Il tocco del mister - parte 3

di
genere
gay

Michele tornò a casa con le gambe tremanti. L'aria fredda di fine settembre gli sfiorava la pelle, ma tra le cosce sentiva solo il residuo di un calore umido e appiccicoso. Il suo seme si era rappreso nelle mutande, come un marchio persistente di ciò che aveva vissuto. Nella penombra della sua stanza si spogliò, lasciando che i vestiti cadessero sul pavimento. Voleva liberarsi non solo dei tessuti, ma anche di quel peso invisibile che gli gravava addosso.

Si sdraiò sul letto nudo e si lasciò sopraffare da un turbinio di emozioni contrastanti.

La paura arrivò per prima, netta e tagliente. E se Fabio l'avesse allontanato dalla squadra? E se quello che aveva visto, quello che lui stesso aveva fatto, avesse cambiato per sempre il modo in cui il mister lo considerava? Questo lo metteva in crisi, perché il rispetto che sentiva per Fabio, la guida che percepiva in lui, si scontravano con l'intimità imprevista che aveva rubato a quel momento.

Eppure non poteva ignorare l'eccitazione che gli ardeva dentro. C'era qualcosa di disturbante nella rapidità con cui il suo corpo aveva reagito. L'eiaculazione precoce in doccia, l'orgasmo spontaneo mentre spiava, senza nemmeno toccarsi. Quella sensazione era incredibilmente viva, potente, intensa.

Un brivido lo percorse mentre il ricordo della scena con Marika tornava a fargli visita. Lo sguardo di Fabio nello specchio, predatorio e complice. Il pene olivastro e venoso che spariva e riappariva nella bocca di lei, i grugniti rauchi e animaleschi. Michele sentì una fitta al basso ventre e senza pensarci si girò nel letto. Il suo pene si induriva contro il materasso. La mano scivolò, quasi involontariamente, stringendo l'asta tesa. Si masturbò piano, rivivendo ogni dettaglio. Il pelo folto alla base del pene, la cappella gonfia e lucida, il bacino di Fabio che spingeva con ritmo deciso. Venne in un orgasmo rapido, silenzioso, che lo lasciò ansimante, il seme caldo sulle dita. Fu un gesto breve, ma in quel momento Michele si sentì perso, quasi sopraffatto da ciò che stava scoprendo di sé. Un desiderio che cresceva e voleva di più.

Quando si addormentò il sonno non lo portò a una fuga, ma a una continua ricerca di risposte che non sapeva nemmeno di voler trovare.

Nel frattempo Fabio rimase solo nell'ufficio, il volto stanco e il cuore in tumulto. Aveva salutato Marika con un sorriso distratto e un bacio fugace, ma la sua mente era altrove. Si sedette sulla sedia girevole e accese una sigaretta, cercando un attimo di calma. Il suo corpo portava ancora i segni di un'intensa eccitazione residua. Il pene gonfio nei pantaloni gli ricordava ogni spinta.

Ripensava a tutto, al suo comportamento con Michele. Era stato consapevole delle sue azioni, della sua provocazione, ma non si era mai fermato a considerare le implicazioni emotive per il ragazzo. Lo sguardo di Michele, quello che lo aveva scrutato in silenzio dallo specchio, lo aveva turbato in un modo che non si aspettava. Mentre affondava la sua verga nel calore umido della bocca di Marika, aveva immaginato Michele al suo posto. Quelle labbra giovani, inesperte, la lingua timida che lo avvolgeva, gli occhi incerti che lo guardavano dal basso. Fabio era bisessuale e aveva accettato da tempo i suoi desideri. Ma ciò che lo sconvolgeva ora era quel contrasto interiore. Voleva proteggere Michele, guidarlo con cura, ma anche possederlo, sentirlo gemere sotto il suo tocco dominante.

La sua mente si lacerava. Doveva affrontare quella confusione senza fare del male al ragazzo. Non poteva permettere che quella dinamica si trasformasse in qualcosa di più ambiguo. Doveva fare chiarezza, mettere da parte i suoi desideri e concentrarsi sul benessere di Michele.

Il giorno seguente al campo l'atmosfera pesante era palpabile. Michele percepiva gli occhi di Fabio su di sé in modo diverso. Era uno sguardo scrutatore e ansioso. Quando l'allenamento finì, Fabio lo chiamò nell'ufficio.

«Devo parlarti di ieri sera» iniziò Fabio, la voce che tradiva una rara incertezza. «Mi dispiace profondamente per come ho agito. In doccia le mie attenzioni e i commenti non erano appropriati, e ho contribuito a creare ambiguità. E soprattutto per la scena con Marika. Ti ho visto nello specchio e non mi sono fermato, non ho chiuso la porta, non ho rispettato la privacy di nessuna delle persone coinvolte. È stata una mancanza grave da parte mia, e me ne assumo tutta la responsabilità. Non avrei dovuto lasciar accadere una cosa del genere, indipendentemente da quello che provavo in quel momento.»

Fece una pausa, guardandolo negli occhi.

«Capisco se ti senti confuso o a disagio. Anch'io sono passato per confusioni simili. Sono bisessuale, mi piacciono sia le donne che gli uomini, e da giovane è stato difficile accettarlo. Ma questo non giustifica le mie azioni. Se hai dubbi su te stesso, sulla sessualità o su qualunque cosa, puoi parlarmene, con ragazze, ragazzi, quello che è. Sarò qui ad ascoltarti, senza giudizi. Però dobbiamo tracciare confini chiari. Il nostro rapporto deve restare solo nel calcio e, al massimo, possiamo avere un'amicizia rispettosa tra maschi. Niente ambiguità, niente che possa farti sentire forzato o confuso. Tu vieni prima di tutto, e il rispetto reciproco è l'unica cosa che conta.»

Poi tacque, lasciando spazio al ragazzo.

Michele, le guance arrossate, deglutì.

«Mi dispiace tanto, mister. Innanzitutto per aver spiato. Non sono riuscito a fermarmi, non sapevo come gestire la situazione, e mi ha eccitato tanto. Mi scuso anche per essermi masturbato in doccia davanti a lei. Non era giusto, l'ho messa in una posizione scomoda.»

Esitò, la voce incerta, gli occhi bassi.

«Avevo paura di aver rovinato tutto, di aver perso la sua stima. Ma grazie per non avermi giudicato male. Accetto i confini che dice, se serve a risolvere le cose tra di noi.»

Fabio annuì, senza ribattere.

Poi, dopo un silenzio pesante, Michele alzò lo sguardo. La domanda gli bruciava dentro da ore, e non riuscì più a trattenerla.

«Mister...perché non mi ha fermato? Perché non ha chiuso la porta o...non so, non ha smesso di guardarmi nello specchio? Mi ha fissato per tutto il tempo, mentre...mentre lo faceva con lei. Sembrava quasi che...che lo facesse per me.»

Fabio impallidì, le mani che si stringevano sul bordo della scrivania. Restò in silenzio per un lungo momento, gli occhi bassi, come se cercasse le parole giuste. Poi inspirò profondamente e lo guardò dritto, con un'onestà che Michele non gli aveva mai sentito usare.

«Hai ragione a chiedermelo, Michele. Meriti la verità. Quando ti ho visto nello specchio...non ho fermato niente perché una parte di me non voleva. Mi eccitava. Non solo il momento con Marika, ma sapere che tu eri lì, che mi guardavi. Quel tuo sguardo su di me mi ha fatto perdere il controllo, ha reso tutto più intenso. In un certo senso l'ho fatto apposta. Volevo che vedessi quanto ero duro, quanto godevo...e una parte egoista di me voleva impressionarti, attrarti, sedurti. È stato sbagliato, profondamente sbagliato. Ti ho esposto a qualcosa che non avevi chiesto, e ho sfruttato il mio ruolo per alimentare un'ambiguità che non dovevo creare. Mi dispiace davvero. Non succederà più.»

Michele sentì il cuore battere forte, un misto di shock e calore che gli saliva al viso. Le parole di Fabio gli tolsero il fiato, ma gli diedero anche il coraggio che non sapeva di avere. Deglutì di nuovo, la voce tremante ma decisa.

«È per questo che ho spiato, mister. Ed è per questo forse che non ho resistito a toccarmi in doccia dopo che mi aveva massaggiato la spalla post allenamento, quando eravamo sudati e puzzolenti. Guardare il suo corpo, il petto, le ascelle e le gambe pelose, il cazzo così grosso mentre era eretto...mi ha fatto impazzire. Quando l'ho vista spingere in quel modo, fissandomi, ho sentito il mio corpo reagire da solo, come se non potessi controllarlo. È stato quello a farmi venire senza toccarmi, solo guardandola. Non capivo cosa mi stesse succedendo, ma era troppo forte per fermarmi. Una parte di me ora mi dice che forse volevo sentirmi vicino a lei anche in quel modo, quella stessa parte a cui fa piacere venire a sapere adesso che lei probabilmente voleva lo stesso.»

Michele non credeva alle sue stesse parole. La rivelazione sulla bisessualità di Fabio gli aveva dato un senso di sollievo profondo. L'ammissione del mister, il fatto che lo avesse cercato in quel modo durante l'atto con Marika, lo aveva esaltato e gli aveva sciolto la lingua. Michele non portava più da solo il peso delle sue reazioni. Fabio poteva capire. Questo lo rendeva più sicuro di sé, gli faceva venir voglia di andare oltre, di sperimentare questo nuovo desiderio che aveva finalmente un nome con quell'uomo che lo aveva guidato fin lì, e che lo ricambiava.

Fabio lo fissò, con gli occhi spalancati, diversi da prima. Il silenzio si fece più denso, carico di tutto ciò che non era stato detto prima. Il respiro di entrambi si era fatto più corto, l'aria nell'ufficio piccola sembrava improvvisamente troppo calda. Fabio si alzò lentamente dalla sedia, girò intorno alla scrivania e si fermò vicino a Michele.

«Michele...» mormorò, la voce bassa, rauca, come se lottasse con se stesso. «Non dovrei dirlo, non dovrei nemmeno pensarlo. Ma le tue parole...mi hanno colpito. Non sei solo tu a sentirti così. Quel desiderio che descrivi l'ho provato anch'io, forte, ma sono il tuo mister...e poi ho quarant'anni e tu ne hai diciotto. Non posso, non dobbiamo.»

Fece una pausa, gli occhi fissi in quelli del ragazzo. Ma la mano, quasi di sua iniziativa, si alzò e sfiorò la guancia di Michele, un tocco leggero, ruvido, che fece tremare entrambi.

«Dio, quanto sei bello quando arrossisci così.»

Michele non si ritrasse. Il cuore gli martellava nel petto, il volto in fiamme. Si alzò in piedi, il corpo vicino a quello di Fabio, l'altezza del mister che lo sovrastava leggermente.

«Mister...io non voglio fermarmi. Voglio capire, voglio...provare.»

Fabio chiuse gli occhi un istante, il respiro pesante. Quando li riaprì, c'era una resa dentro, mista a fame. Si chinò piano, le labbra che sfiorarono quelle di Michele in un bacio esitante, prima leggero, poi più profondo. Michele gemette piano nella bocca del mister, le mani che salivano istintive sul petto peloso sotto la maglietta.

Il bacio si fece urgente. Fabio lo spinse delicatamente contro la scrivania, le mani che scivolavano sotto la maglietta di Michele, accarezzando la pelle calda e liscia del torso giovane. Michele tremava, ma ricambiava, le dita che esploravano i muscoli solidi del mister, scendendo piano verso il basso ventre.

Fabio si staccò un attimo, ansimante.

«Se vuoi fermarti, dimmelo ora.»

Michele scosse la testa, gli occhi lucidi di desiderio.

«No, non fermarti. Insegnami.»

(Continua)
scritto il
2025-12-29
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