Il dirigente di Banca

Scritto da , il 2014-08-27, genere etero

Ok, oggi mi sento particolarmente felice e ho voglia di scrivere un fatto che mi è accaduto circa sei anni fa. Io per professione gestisco attività, mie e di terzi e presto consulenze per riavviare attività che sono in crisi.
Circa sei anni fa mi chiamano i titolari di una di queste, a pochi km da casa mia, con una situazione veramente disastrosa. Dopo un primo incontro, passo una settimana tra libri contabili e attività reale, cercando i vari punti deboli che avevano creato la situazione. Inizio a individuarli e mentre per la produzione metto in atto dei criteri per ottimizzare il tutto, dal lato contabile individuo due istituti di credito che possono diventare estremamente pericolosi. Con il primo prendo appuntamento immediato per il pomeriggio, con il secondo invece devo attendere la settimana successiva perché il dirigente che ha in mio incartamento è in ferie. Sistemo la prima in un paio di ore con un po’ di chiacchiere e qualche contante. Continuo a seguire la produzione giornalmente, notando qualche timido passo avanti mentre arriva il martedi, giorno fatidico per l’appuntamento con la seconda banca.
Prendo la mia macchinina da lavoro, una Punto bianca, mi vesto come sempre, sportivissimo, anzi, direi quasi trasandato. Secondo il mio modo di vedere le cose, non si va in banca a piangere conto terzi con lussi o in modo appariscente.
Entro nel piccolo parcheggio della banca, scendendo noto una ragazza sui trenta, sta parcheggiando anche lei. Molto piacente, capelli ramati e mossi che cadono sulle spalle. Un vestitino bianco aderente, ne troppo lungo ne troppo corto che mette in risalto le bellissime curve del suo corpo e delle scarpe con il tacco che sembrano fatte apposta per evidenziare un culetto da urlo.
- Scusi, sa per caso qual è l’ufficio del Dott. Badaloni? –
Mi lancia un’occhiata fredda, poi quasi infastidita mi parla.
- Terzo piano, ultima porta a sinistra –
- Grazie, molto gentile –
Non mi degna di uno sguardo e se ne va in direzione banca.
Prendo i miei documenti, vado al bar li vicino e prendo un caffè. Entro in banca, prendo l’ascensore. Terzo piano, arrivo davanti alla porta, controllo l’ora, sono in anticipo di alcuni minuti. Dalla porta sento delle voci. Controllo la targhetta: Dott. Badaloni R. Il posto è giusto. Mi siedo fuori e intanto armeggio con il tablet controllando posta e affini. Passano più di 45 minuti, mi sto spazientendo, i ritardi li capisco ma cosi si esagera. Decido di andarmene, mi sono stancato. Pochi passi e sento aprirsi una porta alle mie spalle.
Vedo uscire un signore sui 55 a testa bassa seguito da un ragazzo/uomo sui 40 molto più irritato e sento una voce femminile dal suo interno inveire contro di loro.
- La prossima volta cercate di venire con proposte, non con prese in giro. Noi siamo una BANCA, non una associazione caritatevole –
Cazzo, tra me e me, qui sono messo male. Ma……..ri-cazzo il Dott. Badaloni R. è una donna.
Esce dalla porta una figura, in controluce, riconosco la signorina che mi ha dato l’informazione giù in parcheggio. Iniziamo bene visto quanto è stata acida giù.
- Lei è il mio appuntamento delle 10.00? Beh, se pensa di essere qui a fare il professorino e di prendere il giro la banca, le consiglio di andare. Oggi non è giornata –
La guardo, sorrido convinto, mi piace quel carattere ( oltre che tornarmi in mente la scena del parcheggio).
- Guardi, io non sono nemmeno laureato. Presto consulenza alle imprese e le aiuto a superare i momenti critici. Pensa di darmi udienza o me ne posso andare?
Mi scruta per qualche secondo, dubbiosa, poi entra pronunciando un glaciale si accomodi.
Entro e chiudendo la porta la osservo meglio. E’ proprio attraente, avrà un 30 anni circa, ma ha tutto al punto giusto, fantastica. Le tendo la mano:
- Piacere, sono ……………., desidererei discutere con lei la situazione dell’azienda…………
Rimango in sospeso con la mano qualche secondo, lei mi guarda dalla testa ai piedi, immobile.
- Piacere, Roberta Badaloni. Mi scusi per prima ma ci sono situazioni che non sopporto. Ho lavorato duro per essere qui dove sono e non accetto certo che il primo stronzetto che arriva mi dia lezioni –
- Nessun problema. Io non do lezioni, anzi, se lei è d’accordo vorrei trovare soluzioni.
E’ cosi che passa la mattinata, analizzando freddi numeri, situazioni ingarbugliate, tassi d’interesse, condizioni che ci sono ma non si vedono. Ogni tanto mi distraggo nel guardare quella figura, arcigna ma a suo modo elegante. Il tempo passa e si fanno le 1.30 senza che abbiamo terminato.
- Mi consente di invitarla a pranzo durante la pausa? Ho visto che c’è un bar qui sotto sufficientemente rifornito –
- Si, ma non alle sue condizioni. Paga la banca e poi continuiamo. Le sta bene cosi? –
Accetto.
Durante il “pranzo” riusciamo a scambiare qualche parola non collegata al lavoro ma alle nostre vite. Era interessata a quale fosse il mio ruolo nei confronti dell’azienda in questione e quale fosse la mia occupazione generale. Scopro che non è sposata, o almeno non più ( lo è stata), non ha figli, vive sola. Mi perdo dentro a quei suoi occhi di un colore indefinito, se ne accorge ma non raccoglie i miei sguardi.
Rimaniamo a un lei molto formale. Si rientra in banca, le schermaglie e il confronto durano tutto il pomeriggio. Non troviamo un accordo. Ci congediamo, con io che accenno a un:
- La posso invitare a cena? –
E lei, di ghiaccio:
- Non sono abituata a portarmi il lavoro a casa, a domani mattina –
Mi ha seccato. Ok, meglio di niente.
La mattina successiva ricominciamo l’analisi e verso l’una riusciamo a mettere in piedi qualcosa che assomiglia a un compromesso. Adesso tocca formalizzare il tutto, ma non c’è il tempo, è nuovamente ora di pranzo. Si rifà la scenetta del giorno prima, panino o poco più, qualche chiacchiera. Scopro qualche altro particolare, tipo ex marito parassita e mantenuto ( questo mi lascia di stucco, non capivo ancora) e lei scopre qualcosa di me, tipo che vivo solo da ormai una decina di anni, che lavoro da sempre, che non mi manca nulla anche se non ho tutto. Posso togliermi qualche sfizio ma siccome i soldi mi costano sacrificio non sono uno che li butta. Li spendo si, certo, ma non sono demente.
Pomeriggio, altre tre ore per mettere per iscritto tutto quello che avevamo concordato e nel frattempo il lei formale si era trasformato in un tu non completamente confidenziale ma almeno cordiale ed elegante. Terminiamo, firmiamo l’accordo. Le chiedo il numero di cellulare ( ci provo, non guasta mai). Chiede il perché e io riesco a rispondere solo perché no?!
Si lascia andare per la prima volta a una risata spontanea e ci scambiamo i numeri.
- Diciamo Roberta che se dovessi avere ancora bisogno di te almeno salto le formalità della segreteria, le passo l’interno ecc. Ti va cosi?
- Diciamo che come scusa non regge, ma sei stato simpatico nel chiederlo. Ciao, buona serata –
- Aspetta ( la incalzo) ma se passassi di cui per……..CASO…..e ti invitassi a pranzare con me o a cena non sarei fuori luogo vero?
- Dai, adesso non ti allargare. Hai il mio numero. Nel futuro vedremo –
Si lascia andare a un meraviglioso sorriso, stavolta si vede che viene dal cuore e non è di circostanza.
Esco dalla stanza, percorro il corridoio, ascensore, arrivo in parcheggio. Si, lo faccio!
Compongo il numero.
- Ciao, scusa il disturbo, passavi di qui per caso, hai impegni per cena?
- Tu……Tu……..sei tutto matto. Si, mi dispiace, ho un impegno ma………ritenta, magari sarai più fortunato. –
1 a 0, palla al centro. Ho provato a coglierla di sorpresa ma non è andata proprio benissimo.
Nei giorni a seguire mi immergo completamente nel lavoro di salvataggio attività, anche se mi riaffiora il ricordo di quella creatura con i capelli ramati. Le mando un paio di SMS, tentando la sorte, ma mi va buca. Due riunioni, una cena di lavoro, un impegno precedentemente preso. Pensavo sarebbe stato più agevole ma invece non è cosi.
Il sabato pomeriggio, libero da particolari impegni vado in uno dei bar della piazza a prendere qualcosa. Leggo la Gazzetta, poi un quotidiano locale. Mi squilla il cellulare, è lei!
- Ciao, pensi che se fossi io a chiederti chi impegni hai per stasera sarebbe sconveniente? –
La voce è caldissima, elegante, suadente. Non l’avevo mai sentita parlare cosi, ma cerco di tenere testa a questa piacevole novità adoperando l’ironia.
- Ciao Roberta, che piacere. Stasera? Non so cosa dirti…………due tre impegni ci sono, una cena, un dopo cena, altre varie eventuali……………….-
- Se è cosi buona serata!-
Mi sbatte il telefono in faccia. Porc……….che figura di m……….Richiamo immediatamente.
- Scusi Signorina Badaloni, ma lei il senso dell’umorismo ce l’ha sotto i tacchi? –
- Visto che sei cosi impegnato, non volevo farti perdere tempo! –
- Adesso riconosco la donna con la quale ho parlato tante ore! Dai, stavo scherzando. No, stasera non ho impegni, anzi, stavo cercando di riordinare le idee per capire cosa fare. –
- Allora ( torna una voce dolcissima) se vuoi………….mi passi a prendere verso le 21.00? Ti invito io –
- Si, inusuale ma è un si, alle 21.00 sono da te! Però……….scusa, ma dove da te?
Una reciproca risata e mi da l’indirizzo. Mi va anche bene, a 15 minuti da dove abito io. Mi fa una raccomandazione: vestito sportivissimo, meglio se tuta o pantaloncini comodi e scarpe da ginnastica. Non capisco ma mi adeguo. Curioso di sapere cosa le passa per la testa, vado a casa, mi lucido a dovere, mi vesto con calma, riesco anche a vedere un film con un occhio che non perdeva di vista l’orologio. Lo ammetto, ero ansioso di incontrarla e di scoprire cosa aveva programmato.
Vado in garage. Guardo le mie due macchine. Come ho già detto non sono ricchissimo ma il lavoro che svolgo e il fatto di vivere solo mi permettono di avere una casa mia completamente ristrutturata come volevo, un discreto conto in banca e anche di soddisfare la mia passione, le macchine. Ho un bel SUV tedesco, totalmente bianco ( precursore, 6 anni fa era uno dei primi) e una …………..piccola 8 cilindri, motore posteriore, rumorosa e cabriolet che ho acquistato facendo un affare pochi mesi prima, prendendola come parziale compenso per aver riassettato un concessionario di auto. Vesto sportivissimo, pantalone nero e maglietta rossa da palestra (o passeggio), scarpa rossa. Opto per la macchina bassa, che non fa il monaco ma aiuta.
Mi avvio, 15 minuti e sono da Roberta, e come già detto anche un pochino agitato.
Cavoli, una casa singola da urlo, circondata da una recinzione che da sola vale tantissimo, una siepe curatissima. Non suono, le faccio uno squillo.
- Arrivo ( dolcissima) –
Attendo un paio di minuti, si apre il cancello. Bellissima, veramente un gioiello di donna. Una gonnellina……….da tennis, maglietta, scarpe da ginnastica. Vedo le sue gambe, la luce della copertura del cancello brillano sulla sua pelle.
- Ciao, puntualissima vedo –
Due bacini sulle guance con una stretta di mano femminile a 100% ( non come in banca).
- Andiamo? –
Si avvia senza aspettare la risposta. La mia macchina era parcheggiata in una fila di auto in cui c’era anche una Punto come quella che avevo qualche giorno prima in banca. La guardo, La guardo da dietro, bellissima, unica. Ma mi metto a ridere di gusto quando cerca di aprire lo sportello del passeggero della Punto.
- Cosa fai? ( le chiedo sorridendo) –
- Salgo, abbiamo una ventina di minuti di strada per arrivare dove ti voglio portare –
- Ah, va bene. Però ( e clicco l’apriporta) io vengo con quella se non ti dispiace. Credo sarebbe troppo lunga aspettare il proprietario della Punto. Non so chi sia e non so quando torna –
- Come? Vorresti dirmi che………? –
- Non ci fare caso, ce l’ho solo perché il portone del garage di casa mia e troppo basso per fare entrare un’altra auto – Dicendolo scrollo le spalle e sorrido, come a scusarmi.
Mi guarda, lancia un sorriso coinvolgente.
- Bene, ma allora guido io –
Nessun problema, le lancio le chiavi. Guida molto bene per essere una donna, sa come dosare il gas, non si lascia impressionare dai colpi da sovra potenza, la fa scivolare benissimo lungo le curve stretta. Ma io sono impegnato a guardarla. Mi ha conquistato. Imbocca una strada, capisco più o meno dove si sta dirigendo, ma è una zona che conosco poco. Mette la freccia e si ferma davanti ad un grande cancello. Clicca l’ari cancello. Ragiono, so di chi è quella proprietà. E’ di un notissimo industriale, con interessi nei settori più disparati. Non è nelle mie corde, io non sono minimamente a quei livelli. La osservo interrogativo.
- Allora ( voce determinata anche se gentile) Si, loro sono la mia famiglia anche se io adopero il cognome di mamma per non sembrare la solita raccomandata. Si, questa era la casa di nonno. Quando l’anno scorso è………mancato ( i suoi occhi diventano lucidi) l’ha lasciata a me. Tra i tre nipoti ero quella più simile a lui, selvaggia e indipendente. Ultima cosa: non ho un buon rapporto con mio padre perché dopo che ha lasciato mia madre si è disinteressato di noi e perché il mio ex marito è costato tantissimo alla mia famiglia. Possiamo non parlarne più? –
- Io non ti avrei chiesto nulla, quindi non c’è problema in assoluto –
Senza volerlo ero in un luogo che non sarei riuscito a immaginare nemmeno nei sogni e cosa più importante, c’ero con una donna determinata che mi sta facendo vedere le stelle senza fare nulla.
Arriviamo davanti all’abitazione, rimango in silenzio. Oltre qualsiasi fantasia. Un signore distinto sulla grande porta d’ingresso:
- Signorina Roberta, da quanto non veniva qui –
- Ciao Vittorio ( lo abbraccia con affetto). Beh, si vero, ma non è facile per me. Dopo la morte di nonno, non avevo motivi per venirci –
- E’ tutto pronto come mi aveva chiesto Signorina –
- Grazie Vittorio, sei un amore –
- Vieni –
Mi tende la mano, afferra la mia e mi conduce attraverso due enormi saloni, un corridoio e poi………….un patio, coperto da un gazebo magnifico. Vedo una piscina a pochi metri, perfettamente centrata con il centro del patio. Giro la testa. Dei fari: un campo da tennis.
Vittorio ci porge due bicchieri.
- Alla nostra serata, ho proprio bisogno di un po’ di leggerezza –
- Alla nostra amicizia, credo possiamo definirla cosi –
- Vieni –
Andiamo verso il campo da tennis. Prende due racchette già sistemate li, me ne porge una.
- Ti va? A me piace prima di cena giocare un pochino e quando sono qui posso farlo senza occhi addosso –
Il mio tennis non è il massimo, ma qualche palleggio posso farlo tranquillamente. Giochiamo quasi un’ora, con qualche risata e qualche palla “bucata” da me. La terra rossa si impasta con il sudore, ma la temperatura è perfetta.
- Ho fame, smettiamo? –
- Si, ok. Ma adesso come facciamo? ( indico il punto in cui arriva la terra sulle gambe).
- Tranquilla, ci sono gli spogliatoi –
Spogliatoi? Praticamente una casa per 5 persone, completi di tutto. Ci sono due poltrone con adagiati e piegati due accappatoi bianchi. Vedo le docce con la parete di vetro, ne vedo solo due ma non divise.
- Timido o qualcos’altro? –
- No, ma …………-
- Tranquillo, sono grande se non l’hai notato e ho due fratelli maschi. Ti basta? –
Dicendolo sfila la maglietta, la gonnellina. Continuo a guardarla come un ebete. Sfila il reggiseno e infine le mutandine mentre mi è di spalle e va sotto la doccia. La imito. Ci insaponiamo, non posso smettere di guardarla, è troppo bella. Il mio membro sceglie un momento non proprio privato per reagire e iniziare ad alzarsi. Lei è girata verso di me, mi fissa, stavolta negli occhi.
- Si, anche tu mi piaci –
Si mette quasi in punta di piedi ( lei 1.60 scarsi, io 1.80) e appoggia le sue labbra alle mie. Iniziamo cosi a baciarci, con il mio membro che sembra autonomo, liscia la sua passera depilata e i nostri corpi che si lasciano andare in un caldissimo abbraccio. Scorre l’acqua, il bacio sembra non voler finire.
- Andiamo a cena? Ho fame –
Esce dalla doccia come una bambina felice, indossa l’accappatoio, aspetta che lo faccia anch’io, tra il divertito e il curioso. Mi prende per mano e torniamo sotto il patio. Ceniamo con Vittorio che ci serve in maniera impeccabile e noi che ci guardiamo in attesa di un …………dolce che ci siamo silenziosamente promessi.
- Vittorio, ti puoi ritirare, abbiamo finito. Fino a domani non ci serve più nulla e se ci servisse facciamo da soli. Grazie –
- Buonanotte Signorina –
Lo guardiamo andarsene, i nostri occhi si incrociano. Lei distrattamente lascia che il suo accappatoio si slacci e cada ai lati del suo corpo. Mi alzo e mi avvicino a lei. Abbasso il busto e la bacio, non la tocco, ho quasi timore di farlo. Lei invece slaccia il mio accappatoio e con la mano percorre il mio petto, scendendo e arrivando al mio membro sveglissimo. Lo afferra, fa un movimento di su e giù. Sfioro la sua pelle con il dorso della mano, i capezzoli già turgidi e passo delicatamente sopra la pisella. E’ bagnata. Il mio accappatoio se ne va. Guardo la piscina, mi balena un’idea. La prendo in braccio, percorro i pochi passi che ci separano dal bordo. Lei capisce e accenna un non ci provare. Troppo tardi: siamo già ambedue dentro l’acqua. Qualche maledizione da parte sua, schizzate, sorrisi, sfiorate, baci. Mi avvio verso gli scalini che fanno uscire dalla piscina. Lei mi raggiunge prima che li percorra tutti, mi salta in braccio con le gambe sui miei fianchi. Il mio membro trova la strada e si punta alla sua fighetta. Un movimento naturale, Roberta allenta la pressione delle gambe e si fa scivolare il mio membro dentro la fighetta. Ci baciamo, i nostri sessi si conoscono, facciamo su e giù, ruotiamo, selvaggiamente, ci lecchiamo i volti. Non resisto, sento che sto per venire, la guardo negli occhi, dico:
- Io…..io……sto……….-
Lei stringe le gambe alla mia vita. La riempio totalmente con il mio sperma che le provoca un orgasmo violento mentre il suo corpo si irrigidisce e la sua testa va indietro. Qualche secondo a baciarci, Roberta si solleva e passando la mano sulla sua fighetta raccoglie un po’ di sperma, passa il dito sulle mie labbra e mi bacia. Mi tende la mano, la seguo. Ha lo sguardo felice, sculetta, cammina a un metro dal pavimento. Entriamo in casa, saliamo le scale che portano al piano superiore, apre una porta. Una camera bellissima, con le luci soffuse già accese. Clicca un telecomando, si apre una grande tenda e una porta finestra grande quanto un camion, lasciando la visione di una terrazza molto grande e di una vasca idro massaggio da 4 posti. Lei va verso la vasca, fa il movimento di entrare ma invece si piega solamente verso l’acqua, con i capezzoli che la sfiorano. Allarga un po’ le gambe lasciandomi la sua visione a pecorina con ambedue i buchetti in bella vista. Mi inginocchio e inizio a baciarla e leccarla intimamente con passione, prestando attenzione a ogni suo movimento, a ogni respiro e sospiro. Passo affamato dalla fighetta a quel buchetto roseo, troppo invitante e troppo bello per essere trascurato. Le regalo un nuovo orgasmo con i suoi capezzoli che lisciano la superficie dell’acqua. Entriamo nella vasca e la penetro, lei pecorina, con le bollicine che facevano da corollario ai nostri movimenti. La scopo, forte e piano, do qualche sculacciata su quelle due natiche lentigginose. Piazzo le mie dita nel suo culetto che come reazione contrae e la portano a un nuovo orgasmo.
Si sfila, mi bacia, mi chiede di andare sul letto. Ci stendiamo, bagnati, eccitati. Io sono steso di schiena, la guardo leccare il mio petto, i miei capezzoli, scendere con la lingua che brandiva la mia pelle. Va diretta a infilarsi il mio membro nella bocca, iniziando un pompino che non ha eguali. Ci mette amore, passione, eccitazione, non vuole smettere. Mi piego leggermente quel tanto che mi consente di raggiungere la sua fighetta e il suo culetto. Li masturbo, le faccio venire i brividi. Sento che a ogni affondo nel suo culetto aumenta l’intensità del pompino. Si stacca, un sorriso accattivante e un “ ssshhhh”. Afferra il mio membro pieno di saliva, si mette cavalcioni su di me e lo porta verso il culetto. Inizia a spingerselo dentro, con una piccola smorfia, è molto stretto ma lentamente passa. Lo faccio uscire e piano rientrare. Al tutto dentro mi fermo un secondo. Si avvicina al mio orecchio:
- Fallo, ti prego, è troppo bello. Lo voglio –
Inizio a scoparle il culetto veramente con amore, voglio donarle il mondo. Lei si contorce se lo spinge tutto dentro. Cambiamo posizione più volte, fino a trovarci con le sotto stesa di pancia e con il culetto appena sollevato. Lo rimetto dentro, ma sono al limite. Le massaggio la fighetta e le scopo quel paradiso. Lei arriva alle contrazioni, fortissime e viene sulla mia mano mentre io mi lascio andare e le riempio il culetto di sperma tra i suoi gridolini compiaciuti. Non smette. Lo sfilo e mi siedo, accendo una sigaretta e lei sognante ricomincia a prenderlo in bocca. Reagisco veloce, quella bocca mi manda in orbita. Mi succhia e lacca tutto, ci guardiamo negli occhi, è troppo bella. Arrivo nuovamente a venire riempiendola nuovamente. Ci lasciamo andare, abbracciati a un sonno ristoratore.
Mi sveglio la mattina a sole alto, la guardo nuda con la fighetta che si offre. Le regalo il buongiorno ricominciando a leccarla fino a farla venire.
-

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