Le gioie del calcio - parte 1

Scritto da , il 2020-08-05, genere prime esperienze


Sono ormai da anni in una relazione a distanza e spesso mi capita di ricordare con amici le mie vecchie avventure con un pizzico di nostalgia. Ho deciso così per diletto di condividerle con questa community.

Avevo da poco compiuto 18 anni, la mia carriera calcistica fino a quel punto non era stata di certo brillante, ma la passione per quello sport rimaneva enorme. Così appesi gli scarpini al chiodo e la società nella quale giocavo mi chiese di iniziare ad allenare. Ero molto giovane ma accettai con entusiasmo e scelsero di affiancarmi ad un altro allenatore nella categoria pulcini (bambini di 8 anni). Iniziò la stagione a Settembre e le iscrizioni aumentarono giorno dopo giorno. Il gruppo di bambini era più o meno di 30 ragazzi , così la società decise di dividere il gruppo in due squadre, una affidata a me, una all'allenatore più esperto che continuava ad aiutarmi nel programmare gli allenamenti.

Avendo questa responsabilità , dovetti iniziare ad avere contatti anche con i genitori , per comunicare orari, partite e altre varie informazioni. Erano gli anni in cui Whatsapp si imponeva come principale forma di messaggistica e una volta creato il gruppo con tutti i genitori non esitai incuriosito a sbirciare le varie foto profilo dei contatti presenti.
La mia attenzione fu rapita da una foto: la mamma di Federico. Ricordo ancora i dettagli di quella foto: un primo piano in bianco e nero, ma che lasciava intravedere un rossetto acceso ed uno sguardo profondo. Ricordo ancora il brivido che provai nel vedere quello sguardo e la mia mente immatura fantasticava.

Il primo mese riuscì poco volte a vederla dal vivo e devo ammettere che essendo immerso nella nuova avventura ero molto concentrato sul preparare bene gli allenamenti. Poi iniziò il campionato dei ragazzi e durante la prima partita mi ricordo una forte sensazione di essere osservato. Mi voltai un attimo e dietro la panchina fuori dal campo vidi lei con lo sguardo fisso su di me. Provai un forte brivido ma ero concentrato sulla partita e non prestai particolare attenzione. Vincemmo la partita e a fine partita mi accertai che ogni bambino avesse un genitore ad aspettarlo.

“Complimenti per la vittoria mister”. In quel momento l'avevo di fronte e per la prima volta la guardai. Aveva un giubbotto corto di quelli che arrivano in vita e un pantalone super aderente che risaltava due gambe toniche. Non conoscevo precisamente la sua età, ma ero convinto avesse intorno ai 35 anni. Ero molto imbarazzato anche un po' impacciato, e lei nel salutarmi disse: “Ciao mister, oggi Federico torna a casa con papà”. In quel momento intuì una cosa che poteva giocare a mio favore: era separata.

Pensai a lei tutta la settimana, ma durante gli allenamenti della settimana trovai sempre il padre di Federico. Venne la domenica, e come prima di ogni partita preparai la distinta in cui assegnavo i numeri di maglia ai ragazzi. Mentre ero seduto con la penna in mano , sentii una mano tra i capelli che accarezzava il mio ciuffo.
“Scusa per il ritardo mister, che numero dai oggi a Federico?” : era lei. Io sudai veramente freddo: le sue unghie tra i miei capelli mi fecero letteralmente impazzire ma contenendomi mi limitai a consegnare la maglia a Federico per la partita. A fine partita Federico fu l'ultimo ad uscire dallo spogliatoio, e rimanemmo solo io lui e la madre.
Quel giorno aveva una vestito abbastanza lungo, che arrivava a metà coscia, collant ed una scarpa da ginnastica molto normale. Il mio sguardo era calamitato dalle sue gambe cosi toniche da farmi impazzire al solo sguardo.



“Comunque non ci siamo ancora presentati... piacere Milena”
“Ah piacere di conoscerti Milena” le dissi venendo subito interrotto … “Chiamami pure Milly altrimenti mi sento troppo vecchia”.
Il cuore mi batteva all'impazzata, pompando il sangue in un'unica direzione. Nonostante le avessi detto il mio nome lei mi disse: “Per me rimarrai comunque Mister”.
Non so cosa fosse, ma il modo in cui pronunciava quella parola, lo status che avevo ai suoi occhi non faceva altro che arraparmi ancora di più.

Dopo quello scambio di battute ero sempre più convinto che dovevo provarci.

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