Michela. Mia sorella Silvia

di
genere
incesti

Quando mia sorella è arrivata, non aveva neanche voglia di fingere. Era stanca, diceva, aveva bisogno di un letto e di silenzio. Io la guardavo e dentro sentivo solo un vuoto che mi scavava la pancia, un vuoto che nessun uomo, nessun cazzo, nessuna sborra era mai riuscito a riempire davvero.
Mia sorella è più piccola di me, ma solo per età. Ha un culo che sembra disegnato per essere fotografato e mandato in giro su Telegram, delle gambe che mi hanno sempre fatto incazzare, e un modo di abbassare lo sguardo che fa impazzire anche Angelo. Lo so. Lo vedo. Lo sento che la guarda, anche se finge di no.
Mi chiede una coperta, io le porto quella che puzza ancora di sesso, la stessa che Angelo mi ha tirato addosso la notte prima, quando mi ha sfondata sul tappeto e mi ha lasciato la figa ancora dolente.
«Hai fame?» le chiedo.
«No, solo sonno. È stata una giornata di merda.»
La osservo mentre si toglie la felpa, resta con la maglietta bagnata e senza reggiseno.
Ho un brivido. Non dovrei guardarla così, ma lo faccio. E mi odio, ma mi bagno lo stesso.
Angelo entra in cucina, il viso tirato, i jeans che gli scendono un po’ troppo. Finge di essere indifferente, ma lo vedo che le guarda il seno, la curva dei fianchi.
«Ciao, Silvia», dice.
Lei risponde con un sorriso, si siede sul divano, le gambe raccolte, le tette che si vedono sotto la maglietta sottile.
Mi siedo di fianco a lei. Sento il suo odore, non è come il mio: è più dolce, più fresco, più giovane.
E io sono solo sporca, marcia, con la figa ancora appiccicosa di umiliazione e voglia.
Spegniamo la tv, restiamo a chiacchierare. Angelo si siede davanti a noi, le gambe aperte, lo sguardo basso ma il cazzo già che si indurisce sotto i pantaloni.
La stanza si fa piccola.
Io guardo mia sorella, mia sorella guarda Angelo, e so già che sta per succedere qualcosa di sbagliato.
E dentro, a farmi male, a farmi impazzire, c’è la voglia che sia proprio così.
Spedisco Angelo a letto con un cenno del mento, lo sguardo di chi ha già deciso tutto.
— Vai a dormire, ci penso io a Silvia.
Lui non fa storie. Sorride. Lo vedo, ha capito. Sa che non può fermarmi, sa che non c’è niente di più sporco di una donna che ha già deciso di tradire il sangue e la carne.
Resto sola con mia sorella.
Siamo due animali sul divano, silenziose, la tv spenta che riflette le nostre ombre.
Le accarezzo il viso, le dita le sfiorano la bocca, il mento. Le sorrido. Lei abbassa gli occhi, ma so che non mi fermerà.
Mi avvicino, le prendo la testa tra le mani e le stampo un bacio sulle labbra, deciso, carnale.
Silvia non si ritrae. Anzi. Sento il suo fiato caldo che si fa più veloce, la bocca che si apre, la lingua che esce e cerca la mia.
Le nostre lingue si avvinghiano, il bacio diventa subito feroce, pieno di saliva e denti che si sfiorano.
Le mani si muovono come serpi: sotto le magliette, tra le gambe, sui fianchi. Ci denudiamo senza grazia, tiriamo via tutto come si fa con la pelle morta.
Mi stendo su di lei, la sua pelle è calda e ha un odore diverso dal mio, più dolce, più acerbo.
Sento il cuore che batte ovunque: tra le cosce, nei polsi, sotto la lingua.
Prendo il suo seno tra le mani, lo mordo, lo succhio forte, voglio farle male e piacere insieme.
Silvia geme piano, ha paura e vergogna ma non si tira indietro.
So che Angelo ci guarda. Lo sento alle spalle, l’ombra nel corridoio. Lo spero, anzi: che si masturbi, che si mangi le mani dalla voglia.
Mi sollevo di scatto, la faccio sedere e con una voce che non ammette repliche:
— Apri le gambe, fammi sentire com’è diventata la tua figa da donna.
Lei obbedisce, si spalanca davanti a me, il sesso bagnato che luccica sotto la luce fioca.
Non ci penso nemmeno un secondo: infilo la testa tra le sue cosce, la lingua che affonda subito nella carne, la lecco forte, profonda, senza delicatezza. Voglio che lo senta fino in gola, voglio farle capire chi comanda qui.
Il sapore è un misto di sapone e paura, la sua figa pulsa sotto la mia bocca.
Sento le sue mani nei capelli, prima prova a spingermi via, poi si arrende, si abbandona, geme come una cagna in calore.
Poi lo sento, il peso di Angelo dietro di me, il fiato corto.
Mi si piazza alle spalle, mi spalanca le chiappe e senza una parola mi struscia il cazzo bagnato sulla figa, lo spinge avanti e indietro, mi fa sentire tutto il suo peso, tutta la sua voglia.
Poi entra. Un colpo secco, la figa che si apre e mi strappa un grido soffocato tra le cosce di mia sorella.
Mi spinge forte in avanti, la faccia ancora più schiacciata contro la figa di Silvia, che adesso è tutta bagnata di saliva, di paura, di piacere.
Silvia apre gli occhi, si tende, vorrebbe scappare ma la mia lingua la tiene ferma.
— Non ti azzardare a muoverti, — le sussurro con la bocca piena di lei, — fammi sentire come gode la mia puttanella di sorella.
Angelo mi scopa senza pietà, mi usa come un giocattolo mentre io divoro il sesso di Silvia, che ormai geme, trema, si bagna ovunque, le gambe che si chiudono sulla mia testa.
La stanza puzza di umori, di incesto, di colpa.
Ma in quel momento, io mi sento onnipotente, bestiale, sporca e viva come mai nella vita.
Non sento più le gambe, solo il cuore che pompa tra le cosce e il sudore che mi cola dappertutto. Silvia viene sulla mia lingua, geme con quella voce che mi fa impazzire, la figa le si chiude sui miei baci come se volesse stritolarmi la testa. Io mi sento ancora piena di Angelo, il suo sperma che mi cola lungo le cosce, la sua mano che mi ha marchiata sulla schiena.
Angelo esce da me, il cazzo ancora duro e lucido, mi fissa con quello sguardo da bestia sazia e subito si allontana, lasciandoci lì, nude e appiccicose.
Mi volto verso Silvia, la bacio senza pietà, la lingua che le infila in bocca tutto il mio sapore, la costringo a inghiottire anche quello che mi cola addosso, la lecco come se volessi mangiarla viva.
La prendo per mano, la trascino in bagno, le passo la mano tra le chiappe, la accarezzo come si fa con una puttana, e lei mi segue, le gambe che ancora le tremano.
Nell’altro bagno sento l’acqua della doccia: Angelo si lava via il nostro sudore, ma io non ho ancora finito.
Entro nella doccia con Silvia, la spingo contro il vetro, lascio che l’acqua le scorra addosso, la insapono ovunque, le dita che le entrano dappertutto.
Le lavo la figa, la lecco di nuovo, il sapone e i suoi umori che si mischiano sulla lingua, la sento che si arrende, che si apre sotto le mie mani e la mia bocca.
Silvia geme, si appoggia al muro, le dita nei miei capelli.
Poi la guardo dritta negli occhi, la voce che ora è lenta, morbida, ipnotica:
— Tocca a te, adesso. Fammi godere.
Lei si inginocchia davanti a me, il viso tra le mie gambe spalancate, la lingua che mi penetra senza ritegno.
Mi sento la figa che pulsa, il sapore di me e di Angelo che le sporca la bocca, glielo dico senza vergogna:
— Senti? Stai leccando anche il mio uomo.
Lei non si ferma, anzi, lecca più forte, mi scava tutta, mi fa godere ancora. Sento le sue mani che mi stringono il culo, le dita che mi entrano, la lingua che mi fa perdere il controllo.
Quando usciamo dalla doccia siamo ancora nude, bagnate, i capelli appiccicati addosso.
Silvia vorrebbe andarsene in salotto, ma io la afferro, la trascino nella camera da letto.
Angelo è già lì, nudo, sdraiato sul letto, il cazzo di nuovo eretto, le vene che gli sporgono come se stesse per scoppiare.
La bacio ancora, la mia bocca sa di sudore e sapone e cazzo, poi mi sdraio accanto ad Angelo, prendo il suo cazzo tra le mani, lo bagno di saliva, lo lecco tutto, dalla base alla punta, lo succhio forte, glielo faccio schioccare sulle labbra.
Poi guardo Silvia, le prendo la testa e la guido:
— Adesso tocca a te.
Lei esita, la vedo tremare, ma io la spingo, la convinco con la voce dolce che so usare solo quando voglio dominare davvero.
Silvia si abbassa, lo prende in bocca, lo lecca timida, poi io le tengo la testa e la spingo giù, costringendola a prenderselo tutto in gola.
Sento il suono della saliva, del cazzo che sbatte sui denti, Angelo che geme.
Quando Silvia si stacca, il cazzo di Angelo è una torcia lucida di bava e voglia.
La guardo negli occhi e sussurro:
— Sali sopra di lui, adesso.
Lei obbedisce. Mi metto dietro di lei, prendo in mano il cazzo di Angelo, lo spennello sulla figa di Silvia che geme come se la stessi accoltellando di piacere.
Poi, con una mano tengo il cazzo alla base, con l’altra spingo la schiena di Silvia verso il basso, lo faccio entrare piano, lo sento scomparire dentro di lei, la sua figa che lo inghiotte tutto, un colpo solo.
Silvia si trasforma, perde il controllo, si muove come una disperata, cerca il piacere in ogni spinta, le mani sulle cosce di Angelo, la testa che si perde.
Io mi stendo accanto, guardo tutto, bacio Angelo sulla bocca, lo sento ansimare, guardo Silvia che si smonta sul suo cazzo, la sua faccia sconvolta, il sudore che cola sulle tette.
Mi sento una regina, una padrona, una puttana e una sorella tutto insieme.
Angelo si agita sotto Silvia, la figa di mia sorella che lo strizza tutta, si sente che sta per esplodere. Lui prova a frenarsi, si irrigidisce, le mani sulle anche di Silvia che sbattono sempre più forte, il respiro che diventa ansimante.
— Devo uscire… sto per venire… — geme, la voce impastata, quasi disperata.
Ma Silvia lo guarda, mi guarda, e io capisco subito. Non c’è bisogno di parole, ci basta lo sguardo: ormai non esistono più regole.
Mi avvicino a loro, prendo la testa di Angelo tra le mani e gli sussurro forte nell’orecchio, con quella voce che so fargli venire la pelle d’oca:
— Godi dentro di lei, non ti fermare. Riempila, voglio vederla piena di te.
E mentre glielo dico, infilo una mano tra le gambe di Silvia, la accarezzo proprio dove il cazzo di Angelo la spalanca.
Silvia capisce, si abbandona, muove i fianchi sempre più forte, affonda tutta su di lui, la testa all’indietro, le mani piantate sul petto di Angelo.
La sua voce si fa un rantolo, un grido strozzato:
— Sto venendo!
E io la guardo, la bacio sulla bocca, mentre la sua figa si contrae e succhia il cazzo di Angelo fino all’ultima goccia.
Angelo non resiste più, la prende per i fianchi, la tira giù con forza, il suo bacino che sbatte con violenza, un suono sporco, gutturale che gli esce dalla gola mentre viene dentro Silvia, la riempie di sborra calda, a getti, così forte che si sente quasi il rumore del seme che la invade.
Li guardo, sudati, ansimanti, le gambe di Silvia che tremano mentre resta seduta sul cazzo ancora palpitante di mio marito, la sua figa che cola, che lascia uscire un filo di sperma bianco, caldo, che scivola sulle sue cosce.
Mi avvicino a Silvia, le sussurro con dolcezza feroce:
— Sei stata brava, sorellina. Ora sei davvero una di noi.
E la bacio ancora, le lecco le labbra, le sussurro oscenità che solo lei può capire, mentre il profumo acre di noi tre resta a galleggiare nell’aria, a sporcare per sempre quella stanza.
Silvia si abbandona sul petto di Angelo, ancora tremante, il fiato corto che le fa sobbalzare le spalle, la figa che pulsa lenta, gonfia e sporca di sborra. Mi muovo dietro di loro, il pavimento freddo sotto i piedi, la bocca secca di voglia, gli occhi accesi solo per il degrado che abbiamo appena creato.
Guardo il cazzo di Angelo, ormai molle, che scivola fuori dalla fica di Silvia con un rumore sordo, impastato di umori. Un filo spesso di sperma cola fuori, lento, bianco, impudico. Non resisto, mi piego in avanti, la lingua tesa, affondo tra le cosce di Silvia e raccolgo tutto quello che posso, ogni goccia di quella mistura proibita. Sento il sapore caldo, amaro, il corpo di mia sorella che vibra ancora sotto di me. Le do una leccata lenta, lunga, raccatto tutto il seme di Angelo e lo porto in bocca, lo assaporo, mi sporco il viso senza vergogna.
Poi guardo il cazzo di Angelo, molle, sporco, che scivola verso il basso. Lo prendo tra le dita, lo sollevo piano, lo passo sulle labbra, lo succhio, lo pulisco con la bocca come una puttana affamata. Lo sento caldo, il sapore che si mescola alla saliva, lo lavo, lo risucchio finché non resta che la pelle nuda, pulita e lucida.
Mi sollevo, la bocca piena, la gola brucia.
Mi stendo accanto a lui, la pelle appiccicosa di sudore e sborra, il fiato pesante, gli occhi che non smettono di guardare Silvia. Lei rimane distesa sopra Angelo, il seno schiacciato contro il suo petto, la testa girata verso di me.
Ci guardiamo, nessuna parola, solo un sorriso sporco, una complicità fatta di sudore, colpa e voglia.
Le accarezzo la schiena, le passo le dita tra i capelli, le sorrido come se potessi inghiottirla da quanto la desidero ancora.
Sento la notte che ci avvolge, il letto sfatto, l’odore di cazzo e di donne che galleggia nell’aria.

Mi sveglio con la lingua incollata al palato, la figa che pulsa ancora come se avesse memoria di tutte le dita, di tutte le lingue e i cazzi della notte. Il sole filtra dalle tende tirate male, fa brillare le macchie di sudore, sperma e saliva sulle lenzuola che ormai sanno di stalla e di peccato.
Angelo dorme a pancia in su, nudo, il cazzo floscio tra le gambe aperte, le mani abbandonate come se avesse combattuto una guerra. Sento il suo odore, pungente, bestiale, e mi viene voglia di svegliarlo solo per farmi prendere ancora, ma resto lì, ad assaporare il ricordo di tutto quello che abbiamo fatto.
Silvia è di fianco a me, rannicchiata, i capelli sparsi sulla faccia, le labbra gonfie di baci e morsi, il collo segnato da lividi. Ha le gambe ancora sporche dei nostri umori, le cosce incrostate di sborra secca, e mi viene voglia di leccarla di nuovo, di svegliarla solo per ricominciare.
Mi avvicino piano, le sfioro la schiena, la pelle calda sotto il palmo.
Apro le gambe, le spingo la coscia contro la mia figa, solo per sentire ancora quella scossa, quella fame.
Lei si sveglia, gli occhi stanchi, lo sguardo che mi cerca.
Non dice niente. Si limita a fissarmi, la bocca socchiusa, il respiro pesante.
Le sorrido, le passo una mano sul viso, poi sulla bocca, infilo il dito tra le sue labbra.
Le sussurro piano, con la voce roca della notte appena passata:
— Ti sei divertita, sorellina?
Lei arrossisce appena, mi prende il polso, si succhia il dito come faceva da bambina col ciuccio, solo che ora so che quello che vuole è tutt’altro.
Angelo si gira, mugugna, apre un occhio, ci guarda. Sorride, senza vergogna.
— Buongiorno, puttane mie.
Silvia ride piano, si stringe a me, la sento calda, morbida, ancora piena di quello che le abbiamo fatto.
Mi tiro su, sento le gambe molli, il ventre vuoto e pieno insieme.
Mi guardo allo specchio: il trucco sciolto, i capelli arruffati, il corpo segnato da una notte che non mi scorderò mai.
Torno a letto, mi stendo tra Angelo e Silvia, li bacio tutti e due.

È domenica e la casa galleggia in un silenzio impastato di sudore e ricordi sporchi. Il sole filtra sulle nostre schiene nude, le lenzuola buttate a terra, il pavimento ancora segnato di gocce e impronte.
Ci muoviamo come animali dopo l’accoppiamento: pigri, appagati eppure affamati, ognuno col corpo ancora marchiato dall’altro.
La cucina sa di caffè forte, di latte caldo e di sesso vecchio.
Facciamo colazione nudi, le briciole che ci si attaccano alla pelle sudata, il cazzo di Angelo che ogni tanto si muove lento tra le gambe, la fica di Silvia che ancora cola ogni tanto una goccia del nostro vizio.
Angelo ci guarda, sorride storto, la tazza in mano.
— E adesso? — chiede.
Mi lecco un dito, raccolgo una goccia di miele dal bordo del tavolo, la infilo in bocca di Silvia, che la succhia piano senza nemmeno pensarci.
Sorrido, mi stiro sulla sedia, il seno che si allunga verso di lui, fiera come una puttana sazia.
— Adesso Silvia viene a stare da noi — dico. La voce è piatta, come se stessi parlando del tempo o della spesa. — E tu la metti incinta.
Così finalmente avremo un bambino o una bambina in questa casa.
Angelo non si scompone. Sorride solo più forte, si gratta la barba, guarda la pancia piatta di Silvia come se già la vedesse gonfia del suo seme.
Silvia sbatte le ciglia, la forchetta a mezz’aria.
— E Matteo? — chiede, la voce impastata. — Cosa gli dico?
Le prendo la mano, la stringo forte.
— Ci penso io, — rispondo, calma, con quella voce che non lascia scampo. — Anzi, chiamalo. Digli che oggi pomeriggio lo aspettiamo qui. Gli racconteremo tutto.
Angelo ride, un suono basso, animalesco.
— E se non accetta?
Io stringo ancora la mano di Silvia, la guardo negli occhi, il sorriso largo, feroce.
— Si abituerà, vedrai. Questa è casa nostra. E qui si fa come dico io.
Silvia deglutisce, abbassa gli occhi, ma so già che ha accettato.
E dentro, tra le cosce, sento la stessa fame, la stessa voglia malata che non passa mai.
Il caffè è appena finito che ricominciamo, come se la notte non fosse bastata. La luce del giorno ci fa ancora più sporchi, più veri.
Angelo si siede sul divano, il cazzo già duro, una mano tra le gambe, l’altra che mi fa cenno di avvicinarmi.
Non aspetto: salgo sopra di lui, lo bacio a morsi, gli sussurro all’orecchio quello che voglio.
Silvia ci guarda, mordendosi le labbra, con la fica che le luccica tra le cosce strette.
Angelo non si fa pregare.
Mi gira, mi mette a quattro zampe sul tappeto, le mani che mi artigliano i fianchi.
Sento il suo cazzo bagnato, caldo, che mi sbatte tra le chiappe, lo fa scivolare avanti e indietro, mi sporca di saliva, poi affonda dritto nel culo.
Un colpo secco, il respiro che mi si ferma, la gola che si riempie di gemiti soffocati.
— Brava troia — mi sibila, affondando ancora, più forte, più dentro.
Silvia si avvicina, si inginocchia accanto a me, mi bacia sulle labbra, sulle guance, mi infila due dita nella fica, la gira, la scava, mi fa godere ancora di più mentre Angelo mi scopa il culo senza pietà.
Poi Angelo prende anche lei. La gira di fianco, le fa alzare il culo, la penetra come ha fatto con me, un colpo solo, dritto nel suo buco.
Silvia urla, si stringe al tappeto, ma non dice mai di no.
Lui la prende, la scopa forte, io la bacio, le lecco le lacrime che le scendono sul viso.
La mattina passa così: chi si fa leccare, chi si fa scopare, chi urla, chi geme, chi si sporca le dita e la bocca con tutto quello che trova.
Quando Angelo sente che sta per venire, mi guarda, poi guarda Silvia.
Si sfila dal suo culo, le gira intorno, la mette supina, le spalanca le gambe.
Io tengo Silvia ferma, le apro la fica con due dita, la guardo negli occhi.
Angelo la penetra d’un colpo, la riempie, la scopa come se dovesse lasciarle dentro tutto quello che ha.
Silvia geme, si tende, si lascia andare, lo stringe con le gambe, non vuole più niente tranne che il suo seme dentro.
— Riempila, — gli sussurro, — voglio vederla piena di te, tutta, fino a scoppiare.
E lui lo fa.
Viene dentro Silvia, con un suono gutturale che gli esce dalla gola, la sua sborra che cola fuori subito, calda, bianca, che scivola tra le cosce di mia sorella.
Mi abbasso, la lecco, la ripulisco, raccolgo tutto con la lingua.
Mi sento sazia, felice, padrona e troia allo stesso tempo.
Silvia resta lì, tremante, le gambe spalancate, il viso stanco e soddisfatto.

scritto il
2025-10-30
4 8 9
visite
7
voti
valutazione
7.6
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Michela. Al cinema
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.