Storie di ordinario erotismo ep. 1: Il supermercato

Scritto da , il 2020-05-01, genere etero

Lunedì.

Mattina, sede operativa del quotidiano La Carta.

Giornataccia, oggi. Un'inchiesta andata in fumo, un buco di due pagine da riempire in tre ore e un capo incazzato con cui fare i conti. Ottima partenza. Come sempre, il tempo rema contro: gli uomini de La Carta devono imparare a lottare col tempo, a sedarlo, ad assoggettarlo.
L'altro grande nemico è il foglio bianco, soprattutto quando è in combutta col tempo.
In genere, se sei Marco Ferdigan (e io lo sono) sai come combatterli entrambi, ma stamattina è diverso.
"Marco, senti, dovrei parlarti di una cosa. Riguarda mia moglie..."
Cazzo, ci mancava solo il compagno di stanza molesto.
"Non ora, Fabio, ti prego. La scadenza è alle 5, sto a zero".
"Che pensi di fare?"
"Pausa pranzo. Per ora".

Ora di pranzo, supermercato di via Mazzini.

Quando lotti contro il tempo, risparmiare minuti sul pranzo è fondamentale. Ore 13: uscita dal lavoro. Ore 13 e 05: acquisto del pranzo. Ore 13 e 10: fine pranzo. Da lì alle ore 14 pausa digestione con raccoglimento per trovare idee per pezzi, quindi caffè con Matteo, amico di vecchia data, entro le 14 e 15, rientro al lavoro, lavaggio denti, pausa bagno. Ore 14 e 30 in postazione. Di solito, ma non oggi. Oggi va tutto storto.
Alle 13 e 10 sono ancora in fila alla cassa, non so se per la cassiera lenta o per la troppa gente. Non riesco a pensare altro che "cazzo".
Ma mentre penso a queste cose, l'occhio mi cade su un particolare: la camicetta della cassiera con un bottone aperto di troppo. La porzione di seno che si riesce a intravedere è ipnotica, sono catturato. L'ulteriore realizzazione arriva solo quando tocca a me pagare: ci guardiamo negli occhi e so che anche lei ha capito.
"Marco!"
"Laura?". Ci mancava solo l'ex-compagna di corso dell'università, mi dico. L'ex-compagna di corso figa dell'università, aggiungo poi, e il tutto inizia a essere meno spiacevole.
"È il mio primo giorno qui"
"Io ci compro il pranzo da anni... lavoro qui dietro, sai, pausa pranzo"
"Quando riattacchi?"
"Due e mezzo"
"Stacco all'una e mezzo, mi aspetti?"
La fretta, il tempo che corre, i casini, tutto viene spazzato via da quel sorriso, forse da quella porzione di tetta, di certo da tutte le seghe da ventenne che mi sono tirato su di lei.

Ore 13 e 30, esterno del supermercato di via Mazzini.
"E quindi sei un giornalista?"
"Ci provo. Scrivo per La Carta"
"Mica male. Complimenti. Per il resto? Sono passati diversi anni dall'ultima volta che ci siamo visti. Non so, sei... impegnato, cose così?"
Un fremito di incertezza nella voce? Non so. Analizzo velocemente dodici risposte possibili, per trovare la più adatta, accompagnata dal sorriso giusto.
"Come mai ti interessa?"
"Oh, io... no, così - ride, un po' imbarazzata: buon lavoro - sei cambiato un sacco, sei... un bel tipo"
Appoggio la mano sulla sua. Ormai il tempo è andato a puttane.

Ore 13 e 55, spogliatoi del personale del supermercato di via Mazzini.

"Sicura che sia una buona idea?" le chiedo mentre le sbottono la camicetta. Cristo, sono enormi come sembrava.
Mi sussurra all'orecchio: "Shhh, piano. È un po' tardi per farsi prendere dalla paura", mentre slaccia la cintura. La bacio sul collo e inspiro il suo profumo.
Ci baciamo, a lungo, le mie mani sul suo culo, le sue nelle mie mutande.
Un attimo ed è in ginocchio, i capezzoli che strabordano fuori dal reggiseno, liberi. Un attimo e la sua lingua percorre tutta l'asta del mio cazzo, dai testicoli alla punta. Un bacio, due baci.
"Sono anni che sogno di farlo" dice appena prima di iniziare a succhiare. Pochi minuti che sembrano una vita.
"Sei... sei molto brava".
Quando mi guarda non c'è più alcuna traccia di insicurezza in lei.
"Lo so".
Poi si alza, mi dà le spalle, i suoi jeans sbottonati e abbastanza bassi da farmi capire tutto ciò che c'è da capire. Scosto con una mano le mutandine rosa pallido. Protezioni messe. Tempo ormai a puttane. La penetro, le mani saldamente sui capezzoli, un affondo dopo l'altro.
"Schiaffeggiami il culo!", mi prega, e altre cose del genere. Sono un uomo buono, non posso non accontentarla.
Sapete cosa? Fanculo il tempo.

Ore 14 e 19, bar la Svolta.
"Marco, ma sei in ritardissimo"
"Scusami, Matteo, giornataccia"
"Tranquillo, volevo parlarti di una cosa, ma faremo poi, con più tempo"
"Ma no, dimmi"
"È una questione abbastanza delicata e... segreta. Non ora, dai"
"Vieni a cena da me una di queste sere, ne riparliamo lì magari"
"Certo"

Ore 14 e 35, sede del quotidiano La Carta.

"Sei in ritardo"
"Pace, Fabio, pace"
Trenta minuti netti per scrivere il mio pezzo. E che ci voleva? Complimenti del capo, giornale salvo.
Anche questa giornata l'abbiamo portata a casa.

(CONTINUA. Questa serie è un prodotto di finzione in continua evoluzione. I pensieri dei personaggi e quelli dell'autore spesso e volentieri non coincidono)

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