Essere cornuto è meraviglioso 3

di
genere
corna

Una delle esperienze più forti della mia relazione cuckold fu quando il mio amore mi presentò ufficialmente a suo padre. Un uomo all epoca di 61 anni divorziato sicuro di se a dire il vero addirittura arrogante. Non avrei mai immaginato che avrebbe detto al padre il mio ruolo di cornuto servo bisex passivo.
Quella che credevo fosse stata solo una serata normale divenne un rito di umiliazione famigliare degradante ed estremo al quale non ho saputo rifiutarmi.

Quella sera credevo di dover fare la solita “buona impressione” da compagno. Camicia stirata, mani sudate, cuore che batteva. Invece fu il giorno in cui persi del tutto la mia identità.
Con lo sguardo glaciale di chi non deve mai giustificarsi. Entrai in casa e sentii subito il suo peso: un uomo che occupava lo spazio senza dover alzare la voce. Mi tese la mano, forte, decisa, e nel suo sguardo c’era già la domanda: “Ma davvero questa è la nullità che sta accanto a mia figlia?”

Fu lei a parlare. Senza esitazioni, senza un briciolo di tatto, con quel sorriso crudele che amavo e odiavo:
— Papà, ti presento il mio fidanzato. Ma sappi che non è come pensi. Non è un uomo normale. Lui è il mio cornuto. È il mio servo. E sì, anche la mia sissy bisex passiva...e scoppio a ridere !.

Mi pietrificai. Sentii il sangue sparire dal viso. Lui la guardò, rimase un attimo in silenzio, poi scoppiò in una risata secca, amara, quasi disumana.
— Sta scherzando, vero? — disse guardandomi negli occhi.

Lei si mise accanto a lui, accarezzandogli il braccio.
— No, papà. Guarda bene. È questo che è. Un uomo rotto. Io lo ho plasmato.

Lui mi studiò, come se fossi un insetto sotto un microscopio. Poi, con tono gelido:
— E tu, straccio… confermi?

Le gambe mi tremavano. Abbassai lo sguardo, incapace di ribellarmi.
— S-sì, signore…

Scoppiò a ridere di nuovo, una risata che mi tagliava dentro.
— Allora è vero. Mia figlia scopata da veri uomini, e tu a fare lo zerbino. Che vergogna.

Lei si avvicinò al suo orecchio e sussurrò abbastanza forte perché sentissi:
— Ti eccita, vero, papà? Vedere quanto è piccolo e patetico? Io me lo godo ogni giorno.

Lui alzò il mento e mi fece cenno di inginocchiarmi. Io obbedii, come in trance.
— Così va meglio — disse. — Al tuo posto naturale.

Poi, rivolto a lei:
— Hai fatto bene a mostrarmelo. Voglio che sappia che da oggi non è solo il tuo servo. È servo di entrambi.

Lei rise, stringendogli la mano:
— Certo papà. Lo annulleremo del tutto insieme.

E io rimasi a terra, inginocchiato, la testa bassa, con la consapevolezza che l’ultima briciola di dignità era sparita. Ero diventato il loro progetto, la loro vittima, il loro intrattenimento.

Ogni volta che tornavamo a casa di suo padre, la scena si ripeteva. Io non ero più un ospite, non ero neanche un uomo: ero il cornuto di famiglia, la macchia vivente che loro amavano calpestare.

All’ingresso, mentre lei lo salutava con baci e abbracci, io dovevo inginocchiarmi e togliere le scarpe a entrambi. Non mi era concesso guardarli negli occhi: un cornuto non alza lo sguardo, non ha dignità. Lei sorrideva compiaciuta mentre mi sussurrava:
— Bravo, fai il servo. È il tuo unico posto accanto a noi.

Il padre si divertiva a rendere tutto più crudele. Mi dava ordini brevi, secchi, come si fa con un cane addestrato:
— In ginocchio.
— Resta zitto.
— Spazzola il pavimento.

Ogni comando era un colpo che mi scalfiva l’anima. Io obbedivo, e nel farlo sentivo il marchio del mio ruolo scolpito più a fondo: cornuto, sottomesso, niente.

La parte peggiore era il momento della cena. Loro sedevano a tavola, mangiavano, brindavano. Io stavo in piedi nell’angolo, a osservare. Nessun piatto, nessun posto per me.
Ogni volta la scena si chiudeva allo stesso modo. Lui mi faceva inginocchiare davanti a entrambi, la sua mano pesante sulla mia testa, e pronunciava le parole come una formula:
— Non sei uomo, sei cornuto. Non vali nulla, servi solo a ricordarci quanto siamo superiori.

Lei si chinava, mi guardava con occhi brillanti e diceva piano, quasi dolce:
— Accettalo. È il tuo destino. Sei nato per essere cornuto.

E così me ne andavo, ogni volta più vuoto, ogni volta più annientato.
Non ero più io. Ero solo il ruolo che loro mi avevano inciso addosso: il cornuto di lei, il servo di lui, il cornuto di tutti coloro che usavano da sborratoio il mio amore.
scritto il
2025-09-27
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