Mia moglie e la doccia del campeggio

di
genere
voyeur

L'idea di passare qualche giorno in campeggio era perfetta per staccare dalla routine. Anna era più abituata alle comodità dell’albergo. Ma insistetti per una volta: «Vedrai che ci farà bene, è diverso dal solito. Aria fresca, vita semplice, pineta e mare.»
Lei, mia moglie da 20 anni, è sempre stata una principessina, e c’era da convincerla a provare questa esperienza così wild per i suoi canoni. Anna infatti era sempre stata poco avvezza alle nuove avventure.Abitudinaria in tutto, anche a letto. Non che mi facesse mancare qualcosa per carità. Alla sua indole introversa però non veniva naturale spaziare, anche con la fantasia. Strano perché se ci si basasse sull'aspetto, era una donna appariscente: alta, bruna, con i capelli ricci sempre curati e un portamento elegante. Ma se poteste vederla notereste un punto di forza spiccare su tutti gli altri: un seno marmoreo che sembra non aver risentito del passare del tempo. Eppure, mai una scollatura troppo audace, mai un briciolo di vanità. Una moglie devota d'altri tempi, che arrossiva se un complimento le arrivava troppo diretto.Arrivammo nel pomeriggio. Le piazzole erano tutte tra gli alberi, non troppo distanti dai bagni comuni. «Ecco, qui vicino ai servizi è comodo», dissi scaricando i bagagli.La prima sera ci ambientammo: cena veloce, una passeggiata lungo i vialetti illuminati da lampioni bassi e lo spettacolo dell'animazione.Una ventina di giovanissimi che sembravano tarantolati tra le mille attività egiochi che proponevano. Ai balli di gruppo li vedevo dimenarsi e insegnare i passi alle ospiti del villaggio. Anna ovviamente fu tra le prime invitate in pista e con mia sorpresa si rese molto più disponibile e benevola a mettersi in gioco rispetto al solito. Più di un animatore si alternò al suo fianco, e come dar loro torto. A 20 anni ballare con una sventola del genere non è cosa da tutti i giorni. Alcuni di loro ,complici i tacchi alti di Anna, le arrivavano proprio li, al seno poco scoperto come al solito ma degno di nota viste le dimensioni. Io reagivo con un pizzico di orgoglio e fastidio: orgoglio perché avevo accanto una donna così desiderabile; fastidio perché quegli sguardi mi sembravano invadenti e da allupati disperati. Anna, però, li ignorava come sempre, almeno in apparenza.Fu la mattina dopo che mi venne il primo sospetto che ci fosse qualcosa di strano. Lei mi disse: «Vado a fare una doccia veloce, così poi andiamo al mare.» Niente di strano, era solita farla la mattina appena sveglia. Solo che tornò dopo circa 15 minuti con i capelli ancora bagnati, un’espressione diversa, quasi… divertita. Non saprei spiegarlo. Aveva le guance leggermente arrossate, e mentre si asciugava i capelli, mi parve di cogliere un sorriso compiaciuto.«Tutto bene?» chiesi.
«Certo… perché?»
«No, niente… ti vedo… allegra.»
Lei rise: «Ma dai, è la vacanza che mi fa bene!»Eppure dentro di me una piccola voce cominciava a mormorare.Non era nel suo stile restare in doccia tanto tempo, figuriamoci in un bagno pubblico. La mattina successiva mi svegliai presto, come sempre. Sono un tipo abitudinario: caffè, un po’ di stretching, poi una buona lettura. Anna invece dormiva ancora, avvolta nel lenzuolo sottile della roulotte. La osservai per qualche minuto. Non smetteva mai di stupirmi il contrasto tra quell’aspetto da ragazza acqua e sapone e le curve piene e mature.Quando aprì gli occhi e si stiracchiò e mi regalò un sorriso.
«Buongiorno,» disse con voce ancora impastata.
«Dormito bene?» chiesi.
«Benissimo. È l’aria del mare, mi fa sognare tanto…»
«Ah sì? E cosa sogni?»
Lei rise, ma si voltò dall’altra parte. «Niente che tu possa capire.»Rimasi un attimo in silenzio. Non era da lei quel tono civettuolo, quasi provocatorio. Di solito, alle mie domande, rispondeva con un candore totale. Stavolta, invece, era come se avesse voluto stuzzicarmi. “Questo campeggio ha uno strano effetto su di lei” pensai incuriosito e divertito.Dopo colazione, lei si preparò il necessario per la doccia.Un asciugamano, il beauty case, un cambio. Notai che ci mise un po’ a scegliere il costume da indossare per andarci: prese quello blu scuro, ma poi lo scartò e infilò quello a triangoli colorati, molto più sgambato.
«Non è un po’… vistoso, per una doccia al campeggio?» dissi ridendo.
Lei mi guardò di sbieco. «È un costume, mica un abito da sera.»
«Lo so, ma… ti vedo in vena di attirare attenzioni.»
Rise ancora, con un tono che mi lasciò inquieto: «Magari non mi dispiace farmi notare, ogni tanto.»Quelle parole mi rimasero piantate dentro come un chiodo.Farsi notare? Da chi? Da me, certo… ma il modo in cui l’aveva detto mi lasciava intendere ben altro.La seguii con lo sguardo mentre si incamminava verso i bagni. Il sole filtrava tra i pini, e il suo passo era morbido, oscillante. Io restai seduto, ma non riuscii a concentrarmi sul libro. Ogni cinque minuti buttavo l’occhio all’orologio. Passò un quarto d’ora, poi venti minuti. Per una semplice doccia era troppo.Quando tornò, la sorpresa fu doppia: capelli ancora bagnati, ma soprattutto quell’aria… stranita. Sembrava sovrappensiero mentre entrava nella roulotte, e quando posò l’asciugamano umido mi guardò di sfuggita.
«Hai fatto tardi» dissi, cercando di mascherare la mia impazienza.
«C’era fila» rispose secca, poi abbassò lo sguardo, quasi a tradirsi.Le presi il polso, dolcemente. "Anna… sei strana.. Tutto ok?" mi fece un mezzo sorriso, “tutto ok tesoro” e si limitò a indossare il pareo. Durante il tragitto verso la spiaggia, incrociammo un gruppetto di animatori. Due ragazzi, poco più che ventenni, la salutarono con un “Ciao Anna!” fin troppo allegro. Lei arrossì leggermente, ma non distolse lo sguardo: anzi, ricambiò il saluto con un cenno di mano, mentre io restavo a fissare quella scena come paralizzato.Appena dopo le chiesi «Li conosci?»
«Chi?»
«Quei due che ti hanno salutato.»
«No… credo di no. Forse mi hanno vista in giro. Perché?»
La fissai negli occhi. «Perché sembravano molto sicuri di conoscerti. E tu non mi sembri così sorpresa.»
Lei scrollò le spalle, con quell’aria che poteva significare tutto e niente.«Sei geloso?» mi chiese, quasi divertita.Quella domanda mi colpì. Di fatti non eravamo mai stati costretti ad affrontare il tema della gelosia nella nostra relazione.Geloso? Io, di lei? La donna che avevo sempre creduto timida, angelica, lontana anni luce da ogni malizia? Eppure sì, lo ero. Una fitta mi strinse lo stomaco.E mentre eravamo in spiaggia, non potei fare ameno di pensare a cosa succedeva in quelle docce pubbliche.Decisi che non potevo più restare a rimuginare. I suoi sorrisi, i saluti dei ragazzi, quelle frasi sibilline… mi stavano consumando.Dovevo capire.Il pomeriggio, dopo essere rientrati dalla spiaggia, Anna disse con naturalezza: «Vado a farmi una doccia, torno tra poco.»
Io annuii, fingendo indifferenza. Ma appena la vidi imboccare il vialetto dei bagni, presi coraggio e la seguii a distanza.Il campeggio era pieno, ma i servizi erano raccolti in un edificio di legno e cemento, con finestrelle alte che lasciavano filtrare la luce. Di fianco al caseggiato c’erano delle siepi che costeggiavano proprio i pannelli divisori dei box doccia. Mi nascosi per bene, cuore in gola. Sapevo che stavo facendo qualcosa di sbagliato, ma il tarlo della curiosità era più forte.Entrò nel locale docce con passo leggero. La porta si chiudeva, ma i pannelli divisori erano vecchi e malandati. Notai che con la giusta visuale, più di una fessura faceva intravedere l’interno.
E lì vidi i primi dettagli: Anna che appoggiava con cura l’asciugamano, poi scioglieva i lacci del costume a triangoli, rivelando il suo seno scultoreo:grande, a pianta larga, una sottile vena blu che percorreva lateralmente la parte destra, i capezzoli rosa che come sempre semi turgidi facevano capolino.Si spogliò lentamente, come in un rito. Non era il gesto pratico di una donna che vuole lavarsi: era qualcosa di diverso.Mi accorsi allora che non ero l’unico a guardare. A poche decine di centimetri da me, semi nascosti dietro la siepe di fianco, c’erano due ragazzi: gli stessi animatori del giorno prima?. Si sporgevano molto più di me, del tutto incuranti di poter essere beccati. E anche loro avevano gli occhi fissi verso le fessure di quel maledetto vecchio separé. E lei… lei lo sapeva.
Ne ebbi la certezza quando Anna, rimasta in slip, sollevò lo sguardo verso lo specchio del lavabo, che rifletteva la sua immagine… e sorrise. Un sorriso compiaciuto, sottile, che non era rivolto a se stessa. Sentii il sangue ribollire. «Maledetta…» pensai, senza riuscire a staccare gli occhi. Si tolse anche lo slip, restando nuda. La sua figa completamente depilata si rivelò ai suoi spettatori, un giro su se stessa e si infilò sotto il getto dell’acqua. I suoi seni maestosi ora brillavano sotto l'acqua scrosciante e il bagnoschiuma. Ma non era una doccia normale. Passava le mani insaponate sui fianchi con lentezza, lasciava che l’acqua le colasse sulle tettone che ora avevano i capezzoli in tiro, sollevava il viso come se stesse posando. Era uno spettacolo. Un’esibizione calcolata.I ragazzi trattenevano il fiato, rapiti. Io pure. Solo che nel mio petto si mescolavano rabbia e desiderio in una miscela esplosiva.
«Non può essere la mia Anna,» mi ripetevo. «Lei è riservata, timida, incapace di simili gesti…»
Eppure era lì, davanti ai miei occhi, a offrirsi allo sguardo di estranei, consapevole, lusingata e innegabilmente eccitata.Quando finalmente chiuse l’acqua e si avvolse nell’asciugamano, lanciò un’ultima occhiata allo specchio. Il suo sguardo era brillante, malizioso. Poi, come nulla fosse, raccolse le sue cose e uscì.
Io feci appena in tempo a nascondermi più a fondo tra i rami. Le passai accanto pochi minuti dopo, fingendo di arrivare da un’altra direzione. Lei mi sorrise, innocente.
«Ci hai messo tanto,» dissi, con voce che tremava.
«C’era fila,» rispose ancora, esattamente come il giorno prima. Quella menzogna, ripetuta con disinvoltura, mi fece capire che era tutto studiato. Camminai al suo fianco verso la roulotte, ma dentro di me ero un vulcano. Gelosia, incredulità, eccitazione… tutto insieme. Ero furioso con lei, ma al tempo stesso non riuscivo a togliermi dalla mente quell’immagine del suo corpo bagnato, esposto a quei due ragazzini. Ebbi un’ erezione proprio li, in pineta sul vialetto di casa
Anna era distrutta e andò a letto subito. Io non dormii quasi tutta la notte.Ogni volta che chiudevo gli occhi, mi tornava davanti l’immagine di Anna sotto quel getto d’acqua, i suoi capezzoli duri, il sorriso allo specchio. Continuavo a chiedermi: e se avessi esagerato io? Se avessi visto ciò che volevo vedere, deformato dalla gelosia?
La mattina successiva presi una decisione: avrei ricontrollato. Non volevo più vivere di sospetti. Dopo colazione, Anna annunciò con la solita disinvoltura:«Vado a farmi una doccia, così poi scendiamo in spiaggia.»
Io annuii, fingendo di leggere. Ma appena la vidi avviarsi verso i bagni, ripetei la scena del giorno prima: la seguii, con il cuore che batteva forte.Mi nascosi nello stesso punto, tra la siepe e la staccionata di legno. E, puntuale come se fosse stato un rito, notai anche i due animatori, già appostati poco più in là. Stavolta, sempre attento a non farmi scoprire, li scrutai meglio tra i rami folti: ridevano tra loro a bassa voce, ma con lo sguardo teso, come cacciatori in attesa della preda. Anna entrò. Appoggiò l’asciugamano, si specchiò e cominciò a spogliarsi. Il costume scivolò a terra con lentezza, gesto studiato. Io trattenni il fiato: non potevo più illudermi, non era una casualità. Le sue tettone erano uno spettacolo da rimanere a bocca aperta ogni volta. Sotto la doccia, iniziò a lavarsi come il giorno prima… ma stavolta c’era qualcosa di più. Ogni gesto era accentuato, teatrale. Quando insaponò le tette, le sollevò volutamente, massaggiandole con movimenti circolari e mettendo in risalto i capezzoli che erano diventati due chiodi che puntavano verso i nostri occhi. Ebbi un’erezione fortissima. Voltandosi di lato, fece poi scorrere le mani lungo le cosce fino a sfiorarsi l’interno, piegando appena le ginocchia. Si voltò e i si inarcò nella più classica delle posizioni per lavarsi meglio le gambe, concedendo ai suoi guardoni una pecora clamorosa da film porno. I ragazzi trattennero un gemito strozzato. lo sentii benissimo, e mi si strinse lo stomaco. Sentivo armeggiare sui lacci dei costumi e mi sembrava di percepire anche un sottile sfregolio di stoffa. Mi sentivo la testa scoppiare.Poi avvenne l’impensabile. Mentre si sciacquava, Anna sollevò lo sguardo verso lo specchio. E lì, nel riflesso, rivolse chiaramente un sorriso a chi la stava guardando. Ma non era un sorriso innocente: le labbra si mossero lente, scandendo parole silenziose, che però io riuscii a leggere abbastanza bene.
«Diventate ciechi...», sembrò dire dal labiale con un sorriso sornione. I due ragazzi si piegarono in avanti, presi come marionette da quel gioco. Sentii ora distintamente lo scappucciare liquido delle loro cappelle. Si stavano segando freneticamente al di là della siepe a pochi centimetri dame! Non riuscii a staccare gli occhi dalla fessura e lei, senza fermarsi, con un viso da troia che mai avevo visto in venti anni aggiunse un altro labiale, stavolta più lento e sensuale: «S-b-o-r-r-a-t-e» Mi gelai. Non potevo credere a quello che stavo vedendo. Anna, la mia Anna, la moglie devota e riservata, stava invitando due sconosciuti a masturbarsi guardandola. Per rendere il messaggio ancora più chiaro, portò la mano davanti al ventre e mimò il gesto, rapido, inequivocabile di una sega. "Ora.. sbrigatevi" mi sembrò ancora di poter capire nell' offuscamento mentale del momento. Fu l'ultima provocazione e sentii dei rantoli cupi al mio fianco. Realizzai che i ragazzi avessero schizzato fuori il loro godimento. Un attimo dopo, mia moglie con ghigno compiaciuto tornò a lavarsi come se nulla fosse.

... continua?

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scritto il
2025-09-05
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