Il Vigile
di
Riccardo0027
genere
corna
In paese lo sapevano tutti, anche se nessuno lo diceva ad alta voce.
La voce girava come girano le cose vere: piano, male, senza bisogno di prove. Bastava guardarmi passare. Bastava il modo in cui entravo al bar, il modo in cui ridevo con Anna, il modo in cui gli uomini smettevano di parlare e le donne di sorridere. Non ero una fantasia: ero un problema. Perché ero figa, e non facevo nulla per nasconderlo.
Il vigile era solo uno dei tanti.
Uno che si era convinto di potermi gestire perché portava una divisa e due chiacchiere dolci. Peccato che l’alito gli arrivasse addosso prima del coraggio: pesante, stantio, da uomo che si crede desiderabile ma non si prende nemmeno la briga di esserlo. Io lo notai subito. E già lì avrei dovuto capire.
Ma mi piaceva l’idea di trasgredire e cornificare mio marito.
Mi piaceva sapere che mi guardava come mi guardavano in tanti. Mi piaceva scegliere. Perché in un paese piccolo la vera forza non è essere desiderata: è decidere chi può provarci.
I messaggi iniziarono e la voce accelerò.
Frasi zuccherose, allusioni, promesse mai dette fino in fondo. Io rispondevo con calma, sapendo che ogni parola sarebbe tornata indietro moltiplicata. La gente iniziò a parlare. “Hai visto come la guarda?”, “Dicono che si scrivano”, “Quella lì non è mai stata una santa”. Io intuivo me non mi importava nulla, il desiderio vinceva.
L’incontro fuori paese fu una formalità.
Lasciai mia figlia alla babysitter senza drammi: non stavo scappando, stavo scegliendo. Mi preparai come si prepara una gran Troia che sa di essere già sopra. In quella stanza d’albergo, però, la verità gli cadde addosso tutta insieme.
Il suo cazzo non reggeva. Il suo corpo non rispondeva, lo sguardo scappava, la sicurezza evaporava. E l’alito, sempre quello, tornava a ricordarmi che avevo abbassato troppo l’asticella. Io mi muovevo con controllo, usai la mia bocca in tutti i modi, leccai la cappella, le palle e mi spinsi a anche a leccargli l’orefizio anale insistendo più per orgoglio che per voglia. Un sapore di merda pervase la mia bocca, era una prova che stava fallendo.
Cercai una reazione , so far e bene la puttana, ma alla fine trovai solo disgusto e capii che era finita.
Non per colpa mia. Per sua inadeguatezza. Mi tirai indietro senza scuse, senza pietà. E quando parlò di ansia, di paura, di scuse da uomo piccolo, lo lasciai lì con la sua vergogna.
Tornai a casa sapendo una cosa sola, la voce avrebbe continuato a girare. E andava bene così.
In seguito, raccontai tutto a mio marito senza abbassare lo sguardo nella speranza di ottenere la separazione ma Lui fu comprensivo, come sono tanti uomini che non hanno mai capito davvero chi hanno accanto. E lì finì anche quello. Senza tragedie. Senza sensi di colpa.
Il vigile sparì.
In paese restò la storia. Distorta, ingigantita, sbagliata quanto basta. Un anno dopo tornò a scrivermi, pronto a fare l’eroe. Voleva lasciare la moglie per me …Ridicolo. Io ero già avanti.
Perché avevo trovato un uomo che non si faceva domande.
Uno che non tremava, che il cazzo lo usava con estrema dominazione. Uno che sapeva prendersi il controllo senza spiegazioni, che mi possedeva in tutti i modi senza ritegno. Con lui smisi di guidare fino a sottomettermi del tutto, era scelta.
Mentre il paese continuò a parlare io cambia per non ascoltare più e per poter camminare a testa alta. Dopotutto ho trovato chi mi sodomizza come merito ogni giorno. In coscienza è quello che desideravo
La voce girava come girano le cose vere: piano, male, senza bisogno di prove. Bastava guardarmi passare. Bastava il modo in cui entravo al bar, il modo in cui ridevo con Anna, il modo in cui gli uomini smettevano di parlare e le donne di sorridere. Non ero una fantasia: ero un problema. Perché ero figa, e non facevo nulla per nasconderlo.
Il vigile era solo uno dei tanti.
Uno che si era convinto di potermi gestire perché portava una divisa e due chiacchiere dolci. Peccato che l’alito gli arrivasse addosso prima del coraggio: pesante, stantio, da uomo che si crede desiderabile ma non si prende nemmeno la briga di esserlo. Io lo notai subito. E già lì avrei dovuto capire.
Ma mi piaceva l’idea di trasgredire e cornificare mio marito.
Mi piaceva sapere che mi guardava come mi guardavano in tanti. Mi piaceva scegliere. Perché in un paese piccolo la vera forza non è essere desiderata: è decidere chi può provarci.
I messaggi iniziarono e la voce accelerò.
Frasi zuccherose, allusioni, promesse mai dette fino in fondo. Io rispondevo con calma, sapendo che ogni parola sarebbe tornata indietro moltiplicata. La gente iniziò a parlare. “Hai visto come la guarda?”, “Dicono che si scrivano”, “Quella lì non è mai stata una santa”. Io intuivo me non mi importava nulla, il desiderio vinceva.
L’incontro fuori paese fu una formalità.
Lasciai mia figlia alla babysitter senza drammi: non stavo scappando, stavo scegliendo. Mi preparai come si prepara una gran Troia che sa di essere già sopra. In quella stanza d’albergo, però, la verità gli cadde addosso tutta insieme.
Il suo cazzo non reggeva. Il suo corpo non rispondeva, lo sguardo scappava, la sicurezza evaporava. E l’alito, sempre quello, tornava a ricordarmi che avevo abbassato troppo l’asticella. Io mi muovevo con controllo, usai la mia bocca in tutti i modi, leccai la cappella, le palle e mi spinsi a anche a leccargli l’orefizio anale insistendo più per orgoglio che per voglia. Un sapore di merda pervase la mia bocca, era una prova che stava fallendo.
Cercai una reazione , so far e bene la puttana, ma alla fine trovai solo disgusto e capii che era finita.
Non per colpa mia. Per sua inadeguatezza. Mi tirai indietro senza scuse, senza pietà. E quando parlò di ansia, di paura, di scuse da uomo piccolo, lo lasciai lì con la sua vergogna.
Tornai a casa sapendo una cosa sola, la voce avrebbe continuato a girare. E andava bene così.
In seguito, raccontai tutto a mio marito senza abbassare lo sguardo nella speranza di ottenere la separazione ma Lui fu comprensivo, come sono tanti uomini che non hanno mai capito davvero chi hanno accanto. E lì finì anche quello. Senza tragedie. Senza sensi di colpa.
Il vigile sparì.
In paese restò la storia. Distorta, ingigantita, sbagliata quanto basta. Un anno dopo tornò a scrivermi, pronto a fare l’eroe. Voleva lasciare la moglie per me …Ridicolo. Io ero già avanti.
Perché avevo trovato un uomo che non si faceva domande.
Uno che non tremava, che il cazzo lo usava con estrema dominazione. Uno che sapeva prendersi il controllo senza spiegazioni, che mi possedeva in tutti i modi senza ritegno. Con lui smisi di guidare fino a sottomettermi del tutto, era scelta.
Mentre il paese continuò a parlare io cambia per non ascoltare più e per poter camminare a testa alta. Dopotutto ho trovato chi mi sodomizza come merito ogni giorno. In coscienza è quello che desideravo
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Commenti dei lettori al racconto erotico