Confusione e ritorno - 3

Scritto da , il 2017-08-07, genere bisex

Mia madre mi chiamò dalla cucina: "Albe sei in casa? Son tornata".

Ero bloccato dalla paura, seduto sul lettino con le mutande a mezza altezza, il pisello gonfio e con Antonio che aveva in mano gli slip unti di mia madre e mia sorella.

Riuscii a dire soltanto: "Ciao mà, son qui che gioco alla PlayStation con Antonio. Tra poco arriviamo".

Il mio amico rideva, ma l'adrenalina era a mille: tra la paura di farci scoprire e quel godimento di cinque minuti prima, star tranquillo era impossibile. E infatti, ancora entrambi nudi, ce lo menammo venendo sulle nostre mutande, che usammo per asciugarci...

Ci rivestimmo nascondendo gli slip e i giornaletti sotto il mio letto, e andammo incontro a mia madre.

Lei, con la sua abbronzatura perfetta e quel vestitino svolazzare, fece prendere un colpo a me ed Antonio: "Che facevate con questo caldo? Giocare alla PlayStation? I ragazzi della vostra età devono uscire, non chiudersi in camera".

Antonio le disse: "Signora Marcella, le ragazze sono complicate e se la tirano. Almeno gli amici non tradiscono".

Intanto lui stava avendo una nuova erezione nel vedere mia madre, ma soprattutto pensando alle sue mutandine sudate annusare pochi minuti prima. Con la pancia ancora imbrattata e incollata dello sperma versato durante il "pesce con pesce" accompagnai Antonio sulla strada e gli dissi: "E ora che cazzo si fa?"

Lui freddo: "metti gli slip a mollo e poi nella cesta dei panni. I porno mettili nello zaino. E non succederà nulla. E fatti una doccia, che mi hai fatto sborsare talmente tanto sulla tua pancia che non ho più una goccia". E se ne andò ridendo...

Mamma uscì per delle commissioni, e io per la paura misi il mio slip e quello di Antonio nella cesta dei panni sporchi, ma senza lavarli.

Fu un errore imperdonabile, perché a ora di pranzo tornò mia sorella Erika dalla palestra, tutta sudata e come sempre carica e incazzata, che senza neanche salutare disse: "Vado a farmi una doccia, che sono stanchissima e sudatissima".

Pregustavo di annusare la sua mutandina fradicia appena finita la doccia, ma i sogni furono distrutti quando, dopo aver sentito lo scroscio della sua pipì sulla tazza del water, sentii chiamarmi: "Albeeeeeeee, vieni subito".

Non capivo che cosa volesse, era in accappatoio quando mi aprì la porta del bagno e mi urlò: "Schifosi, maiali, infami. Passi che ti fai le seghe e alla tua età è normale, ma che debba vedere anche queste cose in casa nostra no. Mi fate schifo".

Io dissi: "Erika ma che cazzo dici?"

E lei, indicando lo slip di Antonio ancora impiastricciato di sborra: "Ma ti rendi conto che sei un imbecille? Premetti al tuo amico di fare certe cose in casa nostra e per di più dobbiamo anche lavare le sue porcherie? Ma sei rincoglionito?"

Stavo per svenire, tremavo e l'adrenalina scorreva a fiumi. Non dissi se non: "Scusami, sono confuso".

Quella stronza di Erika, però, più mi scusavo e più prendeva gusto ad umiliarmi: "Senti come puzzi, almeno lavati là sotto, schifoso. Lascia che veda Antonio in spiaggia e vedi. Altro che segarsi sul mio culo".

E intanto, per provocarmi, me lo mostrava: "Eccolo, vai e segati. Che non sai fare altro".

Mi sembrava una minaccia, ma Erika urlandomi mi cacciò in malo modo: "Esci che devo farmi la doccia e dopo ti devo parlare. A questo punto diciamo tutto".

Non ero in me, tra quella promessa di parlare e la vista del suo culo stupendo ero in trance. Andai in camera, mi misi a leccare il suo slip sudato usato nel mio spettacolino con Antonio, e mi masturbai in piedi annusando i suoi umori e degustando quel sapore salato...

Dopo venti minuti, sentii Erika chiamarmi: "Vieni subito qui, coglione". (Continua)

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