Una mamma per amica - 2

Scritto da , il 2015-02-05, genere incesti

AVVERTENZA IMPORTANTE: questo è il seguito naturale di UNA MAMMA PER AMICA pubblicato in questa stessa sezione il 1° febbraio, e che perciò va assolutamente letto prima di quello che trovate qui sotto.

UNA MAMMA PER AMICA – (2)


Con mamma le cose andavano come meglio non potevano e il nostro legame affettivo, che era sempre stato ottimo, si consolidò ancora di più. Facemmo sesso altre volte, ma non spesso, come se ci fosse una tacita intesa in tal senso. La trasgressione c’era tutta, il nostro era un incesto in piena regola, ma l’uso di una certa moderazione forse serviva ad attutire i sensi di colpa, se non a lavare del tutto le nostre coscienze.
Su un fatto, però, lei volle essere chiara: non appena io avessi trovato una morosetta, o qualche amichetta, e comunque al massimo entro un anno, i nostri rapporti si sarebbero di nuovo normalizzati, e ognuno avrebbe condotto la propria vita sessuale autonomamente.
Ogni tanto, senza alcuna programmazione, ci avvicinavamo. A volte era lei, più spesso ero io, ma non più di quattro o cinque volte al mese. E ogni volta mamma riusciva a inventarsi qualche cosa di nuovo, e ovviamente molto trasgressivo. Per esempio mi iniziò al massaggio prostatico, così quando mi masturbava o me lo succhiava, le piaceva spingermi un dito – naturalmente ben lubrificato - nel culetto. La prima volta la cosa mi sembrò un po’ strana, ma lei lo fece con tale delicatezza che finì per piacermi, aumentandomi l’eccitazione. Lo so che non era un vero massaggio prostatico, anche le volte successive il dito è sempre stato solo uno e non ha mai usato giocattoli specifici per quel genere, ma per un inizio era meglio così.
Evidentemente mamma aveva una certa predisposizione per il buchetto dietro, anche proprio oltre che altrui, perché fu lei stessa ad offrirmi il suo lato B, che accettai con entusiasmo. Mentre la penetravo in quel modo lei si masturbava, soprattutto il clitoride, con frenesia crescente man mano che si avvicinava all’orgasmo. Un particolare che mi eccitava fuori dei modi era che si bagnava moltissimo, e qualche anno dopo, avute le prime esperienze con altre ragazze, ebbi conferma dell’eccezionalità di quella sua caratteristica. Ogni volta, dopo aver fatto sesso, dovevamo spalancare le finestre, talmente il locale era impregnato dei sui afrori femminili.
Un altro giochino che ci eccitava era più cerebrale che fisico. Ci immaginavamo situazioni trasgressive inventandocele al momento o facendoci domande del tipo “ti piacerebbe se…”, e i “se” erano svariati e quasi sempre prevedevano la presenza di altri che ci scoprivano sul fatto o che avevamo tirato dentro volutamente.
E fu in una di quelle occasioni che nacque l’idea.
«Tu lo faresti con un’altra donna?» le chiesi una volta. I video lesbo erano i miei preferiti, e il solo pensiero di trovarmi in mezzo a due lesbiche vere mi faceva andar fuori di testa.
«Be’, quando avevo più o meno la tua età, intorno ai 14 o 15 anni, ho avuto delle esperienze con mia cugina Ludovica, che aveva un anno di più. Mi sembra di ricordare che avesse cominciato lei, comunque siamo andate avanti un bel po’, almeno per qualche mese, finché abbiamo cominciato a dedicarci a tempo pieno ai nostri morosetti.»
Sua cugina Ludovica la conoscevo benissimo, abitava nella stessa città e capitava spesso di incontrarsi con lei e suo figlio Valerio, mio secondo cugino e mio coetaneo. Anche loro due vivevano soli, ma non perché lei fosse separata: non si era mai nemmeno sposata. Era rimasta incinta a 21 anni, aveva deciso di tenersi il figlio, ma non aveva mai voluto saperne di sposare il ragazzo con cui l’aveva concepito. Era una tipetta tosta, oltre che molto graziosa.
«Sai, Nicola, ora che ci penso ho avuto più volte il sospetto che tra Ludovica e Valerio ci fosse qualcosa di più che un rapporto madre figlio, un po’ come noi, capisci? Ma ancora prima. Lei non ha mai detto niente e io non ho mai chiesto, e, in verità, non so nemmeno perché ho cominciato a sospettarlo, ma l’ho pensato,» rimase assorta per un momento «ma forse è tutto frutto della mia immaginazione.»
«Forse. Ma forse potresti averci azzeccato.»
«Ho sempre avuto molta confidenza con lei, anche se ultimamente non parliamo così spesso, ma qualche indagine potrei provare a farla. E ho anche capito dove vuoi andare a parare, birichino.»
Già, un’idea fantastica stava a poco a poco strisciando nella mia mente porcellina. Ma questa volta avrebbe potuto essere ben più che una fantasia, tipo quelle immaginate con mamma in certi momenti, avrebbe potuto essere realtà.

Qualche giorno dopo mamma mi disse che la cugina aveva confermato, sia pure con molto imbarazzo, i suoi sospetti.
«Ovviamente io stessa ho dovuto fare delle ammissioni per estorcere le sue confidenze, ma, anche se non abbiamo ancora parlato esplicitamente, ho la sensazione che anche a lei intrigherebbe molto provare qualche giochino in quattro.»
«Sarebbe fantastico, mamma! E tu pensi che faresti qualcosa anche con lei?»
«Non correre troppo, Nicola, queste faccende sono molto delicate e tutto deve accadere in modo naturale e spontaneo, senza forzature. Lascia fare a me.»
Naturalmente aveva ragione, tuttavia l’idea solleticava entrambi, e ci scatenammo immaginando ad alta voce quanto avrebbe potuto accadere in un’orgetta a quattro.
«Sai una cosa, mamma?» dissi dopo che avevamo placato le nostre voglie «Credo che sarei geloso di vedere te e Valerio scambiarvi effusioni, pensi che sia inevitabile che debba succedere?»
«Ti voglio chiarire due cose, Nicola. Primo, non ho esperienze di quel tipo per cui non sono in grado di prevedere che cosa possa capitare, e nemmeno se possa davvero capitare qualche cosa, se è per quello; basta che uno solo dei partecipanti si tiri indietro all’ultimo momento e non succede più niente. Io non sono una santerellina, soprattutto in gioventù ho avuto le mie belle esperienze, ma a quello non sono mai arrivata. Secondo, se tu hai in animo di fare qualche cosa con Ludovica è automatico che anche Valerio faccia lo stesso con me, ti pare?»
E ovviamente aveva ragione anche su questo. Avrei dovuto mettermela via.

Il fatidico incontro avvenne il sabato della settimana successiva. Non so se e come era stato concordato, mamma era stata volutamente vaga in proposito, comunque nel primo pomeriggio eravamo a casa loro per un caffè. Io non notavo nulla che facesse pensare a sviluppi particolari, per cui pensai che si trattava solo di un incontro preliminare e che non sarebbe successo ancora niente. Ma ad un certo punto la conversazione si fece interessante. Le due cuginette cominciarono a raccontare alcune loro avventure da ragazze, e saltò fuori il famoso gioco della bottiglia. I partecipanti si sedevano in cerchio e a turno facevano roteare un bottiglia al centro, e quando questa si fermava, chi si trovava in direzione del collo della stessa doveva togliersi un indumento. Alla fine rimanevano regolarmente tutti nudi, e spesso si andava anche oltre con varie penitenze facilmente intuibili.
«Molto divertente» feci io «ma temo di non avere amici – o meglio, amiche -abbastanza spregiudicate da starci, ahimè.»
Valerio sembrava indifferente, ma sua mamma aveva ben altro spirito.
«Dai che giochiamo anche noi» disse «siamo qui tranquilli e abbiamo il pomeriggio davanti, così facciamo qualche cosa di diverso dal solito.»
Era quello che speravo di sentire, e mentre annuivo con ampi cenni del capo colsi lo sguardo allusivo di mamma, che sembrava dire: “contento?”. Realizzai che tutto era stato pianificato molto bene da sembrare naturale, ma tuttavia pianificato con cura dalle due donzelle. Brave!
Ludovica portò una bottiglia di vetro vuota e ci sistemammo sul tappeto del soggiorno. Sempre lei, che aveva preso in mano la situazione, disse che gli indumenti validi erano scarpe, pantaloni o gonna, maglietta o camicetta, mutandine, più reggiseno per le due donne, che quindi ne avevano cinque, rispetto ai quattro di noi due ragazzi.
«Così rimarremo nudi quasi subito» disse Valerio che sembrava un po’ in imbarazzo: probabilmente lui era all’oscuro di tutto.
«Di che ti vergogni?» rispose sua mamma «resta tutto in famiglia.»
Forse era proprio questo che lo imbarazzava, ma proseguimmo e in pochi minuti si arrivò al dunque. La sorte era stata equanime: io e Valerio eravamo in mutande e mamma e Ludovica in mutandine e reggiseno. Le due cuginette, che sapevano benissimo ciò che sarebbe successo, si erano preparate con cura sia per il trucco del viso che per la scelta dell’intimo. E viste così entrambe erano uno schianto! Il gioco si faceva molto intrigante.
La prima a capitolare fu mamma, e come si tolse il reggiseno colsi lo sguardo eccitato di Valerio che non si staccava da lì. Dovevo farmi forza per reprimere un po’ di naturale gelosia. In breve fummo tutti e quattro nudi e l’atmosfera si stava surriscaldando. Le due mamme finora avevano giustamente cercato di sdrammatizzare scherzando e ridendo per mantenere il clima di allegria, ma ora l’allegria avrebbe a poco a poco lasciato il posto ad una crescente morbosità: stavamo per passare alle penitenze, e qui il gioco sarebbe entrato nel vivo.
Nel frattempo avevamo messo da parte la poco pratica bottiglia sostituendola con un mazzo di carte, chi pescava la carta più bassa avrebbe dovuto eseguire il pegno. La partenza fu abbastanza leggera, anche se posso assicurare che dare una leccatina a un capezzolo di Ludovica per me non era proprio una cosina da niente, soprattutto perché sotto la mia lingua il capezzolo si era subito indurito.
Poi queste penitenze (toccatine, leccatine, bacini, carezze e palpatine, tutto molto soft) cominciavano a diventare ripetitive, ed era chiaro che bisognava andare oltre, a quel punto tutti lo volevamo. Sempre la solita vulcanica Ludovica propose di introdurre qualche regola, per esempio che con la prima pescata di carte la più bassa avrebbe “subito” il pegno, alla pescata successiva fra gli altri tre la carta più alta avrebbe deciso quale sarebbe stato il pegno, e ad un’ulteriore pesca fra gli stessi tre la carta più bassa l’avrebbe eseguito come parte attiva, il tutto senza distinzioni di sesso, ovvero poteva capitare che la sorte accoppiasse noi due maschietti come le due femminucce. Io non ero tanto d’accordo, ma fui ignorato e me la misi via.
Riassumo per fare chiarezza. 1) Prima pescata fra tutti: la carta più bassa subisce il pegno. 2) Pesca fra gli altri tre: la carta più alta decide il tipo di pegno. 3) Pesca fra gli stessi tre: la carta più bassa lo esegue.
Dopo essere stato costretto a vedere Valerio che la leccava a mia mamma, mi rifeci in parte con un bacio lungo e profondo alla sua. Non avrei mai più voluto separarmi da quella lingua fantastica.
Poi accadde qualcosa che prima o dopo sarebbe stato inevitabile. Valerio avrebbe subito il pegno che – per volere di Ludovica – consisteva nel farsi cospargere il pisello con un abbondante strato di panna spray, e poi qualcuno avrebbe provveduto a far pulizia. Un cazzo di sei di fiori stabilì che quel qualcuno sarei stato io. Merda! Protestare sarebbe stato inutile e non volevo fare la figura del guastafeste, così mi rassegnai.
Riuscii a togliere una buona parte di panna senza entrare il contatto col suo fringuello, che al momento se ne stava buono e tranquillo, e mi tirai indietro sperando che fosse sufficiente così, ma non lo era affatto.
«Eh no, bello mio» fece Ludovica «la pulizia deve essere fatta a puntino, non deve rimanere nessuna traccia di panna, come se se lo fosse appena lavato.» E così dicendo mi accompagnò gentilmente la testa verso l’area delle pulizie. Ancora una volta mi rassegnai, cercando di non pensare a quello che facevo, e con le prime leccate il fringuello non rimase più tanto tranquillo, ma si fece duro e turgido. Si stava divertendo il maialino, ma anche le due cuginette, non erano da meno.
«Guarda lì, c’è ancora panna» dicevano «e anche lì… devi pulire bene dappertutto.»
«Già» dissi io «tra poco qui ne viene fuori altra di panna, tutta produzione propria.»
Meno male che almeno quello non successe, e portai a termine il lavoretto. Più tardi, dentro di me, dovetti ammettere che sentire un cazzo in bocca – visto che alla fine mi avevano costretto a farlo per il ritocco finale - non era poi una sensazione così sgradevole, bastava considerarlo come una specie di giocattolo sessuale, tipo un fallo finto, e non come parte di un altro maschio. Ma preferii scacciare subito il pensiero.
«Ti è piaciuto, eh…» fece sua mamma soppesando la sua notevole erezione.
Lui arrossì un pochino, ma non disse nulla.
In seguito mi rifeci ampiamente guardando mamma che riceveva un bel bacio, con reciproco ed insistito scambio di lingue, dalla cugina. E poi ancora mamma che gliela leccava, mentre Ludovica mugolava. Ora non stavamo più giocando, eravamo tutti eccitati alla grande. Le carte furono messe da parte e non ci furono più pegni né da subire né da eseguire.
La piccola orgia ebbe inizio sul serio.
Fu come uno scambio di coppie, con la differenza che io e Valerio non eravamo i mariti, bensì i figli. E un po’ di incesto c’era anche tra le due donne, in fin dei conte erano pur sempre prime cugine.
Dopo un paio d’ore eravamo sfiniti. Io mi ero concesso qualche fugace pausa per ammirare mamma e Ludovica giocare fra loro. Erano stupende, di una sensualità sconvolgente e morbosamente arrapanti. Quante seghe mi sarei fatto anche dopo anni al solo ricordo! Avevo scopato entrambe, primo e secondo canale. Ah be’, anche Raitre se contiamo pure la bocca. Ero venuto due volte, ma siccome tutte e due le volte mi ero trattenuto fino al massimo che avevo potuto, ero completamente prosciugato e prima del giorno dopo non sarei stato in grado di venire una terza volta.

Nei mesi successivi giocammo ancora alcune volte. Tra le altre cose la bisessualità latente di Valerio si fece manifesta, e mi capitò occasionalmente di scoparlo o di venirgli in bocca. Da parte mia qualche volta glielo succhiai un po’ anch’io, ma non fino alla fine, non me la sono mai sentita, come non ho mai nemmeno accettato di essere scopato da lui.
Finché ci fu un’ultima volta.
In quell’occasione non fu detto nulla e io non ebbi alcuna percezione in merito. Ma le due mamme lo avevano già deciso, e la decisione sarebbe stata irrevocabile. Ci eravamo divertiti tutti, e anche molto, ma il gioco non poteva durare in eterno. Quanto a santità probabilmente Santa Rita da Cascia era qualche gradino più su, ma erano pur sempre due mamme adulte e con un po’ più di sale in zucca rispetto ai propri figli.
E fu giusto così.


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