Mamma, voglio tutto

Scritto da , il 2015-12-18, genere incesti

Mi rendo conto di essere uno dei tanti. Siamo in molti, infatti, quei ragazzi che provano l'insano desiderio di un dolce contatto fisico con lei. La mamma. Quella voglia, difficile da ammettere, di sfogare con lei le continue pulsioni che si moltiplicano durante la pubertà e poi, ancora successivamente, durante il periodo della giovinezza e della raggiunta consapevolezza sessuale. Ed è non poco stuzzicante condividere sensazioni, umori ed esperienze che, in tal senso, molti giovani, per loro fortuna, hanno vissuto. Molti giovani, tranne il sottoscritto. O, meglio, non posso certo vantare esperienze mirabolanti come alcuni che, tra realtà (forse poca) e fantasia (ahimè troppa) narrano di stupefacenti penetrazioni, ispezioni anali approfondite e, in generale, esperienze lascive addirittura scaturigine di inattese gravidanze materne. La mia esperienza, vera come la miseria, è senza dubbio di basso profilo, eppure fu, al tempo, fonte di mia grande soddisfazione e sogni che, via via diradatisi, oggi potrebbero provare a rifulgere e tentare un nuovo risveglio.
Non è mai stata una vera e propria sventola, mia madre. Ma lungi da me dall'affermare che sia una donna poco piacente. Anzi, con mia soddisfazione l'ho sempre vista, sin da bambino, come una bella donna, dal fisico morbido e slanciato, mai spigolosa, sempre dotata di un fresco sorriso rassicurante, e due vispi occhi verdi coronati da una profumata chioma castano chiara. Si chiama Lucia.
Ho trascorso molti anni della mia vita a tentare, spesso invano, di spiarla attraverso quelle serrature sempre troppo piccole e ad attendere i mesi estivi quando, complice il gran caldo, non disdegnava d'indossare, per casa, e non solamente durante le ore notturne, camicie da notte sapientemente trasparenti che, grazie ad improvvisati e fortunati giochi di luce, consentivano di intravvedere senza troppi sforzi un bellissimo seno tondo e pieno, florido e dalla forma salutare. Di quel seno sono sempre stato innamorato e, per quel seno, avrei fatto qualsiasi cosa. Sicuramente, immaginandolo davanti a me, non ho mai avuto difficoltà a masturbarmi. Diciamo che, per le mie seghe, era la più prolifica fonte d'ispirazione. Tanto che, a lungo, pur provando da sempre grande attrazione verso mia madre, non mi trastullavo pensando alla sua figa o ad eventuali rapporti completi, ma godevo delle mie prepotenti erezioni determinate dal solo fatto d'immaginarmi amoreggiare con il suo seno.
Ero già grandicello quando iniziarono i primi blandi contatti fisici. Cose da poco, sfioramenti occasionali che, tuttavia, per me significavano piacevoli corse in bagno a sfogare il mio piacere. Prendemmo l'idilliaca abitudine, dopo pranzo, prima che io iniziassi a studiare e per lei arrivasse l'ora di tornare al lavoro nel pomeriggio, di rilassarci e riposarci seduti sul divano, con le confuse voci ed i suoni provenienti dalla televisione come sottofondo a riempire i momenti di silenzio, inframezzati dalle nostre chiacchiere e dai resoconti degli avvenimenti mattutini. Presto, però, chiacchiere e resoconti si diradarono sempre più ed i rumori provenienti dalla televisione, sempre più opachi ed ovattati, iniziarono a riempire i silenzi che, via via, si prolungavano, sostituiti da rassicuranti coccole filiali e tenerezze materne. All'inizio furono lunghi abbracci, l'uno perso nell'altra, dita tra i capelli, flebili baci sul collo che, senza fretta, si spostarono in condivisi baci sulle labbra, morbide, setose e volitive; erano labbra che si cercavano in baci ad occhi chiusi, sempre più intensi e lunghi.
Certo, non ho mai brillato per coraggio nella mia esistenza sino ad ora, e neppure in quelle occasioni ebbi mai l'ardire di affondare il colpo fino a cogliere il limite ch'ella avrebbe consentito ai miei desideri. Quando, in uno dei nostri pomeriggi silenziosi sul divano che, il volto posato sulla sua spalla, teso a donarle delicati baci sul collo, ebbi il fremito e l'ardire di far scivolare con delicatezza la mano, educatamente posata sulla sua coscia avvolta da un elegante pantalone nero, fin su verso il seno sinistro.
Continuavo a baciarla delicatamente sul collo, ad occhi chiusi, mentre il cuore mi batteva all'impazzata, ben più galoppante rispetto al solito, per via di quella mano che aveva, finalmente, afferrato l'oggetto dei desideri più reconditi del mio animo. Non so perchè, ma mi aspettavo che, da un momento all'altro, mamma scansasse quella mano impertinente che, forse, si stava spingendo troppo in là. Ma così non fu. Lasciò fare. Mi permise tacitamente di accarezzarle il seno che, sia pur distante dalla mia mano lo spazio di un reggiseno ed un maglioncino viola aderente, sentivo interamente in mio possesso, tanto da indurmi ad una fugace ma convinta palpazione della tetta.
Inutile dirvi che, al termine delle nostre coccole giornaliere, stavolta con risvolti più piacevoli quanto inaspettati, il mio appuntamento con l'autoerotismo fu quanto mai gradito: non solo avevo toccato quel magnifico sogno tondo e morbido, ma ad eccitarmi fu la chiara sensazione che mamma mi aveva permesso di farlo, consapevolmente, e forse il mio contatto le era anche piaciuto.
E, come detto, non sono certo un mostro di coraggio, tanto che, nelle similari situazioni dei giorni e settimane successivi, ripetei il contatto sul seno, mantenendo sempre una certa fugacità e non approfittando pienamente della ormai palese disponibilità di mamma a concedermi le sue amatissime tette. Finchè un giorno l'audacia si impadronì di me e mi condusse, finalmente, in un porto più appropriato alle mie voglie e, al contempo, più consono alla scelta di mamma di consentirmi una più profonda fruizione delle sue grazie.
Quel pomeriggio, in realtà, inizialmente non sembrava diverso da tutti gli altri che lo avevano preceduto. La televisione blaterava qualcosa senza senso, il divano era sempre lì ad accoglierci per qualche minuto di coccole e riposo. Ricordo che, l'inverno ormai archiviato, mamma indossava calze nere velate, una gonna grigia fino al ginocchio ed una camicia bianca. Il piacevolissimo copione si ripeteva inesorabilmente, con un pò di conversazione, abbracci e carezze che pian piano facevano spazio ai silenzi dovuti ai baci sulle labbra che ci scambiavamo sempre più numerosi e prolungati. E non mancai, neppure in quell'occasione, di far scivolare la mia mano sulla sua tetta nè lei pose alcun ostacolo al mio tentativo di palparle il seno, quando, finalmente, decisi di osare un pò di più. Sentivo che la mia prova sarebbe andata a buon fine e allora non indugiai. La stavo teneramente baciando sulle labbra quando lasciai il seno e spostai la mano verso i bottoni della camicia.
Sbottonai il primo, e mamma non reagì.
Sbottonai anche il secondo e, pure stavolta, non trovai alcuna reazione ad ostacolare la mia decisione.
Arrivai al terzo, e poi al quarto... sembravano non finire mai, quand'ecco che il quinto ed ultimo bottone mi consentì di sfilare la camicia, ormai del tutto aperta, dalla gonna. A quel punto, toglierle la camicia fu una naturale conseguenza; solo un reggiseno nero mi divideva dal mio tesoro. Che lei fosse accondiscendente verso le mie azioni, che tacitamente mostrasse di approvare ed apprezzare il mio operato mi tolse i pochi, ultimi freni che mi avevano soggiogato a lungo. Quello, senza dubbio, era il momento giusto, il momento così atteso. L'abbracciai, ci baciammo, le mie mani poco abili si spinsero fin sul gancio del reggiseno e, dopo pochi secondi di impacciato armeggiare, sentii scattare e aprirsi.
Mi staccai dal corpo di mia madre, quei pochi centimetri che mi permisero di sfilarle via il reggiseno e di guardarle, finalmente a tu per tu, il meraviglioso seno con cui troppe volte avevo sognato di giocare.
E così, scesi lentamente con la bocca. Oltre alle sue dita tra i miei capelli, ricordo il buon sapore di quei seni, di quei capezzoli, leccati, carezzati, baciati con gusto e voluttà. Chissà, forse furono solo cinque minuti di gloria, o cinquanta... il tempo si era fermato. Eravamo solamente io ed il seno di mia madre e lo succhiai tanto da farlo arrossare. M'impadronii dei capezzoli pizzicandoli, strizzandoli, mordendoli, palpandoli con ferma delicatezza e gustandomeli avidamente. Fu quella l'unica occasione in cui percepii la mano di mamma posarsi sul mio membro, ma la sensazione fu che intendeva più che altro compiacersi della mia erezione piuttosto che cercare piacere o sfogare qualche voglia. Purtroppo, infatti, con un pò di disappunto, non andò oltre una ben assestata palpata sul pacco duro.
Vi chiederete, a questo punto, ma come è andata a finire? l'unica cosa certa è che, appunto, finì. Col seno, forse, dolorante ed indolenzito per le mie attenzioni, mamma mi baciò, si alzò dal divano, afferrò reggiseno e camicetta, ormai sgualcita, e, senza ricomporsi, si allontanò verso la sua camera da letto tette al vento. Giusto il tempo di prepararsi e di velarsi di trucco, poco dopo uscì per recarsi al lavoro.
Quel pomeriggio non riuscii neppure ad aprire i libri per studiare, tanto la mia mente vivesse sensazioni forti ed anche contrastanti. E nonostante l'eccitazione rimastami in corpo, ricordo che non ebbi neppure la forza di masturbarmi, e direi che, invece, di motivazioni per farmi un poderosa sega ce n'erano a bizzeffe. Ma quanto avvenuto mi aveva colpito emotivamente e mentalmente in modo molto forte, fu un pugno in faccia che mi lasciò stordito: ripensai e rividi davanti ai miei occhi ogni momento, i baci, i bottoni della camicia, il rumore del gancio del reggiseno che si apriva... la visione fantastica di quelle tette e poi, finalmente, la felicità di gustarne il sapore. Il seno di mia madre era stato mio e solo mio.
L'euforia aumentò non solo per ciò che era accaduto dal mio punto di vista, ma anche perchè sempre più mi convincevo che quel contatto fisico era frutto di un tacito desiderio anche di mia madre: ma si, era chiaro, non aveva mai preso lei l'iniziativa e dunque aspettava che fossi io a fare il primo passo, ma credo che anche lei desiderasse donarmi il suo seno, volesse che ci giocassi e lo trattassi come mia proprietà. Insomma, mi ero preso le sue tette, e lei me le aveva date. Aveva voluto darmele.
E a questo punto, sarebbe normale ipotizzare una positiva e naturale evoluzione del rapporto, magari raccontando di un celestiale pompino con ingoio oppure di una furiosa scopata, ma purtroppo nulla di tutto ciò avvenne. Sia chiaro, non che mi sarei tirato indietro se si fosse realizzato, ma i nostri momenti pomeridiani nei giorni e settimane successivi ripresero sui soliti binari delle coccole, carezze, baci sulle labbra, anche languidi e prolungati, e delle quasi furtive palpate sulle tette.
Arrivai ad autoconvincermi che quella volta mi aveva regalato emozioni irripetibili e, quindi, cercare di ripeterla avrebbe solamente rovinato le belle emozioni che mi avevano pervaso. Così anche mi convinsi che, in fondo, anche mamma altro non desiderasse che concedere, per una volta, il proprio seno al premuroso figlio, come regalo eccezionale per le attenzioni che le dedicavo. E chissà se questa mia convinzione, invece, non era semplicemente il frutto della mia proverbiale mancanza di coraggio, del mio essermi supinamente accontentato del minimo, delle briciole, e se invece mamma mi avesse inviato un chiaro messaggio di disponibilità (che non ho avuto l'abilità di cogliere) che sarebbe iniziato con il concedermi il seno e, magari, sarebbe finito con ben altro di molto più succulento... E se da allora, nel tempo, il rapporto è lievemente scemato, oggi, a distanza di mesi, mi sento rinvigorito, voglioso di ripercorrere quelle strade ed, anzi, di osare qualcosa in più, laddove il timore mi aveva bloccato.
E riterrei inspiegabile se, oggi, mamma cambiasse atteggiamento. Stavolta intendo provarci, il modo ancora non lo so, ma qualcosa inventerò, in fondo le occasioni non mancano e, al limite, le creerò. Rivoglio quel seno tra le mie mani, voglio succhiarlo ancora. Ma ora voglio molto di più. Voglio tutto. Voglio la figa di mia madre.

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