Intrigo familiare
di
Michele82
genere
incesti
Mi chiamo Michele, ho 61 anni, e da 33 anni condivido la mia vita con Anna, la donna che ha infiammato i miei giorni e le mie notti. La nostra intimità è stata per anni un’esplosione di desiderio puro: notti in cui i nostri corpi si intrecciavano in un groviglio di sudore e gemiti, ogni bacio un fuoco, ogni tocco un brivido che ci portava al limite.
Ma quattro anni fa, tutto è cambiato. Anna ha dovuto affrontare un intervento chirurgico delicato all’utero: le sono stati rimossi l’utero stesso, le ovaie e una parte della vagina. Un colpo devastante, non solo per lei, ma per entrambi. Da quel momento, i rapporti completi sono diventati un ricordo lontano, la nostra passione si era spenta, i nostri momenti intimi erano rari e privi di vita. Anna vedeva la mia sofferenza, cercava di consolarmi con parole dolci, ma nulla poteva colmare quel vuoto.
È stato come se un macigno mi fosse piombato addosso, schiacciandomi il cuore e i desideri.
La nostra intimità si è spenta pian piano, diventata sterile, priva di quella scintilla che ci aveva sempre unito. I nostri incontri si sono diradati, la libidine è svanita e, inevitabilmente, anche la nostra convivenza ne ha sofferto. Ogni giorno sentivo crescere in me un nervosismo che non riuscivo a nascondere, e Anna lo percepiva. Le mie delusioni, i miei sguardi persi nel vuoto, i sospiri pesanti: tutto le urlava il mio malessere. Lei, con il suo cuore grande, cercava di consolarmi, di alleviare la mia frustrazione con parole dolci e gesti affettuosi, ma entrambi sapevamo che nulla avrebbe potuto riportare indietro ciò che avevamo perso.
Un giorno, però, la tensione è esplosa. Durante un litigio particolarmente acceso, sempre sullo stesso argomento – la mia insoddisfazione sessuale – abbiamo detto cose che, forse, non avremmo voluto. Ero furioso, ferito, e lei, esasperata dal mio continuo brontolare, ha sbottato con una frase che mi ha lasciato di pietra.
“Michele, basta. Se non riesci a stare così, trovatene un’altra con cui sfogarti!” ha detto, con gli occhi lucidi di rabbia e dolore.
Non ho saputo rispondere. Quelle parole mi hanno colpito come un pugno nello stomaco, lasciandomi a rimuginare in silenzio per giorni.
Facciamo un passo indietro per un momento, per parlare di Valeria, nostra nipote. Valeria ha 35 anni, è separata da circa due anni e ha sempre avuto un rapporto speciale con noi. È una donna splendida, con lunghi capelli castani che le cadono sulle spalle come seta, occhi profondi che sembrano nascondere mille pensieri, e un sorriso dolce che illumina qualsiasi stanza. Ma dietro quella bellezza c’è una solitudine che la tormenta.
Spesso, confidandosi con Anna, ha ammesso di sentire una mancanza bruciante: quella di un uomo con cui condividere non solo il cuore, ma anche il letto. “Zia, non ce la faccio più. Ho bisogno di sentire qualcuno vicino, che mi consoli, ma soprattutto fisicamente. Ma non trovo nessuno che mi faccia sentire a mio agio,” le ha confessato una volta, con la voce incrinata. Anna me lo raccontava con un misto di pena e preoccupazione, e io ascoltavo, senza sapere che quel dettaglio avrebbe preso un posto così importante nei miei pensieri.
Torniamo a noi. Era un pomeriggio domenicale, io e Anna eravamo seduti a tavola, dopo un pranzo semplice a base di lasagne fatte in casa, uno dei miei piatti preferiti. L’atmosfera era pesante, come spesso accadeva ultimamente. Ad un certo punto, lei ha rotto il silenzio, tornando su quell’argomento che sembrava non darci pace.
“Michele, ci ho pensato molto a quello che ti ho detto l’altro giorno. Sai, sul trovarti un’altra…” ha iniziato, guardandomi con un’espressione che non riuscivo a decifrare, un misto tra sfida e rassegnazione.
Ho posato la forchetta, sorpreso. “Anna, perché torni su questo discorso? Credevo fosse solo uno sfogo del momento.”
“Lo era, ma ci ho riflettuto. Sono stanca di vederti così, sempre insoddisfatto, sempre nervoso. Dimmi la verità: come la vorresti questa donna? Che tipo ti piacerebbe?” ha insistito, tamburellando le dita sul tavolo, come se stesse cercando di mantenere la calma.
Ho aggrottato la fronte, confuso. “Perché me lo chiedi? Non capisco dove vuoi arrivare. Non mi sembra una domanda pertinente.”
Lei ha sospirato, un sospiro lungo, carico di pensieri. “Rispondi e basta, Michele. Sii onesto. Come la vorresti? Giovane? Bella? Passionale? Magari... come Valeria?”
Ho spalancato gli occhi, sentendo il cuore accelerare per un istante. “Valeria chi? Di chi stai parlando?”
“Tua nipote, Michele. Valeria,” ha detto lei, scandendo ogni sillaba come se volesse farmi capire che non stava scherzando.
“Mia nipote? E perché Valeria? Perché tiri fuori proprio lei?” ho chiesto, con la voce che mi tremava leggermente, un mix di incredulità e disagio.
Anna ha incrociato le braccia, fissandomi con uno sguardo penetrante. “Perché so che anche lei sta soffrendo. Me lo ha confessato, detto chiaro e tondo: è in astinenza, ha bisogno di qualcuno. E mi ha confessato che, se non trova la persona giusta, rischia di buttarsi sul primo che capita. È disperata quanto te, in un certo senso.”
Ho deglutito a fatica, sentendo un calore strano risalirmi dal petto. “E tu... credi davvero che lei accetterebbe una cosa del genere? Con me, intendo?”
Anna ha distolto lo sguardo per un attimo, come se stesse valutando le parole da usare. Poi mi ha guardato di nuovo, con un’espressione seria. “Non lo so, Michele. Non gliel’ho chiesto direttamente. Ma conosco Valeria, so come parla, so cosa prova. Potrebbe sorprenderti. Lascia fare a me, voglio capire se c’è margine per parlarne con lei. Tu però devi dirmi se sei davvero disposto a questo. È un passo grande, lo sai.”
Ho annuito lentamente, incapace di trovare una risposta immediata. Quelle parole avevano aperto una crepa nei miei pensieri, e quando poi mi aveva suggerito Valeria, nostra nipote di 35 anni, separata e in cerca di contatto fisico, qualcosa dentro di me si era acceso. Valeria, con il suo corpo sinuoso, i capelli castani che le scivolano sulle spalle, quel sorriso che sembra promettere segreti. E ora, questa possibilità, tanto assurda quanto incredibilmente allettante, mi si presentava come un’ancora di salvezza in mezzo a un mare di frustrazione. “Fai quello che ritieni giusto, Anna. Io... io non so cosa dire. Ma se pensi che ci sia una possibilità, allora parliamone.”
Lei ha stretto le labbra, un cenno di assenso. “Va bene. Indagherò. Ma ricordati, Michele, che qualsiasi cosa succeda, dobbiamo proteggere il nostro equilibrio. E quello di Valeria.”
Ho sentito un brivido corrermi lungo la schiena. Non sapevo se fosse paura, desiderio o un misto di entrambi. Ma una cosa era certa: quel pranzo aveva aperto una porta che non avrei mai immaginato di varcare.
Trascorsero settimane da quella conversazione con Anna, e io non osavo chiedere se avesse ottenuto il consenso di Valeria. Il solo pensiero di toccarla, di sfiorare la sua pelle, mi faceva fremere di desiderio. Il mio corpo reagiva istintivamente, un’erezione improvvisa mi travolgeva ogni volta che la immaginavo nuda davanti a me. Poi, finalmente, Anna ruppe il silenzio. “Ha accettato,” mi disse con un tono neutro, quasi distaccato. “Dice che lo fa perché sei un bravo zio, e le fai tenerezza per la tua situazione. Sente che è giusto aiutarti.” Mi fissò un appuntamento per sabato sera, a casa nostra. Il cuore mi martellava nel petto, un misto di imbarazzo e pura eccitazione.
Sabato arrivò, e quando Valeria varcò la soglia di casa, i suoi occhi incontrarono i miei con uno sguardo che cercavo disperatamente di decifrare. Un sorriso lieve, quasi timido, le increspava le labbra. Ci sedemmo a tavola per uno spuntino, un paio di bicchieri di vino per sciogliere la tensione che ci avvolgeva. Poi, finalmente, il discorso tanto atteso.
“Zio Michele,” esordì Valeria, la voce bassa e calda, “ho parlato a lungo con la zia. So quanto stai soffrendo, e mi dispiace tanto per te. Ma sai, anch’io sento questo vuoto dentro. Ho bisogno di un contatto, di sentirmi desiderata, di perdermi in un corpo che mi accolga. Per questo ho accettato. Sei una persona speciale per me, e mi concedo a te con tutto il piacere del mondo.”
Mi sentii arrossire, il cuore che batteva all’impazzata. “Valeria, grazie. Non sai quanto significhi per me. Ti sarò grato per sempre,” risposi, la voce roca per l’emozione.
Ci avviammo verso la camera da letto, lasciando Anna nel soggiorno, immersa in un programma televisivo. Sapevo che non era felice di questa soluzione, ma doveva aver pensato che fosse l’unico modo per salvarmi dalla mia astinenza. Era un segreto che sarebbe rimasto tra le mura di casa nostra, lontano da occhi indiscreti.
Valeria iniziò a spogliarsi con un lieve imbarazzo, rivelando il suo corpo davanti a me. I suoi seni, piccoli ma sodi, con capezzoli scuri che sembravano invitarmi, e quel sedere tondo, incredibilmente invitante, che sembrava scolpito per essere afferrato. Mi spogliai a mia volta, sentendomi vulnerabile, l’atmosfera carica di una tensione elettrica. Mi avvicinai a lei, abbracciandola piano, lasciando che il calore del mio corpo si mescolasse al suo. Al primo contatto, un brivido ci attraversò entrambi, come se fosse la prima volta per entrambi. Le mie labbra sfiorarono il suo viso, evitando volutamente la bocca. Doveva essere una sorta di patto tra noi, un atto di necessità più che di passione sfrenata, anche se dentro di me bruciava un’attrazione che faticavo a reprimere.
La adagiai sul letto, i miei baci scesero sui suoi seni, succhiando delicatamente quei capezzoli duri che sembravano pulsare sotto la mia lingua. Lei sospirò, un suono lieve ma carico di desiderio. Scesi più in basso, verso il suo inguine, la mia lingua trovò la sua figa già umida, e iniziai a leccarla con dedizione. Valeria si inarcò, un gemito le sfuggì dalle labbra, le sue mani si posarono sulla mia testa, spingendomi più a fondo mentre il suo respiro si spezzava. “Oh, zio... sì, così...” mormorò, e quelle parole mi infiammarono ancora di più. Ma mentre mi perdevo nel suo sapore, un pensiero mi trafisse: Anna, sola nell’altra stanza, probabilmente tormentata da ciò che stava accadendo.
Poi fu il suo turno. Mi fece stendere sul letto, il mio membro già duro come pietra, palpitante di desiderio. Valeria si chinò su di me, la sua lingua sfiorò il glande con una lentezza agonizzante, prima di accogliermi completamente nella sua bocca calda e bagnata. “Cazzo, Valeria...” gemetti, guardandola mentre il mio membro spariva tra le sue labbra, succhiando con un ritmo che mi faceva impazzire. Sentivo le sue mani stringermi la base, il piacere che mi scuoteva in ondate violente.
Ci posizionammo nel classico missionario. Entrai in lei con una dolcezza che mascherava il fuoco dentro di me. La sua figa era stretta, bagnata, accogliente, e ogni affondo mi avvolgeva in una sensazione che non provavo da anni. I suoi occhi erano persi, concentrati sulle sensazioni che la attraversavano. “Più forte, zio... ti prego...” sussurrò, e io obbedii, spingendo con un ritmo sempre più deciso, liberando anni di frustrazione in ogni movimento. Il mio cuore batteva come un tamburo, l’erezione più dura che mai.
“Girati,” le dissi con voce roca, e lei si mise a quattro zampe, offrendomi la vista di quei fianchi perfetti e di quel sedere che sembrava implorare di essere toccato. Le mie mani afferrarono le sue curve, mi posizionai dietro di lei e rientrai con un affondo deciso. Ogni spinta era un’esplosione di piacere, i suoi gemiti sempre più forti, “Sì, così... non fermarti!” mi incitava, mentre i suoi glutei sbattevano contro di me, il suono della carne contro la carne che riempiva la stanza. Sentivo i suoi muscoli stringermi, il suo corpo che tremava sotto di me, e sapevo che era vicina.
“Voglio comandare io adesso,” disse con un sorriso malizioso, spingendomi a stendermi supino. Si posizionò sopra di me, accogliendomi dentro di sé con un movimento lento e deliberato. “Oh, cazzo...” gemetti, mentre iniziava a cavalcare, i suoi movimenti fluidi, i seni che oscillavano davanti ai miei occhi. Si inarcava all’indietro, poi si piegava in avanti, cercando l’angolazione perfetta per il suo piacere. “Ti piace, zio? Dimmi di sì...” ansimò, e io potei solo annuire, perso nella sensazione del suo corpo che mi dominava.
L’eccitazione era al culmine, sentivo il punto di non ritorno avvicinarsi. “A che punto sei?” le chiesi, il fiato corto. “Ci sono quasi, sto per venire...” rispose, la voce spezzata dal piacere. Aumentammo il ritmo, lei dall’alto, io che spingevo dal basso, i nostri corpi sincronizzati in una danza frenetica. Poi, le sue contrazioni mi strinsero come una morsa, un urlo soffocato le sfuggì mentre raggiungeva l’orgasmo, e io la seguii, esplodendo dentro di lei, riversando tutto il mio seme caldo nella sua intimità. Restammo uniti per qualche istante, ansimanti, esausti, distesi sul letto a riprendere fiato.
Valeria mi guardò, un sorriso stanco ma soddisfatto sulle labbra, e mi baciò profondamente, un bacio che all’inizio avevo evitato, ma che ora sigillava qualcosa di più intimo tra noi. Chiamai Anna a voce alta, e lei si affacciò alla porta della camera. Ci vide, nudi e abbracciati, e con un sorriso amaro disse: “Soddisfatti? Direi di sì, a giudicare dai vostri gemiti.”
“Anna, grazie,” le dissi con il cuore in gola. “Questo è il regalo più grande che potevi farmi. E Valeria, grazie per avermi donato il tuo corpo, per avermi fatto sentire di nuovo vivo. La vostra comprensione e il vostro supporto sono tutto per me.”
Ma quattro anni fa, tutto è cambiato. Anna ha dovuto affrontare un intervento chirurgico delicato all’utero: le sono stati rimossi l’utero stesso, le ovaie e una parte della vagina. Un colpo devastante, non solo per lei, ma per entrambi. Da quel momento, i rapporti completi sono diventati un ricordo lontano, la nostra passione si era spenta, i nostri momenti intimi erano rari e privi di vita. Anna vedeva la mia sofferenza, cercava di consolarmi con parole dolci, ma nulla poteva colmare quel vuoto.
È stato come se un macigno mi fosse piombato addosso, schiacciandomi il cuore e i desideri.
La nostra intimità si è spenta pian piano, diventata sterile, priva di quella scintilla che ci aveva sempre unito. I nostri incontri si sono diradati, la libidine è svanita e, inevitabilmente, anche la nostra convivenza ne ha sofferto. Ogni giorno sentivo crescere in me un nervosismo che non riuscivo a nascondere, e Anna lo percepiva. Le mie delusioni, i miei sguardi persi nel vuoto, i sospiri pesanti: tutto le urlava il mio malessere. Lei, con il suo cuore grande, cercava di consolarmi, di alleviare la mia frustrazione con parole dolci e gesti affettuosi, ma entrambi sapevamo che nulla avrebbe potuto riportare indietro ciò che avevamo perso.
Un giorno, però, la tensione è esplosa. Durante un litigio particolarmente acceso, sempre sullo stesso argomento – la mia insoddisfazione sessuale – abbiamo detto cose che, forse, non avremmo voluto. Ero furioso, ferito, e lei, esasperata dal mio continuo brontolare, ha sbottato con una frase che mi ha lasciato di pietra.
“Michele, basta. Se non riesci a stare così, trovatene un’altra con cui sfogarti!” ha detto, con gli occhi lucidi di rabbia e dolore.
Non ho saputo rispondere. Quelle parole mi hanno colpito come un pugno nello stomaco, lasciandomi a rimuginare in silenzio per giorni.
Facciamo un passo indietro per un momento, per parlare di Valeria, nostra nipote. Valeria ha 35 anni, è separata da circa due anni e ha sempre avuto un rapporto speciale con noi. È una donna splendida, con lunghi capelli castani che le cadono sulle spalle come seta, occhi profondi che sembrano nascondere mille pensieri, e un sorriso dolce che illumina qualsiasi stanza. Ma dietro quella bellezza c’è una solitudine che la tormenta.
Spesso, confidandosi con Anna, ha ammesso di sentire una mancanza bruciante: quella di un uomo con cui condividere non solo il cuore, ma anche il letto. “Zia, non ce la faccio più. Ho bisogno di sentire qualcuno vicino, che mi consoli, ma soprattutto fisicamente. Ma non trovo nessuno che mi faccia sentire a mio agio,” le ha confessato una volta, con la voce incrinata. Anna me lo raccontava con un misto di pena e preoccupazione, e io ascoltavo, senza sapere che quel dettaglio avrebbe preso un posto così importante nei miei pensieri.
Torniamo a noi. Era un pomeriggio domenicale, io e Anna eravamo seduti a tavola, dopo un pranzo semplice a base di lasagne fatte in casa, uno dei miei piatti preferiti. L’atmosfera era pesante, come spesso accadeva ultimamente. Ad un certo punto, lei ha rotto il silenzio, tornando su quell’argomento che sembrava non darci pace.
“Michele, ci ho pensato molto a quello che ti ho detto l’altro giorno. Sai, sul trovarti un’altra…” ha iniziato, guardandomi con un’espressione che non riuscivo a decifrare, un misto tra sfida e rassegnazione.
Ho posato la forchetta, sorpreso. “Anna, perché torni su questo discorso? Credevo fosse solo uno sfogo del momento.”
“Lo era, ma ci ho riflettuto. Sono stanca di vederti così, sempre insoddisfatto, sempre nervoso. Dimmi la verità: come la vorresti questa donna? Che tipo ti piacerebbe?” ha insistito, tamburellando le dita sul tavolo, come se stesse cercando di mantenere la calma.
Ho aggrottato la fronte, confuso. “Perché me lo chiedi? Non capisco dove vuoi arrivare. Non mi sembra una domanda pertinente.”
Lei ha sospirato, un sospiro lungo, carico di pensieri. “Rispondi e basta, Michele. Sii onesto. Come la vorresti? Giovane? Bella? Passionale? Magari... come Valeria?”
Ho spalancato gli occhi, sentendo il cuore accelerare per un istante. “Valeria chi? Di chi stai parlando?”
“Tua nipote, Michele. Valeria,” ha detto lei, scandendo ogni sillaba come se volesse farmi capire che non stava scherzando.
“Mia nipote? E perché Valeria? Perché tiri fuori proprio lei?” ho chiesto, con la voce che mi tremava leggermente, un mix di incredulità e disagio.
Anna ha incrociato le braccia, fissandomi con uno sguardo penetrante. “Perché so che anche lei sta soffrendo. Me lo ha confessato, detto chiaro e tondo: è in astinenza, ha bisogno di qualcuno. E mi ha confessato che, se non trova la persona giusta, rischia di buttarsi sul primo che capita. È disperata quanto te, in un certo senso.”
Ho deglutito a fatica, sentendo un calore strano risalirmi dal petto. “E tu... credi davvero che lei accetterebbe una cosa del genere? Con me, intendo?”
Anna ha distolto lo sguardo per un attimo, come se stesse valutando le parole da usare. Poi mi ha guardato di nuovo, con un’espressione seria. “Non lo so, Michele. Non gliel’ho chiesto direttamente. Ma conosco Valeria, so come parla, so cosa prova. Potrebbe sorprenderti. Lascia fare a me, voglio capire se c’è margine per parlarne con lei. Tu però devi dirmi se sei davvero disposto a questo. È un passo grande, lo sai.”
Ho annuito lentamente, incapace di trovare una risposta immediata. Quelle parole avevano aperto una crepa nei miei pensieri, e quando poi mi aveva suggerito Valeria, nostra nipote di 35 anni, separata e in cerca di contatto fisico, qualcosa dentro di me si era acceso. Valeria, con il suo corpo sinuoso, i capelli castani che le scivolano sulle spalle, quel sorriso che sembra promettere segreti. E ora, questa possibilità, tanto assurda quanto incredibilmente allettante, mi si presentava come un’ancora di salvezza in mezzo a un mare di frustrazione. “Fai quello che ritieni giusto, Anna. Io... io non so cosa dire. Ma se pensi che ci sia una possibilità, allora parliamone.”
Lei ha stretto le labbra, un cenno di assenso. “Va bene. Indagherò. Ma ricordati, Michele, che qualsiasi cosa succeda, dobbiamo proteggere il nostro equilibrio. E quello di Valeria.”
Ho sentito un brivido corrermi lungo la schiena. Non sapevo se fosse paura, desiderio o un misto di entrambi. Ma una cosa era certa: quel pranzo aveva aperto una porta che non avrei mai immaginato di varcare.
Trascorsero settimane da quella conversazione con Anna, e io non osavo chiedere se avesse ottenuto il consenso di Valeria. Il solo pensiero di toccarla, di sfiorare la sua pelle, mi faceva fremere di desiderio. Il mio corpo reagiva istintivamente, un’erezione improvvisa mi travolgeva ogni volta che la immaginavo nuda davanti a me. Poi, finalmente, Anna ruppe il silenzio. “Ha accettato,” mi disse con un tono neutro, quasi distaccato. “Dice che lo fa perché sei un bravo zio, e le fai tenerezza per la tua situazione. Sente che è giusto aiutarti.” Mi fissò un appuntamento per sabato sera, a casa nostra. Il cuore mi martellava nel petto, un misto di imbarazzo e pura eccitazione.
Sabato arrivò, e quando Valeria varcò la soglia di casa, i suoi occhi incontrarono i miei con uno sguardo che cercavo disperatamente di decifrare. Un sorriso lieve, quasi timido, le increspava le labbra. Ci sedemmo a tavola per uno spuntino, un paio di bicchieri di vino per sciogliere la tensione che ci avvolgeva. Poi, finalmente, il discorso tanto atteso.
“Zio Michele,” esordì Valeria, la voce bassa e calda, “ho parlato a lungo con la zia. So quanto stai soffrendo, e mi dispiace tanto per te. Ma sai, anch’io sento questo vuoto dentro. Ho bisogno di un contatto, di sentirmi desiderata, di perdermi in un corpo che mi accolga. Per questo ho accettato. Sei una persona speciale per me, e mi concedo a te con tutto il piacere del mondo.”
Mi sentii arrossire, il cuore che batteva all’impazzata. “Valeria, grazie. Non sai quanto significhi per me. Ti sarò grato per sempre,” risposi, la voce roca per l’emozione.
Ci avviammo verso la camera da letto, lasciando Anna nel soggiorno, immersa in un programma televisivo. Sapevo che non era felice di questa soluzione, ma doveva aver pensato che fosse l’unico modo per salvarmi dalla mia astinenza. Era un segreto che sarebbe rimasto tra le mura di casa nostra, lontano da occhi indiscreti.
Valeria iniziò a spogliarsi con un lieve imbarazzo, rivelando il suo corpo davanti a me. I suoi seni, piccoli ma sodi, con capezzoli scuri che sembravano invitarmi, e quel sedere tondo, incredibilmente invitante, che sembrava scolpito per essere afferrato. Mi spogliai a mia volta, sentendomi vulnerabile, l’atmosfera carica di una tensione elettrica. Mi avvicinai a lei, abbracciandola piano, lasciando che il calore del mio corpo si mescolasse al suo. Al primo contatto, un brivido ci attraversò entrambi, come se fosse la prima volta per entrambi. Le mie labbra sfiorarono il suo viso, evitando volutamente la bocca. Doveva essere una sorta di patto tra noi, un atto di necessità più che di passione sfrenata, anche se dentro di me bruciava un’attrazione che faticavo a reprimere.
La adagiai sul letto, i miei baci scesero sui suoi seni, succhiando delicatamente quei capezzoli duri che sembravano pulsare sotto la mia lingua. Lei sospirò, un suono lieve ma carico di desiderio. Scesi più in basso, verso il suo inguine, la mia lingua trovò la sua figa già umida, e iniziai a leccarla con dedizione. Valeria si inarcò, un gemito le sfuggì dalle labbra, le sue mani si posarono sulla mia testa, spingendomi più a fondo mentre il suo respiro si spezzava. “Oh, zio... sì, così...” mormorò, e quelle parole mi infiammarono ancora di più. Ma mentre mi perdevo nel suo sapore, un pensiero mi trafisse: Anna, sola nell’altra stanza, probabilmente tormentata da ciò che stava accadendo.
Poi fu il suo turno. Mi fece stendere sul letto, il mio membro già duro come pietra, palpitante di desiderio. Valeria si chinò su di me, la sua lingua sfiorò il glande con una lentezza agonizzante, prima di accogliermi completamente nella sua bocca calda e bagnata. “Cazzo, Valeria...” gemetti, guardandola mentre il mio membro spariva tra le sue labbra, succhiando con un ritmo che mi faceva impazzire. Sentivo le sue mani stringermi la base, il piacere che mi scuoteva in ondate violente.
Ci posizionammo nel classico missionario. Entrai in lei con una dolcezza che mascherava il fuoco dentro di me. La sua figa era stretta, bagnata, accogliente, e ogni affondo mi avvolgeva in una sensazione che non provavo da anni. I suoi occhi erano persi, concentrati sulle sensazioni che la attraversavano. “Più forte, zio... ti prego...” sussurrò, e io obbedii, spingendo con un ritmo sempre più deciso, liberando anni di frustrazione in ogni movimento. Il mio cuore batteva come un tamburo, l’erezione più dura che mai.
“Girati,” le dissi con voce roca, e lei si mise a quattro zampe, offrendomi la vista di quei fianchi perfetti e di quel sedere che sembrava implorare di essere toccato. Le mie mani afferrarono le sue curve, mi posizionai dietro di lei e rientrai con un affondo deciso. Ogni spinta era un’esplosione di piacere, i suoi gemiti sempre più forti, “Sì, così... non fermarti!” mi incitava, mentre i suoi glutei sbattevano contro di me, il suono della carne contro la carne che riempiva la stanza. Sentivo i suoi muscoli stringermi, il suo corpo che tremava sotto di me, e sapevo che era vicina.
“Voglio comandare io adesso,” disse con un sorriso malizioso, spingendomi a stendermi supino. Si posizionò sopra di me, accogliendomi dentro di sé con un movimento lento e deliberato. “Oh, cazzo...” gemetti, mentre iniziava a cavalcare, i suoi movimenti fluidi, i seni che oscillavano davanti ai miei occhi. Si inarcava all’indietro, poi si piegava in avanti, cercando l’angolazione perfetta per il suo piacere. “Ti piace, zio? Dimmi di sì...” ansimò, e io potei solo annuire, perso nella sensazione del suo corpo che mi dominava.
L’eccitazione era al culmine, sentivo il punto di non ritorno avvicinarsi. “A che punto sei?” le chiesi, il fiato corto. “Ci sono quasi, sto per venire...” rispose, la voce spezzata dal piacere. Aumentammo il ritmo, lei dall’alto, io che spingevo dal basso, i nostri corpi sincronizzati in una danza frenetica. Poi, le sue contrazioni mi strinsero come una morsa, un urlo soffocato le sfuggì mentre raggiungeva l’orgasmo, e io la seguii, esplodendo dentro di lei, riversando tutto il mio seme caldo nella sua intimità. Restammo uniti per qualche istante, ansimanti, esausti, distesi sul letto a riprendere fiato.
Valeria mi guardò, un sorriso stanco ma soddisfatto sulle labbra, e mi baciò profondamente, un bacio che all’inizio avevo evitato, ma che ora sigillava qualcosa di più intimo tra noi. Chiamai Anna a voce alta, e lei si affacciò alla porta della camera. Ci vide, nudi e abbracciati, e con un sorriso amaro disse: “Soddisfatti? Direi di sì, a giudicare dai vostri gemiti.”
“Anna, grazie,” le dissi con il cuore in gola. “Questo è il regalo più grande che potevi farmi. E Valeria, grazie per avermi donato il tuo corpo, per avermi fatto sentire di nuovo vivo. La vostra comprensione e il vostro supporto sono tutto per me.”
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