federica ad una barra di acciaio costringendola ad assumere una posizione ricurva e le mise in bocca una ball gag.
“Già dovrò sopportare i tuoi lamenti, quindi farò a meno di sentire la tua stupida voce!”
Detto ciò Nadia fece un cenno e due inservienti accorsero, sollevarono Federica e la posizionarono sopra il cuneo spingendo la parte a punta contro l’ano di Federica. La punta aveva un diametro di circa 4 centimetri.
“Da oggi inizieremo a lavorarti il culo e cazzo se te lo allargherò…! Diventerà un cratere!”
Il cuneo si addentrava nel secondo canale di Federica: in poco tempo era penetrato per circa 6 centimetri allargando lo sfintere anale di Federica che sembrava resistere al dolore, considerando il trattamento subito nelle ore precedenti.
Dopo una ventina di minuti Nadia si fece portare un barattolo di vaselina.
“Alzati puttana! Lo so che ti piace avere il culo pieno ma dobbiamo farlo entrare di più…!”
Federica, aiutata dai due domestici, si sollevò sfilando il cuneo dal sedere: alcune tacche bianche in rilievo sulla plastica indicavano i centimetri di altezza dell’enorme fallo. I due cosparsero abbondantemente tutto il cuneo di lubrificante, quindi presero Federica e la posarono sopra il cuneo in posizione da squat. Federica iniziò a scendere sempre di più, contemporaneamente il cuneo continuò la sua scomparsa dentro il corpo di Federica penetrando ancor più all’interno, mentre il suo volto si arrossava per lo sforzo e i suoi lamenti divenivano più forti. Trascorsi alcuni minuti, il viaggio del cuneo sembrava essere terminato ad una profondità di circa 13 centimetri dove il diametro dello stesso aveva raggiunto i 6 centimetri. Federica era visibilmente sofferente ma doveva solo attendere che la carne si adattasse elasticamente a quella tensione sperando di non scendere ulteriormente. Dovette attendere un’ora interminabile in quella scomodissima posizione con le gambe che le tremavano, prima che Nadia la facesse sollevare.
Il domestico le levò tutte le costrizioni lasciandole solo il collare.
“Vai a correre nel parco, troia, poi ritorna qui, ti voglio vedere grondante di sudore. Hai venti minuti di tempo! Non fare scherzi e ricorda che c’è sempre qualcuno che ti osserva…ah… dimenticavo: deludimi solo una volta e ti appendo nella gabbia elettrificata tutta la notte”.
Federica sapeva benissimo che Nadia lo avrebbe fatto, quindi cercava di fare alla lettera tutto ciò che le veniva comandato. Pur con difficoltà, considerando tutto il tempo trascorso in scomode posizioni nella gabbia prima e nel cuneo dopo, Federica riuscì a correre e a sudare come desiderava Nadia.
“Bene, un ottimo inizio! Diventerai una buona schiava! Ora riprendiamo ad allargare il tuo buco del culo…siediti e inculati nel cuneo…lo abbiamo nuovamente lubrificato! Quando suono questo campanellino solleva i piedi da terra e tienili sollevati fino a che non senti il suono successivo”
L’intento di Nadia era quello di far sprofondare il cuneo dentro Federica; sollevare i piedi da terra comportava far gravare maggiormente il peso del corpo sul terribile cuneo, che proseguiva il suo percorso dentro la schiava.
Al suono del campanellino Federica si sentì scendere ancor più verso il basso: la distanza tra lei e il pavimento si stava riducendo. Il grugnito di Federica che aveva ancora la bocca chiusa dalla ball gag e il suo sguardo acceso evidenziavano il dolore di quella penetrazione. Solo dieci secondi tra un suono e l’altro, ma quanto bastava affinché il cuneo facesse il suo lavoro. Rimettere i piedi per terra le consentiva di risollevarsi parzialmente levando qualche centimetro di plastica dal sedere. Tuttavia, questo saliscendi consentiva di abituare le pareti anali ad una elasticità che poi avrebbe favorito una sempre più profonda penetrazione.
Nadia non le dava tregua e continuava minuto dopo minuto a suonare quel maledetto campanellino. Federica si sentiva sempre più aperta con la pelle tirata al limite della lacerazione: i centimetri di plastica nel culo di Federica erano ora 17 laddove il diametro maggiore era di 8 centimetri. Quando tutto sembrava finito, perché Nadia le aveva concesso di sollevarsi in posizione eretta sfilandosi finalmente dal cuneo, con cinico sadismo le fece indossare un giubbotto zavorrato da 20 kg che la fece immediatamente barcollare.
“Riempite nuovamente il cuneo di vasellina…abbondante mi raccomando…”
Giusto il tempo di ingrassare quel cuneo…
“…così bravi! Ora siediti di nuovo puttana, fammi vedere due squat e poi affondatelo in culo, voglio vedere sbattere le chiappe sul pavimento!”
Federica strinse i denti e fece ciò che le era stato ordinato. Ma già al primo squat non riuscì a sollevarsi a causa del peso eccessivo e ricadde in basso facendo affondare il cuneo ancora più in profondità, gettò un urlo e cadde per terra di lato. I due uomini la presero di peso e la riposizionarono sopra il palo di plastica. Federica piangeva dal dolore mentre Nadia rideva, visibilmente soddisfatta: la penetrazione era arrivata a 21 centimetri con un diametro impressionante di 10 centimetri.
“Uh cazzo!!! Non riuscirai a toccare il pavimento ma hai il culo bello aperto!”
Nadia guardava con spietato sadismo lo sfintere dilatato di Federica, ridendo e dandole della “vacca sfondata”.
Dopo una decina di minuti di agonia, Nadia fece sollevare Federica, le fece levare il pesantissimo giubbotto smanicato e la fece scortare presso il suo alloggio: uno sgabuzzino buio senza finestre corredato solo di una panchina in ferro fissata al pavimento. Riuscì a riposare per un paio d’ore ossia fino a che Nadia la fece ritornare al piano superiore per occuparsi delle pulizie della casa.
Continua...

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