Essere cornuto è meraviglioso 2

di
genere
corna

Nella prima settimana che andammo a vivere mi disse " sabato sera Invito a cena a casa nostra il mio titolare"

Non era una cena normale. Non lo è mai stata, da quando lei aveva deciso di farmi vivere nel mio ruolo. La tavola, preparata con cura, non era imbandita per me, ma per lui: il suo capo. Io avevo cucinato, apparecchiato, disposto i bicchieri come un cameriere servile, capivo che non ero parte della serata.

Lei, trentquattrenne di fuoco, si era presentata davanti a me con un abito che era più un’arma che un vestito: scollatura feroce, tette 4 misura oscenamente esposte senza reggiseno, tacchi che scandivano il ritmo della mia sottomissione, labbra rosse e trucco pesante. Io la guardavo e capivo che il mio ruolo era solo quello di preparare il terreno per la sua offerta.

Quando lui arrivò, la casa cambiò atmosfera. Era il suo capo, ma quella sera non era un uomo qualunque: era un dominatore, un “ospite sacro” davanti al quale io non esistevo. Lei lo accolse con un bacio sulle labbra, senza esitazione, e mi ordinò con lo sguardo di abbassare lo sguardo. Io, cornuto devoto, ero relegato nell’ombra lo salutai con rispetto e misi vino in cucina e fiori in tavola.

Durante la cena io servivo i piatti, riempivo i calici, pulivo le briciole cadute sul tavolo. Lei rideva, scherzava, si piegava in avanti per mostrare al capo il suo seno, lasciandogli assaporare con gli occhi ciò che di lì a poco sarebbe stato suo. Ogni risata era un chiodo nella mia identità. Ogni gesto di lei era un rituale di annientamento.

Io ascoltavo frasi che non avrei dovuto sentire: “Sai che lui non conta nulla, vero? È il mio servo. Io vivo per te, per uomini veri come te.”
Lui rideva, alzava il calice, accarezzava le sue cosce sotto il tavolo, e io restavo in piedi, muto, come un cameriere destinato a non ricevere mai paga né riconoscimento.

Poi il “rito” si fece esplicito. Lei si alzò, lo prese per mano e lo condusse verso la camera da letto. Prima di chiudere la porta, mi rivolse lo sguardo che conoscevo bene: “Aspettami. E prepara da bere. Avremo sete cornuto.”

Io restai nel corridoio, a terra, in silenzio. Sentivo i suoni, le voci, i gemiti, i colpi di cazzo ritmati che segnavano la mia dissoluzione e le sue urla di godimento. Ogni urlo di piacere era un martello sulla mia identità, ogni parola sporca che lei gli sussurrava era una lama nella mia carne invisibile.

Quando tornarono, lei brillava di sudore e trionfo. Io ero inginocchiato, con il vassoio pronto. Mi porse il bicchiere vuoto e disse soltanto:
— Riempi, servo. Lui ha sete.

E in quel gesto capii che non ero più un uomo ero un cornuto. Ero il rituale vivente della mia stessa umiliazione, e lei la sua puttana consacrata al potere degli altri. Poi lei si sdraio sul divano allargò oscenamente le gambe mostrando la sua meravigliosa fica totalmente depilata e mi disse " cornuto muoviti vieni e fai il tuo dovere pulisci la mia fica piena della sborra di un vero toro...o vuoi che resti gravida ? "
Lui era seduto sul divano, gambe aperte con questo cazzo depilato ma grosso come una lattina e circonciso, sicuro di sé, con lei accanto nuda sporca di sborra e sola con i tacchi. Io stavo in piedi, come un servo invisibile in attesa di ordini.

Fu lui a rompere il silenzio:
— Vieni qui cornuto. In ginocchio.

Il tono non lasciava spazio a dubbi. Mi inginocchiai davanti a loro, fissando il pavimento. Sentivo il battito nelle orecchie, come un tamburo di resa.

Lei rise, passandomi una mano tra i capelli con un gesto che non era carezza, ma marchio.
— Vedi? È bravo il mio cornuto. Obbedisce. È nato per servire.
Spalanca la bocca cornuto...con tono forte e dominante..Io spalancai e tirai fuori la lingua , e lei dopo avere limonato oscenamente il capo mi sputò in bocca assieme al suo uomo, poi ridendo mi disse " ingoia e ringrazia "
Grazie padrona .....lo dissi con occhi bassi ed eccitato come un maiale.
Il capo mi afferrò il mento e mi costrinse ad alzare lo sguardo. I suoi occhi erano freddi, dominanti.
— Guardami mentre la tocco. Devi imparare che lei non è tua. Non lo è mai stata.

Le mani di lui scivolarono sulle mammelle e sulla fica di lei, mentre io restavo a terra, obbligato a guardare. Lei gemette piano, e subito dopo, come un colpo di frusta, mi guardò negli occhi:
— Tu resti lì. Umiliato. E felice di esserlo
Ogni gesto era deliberato: carezze, baci, morsi. Tutto avveniva a pochi centimetri dal mio viso. Io non potevo distogliere lo sguardo, non potevo respirare senza sembrare fuori posto.
Poi il capo, con un sorriso crudele, afferrò il bicchiere di vino che avevo appena versato e, senza pensarci, lo rovesciò a terra, davanti a me.
— Pulisci. Con la lingua.

Un silenzio carico di tensione. Lei trattenne un sorriso, mordendosi le labbra. Io mi abbassai, annullando quel che restava della mia dignità, mentre loro mi osservavano dall’alto, regina e sovrano, spettatori del mio annientamento.

Lei, con un sussurro velenoso, aggiunse:
— Questo è il tuo posto. Servo, cornuto, pulitore. Guardaci. Servici. Esisti solo per ricordarci quanto siamo forti e quanto sei nulla.

E lì, sul pavimento freddo, con il sapore aspro del vino e della polvere sulla lingua, capii che il mio ruolo era completo: non ero più un uomo. Ero il simbolo vivente della mia stessa degradazione, consacrata davanti al potere del capo e al trionfo della mia Regina puttana. Se qualche donna single vuole approfondire questa meravigliosa filosofia - il cuckolding ..il mio indirizzo di posta e globalismoestremo@gmail.com -
scritto il
2025-09-26
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