Il turpe desiderio di mia moglie

Scritto da , il 2014-11-30, genere etero

IL TURPE DESIDERIO DI MIA MOGLIE
Scrive AKIM

Mia moglie Daniela, mi svelò di avere un desiderio erotico particolare. Voleva emulare ciò che aveva visto fare da una splendida ragazza in un video Hard. Me lo bisbigliò in un orecchio durante i preliminari che anticipavano uno dei nostri lunghi sessantanove. Accondiscesi.
Prima di entrare nel vivo del racconto è necessario che ve ne descriva l’aspetto. Sebbene Daniela abbia trentacinque anni, il suo corpo è rimasto pressoché invariato rispetto a una quindicina di anni fa. È bionda naturale, i suoi occhi turchesi emanano una sensualità esaltata da labbra ben disegnate. Ha Cosce tornite, vita stretta e due magnifiche mammelle. Daniela non ha mai fumato, perciò ha denti candidi come albume montato a neve e di una regolarità che rasenta la perfezione. In breve è ancora una gran bella femmina, di quelle che nulla hanno di artefatto.
Suppongo che i lettori siano curiosi di conoscere anche il mio aspetto, dunque mi chiamo Antonio, per mia moglie Tony. Sono un trentottenne con qualche capello grigio, alto un metro e settantacinque, ho occhi marrone scuro e ancora, grazie a un’alimentazione regolata, il mio addome è piatto come un tavolo da pingpong. Non sono particolarmente dotato, tuttavia mi reputo nella media europea perché il mio pene raggiunge i quindici centimetri in piena erezione; in compenso non ha mai fatto cilecca.
Conobbi Daniela durante il matrimonio tra una sua cugina e uno dei miei migliori amici. Il caso volle che ci trovassimo l’uno di fronte all’altra durante il pranzo. Fui colpito dalla sua bellezza. Iniziammo a conversare. Eravamo giunti alla torta nuziale, quando una decina di persone, dopo avere fatto gli applausi agli sposi, si approssimò a lei e, sollevando i calici dello spumante, iniziò a cantare “tanti auguri a te”. Venni così a conoscenza che quello stesso giorno compiva venti anni. La domenica successiva avvenne il nostro primo appuntamento e da quel giorno non ci siamo più lasciati. Il nostro è stato un fidanzamento durato cinque anni. In questo tempo e, a mano a mano che siamo divenuti più intimi, abbiamo scoperto quanto fosse stuzzicante scambiarci parolacce durante i rapporti sessuali oppure immaginare di divenire una coppia aperta e avere esperienze sessuali con altri. Le nostre erano soltanto fantasie, con cui creavamo un’atmosfera erotica che rendeva più intriganti i rapporti intimi.
Quattro anni dopo il nostro matrimonio, e avere rimandato una decina di volte l’intenzione di fare realmente l’esperienza di scambio dei partner, le proposi, in occasione del suo prossimo trentesimo compleanno di andare in un club privè. Mi occorse una settimana per convincerla infine accettò titubante. Scegliemmo un club privè oltre frontiera distante una quarantina di chilometri dalla nostra abitazione.
Quella prima volta fu per me sconvolgente. Mi tremavano le gambe quando, dopo una breve conversazione con una coppia sposata, dall’aspetto signorile vidi mia moglie (con la mascherina sugli occhi) scomparire dietro la porta di una camera con Mike, l’atletico marito di Mary, la mora formosa sulla quarantina che sarebbe venuta con me. Ebbi la sensazione di averla perduta per sempre la mia Daniela. Sentii il sangue abbandonarmi il volto e la fronte sudare freddo. A sollevarmi un po’ dal dubbio di avere fatto lo sbaglio più grosso della mia vita, fu Mary. Immaginando quali fossero i miei timori, mi accompagnò nella camera a noi destinata tenendomi per mano. Mi fece sedere sul letto, poi mi porse un bicchiere d’acqua. Cercò di tranquillizzarmi riferendomi che lei e suo marito lo facevano ormai da diversi anni e quella distrazione sessuale aveva rafforzato la loro intesa di coppia, evitato la monotonia e rinfocolato la loro la libido. Mi spiegò che per lei e suo marito il sesso rappresentava soltanto puro divertimento e appagamento di desideri particolari ma scisso dal sentimento. Mi raccontò, stringendomi le mani tra le sue, che per lei la vera immoralità era rappresentata non dal sesso libero ma dalla guerra e dalla morte per fame di milioni di persone. Rimanemmo a conversare. Mi disse pure:
- I maschi propongono, le donne dapprima si oppongono, poi cedono e, quando decidono, lo fanno con più determinazione. Poi aggiunse:
- Vedrai, Tony, tua moglie domani ti riempirà di premure, anche che si sarà fatta montare dal mio Mike e glielo avrà succhiato tanto da lasciare asciutta la sua sorgente di sperma. Poi ti chiederà di chiavarla. Fai trascorrere qualche settimana e sarai tu stesso a proporle di ripetere questa esperienza.
Annuii stupendomi della spregiudicatezza con la quale si era espressa, come se trovasse eccitante usare un linguaggio scurrile. Annuii. Lei mi tirò fuori il cazzo dai pantaloni e prese a succhiarmelo. Ci mise tutta la sua esperienza per farmelo drizzare, infine ci riuscì. Mi disse che suo marito lo aveva più grosso e giungeva a misurare in piena erezione ventuno centimetri e una larghezza di cinque, ma il mio le piaceva per la forma dritta e proporzionata mentre quello del suo consorte piegava un po’ a sinistra e aveva la cappella troppo sporgente rispetto all’asta. Pensai che avrebbe continuato a masturbarmi per vedere quanto abbondante sarebbe stata la mia eiaculazione, invece rinunciò dicendomi che avrebbe lasciato intatte le mie riserve spermatiche e inalterata la mia libido perché le serbassi per moglie. Tuttavia riuscì a tenermelo duro a lungo narrandomi delle porcate che lì dentro si consumavano: atti sessuali come la chiavata e la sodomia doppie, compresa la penetrazione con le mani, il pissing e le sessioni sadomaso come il bondage, la cera calda colata sulla pelle, il frustino e altre raffinatezze del dolore.
- Stanotte mio marito - mi disse - penetrerà tua moglie in tutti i suoi tre orifizi. Le eiaculerà dappertutto, ma la prima sborrata, la più copiosa gliela farà in bocca chiedendole di inghiottirgli lo sperma e ne avrà molto da farle deglutire perché rimane in astinenza per almeno una settimana prima di frequentare quest’ambiente. - Poi aggiunse che suo marito aveva una ripresa formidabile ed era in grado di avere l’erezione del cazzo anche dopo venti minuti dalla seconda sborrata.
- Se tua moglie - mi riferì - ti chiederà di montarla ancora quando sarete tornati a casa, ciò significherà che mio marito sarà riuscito a metterla a suo agio e a fugarle ogni titubanza, ammettendo che lei l’abbia avuta. -
Mi fece promettere che se ci fossimo rincontrati, avrei dovuto sodomizzarla ma solo dopo che le avessi praticato un clistere. Voleva che glielo facessi per tre motivi: amava essere inculata e godeva nel sentirsi irrorare l’intestino dal liquido tiepido del clistere, poi turare lo sfintere con un cazzo. Assentii. Uscimmo dalla camera e attendemmo che i nostri consorti uscissero dalla loro alcova. Rividi mia moglie dopo tre ore e mezzo da quando era entrata. Aveva sul viso i segni dello stravizio sessuale. Si era rifatto un trucco non certo perfetto e aveva i capelli non a posto come quando era entrata, ma dal suo volto fluiva un’espressione incredibilmente soddisfatta. Mike mi fece un gran sorriso, poi mi disse sottovoce che mia moglie era una gran fica e che mai aveva trombato una donna tanto calda e accondiscendente, schiaffandoglielo in tutti i suoi tre orifizi. Ammetto di avere ricambiato il sorriso un po’ a denti stretti ma la mascherina sugli occhi mi aiutò a celare l’espressione imbarazzata. Io non ero mai riuscito a eiaculare tre volte nel giro di sole tre ore e mezzo. Beh ognuno ha i suoi limiti.
Mary mi fece un cenno, come volesse comunicarmi che ci saremmo sicuramente rivisti.

Sulla strada del ritorno Daniela iniziò a guardarmi con un’espressione vogliosa. Si tirò la gonna fin oltre le autoreggenti a rete, trasse i suoi splendidi seni fuori della camicetta, e iniziò a leccarmi il collo mentre guidavo l’auto. Provavo dolenza ai testicoli talmente avevo la necessità di sfogarmi. A est albeggiava. Imboccai una stradina di campagna e mi fermai sullo spiazzo di un casolare abbandonato. Ci spogliammo in fretta e cominciammo a baciarci con ardore. Le chiesi se il suo partner l’avesse baciata in bocca. Annuì. Ciò mi eccitò al punto che il cazzo me lo sentii divenire duro come legno di quercia. Ribaltai i sedili, dissi a Daniela di mettersi bocconi e iniziai a chiavarla. La sua fica era fradicia non solo dei suoi umori ma, probabilmente, anche dei residui spermatici di Mike. Incominciò a mugolare come mai aveva fatto. Resistei all’orgasmo immaginandomi di avere calpestato la cacca di un cane: volevo che quella chiavata durasse più a lungo del solito. Seguitati a stantuffarla nella fica così bagnata da sembrarmi liquida. Lei m’incalzò a montarla con più irruenza, forse perché dopo essere stata chiavata da un cazzo più grosso, avvertiva meno la consistenza del mio. A un tratto mi chiese di incularla. Si mise bocconi, le abboccai il cazzo allo sfintere e spinsi. Lo sentii entrare completamente nel sedere di Daniela con una facilità estrema. Capii che il marito di Mary aveva fatto da ottimo apripista.
- Te lo sei fatta anche sodomizzare, eh? - le chiesi.
- Si! - rispose tra un gemito e l’altro.
Quella risposta mi fece emettere un mugolio gutturale. Immaginai di vedere il grosso cazzo di Mike sprofondare sino ai testicoli nel retto di mia moglie. Daniela mi disse di apostrofarla con parole sconce. La accontentai.
- Sei una maiala Dany, una vacca che si farà sbattere da maschioni molte volte ancora. -
- Sì, Toni, mi farò sbattere da maschioni come Mike molte volte ancora. -
- Ti piace inghiottire la sborra eh? -
- Lei assentì con il capo perché stava mugolando.
Lo stimolo dell’orgasmo mi avvolgeva il glande, strinsi i denti per resistere qualche secondo in più. Sentii Daniela emettere un grido, poi un altro, quindi un gemito strascicato, senza soluzione di continuità. Stava venendo. Mi chiesi quanti orgasmi avesse provato quella notte con l’altro partner.
- Amore, toglimelo dal sedere e schizzami tutta la tua sborra sul viso e in bocca - mormorò.
Le avevano sborrato in bocca centinaia di volte ma mai sul suo bel viso, non perché la schifasse, ma temeva che i primi e più potenti schizzi giungessero a impiastricciarle i capelli evidentemente qualcuno le aveva fatto cambiare idea. Nell’abitacolo dell’auto entrava la prima luce mattutina. Le sfilai il cazzo dal sedere con una tale rapidità che l’orifizio anale di mia moglie emise un suono simile a un tappo tolto velocemente da una bottiglia di vino. Lei si voltò mettendosi in una posizione tale da espormi la faccia. Mi misi in modo da tenerle il cazzo a una ventina di centimetri dal volto e iniziai a masturbarmi. Daniela spalancò la bocca tirando fuori la lingua e attese oscenamente gli zampilli. Mi venne curiosamente di pensare che una donna che si chiamava Daniela, un nome che faceva pensare alla purezza e alla pudicizia non potesse divenire una troia tanto libidinosa. Finalmente sentii i fiotti di sperma transitarmi nell’uretra, poi schizzare fuori. Il primo fiotto le cadde sulla fronte. Abbassai il cazzo per migliorare la mira e il secondo fiotto la centrò sul naso colandole sull’occhio destro, il terzo sulla guancia sinistra e gli altri, meno vigorosi le colarono sulla lingua e sulle labbra. Vidi un piccolo rivolo di sperma colarle in gola, poi lei inghiottirlo, quindi tirare fuori di nuovo la lingua come per volerne ancora. Mi strizzai l’uretra e le feci colare le ultime stille in bocca, pulendomi poi il cazzo sul suo mento. Il sole spuntò e illuminò i nostri corpi nudi e sudati.
Daniela volle rimanere a lungo sdraiata, con il viso impiastricciato della mia sborra, immobile come per godersi mentalmente l’oscenità dell’atto che osservavo. Il primo sole, entrando dai finestrini, illuminava il mio perlaceo sperma che le era colato fin sul collo. Qualche goccia colò fin sulla stoffa del sedile. In quei momenti era fuori luogo che pensassi a come avrei potuto mandare via la macchia. Seguitavo invece a stupirmi del fatto che mia moglie potesse essere divenuta così troia in solo tre ore e mezzo di sesso con un altro maschio. Evidentemente quel tizio era riuscito a spremere da lei quella carica erotica celata nelle pieghe della libido e lei si era lasciata andare ai suoi desideri.
Osservare Daniela mostrare un sorriso e godere nell’avvertire sul viso il mio sperma, ebbe il merito di farmi superare in fretta il periodo refrattario. Il mio cazzo, semieretto, ebbe un’impennata. Provai un improvviso desiderio di eiacularle ancora in faccia, come se per una sorta di telepatia leggessi quel che voleva facessi. Mi portai sopra di lei e tornai a masturbarmi. Siccome nemmeno superman avrebbe avuto difficoltà a eiaculare a meno di dieci minuti di distanza dalla prima sborrata, me lo dovetti menare con tanta foga da avvertire gocce di sudore colarmi dalla fronte. Avvertivo lo stimolo dell’orgasmo rimanere celato dietro un muro. In me due impulsi si combattevano: quello della natura che imponeva ai maschi un freno al sesso, e il desiderio lussurioso di spruzzare in faccia a mia moglie altro sperma. Daniela, quando vide che avevo difficoltà me lo prese in bocca. Incominciò a succhiarmelo con foga. Iniziai ad avvertire l’orgasmo fare capolino sul glande. Chiesi a Daniela di insistere. Continuò a succhiarmi il cazzo con impeto, ingollandolo fino ai testicoli. Lo stimolo del piacere insisteva a stimolarmi il glande ma non ad avvolgerlo. Il volto di mia moglie rosseggiava per lo sforzo. Glielo tolsi di bocca e ripresi a masturbarmi. Finalmente avvertii gli stimoli dell’orgasmo avvilupparmi la cappella. Iniziai a gemere. Dany, vengo! - la avvisai ansimando. Lei mi fece un cenno d’assenso con la testa, poi tirò fuori la lingua in modo osceno per accogliere il perlaceo seme. Stavolta i getti furono più deboli e non sbagliai bersaglio. Le depositai le mie residue scorte in bocca. Pensai che avrebbe inghiottito lo sperma, invece lo sputò su un palmo della mano destra e, aggiungendolo all’altro, prese a spalmarselo sul viso alla stregua di una maschera antirughe. Incredibile, era bastata una sola esperienza al club per farla divenire una libidinosa che si compiaceva di esserlo. Soltanto dopo avere tenuto in faccia per un buon quarto d’ora il mio sperma e avere sentito che iniziava a prosciugarsi, mi consentì di pulirle il viso con qualche fazzolettino di carta.
- Daniela, mi pare che adesso la tua pelle sia più liscia - le dissi in modo scherzoso. Lei mi fissò con quei suoi begli occhi d’acquamarina, poi mi abbracciò, stanca morta ma appagata, felice di avere compreso, da quella frase scherzosa, che pure io ero lieto di quella prima esperienza. Rincasammo alle otto del mattino. Dormimmo abbracciati fino alle tre del pomeriggio.

La volta successiva Daniela, come aveva previsto Mary, scelse di accoppiarsi ancora con suo marito ed io con lei. Mary mi volle baciare a lungo, tanto che le nostre salive schiumarono come panna montata. Poi mi disse di praticarle il promesso clistere prima di incularla. Entrammo nel bagno della camera. Vidi un grosso contenitore agganciato in alto, pieno di liquido da enteroclisma. La tacca indicava milletrecento centimetri cubi di liquido. Il tubicino nel quale doveva calare il liquido era arrotolato attorno ad un’altra graffa. All’estremità inferiore di esso era inserita la cannula terminale che dovevo introdurre nell’ano di Mary. Calcolai che dovesse misurare non meno di cinque centimetri di diametro ed era lunga sicuramente una ventina. Evidentemente la piccola cannula originale era modificata per assecondare i desideri della signora. Lei aprì un armadietto, prese un tubetto simile a quelli del dentifricio e ne fece uscire una sostanza cremosa e trasparente. Con quella si lubrificò l’ano, si chinò poggiando le mani sulla vasca da bagno e mi chiese di infilarle la cannula nel culo. Esitai.
- Dai che aspetti? - mi disse con un tono di voce deciso.
- Non ti farà male? - chiesi.
- Il mio sfintere è abituato a ben altre misure- rispose lei, poi mi chiese se avessi mai praticato clisteri.
- No - risposi - celai l’imbarazzo con una risatina appena accennata.
Mary si voltò per ricambiare il sorriso e mi assicurò che avrei imparato subito la tecnica perché era soltanto questione di gravitazione.
Le poggiai la grossa cannula sull’ano, poi spinsi. Lo strumento penetrò nel retto di Mary con facilità.
- Adesso apri la valvoletta a farfalla che si trova sulla parte posteriore della cannula - mi disse.
Lo feci. Vidi il liquido cominciare a scorrere lungo il tubicino. Sollevai gli occhi verso il contenitore. Il livello del liquido calava. Sentii Mary iniziare a emettere sommessi mugolii. Evidentemente avvertiva i suoi intestini irrorati dal tiepido fluido e ne traeva godimento. A un tratto la velocità di caduta decrebbe fin quasi a fermarsi. Lo feci notare a Mary che allargò le cosce per cambiare posizione. Il liquido ricominciò a calare. Ciò che facevo e vedevo mi eccitava al punto da avere il cazzo durissimo. I mugolii di Mary, adesso, si erano fatti più prolungati. Il liquido calò sul fondo del contenitore, poi anche il lungo tubicino rimase vuoto. Chiusi la valvola a farfalla. -

Mary, adesso, gemendo di goduria iniziò a sculettare i maestosi glutei, contraendo e rilassando l’addome allo stesso tempo, come per spargere meglio il liquido nei suoi intestini. Vedevo i suoi prosperosi seni dondolare come campane a festa. Mi domandai per quanto tempo avesse potuto trattenere il liquido in pancia. A un tratto mi disse di sdraiarmi sul pavimento. Le ubbidii. Si mise cavalcioni del mio corpo e abboccò il suo sfintere al mio cazzo. Calò su di me obbligando il mio pene a entrarle tutto in culo e a fungere da tappo ma una parte del liquido iniziò a colare dagli interstizi bagnandomi il pube. Che diavolo di donna lussuriosa avevo trovato!
Mary iniziò ad abbassarsi e sollevarsi con sempre maggiore rapidità ma stando bene attenta che il mio cazzo non le fuoriuscisse completamente dal retto. Avvertivo lo stimolo dell’orgasmo avvolgermi il glande. Tra qualche istante le avrei eiaculato nel retto e il mio sperma si sarebbe disperso il quel mare di liquido che inondava le sue interiora. Iniziai a gemere e lei aumentò il movimento del bacino. Esplosi emettendo sordi rumori gutturali. Una sferzata di piacere fece sussultare il mio corpo. All’unisono con il mio, anche lei deflagrò in un orgasmo tanto intenso, che penso abbia attraversato i muri divisori delle alcove. Rimase seduta qualche istante sul mio pube, con il mio cazzo, ancora eretto, completamente affondato in lei. Poi sollevò rapidamente il bacino e il suo sfintere si trasformò in un idrante. Il liquido si riversò su di me con una tale forza che alcuni schizzi mi giunsero in faccia obbligandomi a chiudere gli occhi. La sentii emettere un lungo respiro liberatorio. Quando avvertii che la cascata era terminata tornai a guardare. Mary giaceva sopra di me, non più china ma inginocchiata e voltandomi le spalle. Le potevo “ammirare” lo sfintere che si contraeva e si dilatava lasciando colare tra le sue cosce un rivolo di liquido da enteroclisma. Sul mio corpo bagnato notai alcune piccole masse di colore marrone. Erano tracce di feci evacuati col getto.
Riempimmo la vasca e facemmo il bagno assieme. Mi chiese se la considerassi un po’ perversa. Le risposi di sì ma che altro c’era di meglio nella vita che lasciare la nostra libido galoppare a briglia sciolta?

Finalmente giunse la fatidica serata durante la quale mia moglie Daniela avrebbe esaudito il suo “sfizio” erotico. Mi ero premurato qualche giorno prima di mettermi in contatto con il gestore del club per avvertirlo che mia moglie voleva togliersi un certo “capriccio”. Gli spiegai di che cosa si trattasse e lui mi assicurò che ci avrebbe procurato ciò che serviva.
Quella volta provai un’emozione indicibile, perché mia moglie volle che riprendessi una videata di ciò che si sarebbe svolto.
Il gestore del club ci accolse con un gran sorriso informandoci sottovoce che il “materiale” necessario era pronto e che attendeva nell’alcova predisposta, anzi che il “materiale” era più cospicuo di quel che le avevo chiesto.
- Quanto più cospicuo le chiesi. - Mi rispose sollevando due dita. Chiesi a mia moglie se voleva che facessi togliere il materiale in eccesso ma lei, dietro la sua mascherina nera, fece un cenno negativo con la testa. Dissi al gestore che mia moglie gradiva lo stesso.
Entrammo nell’alcova. L’illuminazione regolabile era bassissima. Vedemmo ombre umane. Avvertimmo qualche bisbiglio. Premetti il pulsante di regolazione della luce e ciò che mi apparve si rivelò in tutta la sua figurazione erotica. Sette uomini ben piantati (quattro di colore e tre bianchi) ancora completamente vestiti, stavano di fronte a noi attorniando il letto. Portavano anche loro la mascherina.
Vidi mia moglie portarsi una mano al petto ma, siatene certi, non per paura che il “materiale” fosse troppo, bensì per contenere l’emozione. A questo punto vi domanderete che il suo sfizio sarebbe stato quello di farsi montare in tutti i suoi orifizi da quel gruppo di montoni in una gang- bang forsennata? Non fu quello il desiderio che voleva soddisfare quella sera. Ebbene lo scoprirete leggendo il resto del racconto.

Daniela aveva indossato un abito scarlatto molto aderente, corto una quindicina di centimetri sul ginocchio, con spallini che si legavano a mo di fiocco dietro il collo e che formavano una profonda scollatura sul seno. Lo aveva abbinato a scarpe rosse con tacco dieci. Si era fatto un trucco curatissimo sul quale spiccava un rossetto fiammante. Cominciai a filmare.
Un “montone” nero tolse da un armadietto una bottiglia di spumante amabile di gran marca e un calice. Sturò la bottiglia e riempì per un terzo il bicchiere di liquido ambrato con le bollicine. Posò la bottiglia su un mobiletto e si approssimò a Daniela tenendo il calice con la sinistra. Lei, intanto, aveva messo un cuscino sul pavimento e si era inginocchiata su esso. A questo punto verrebbe da pensare che Daniela avrebbe fatto un pompino al nero, poi bevuto lo spumante per togliersi dalla bocca il sapore di sborra, invece no. Il nero si abbassò la cerniera dei pantaloni e un grosso affare sporse come un piccolo ariete. Vidi la sua cappella bruna lustrare. Qualche istante ancora e lo infilò tra le belle labbra della mia splendida consorte che iniziò a succhiare. Forse nemmeno due minuti durò la ciucciata, prima che sul volto del nero cominciassero ad apparire espressioni di piacere. Iniziò a gemere e grugnire. A un tratto, con un movimento rapido, tolse l’uccello dalla bocca di mia moglie, accostò il glande al calice e sborrò dentro di esso striando di lattescenza il biondo colore dello spumante. Feci una ripresa ravvicinata degli abbondanti, perlacei schizzi che cadevano nel calice. L’atto si ripeté sette volte e quando l’ultimo maschione svuotò la sua corposa dose di sperma nel bicchiere, esso si era riempito fin quasi all’orlo di denso liquido lattiginoso. Mia moglie era riuscita a farli eiaculare tutti e sette in meno di ventidue minuti e adesso si erano realizzate le premesse affinché esaudisse il suo osceno capriccio. L’ultimo uomo che aveva eiaculato si premurò persino di amalgamare meglio il cocktail spumante-sborra rigirandolo con un lungo cucchiaino, poi lo porse a mia moglie. Seguitai a riprendere la scena con il cazzo che mi premeva sotto i pantaloni. Daniela osservò il contenuto ialino del calice con uno sguardo lascivo, poi si portò il cristallo alle labbra. Mi chiesi se fosse riuscita a bere tutto il “cocktail interraziale” senza conati di vomito. Piegò leggermente il calice. La vidi suggere un piccolo sorso, poi un altro più corposo, quindi un altro ancora. Seguitò a bere a piccoli sorsi come per centellinare meglio il gusto di ciò che inghiottiva. Infine sollevò il calice per scolare persino i fondi. Che femmina scurrile avevo sposato! Passò il calice vuoto a un “ospite”, si alzò portandosi dietro il cuscino e s’inginocchiò davanti a me dicendomi di passare la fotocamera a uno di loro. Mi slacciò i pantaloni e me li fece calare sulle ginocchia, poi fu la volta delle mutande. Il mio cazzo, sebbene non fosse poderoso come quello dei maschioni, era duro come un matterello. Un attimo dopo Daniela me lo succhiava con smania. Vedere che me lo ciucciava con la faccia ancora ben truccata, che strideva con le sole labbra sbavate di rossetto, mi eccitò al punto che le eiaculai in bocca appena dopo una decina di pompate. Sborrai copiosamente e lei mi aiutò aspirando lo sperma con una tale foga che le s’infossarono le gote, ma dalle sue labbra non ne fece colare una sola goccia. Aveva inghiottito anche il mio seme avidamente. Qualche istante dopo si trasse l’abito sul bacino e, slacciando gli spallini, scoprì i floridi seni. Tolse le mutandine e, con l’abito avvoltolato sull’addome, si coricò sulle fresche mattonelle del pavimento. Poi spalancò le cosce e chiese ai sette maschi di leccargliela a turno mentre due di loro dovevano irrorarle le mammelle con lo spumante e succhiargliele.
Tornai a riprendere la scena con il cazzo sempre in erezione.

Quando tonammo a casa, Daniela era sfinita. Aveva le occhiaie ma il suo sguardo possedeva la luce di una femmina appagata. In seguito non glielo chiesi mai ma ero certo che avesse provato tanti orgasmi per quanti erano stati i “montoni” che le avevano leccato la fica; orgasmi multipli che l’avevano fatta mugolare senza soluzione di continuità.
Mi destai verso le undici e mezzo del mattino. Daniela dormiva ancora, serena e beata. Rividi al computer il filmato e mi masturbai in solitario davanti a quello spettacolo di sconcia carnalità ma anche di raffinato erotismo del quale ero stato quasi una comparsa. Altre esperienze oscene seguirono questa perché lei volle sperimentare tutto ciò che era possibile fare per provare godimento e in cinque anni si è tolta molti desideri anche di sesso estremo. Per narrarvelo occorrerebbe scrivere un libro di mille pagine e francamente mi dilungherei troppo, però chissà che non mi prenda voglia di raccontarvi qualche altro episodio arrapante. Adesso domandatevi una cosa: questa storia vi sembra inventata oppure il racconto di fatti accaduti? Ah ho dimenticato di dirvi che oggi frequentiamo più di un club privè e che lo facciamo soltanto di sabato sera e ogni cinque o sei settimane. Saggezza impone che nemmeno del sesso promiscuo si debba abusare. Praticandolo con moderazione e facendolo precedere da almeno una settimana di astinenza, è molto più godibile. Provare per credere!

LORIS


















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