Brava mammina

di
genere
incesti

Brava mamma
Quando mia madre mi ha invitato a cena a casa sua per presentarmi un ragazzo non sapevo cosa volesse: sono da poco maggiorenne, iscritta al primo anno del DAMS e vivo per conto mio con un’amica, ma comunque il quel momento ero singola. Un ragazzo che pareva tanto carino ed educato si era comportato da stronzo e ancora soffrivo del trauma anche fisico, vista la violenza con cui mi scopava. Ero il classico fiore di serra, avevo frequentato solo costose scuole private e pensavo di conoscere il mondo, ma in realtà ero ingenua ed inesperta, facile preda per il fico di turno. Mia madre lo sapeva, mi ero confidata con lei, ed ora forse pensava di farmi conoscere una persona decente. Sempre uguali le madri, pensai, ma comunque accettai l’invito, senza chiedermi perché vedersi a casa invece che a un pub o un ristorante.
La scena era normale: mia madre che apre e mi presenta un bel ragazzo, devo dire elegante ed educato, merce rara direi. Dopo un aperitivo ci mettiamo a cena, Mia madre sa cucinare, quindi si mangiava bene e nel frattempo si parlava del più e del meno. Luca – così si chiamava – disse di lavorare in un laboratorio di analisi. Fin qui tutto normale: mamma lavora come segretaria in uno studio medico, si saranno conosciuti in ambiente. La stranezza fu invitarlo dopo il caffè a riposarsi nella mia cameretta e di farsi magari una doccia, mentre io e mamma restavamo a spicciare il salotto. Sembravano conoscersi da tempo e anche intimamente, ma non feci domande: mia madre è una donna libera. Divorziata da anni, può portarsi in casa chi vuole, quindi già avevo mangiato la foglia. Non mi sbagliavo: uno che prima di fare la doccia chiede dov’è finito il suo bagnoschiuma è di casa.
E non solo. Mentre sul divano controllo la chat sul cellulare, sento il rumore dell’acqua della doccia e qualcosa in più: mia madre si era di sicuro infilata in cabina e lui cercava di parlare. Forse non si aspettava che lo facesse in mia presenza, ma a quel punto è proprio mamma a invitarmi a spogliarmi e unirmi a loro due…
Un passo indietro. Non sono ingenua, ma inesperta. Non ero scema come certe mie compagne di scuola, ma lo ero piuttosto nella scelta del fidanzato: come molte adolescenti mi fidavo delle apparenze e m’innamoravo del compagno fico che magari faceva la collezione di conquiste e poi mostrava le foto agli amici. Sia chiaro, mai scattate foto intime col cellulare, piuttosto un rapporto fisico da ricordare a memoria, da introiettare nella mia educazione sentimentale. Ma la realtà fu diversa: l’ultimo fidanzatino si dimostrò brutale e sbrigativo e mi fece anche male: non ero più vergine ma neanche pratica e la fichina non era lubrificata a sufficienza perché lui non mi aveva dato il tempo di eccitarmi sul serio. Per questo tornai a casa quasi piangendo – l’avevamo fatto in macchina di suo padre – e mia madre quando seppe o intuì l’accaduto, sicuramente pensò che dovevo riconciliarmi con gli uomini. Non mi andava di dormire da sola, quindi d’istinto avevo accettato l’invito con cui ho iniziato il mio racconto. Solo che ora c’era la realtà di una doccia a tre e non sapevo che fare. Per fortuna in salotto c’era una bottiglia di gin: giù un bicchiere e vado per spogliarmi.
Un getto di acqua calda e quattro mani insaponate mi accolsero in famiglia. Mi girai pudicamente verso la parete mentre m’insaponavano le spalle e la schiena, ma sentivo la mano di mamma scorrere tra i glutei per stimolarmi buchino e fessura e lasciai fare: era delicatissima e la sua mano scorreva avanti e indietro, all’inizio lenta e poi sempre più veloce. A un certo punto mi voltai per trovarmi davanti quel bel trentenne atletico e ben piazzato. Mamma mi sorrideva: fidati. Lo abbracciai ma per l’eccitazione me la feci addosso, schizzandogli sulle gambe e diventando rossa per la vergogna. Non mi accorsi che questo getto caldo invece lo eccitava da matti e fu mia madre a prendere in mano la situazione. Esattamente: gli era diventato grosso e duro e mamma mi fece cenno di inginocchiarmi sotto il getto della doccia e di prenderlo in bocca. Lo feci a occhi chiusi, leccando e succhiando l’arnese. L’avevo visto fare nei video, ma di persona era ben diverso e reggevo male il ritmo. Mamma si mise allora dietro di me in piedi e afferrandomi per i capelli mi fece fare avanti e indietro fino in gola. Sapeva come istruirmi, altrimenti mi sarei strozzata. Ma una volta finito il mio lavoro si voltò appoggiandosi a mani larghe contro il muro e invitando l’uomo a penetrarla. . E io che potevo fare? Di guardare e basta non se ne parlava, quindi da dietro iniziai a stringergli le palle e baciargli la schiena. Ormai mi ero messa in gioco e volevo continuare. Nel frattempo mamma incassava colpi duri e gemeva, dimostrando di sapersi godere la vita. E lui? Era sensibile al piacere dell’altro, non era un bravo scopatore e basta. Ma io in quel momento mi stavo solo masturbando, pur sognando l’arnese dentro la mia fichetta. Feci però a tempo a leccare lo sperma avanzato dall’accoppiamento e succhiare quell’arnese ormai floscio. Non si sa mai...
Continuando in camera da letto in pieno relax, lui era sdraiato di schiena e mentre lo succhiava mamma mi fece cenno di aspettare. Aspettare cosa? Che finisse il porno? No, dopo un po’ m’invitò a leccarlo pure io e meno male, visto che ero già di nuovo bagnata. Mi accorsi piuttosto che fare un pompino non è poi così facile, mia madre cadenzava armonicamente i giri di lingua prima del succhiotto e soprattutto sapeva stringere su e giù con la mano la base del cazzone che ora ci dividevamo tra madre e figlia. Capii allora che voleva insegnarmi a fare i pompini veri, quelli fino in gola ma preparati da veloci o lente slinguate, bacetti e ingoio famelico. Non so quanto tempo ci siamo lavorati l’arnese del ragazzone, ma alla fine avevo imparato tante cose, non solo a ciucciare o leccare le palle di un maschio. Il pompino è un’arte e mia madre me la stava trasmettendo. Poi, tutt’ad un tratto gli saltò addosso e iniziò a cavalcarlo muovendo ritmicamente il corpo dai fianchi in giù, come se andasse a cavallo. Fu solo in quel momento che, avendo l’occasione di guardarla lavorare di spalle, notai con stupore che l’ano era come distrutto: incavato, con un’areola scura intorno allo sfintere e soprattutto dilatato come il buco del lavandino. Sapevo bene che da giovane mamma era stata una pornostar, ma non potevo immaginare che per sfondare si era fatta sfondare. Che avesse lavorato nel porno all’inizio non ci volevo credere, ma un amico mi fece vedere un video dove era difficile sbagliarsi: la topografia dei nèi sul corpo era quella. Ormai i sex workers non fanno scandalo e io sono molto giovane, quindi non rimasi traumatizzata e del resto molte ragazze dell’est in una settimana di riprese guadagnavano quanto un anno al paese loro. Mamma era venuta giovanissima in Italia ed era anche finita in giri strani. Rimase subito incinta e mio padre l’ho sempre visto poco, divorziarono quasi subito. Mi sorprese piuttosto l’allegria e la vitalità con cui mamma lavorava in quelle scene, per cui quando le compagne di scuola per umiliarmi mi avevano fatto vedere alcune scene esplicite mi misi quasi a ridere: quando andavo a scuola io ormai il porno era sdoganato e non rispondevo alle provocazioni. E poi non era una scuola di monache, ma uno di qui costosi istituti privati dove i ricchi mandano le figlie un po’ stronzette. All’uscita di scuola alcune salivano su macchine sportive guidate da trentenni o si vantavano di scopare con uomini più grandi di loro, l’importante è che avessero i soldi e appartenessero alla loro casta. Io non ero povera ma neanche impaccata di soldi e mia madre aveva fatto di tutto per non farmi mancare niente, quindi camminavo a testa alta. Davvero erano tutte figlie di professionisti o commercianti e non avevano niente da nascondere? Andiamo, non ero scema.
Dopo aver scopato come una furia, mamma si calmò e mi chiamò accanto a sé. Voleva eccitare ancora lo stallone e m’invitò a leccarle i seni e a succhiarle la fica dilatata. Per un momento esitai, ma mamma mi prese per le orecchie e spingendo la nuca contro il cazzo del maschio mi obbligò a succhiarlo fino a ingoiare lo sperma. Giusto il tempo per baciarmi e farlo assorbire dalle sue labbra. Ora capivo: lo sperma le gocciolava sul seno e io dovevo leccarlo. Giuro che mi sentivo strana: succhiavo e leccavo gli stessi capezzoli da cui avevo preso il latte materno e baciavo e leccavo la stessa fica slargata da cui ero uscita qualche anno prima, nuda come adesso. Non era piacere quello che provavo, ma una felicità bagnata, un senso di beatitudine. Non so quanto tempo passò, ma lentamente mi sentii prendere per le braccia e stendere di schiena a gambe larghe sul grande letto matrimoniale. Le stesse mani mi strinsero i polsi e mi bloccarono le braccia, mentre mamma mi spalancava le gambe. Ero dunque diventata la vittima sacrificale? L’amico stallone mi si era quasi seduto sopra la faccia e potevo leccargli le palle, ma era mamma a fare il lavoro di fino, leccandomi la fichetta come sapeva fare solo lei. Per quanto tempo? Non lo so, ma quando ormai ero bagnata da doccia sentii qualcosa di duro dentro di me. Mamma ora mi teneva le gambe larghe e mi tratteneva le cosce con le mani, eccitando l’amico stallone con parole sante e zozze. Lui iniziò prima lentamente, poi fece avanti e indietro col pistone dentro la mia fica ormai lubrificata, scorrendo come dentro l’olio. Alla fine penso di essere svenuta, mi dimenavo e urlavo ma quello non smetteva, anzi tutte le porcherie di mia madre lo eccitavano da morire. Alla fine il pancino e le tettine erano tutte schizzate di sperma, ottimo massaggio per la pelle. Dopo non ricordo più niente, devo essermi addormentata per lo sfinimento. Quando mi risvegliai ero a letto ma sotto le lenzuola, amorevolmente vegliata da mammina.
Con calma avrei saputo tutto: d’ora in poi io e lei avremmo collaborato come madre e figlia reali. La questione me la spiegò in modo molto chiaro: la casa di nonna aveva tre eredi, mia madre e i suoi due fratelli, i quali non avevano interesse se non quello di vendere e incassare. Se volevamo quella casa dovevamo comprare noi le altre due quote e così andare a vivere in un appartamento piccolo e da ristrutturare ma comunque al centro storico. Ma quanto avevamo? Casa nostra poteva esser venduta pure bene – ormai la metro era arrivata vicino – ma dove trovare i soldi per compensare le due parti degli zii? Tenendo presente che la prostituzione è il modo più rapido con cui una donna può fare i soldi, mamma era pronta a sacrificarsi per la giusta causa ma voleva un aiutino. In fondo lei aveva speso molto per me, non mi aveva fatto mancare niente. Divorziata, lavorava da anni e in effetti mio padre lo ricordo poco per quanto era assente. Oppure c’era una seconda possibilità: lavorare insieme nel porno nelle serie tipo Mom teaching teen, dove la madre zoccola insegna tutto alla figlia ma vuole con lei dividere i cazzi dei giovani stalloni. Visto che avevo superato brillantemente la prova, perché no? In più potevamo arrotondare con qualche imprenditore generoso. Accettai. Ma per un attimo non osavo pensare come sarebbe diventato il mio buchino ancora vergine. L’anale è pagato bene, vero?
scritto il
2025-09-22
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