Social media e conseguenze inattese (Sonia)

Scritto da , il 2019-09-29, genere etero

Anche sul piano sentimentale era arrivato un periodo down. Siccome non viaggiavo più stavo passando molto più tempo con Alessia ed erano cresciuti gli scazzi. Francamente non la sopportavo più. La cosa comunque finì presto e tragicamente. Ricevetti una telefonata da Stefania in lacrime. Durante una delle loro litigate, sempre più furibonde, le disse in faccia che eravamo stati a letto insieme.
Non so esattamente fino a che punto le raccontò la nostra storia, comunque il risultato fu una ovvia crisi familiare da una parte e una serie di insulti irripetibili che Alessia mi vomitò addosso durante un monologo telefonico in cui io non riuscii ad aprire bocca dal tanto che urlava. La chiamata finì con un meritatissimo “vaffanculo stronzo di merda”, con cui mi ritenni definitivamente single. Non sentii più nessuna delle due, anche se a dire la verità Stefania provò a chiamarmi un paio di volte e io non le risposi.
Nelle mie giornate lente e noiose avevo iniziato ad usare Linkedin, l’allora nuovo social network per professionisti. Relazioni professionali: esattamente quello che mi serviva in quel momento per rimettermi in moto. Cominciai così a frequentare dei gruppi di discussione e, dopo un po’ di interventi in risposta ad alcuni post, fui contattato da Sergio.
Era un ragazzo napoletano che da anni viveva a Vicenza e che aveva aperto un gruppo dedicato alla consulenza strategica. Ormai raccoglieva più di 3000 membri e lui stava creando un team di coordinamento sia per rafforzare l’attività digitale con un blog e un sito web, sia per metterne in piedi alcune “reali”: corsi di formazione, incontri tra professionisti, opportunità di networking e lavoro. Mi sembrò una buona occasione per sviluppare del business divertendomi. Cominciammo a comunicare regolarmente e ben presto riunimmo altre 10 persone interessate: fu un periodo ricco di telefonate, e-mail, videochiamate su Skype… finchè non si decise finalmente che era giunta l’ora per un incontro di persona. Fu proposta una antica acetaia sulle colline modenesi e… beh, un invito così mica si può rifiutare!
Arrivai molto in anticipo, pensavo di trovare decisamente più traffico. E pensavo di essere il primo. Invece riconobbi Sonia, una piccoletta bionda con cui avevo fatto già diverse videochiamate. Mi era stata subito simpatica: decisamente pazza, amante di auto e moto da corsa, della buona cucina e dell’ottimo vino. Da alcune uscite, anche piuttosto disinibita. Comunque, di persona era molto più carina di quello che mi ero immaginato.
Ci accomodammo in veranda, dove si godeva una vista magnifica sulle colline, e ci facemmo portare del vino, tanto per ingannare l’attesa. Mi parlò un po’ di lei: di un divorzio che viveva come una liberazione dopo anni difficili, dei figli difficili da gestire e di un recente licenziamento che aveva complicato di molto le cose. Io le raccontai della mia uscita dall’azienda e dei progetti che stavo portando avanti per rimettermi sul mercato. Iniziammo a scherzare e a ridere, tanto che quando arrivarono gli altri fui davvero dispiaciuto.
Presentazioni, un po’ di convenevoli, e poi finimmo tutti a tavola.
Lei si sedette di fianco a me.
La serata fu molto piacevole e al tavolo parlammo molto di progetti, idee, possibilità varie… insieme ad un sacco di cazzate e risate. Il tutto innaffiato da un Sangiovese alquanto traditore.
Credo sia stato quello a spingere Sonia a mettermi una mano su una gamba e a tenerla lì per un po’ mentre si prendeva qualche confidenza da vecchi amici o anche più. Qualcuno degli uomini l’aveva notato e ci lanciava degli sguardi per capire cosa stesse succedendo e se stessimo insieme.
Io ero come sempre un po’ in imbarazzo, cosa che aumentò quando lei si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò
- Mi fai sesso
per poi scoppiare in una risata e girarsi a parlare con gli altri commensali.
Da quel momento mi ignorò completamente, mentre io cercavo di capire le sue intenzioni. I minuti passarono, alcuni se ne andarono presto perché non abitavano vicinissimi.
Si mise in macchina anche lei, anche se qualcuno aveva tentato di scoraggiarla visto che era non ubriaca ma sicuramente… allegra.
Io invece avevo deciso di approfittare delle camere dell’acetaia e, non senza qualche interesse secondario, ero tra quelli che stavano cercando di convincerla che fosse una buona idea fermarsi lì a dormire. Nulla da fare. Non abitava lontano e alla fne avevo capito che per lei il costo della camera sarebbe stata una spesa non sostenibile. Mi aveva già parlato del momento non buono.
Rimasi così con quelli che avevano una camera lì, ma non mi attardai con loro e, molto stanco, decisi di andarmente a dormire. Pochi minuti e sentii ronzare il telefono. C’era un suo messaggio.

Domani mattina mi trovi qui dalle 10. Suona e sali al 3 piano.

E c’era un indirizzo. Risposi con un semplice ok.
Il secondo messaggio era più lungo e conteneva un paio di regole che avrei dovuto seguire se mi fossi presentato all’appuntamento. Il gioco era strano, ma non mi dispiaceva. Ormai lo sanno tutti quanto sono bravo a cacciarmi nei guai…
Non mi addormentai subito. Pensavo al mattino dopo e a quanto fosse intrigante tutto questo. Mi piace giocare con la mente, anche se di solito conduco io.
La mattina dopo mi alzai prima di tutti e feci colazione da solo. Lasciai l’hotel e guidai per una buona mezz’ora prima di raggiungere una palazzina di recente costruzione in un paese piccolino e mai sentito. Suonai il campanello e la sua voce mi rispose dal citofono, dandomi ancora alcune istruzioni brevi ma precise.

Entrai nell’appartamento e richiusi la porta alle mie spalle, rimanendo immerso nella penombra. La prima istruzione era di togliermi scarpe e calze appena dentro, e così feci. Proseguii lungo il corridoio verso una porta socchiusa da cui filtrava della luce. La aprii lentamente.
Sonia era seduta sul letto, vestita solo con un completino intimo. Era davvero uno schianto. Si alzò e mi si avvicinò lentamente, mi girò intorno e, quando mi fu dietro, appoggiò il suo corpo sul mio.
- Sapevo che saresti venuto. Dimmelo che è da ieri che hai voglia di scoparmi

Mentre mi parlava a bassa voce nell’orecchio, facendomi sentire il suo respiro sul collo, la sua mano era scesa a massaggiare la parte anteriore dei miei pantaloni.
Avevo una voglia matta di toccarla, metterle la lingua in bocca, liberarle il seno da quel corsetto che glielo strizzava… ma tra le regole che avevo accettato la prima era che non avrei dovuto mai toccarla se non me lo avesse detto lei.
Così rimasi immobile, aspettando le sue prossime mosse.
Sentivo le sue mani sul mio corpo mentre mi slacciavano e mi sfilavano la camicia. Poi mi si mise di fronte e, guardandomi fisso negli occhi, avvicinò le sue labbra alle mie, forzandole con la sua lingua. Un bacio che durò pochi istanti.
Senza distogliere gli occhi dai miei scivolò lentamente ai miei piedi e cominciò ad aprirmi la cintura. Poi i bottoni dei jeans, quanto bastava per poterli abbassare un po’. La sua bocca cercava ora la punta del mio cazzo attraverso la tela sottile dei boxer, le sue mani mi stringevano i glutei con forza. Mi parlava con una voce bassa, sensuale, da vera porca.
- Sai cosa faccio ora, vero? Ora me lo infilo tutto in gola e ti succhio finchè non urli di piacere. Voglio bere tutto quello che hai. E poi voglio scoparti come non ha mai fatto nessun’altra.
Mi tolse pantaloni e intimo lasciandomi completamente nudo. Si alzò di fronte a me. Anche il suo corsetto era sparito e aveva liberato un seno più grande di quanto avessi immaginato, molto invitante… e che non potevo toccare.

Si avvicinò ancora, strusciandosi contro di me. Pelle contro pelle.
La sua lingua di nuovo nella mia bocca.
La sua mano che mi segava.
Mi tirò verso il letto e mi fece sedere. Le piaceva farmi muovere come se fossi il suo burattino.
Lei di nuovo in ginocchio tra le mie gambe.
La sua testa che ora andava su e giù sul mio sesso.
La lingua veloce, le labbra serrate, il cazzo che le violava la gola.
Il suo sguardo che non lasciava un attimo il mio.
Avevo voglia di metterle le mani sulla testa, darle un ritmo più veloce. Invece quella regola semplice che avevo accettato si stava trasformando in una tortura, mentre lei si godeva il mio uccello con una lentezza esasperante, tanto da farmi male.
Lei lo sapeva, ed era esattamente quello che voleva.

Una mano si faceva strada sotto di me. Ora un dito stava penetrando il mio ano, con lo stesso ritmo con cui la bocca ingoiava il mio bastone.
Volevo venire, ma non me lo permetteva. Sembrava sapere quando ero al limite per lasciarmi ancora prendere fiato. Solo per un attimo.
Poi abbassò lo sguardo. La velocità aumentò. Non troppo, ma quello che bastava per farmi sentire una scarica di brividi. Il mio bacino si muoveva con la sua testa, il suo dito seguiva quella danza penetrandomi sempre più a fondo mentre ascoltavo il rumore forte del suo succhiare.
Venni.
Venni in modo prepotente, rumorosamente, stringendo le lenzuola e inondandole la gola con il mio sperma.
Rallentò, ma senza fermarsi del tutto. Teneva gli occhi chiusi.
- Questo è solo l’inizio tesoro mi disse come prima cosa. Ora mi prendo ciò che voglio…
Mi fece sdraiare sul letto e mi salì sopra. Aveva in mano una lunga sciarpa di cotone e la usò per legarmi le mani alla testiera del letto. La lasciai fare, come avevo promesso accettando le regole.
Non ero abituato a lasciarmi guidare in quel modo da una donna. Facevo fatica ad accettarlo, ma nel contempo mi piaceva la novità. Ancora una volta scivolò lentamente in mezzo alle mie gambe e me le divaricò.
Leccava il cazzo ancora incapace di reagire, poi le palle, fino alla base.
La sua lingua cercava il mio ano, ci girava intorno, lo penetrava.
Aprì il cassetto del comodino e ne estrasse un tubetto di gel. Se lo spalmò sulle dita e poi iniziò a penetrarmi. Un dito, poi due.
L’altra mano mi segava.
Gli occhi dentro i miei.
Stavo godendo.

Si sfilò e cercò nuovamente nel cassetto. Ne estrasse un dildo a due punte. Avevo capito dove voleva arrivare. Mi venne da fermarla, a questo non ero preparato…ma la situazione era quasi ipnotica.
Si sfilò le mutandine di fronte a me, lentamente, per poi allargare le gambe mostrandomi la sua figa fradicia di umori a pochi centimetri dal mio volto. Era sicuramente molto eccitata.

Avvicinai la testa e iniziai a leccargliela. Me lo lasciò fare solo per qualche secondo, poi una mano mi prese per i capelli e mi tirò indietro.
Succhiò una delle due punte del dildo, e lo fece scivolare in figa, a pochi centimetri dalla mia bocca. Movimenti ampi lo facevano sparire dentro al suo sesso, per poi uscirne quasi completamente. Il suo respiro si era fatto affannoso, lo sguardo iniziava a tremare.
Lasciò quel fallo di gomma infilato nella sua vagina e prese lo strap-on, facendoselo passare in vita.
- Eri venuto qui per scoparmi, vero? Ora ti scopo io…
Mentre mi parlava stava spalmando con del gel il dildo che aveva tra le gambe. Mi mise un cuscino sotto i lombi, le mie gambe sulle sue spalle. Poi iniziò a penetrarmi, esattamente come io avevo fatto tante volte con le donne che avevo incontrato. Un po’ per volta ad ogni spinta. Ne aveva usato uno piccolo e sottile, non ci volle molto perché entrasse.
La nuova sensazione mi scuoteva. Non pensavo che sarei arrivato a quello. Lei mi stava scopando, e io godevo vedendo quanto lei stesse godendo. Il dildo che mi penetrava faceva altrettanto con lei. All’unisono. La sua bocca spalancata, gli occhi aperti che facevano fatica a rimanere nei miei, il ritmo che aumentava, la sua mano che stringeva il mio cazzo e lo menava sempre più velocemente.
La sentivo godere ad alta voce.
Ebbe un primo orgasmo, violento.
Si fermò di colpo e si accasciò su di me, il respiro corto e veloce.
La sentii uscire dal mio corpo.

Si tolse lo strap-on, per poi sciogliermi le mani.
Se le portò direttamente sui seni. Iniziai a stringerglieli. Avevo voglia di scoparmela, ma lei non aveva intenzione di lasciarmi il controllo.
Prima che potessi fare qualcosa mi era già tornata sopra e si stava impalando sul mio cazzo, che era di nuovo dolorante dal tanto che era in tiro.
La sua figa era così bagnata che le scivolai dentro senza alcuno sforzo. Iniziò subito a muoversi, cavalcandomi con furia. La presi e la tirai verso di me, tenendola bloccata in un abbraccio violento e con un urlo le venni dentro.
Rimanemmo così probabilmente qualche minuto, mentre i nostri respiri si facevano più regolari.
Poi lei si alzò.
- Scopi bene, magari ci risentiamo. Ma adesso devi andare, tra un po’ tornano i bambini.
Praticamente mi buttò fuori in cinque minuti.
In auto, mentre guidavo verso casa ancora un po’ sconvolto, pensavo che non l’avrei più rivista. Che non la volevo più vedere. Invece mi sbagliavo, e di grosso.

m.amorini@libero.it

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