Triangolo aperto

di
genere
tradimenti

Per quasi tutte le persone l'amicizia è più importante che il sesso. Ma non per me.
O per meglio dire, l'amicizia era più importante solo quando non facevo sesso.
Ma non appena avevo l'occasione, non me la lasciavo certo scappare. Una bella dose di piacere dovevo prendermela quando possibile. E non sarebbero certo stati parenti, lavoro o amici a privarmene.
Perchè non c'è rapporto migliore che si possa avere con una persona: con lo strusciare dei corpi, pelle contro pelle, le anime si dan del tu, abbandonando quel formalismo che accompagna la vita di tutti i giorni.
Con il turbine di passione che accompagna un amplesso, i colori acquistano nuove sfumature, gli odori nuove fragranze.
Con la soddisfazione di un orgasmo passa quel senso di scomodità che si prova col proprio corpo, come se la pelle fosse un vestito di taglia sbagliata, di un tessuto fastidioso.

Loyd era uno dei miei migliori amici, ma la sua ragazza rappresentava una dei miei migliori ideali d'eroticità e sensualità.
Avevo cercato di evitarla per non alterare il loro idillico rapporto (idillico solo in apparenza, come appresi in seguito), ma troppo forte era il richiamo che esercitava quando mi passava vicino. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da lei fintanto che non andava in un'altra stanza, così come degli studenti a fine lezione fissano la giovane supplente fino all'uscita dalla porta dell'aula.
I primi flirt iniziarono in seguito a un banale evento. Una sera, usciti a bere qualcosa nel nostro fidato bar, mi ero ritrovato con la mia mano sopra la sua coscia. Non me ne sarei nemmeno accorto se lei non mi avvesse guardato sorridendo, volgendo poi gli occhi alla mia mano. E io le pizzicai la pelle attraverso le calze a rete per spezzare la tensione di quel momento che mi creava imbarazzo. Forse lo feci troppo forte, visto che ebbe un leggero sussulto, che cercò comunque di mascherare.
Quella sera non successe nient'altro di particolare, anche perchè io l'avevo quasi trascurata dopo l'inconsapevole contatto tra mano e coscia.

Fu la mattina seguente, quando accesi il cellulare, che trovai un suo messaggio.
"Quindi sei uno di quelli che apprezza un pò di violenza. Mi hai quasi eccitata stasera con quel piccolo gesto."
Io non vi badai; pensavo infatti ad uno scherzo fatto dal mio amico."Daisy glielo avrà raccontato e lui mi ha mandato un messaggio col cellulare di lei per farsi due risate. Tipico di Loyd."
Il pomeriggio tardi, mi squillò il telefono di casa: "Ciao Tony, sono Daisy, sto tornando da lavoro e passo davanti a casa tua. Ti va di uscire a mangiare qualcosa? Si? Ok, allora fra 10 minuti sono lì, andiamo al giapponese che ne ho una gran voglia."
Non feci in tempo a dirle che dovevo ancora farmi una doccia che aveva riattaccato. Fanculo la doccia, me la faccio quando torno, pensai. Aprii l'armadio, presi i primi vestiti che mi finirono tra le mani e li indossai.
Quando arrivò suonò due volte il clacson e io scesi. Entrai in macchina e la guardai.
"Stavi tornando da lavoro? Non mi sembra un vestito da lavoro quello che indossi". Lei si mise a ridere, coprendosi la bocca come era solita fare. Era un gesto che faceva elegantemente, con noncuranza.
Era incredibilmente sexy, ma non lo dissi ad alta voce. Ma son sicuro che era consapevole di esserlo. Nessuna donna si mette le autoreggenti e un vestito scollato senza sapere di essere sexy.
Arrivati al ristorante ordinammo una barca di sushi da dividere in due. E dissimo al cameriere di portare sakè ogni volta che avrebbe visto la bottiglia a testa in giù sul tavolo.
Non appena ci servirono, Daisy iniziò a parlare di sesso. Di quanto le piaceva farlo, di quanto spesso lo faceva, di come non fosse soddisfatta da Loyd, di come le piaceva soddisfarsi da sola prima di addormentarsi, al buio, in modo da potersi immaginare più facilmente ciò che le era necessario per raggiungere l'orgasmo.
"Ma il sushi ti fa sempre questo effetto?" Ironizzai io a un certo punto. Non so se fossi più eccitato o imbarazzato; sicuramente il mio pene non aveva dubbi al riguardo, vista l'erezione che mi era venuta senza chiedere il permesso.
Dovevo andare in bagno e se mi fossi alzato avrebbe sicuramente notato l'effetto che stava facendo quella conversazione.
Me ne fregai, pensando che non c'era in fondo nulla di male, e mi avviai, dopo aver rovesciato la bottiglia di sakè finita.
Ovviamente lei notò il rigonfiamento nei miei pantaloni, anche perchè io ero solito non portare le mutande e conseguentemente le erezioni erano particolarmente libere e quindi particolarmente visibili.
Mi voltai a guardarla prima di entrare nella toilette. Mi stava fissando mordendosi il labbro inferiore.
Ero appena entrato quando sentii aprirsi la porta. Era Daisy.
Senza dire nulla mi spinse contro i lavandini e cominciò a baciarmi. Volevo fermarla, ma Dio, quanto era brava.

A un certo punto mi prese la mano e se la mise sotto la gonna: anche lei era senza mutande.
Non ebbi bisogno di farla bagnare. Iniziai ad accarezzarle l'inguine con la mano, lasciando che fosse solo il mignolo a sfiorarle le labbra. Tremava dall'eccitazione. Anzi, tremavamo entrambi dall'eccitazione. A un certo punto non resistetti più e affondai due dita nella vagina. Ebbe un tremore più forte degli altri.
Tutto ad un tratto mi tolse la mano, mi slacciò i jeans e si mise in ginocchio.
Mi prese l'uccello in mano, alzò la testa e mi guardò negli occhi. Erano lucidi. E stette così, qualche secondo, ferma. Senza muovere nè la bocca, nè la mano, prima di abbassare lo sguardo per guardarmelo.
Si aprì la porta. Entrò un bambino.
Presi dal fremito del momento, non avevamo badato a entrare in un cesso. Eravamo lì, nell'antibagno, io in piedi coi pantaloni abbassati appoggiato a un lavandino, lei chinata a fissare il mio pene, tenendolo in una mano.
Il bambino uscì. Daisy senza dire nulla uscì. Io restai lì, pensando a quello che stava succedendo qualche secondo prima e sperando che il bambino non dicesse nulla ai genitori della peccaminosa visione. Uscii anche io.
Quando tornai al tavolo lei fece finta di niente. La bottiglia di sakè era di nuovo piena. Parlammo del più o del meno, pagammo e ce ne andammo.
Anche quando arrivammo davanti a casa mia mi salutò normalmente, come se niente fosse accaduto, come se io non avessi avuto qualche ora prima due dita dentro di lei, come se lei non avesse avuto il suo pugno stretto attorno al mio membro, la bocca vicina al glande.
Andai nel mio appartemento, mi denudai come ero solito fare ed andai pensieroso alla finestra. Guardai giù in strada e la sua macchina era ancora lì.
Mi misi una vestaglia e corsi giù. Aveva tirato giù il suo sedile e, quasi sdraiata, si stava masturbando.
Stetti un pò a guardarla, poi bussai al finestrino. Sussultò, mi guardò e arrossii. Non appena aprì la portiera la presi in braccio, feci le scale, passai la porta che avevo lasciato aperta e arrivai in camera. La adagiai sul letto e mi tolsi la vestaglia, unico indumento che avevo addosso. Mi avvicinai per iniziare a togliere anche i suoi vestiti, ma mi fermò con una mano.
"Non vuoi riprendere da dove eravamo rimasti?" E dicendolo si inginocchiò davanti me, stessa posizione del bagno del ristorante giapponese. Mi fissò negli occhi, poi guardò il mio pene e lo leccò. Lo leccava in punta come se fosse un gelato.Quando vide che mi era diventato davvero duro aprì la bocca e iniziò a ondeggiare su e giù con la testa. Era brava almeno quanto lo era a baciare. Muoveva l'asta del pene con le labbra e intanto usava la lingua per stimolarmi ancora di più.
Riusciva a ingoiarmelo fino in fondo, come nessuna donna aveva mai fatto.
Doveva avere molta esperienza, anche perchè poco prima che venissi iniziò ad andare lentamente, ma allo stesso tempo succhiando più forte e usando con più energia la lingua. Io non le dissi che stavo per venire, ma lei ingoiò senza il minimo problema. E non si tolse subito dopo, ma continuò a leccarmelo e massaggiarmelo con le labbra finchè non mi calò l'erezione.
Mi sdraiai sul letto e lei si tolse tutto quello che aveva addosso. Non aveva un fisico perfetto, ma lo definirei lussurioso.
Una volta nuda si mise a gambe aperte, piegate sul letto, sopra la mia faccia. Senza che me lo chiedesse, cominciai a leccargliela. Dopo poco mi disse: "Penetrami".
Mi piacevano le donne con dell'iniziativa nel sesso, ma non bastava a farmi avere un'erezione subito dopo un'orgasmo.
Lei si era già messa a pecorina, in attesa che io iniziassi. Le tirai quasi inconsciamente uno schiaffo sul culo e lei gemette. Di piacere.
Non lo avevo mai fatto, ma mi eccitò da morire. Il cazzo ridivenne duro, le misi la mano sinistra sulla schiena incurvata e la destra sul sedere. Le entrai dentro lentamente, ma senza esitazione.
"Più forte" mi disse, e aumentai forza e ritmo. "Più forte" chiese nuovamente. Iniziai a dare dei colpi lenti ma molto intensi. Le piaceva. Lo sentivo da come respirava, dai sibili che emetteva, da come contraeva i muscoli delle gambe e dei glutei.
Si mise ad ansimare più forte. Con un braccio mi graffiò una gamba. Sanguinavo. Risposi graffiandole la schiena e lei lanciò un grido. Mi preoccupai di aver usato troppa forza, ma capii che era un grido di estasi. Le iniziarono a tremare le gambe, i respiri si fecero più veloci e, ad un tratto, si lasciò andare sul letto.
Quanto era bella, pensai. Stesa sul mio letto, stanca, sudata, con i capelli scompigliati, nuda, posseduta da me.
Si rivestì e mi baciò. Un bacio casto, a labbra chiuse, ma pieno di significati.
"E mi lascì qua così, con un'erezione non soddisfatta?"
"Ti chiamo domani sera" mi disse senza badare a ciò che gli avevo detto. Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: "la prossima volta, graffiami più forte". Si voltò e uscì dalla porta.
Non come un'arrapante supplente qualunque che usciva dall'aula, ma come la MIA supplente arrapante che usciva dalla porta della MIA camera.
di
scritto il
2011-05-06
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