Nelle grinfie dell'organizzazione parte 2
di
Sir Lucifer
genere
dominazione
Eccovi la seconda parte. Vi lascio i miei contatti alla fine del racconto se volete scrivermi per salutarmi, chiacchierare o provare ad eccitarmi.
Virginia si svegliò di soprassalto, aveva avuto un incubo. Riprendendo pian piano coscienza si ricordò però di essere finita in un incubo già dal giorno prima. Stordita, il corpo indolenzito. Come poteva essere altrimenti? Era nuda su uno di quei lettini da studio ginecologico, braccia e gambe bloccate: le gambe divaricate erano state vincolate al lettino e le braccia incrociate dietro la schiena erano assicurate da manette. Le urla che lanciò risuonarono solo come mugolii, le avevano ficcato in bocca una ball-gang. Si guardò intorno, accanto a lei c’erano altri due lettini con un ragazzo e una ragazza ancora addormentati. Si trovavano in una stanza d’ospedale appena illuminata da una lampada al neon.
Non erano solo in tre. Accostate alle pareti, a lati opposti della stanza, erano posizionate tre gabbie; ogni gabbia conteneva una persona. Fu proprio da una delle gabbie che sopraggiunse una voce femminile: “Non sprecare inutilmente energie. Non verrà nessuno in nostro soccorso”. La voce era annoiata, l’ammonimento fatto senza enfasi. Ai nuovi arrivati veniva tappata la bocca semplicemente per evitare di inquietare il sonno dei vicini, i quali erano al corrente di ciò che accadeva lì dentro e complici. Virginia provò a torcere il busto sul lato sinistro in modo da poter assegnare un volto alla voce: la proprietaria della voce era una donna di carnagione scura sdraiata su un fianco. Almeno le gabbie erano abbastanza grandi da permettere di assumere una posizione comoda. Torcendo il busto sul lato destro la ragazza riuscì a intravedere le altre due figure in gabbia: seduta sulle gambe c’era una muscle mommy, una vichinga dai lunghi capelli rosso fuoco; preferiva tenersi in penombra la terza figura, un ragazzo insolitamente peloso.
Ben presto si svegliarono gli altri due nuovi acquisti arrivati con Virginia: una biondina tutta pelle e ossa e un tipo moro sovrappeso. Questa volta toccò alla vichinga fare il discorso di benvenuto; diede fondo a tutte le doti attoriali in suo possesso per infondere calma e fiducia con frasi di circostanza del tipo “dobbiamo portare pazienza” e “se collaboreremo presto saremo fuori di qui”, le parole convinsero la biondina, la quale smise immediatamente di agitarsi; ebbero esattamente l’effetto contrario sul moro visto che prese a frignare più forte e a tentare invano di spezzare le manette. Quale sarebbe stata la punizione per aver inquietato il sonno dei vicini? Nessuna dal momento che dalla penombra si levò in piedi incazzato nero il ragazzo insolitamente peloso: scosse le sbarre della gabbia con una violenza tale da far ammutolire all’istante il frignone (forse per la paura). Accidentalmente il misterioso ragazzo aveva fatto una scoperta sbalorditiva.
Le gabbie erano aperte. Iniziò una concitata discussione: “Ma abbiamo provato a scassinare la serratura per settimane” ripeteva incredulo il ragazzo, “si saranno dimenticati di chiuderle, quegli sciocchi bastardi” ipotizzò l’affascinante donna con i capelli neri. Ad ogni modo, non c’era tempo da perdere. “Se collaboreremo un cazzo, via di qui alla svelta!” esclamò ora la rossa più che felice di rinnegare le sue precedenti parole. I tre, i quali erano sopravvissuti a quel trattamento per ben tre settimane, schizzarono alla velocità della luce fuori dalle celle. Ognuno di loro si occupò di liberare un nuovo arrivato. A Virginia toccò di essere salvata dal misterioso ragazzo, quando si chinò su lei lo vide finalmente nitidamente illuminato dalla lampada al neon. Erano ricoperti da una folta e corvina peluria braccia, gambe, spalle, torace e schiena. Virginia impallidì. Aveva davanti il manto di un lupo. Certo, era tutto chiaro: il siero a cui venivano sottoposti trasformava alla lunga i loro corpi come era capitato alle carte del Mercante in Fiera. Non su tutti il siero aveva lo stesso effetto e non tutti venivano trasformati a tal punto. L’uomo-cavallo, che aveva visto il giorno prima, non aveva davvero assunto l’aspetto di un cavallo; eppure, il ragazzo di fronte sembrava in tutto e per tutto un uomo-lupo. L’uomo-lupo le liberò le gambe e tolse le manette, avevano lasciato le chiavi su un mobile vicino. Virginia avvertì un forte dolore a polsi e caviglie. Quando le porse una mano per aiutarla a rimettersi in piedi, la ragazza notò un enorme coda da cane scodinzolante.
Decisero di dividersi in tre gruppi. Così facendo avrebbero avuto maggiori chance di successo. Se anche una coppia fosse riuscita ad abbandonare l’edificio avrebbe potuto denunciare tutto quanto. Decisero anche di prendere strade diverse: la vichinga e il frignone si sarebbero attardati per cercare nell’ambulatorio qualche arma utile in caso di brutti incontri; la donna annoiata e la biondina avrebbero preso l’ascensore; l’uomo-lupo e Virginia avrebbero preso le scale. Evidentemente Virginia aveva sottovalutato il dolore alle caviglie e l’indolenzimento dei muscoli perché alla prima rampa di scale per poco non cadde. Per fortuna il compagno la sorresse cingendole energicamente attorno al fianco le braccia bestiali. A causa della vicinanza avvertì inequivocabile la presenza dell’uomo contro la sua schiena, anche in quella situazione la nudità di un corpo femminile aveva provocato una sicura erezione. Scesero poi senza ulteriori interruzioni tre delle cinque rampe che rimanevano da percorrere per essere fuori.
Arrivati sul pianerottolo del secondo piano l’uomo- lupo si sedette spalle alla parete, aveva il respiro corto ma non a causa dello sforzo fisico. “Senti, non ce la faccio più. Tu continua, ti raggiungo tra qualche minuto” si affrettò a dire l’uomo-bestia. “Non ti lascio indietro. Cos’hai?” cercò di rassicurarlo Virginia. “Oggi le infermiere non si sono prese cura di me. Capita sempre quando non si prendono cura di me. Devo masturbarmi” rispose. A fatica la ragazza riuscì a convincerlo a rimettersi in piedi. Non c’era tempo e mancavano altre due rampe. Altre due rampe e poi se lo avesse chiesto sarebbe stata lieta di aiutarlo. Con il senno del poi Virginia avrebbe forse fatto meglio ad assecondarlo. Di sicuro le cose sarebbero andate diversamente.
I due riuscirono ad arrivare al piano terra. Una porta a vetri li divideva dalla libertà. Virginia non fece in tempo ad attraversarla, l’uomo-lupo la bloccò afferrandola per le spalle e la spinse contro la porta schiacciandole i seni contro il vetro. “Cosa fai?” domandò ma già conosceva la risposta. Una mano ferina le ghermì un seno, la presenza che prima aveva timidamente percepito ora la sentiva agitarsi alla ricerca proprio della sua fica. “Ci vorranno solo pochi minuti, vuoi?” sussurrò lui all’orecchio. Era questione di tempo prima che qualche solerte vicino allertasse l’organizzazione della fuga in atto. Una volta fuori avrebbero avuto tutto il tempo per scopare. Però Virginia si rendeva conto che una parte sempre maggiore di sé voleva essere chiavata lì e subito. Il cuore cominciò a bussare forte contro la cassa toracica, la fica cominciò a secernere umori. Non sfuggì alla bestia il battito accelerato e il profumo degli ormoni, evidentemente aveva ricevuto sensi più fini. L’uomo-bestia prese a leccarle il collo e la faccia mentre freneticamente andava alla ricerca della fica. A un certo punto Virginia dovette prendere in mano il pene per metterlo sulla giusta strada. Senza alcuna gentilezza la bestia riprese la monta ma questa volta il cazzo la penetrava. Il cazzo la penetrava fino alle palle, brutalmente. Ora l’uomo si era completamente eclissato dietro la belva e una belva è mossa da istinto. Su faccia e seno ruscellavano quantità sempre maggiori di bava animale. Virginia si scoprì terribilmente eccitata da ciò e se ne vergognò.
Dopo pochi minuti, si sentì riempire di sborra calda. La ragazza venne. Eppure, non rallentò minimamente il ritmo della monta. Virginia si ricordò del documentario che aveva visto una volta: alcuni animali possono mantenere l’erezione molto a lungo perché hanno mantenuto l’osso che gli uomini hanno perso. L’uomo-lupo voleva farcirla per bene, non si sarebbe stato da lei finché non si fosse svuotato le palle fino all’ultima goccia.
Non sarebbero dovute già passare di lì le altre due coppie? Il dubbio attanagliò la parte di Virginia rimasta lucida. Esisteva un altro ingresso per il palazzo? Certo, a quest’ora avevano avvertito la polizia e a breve la polizia li avrebbe trovati...A Scopare? “E’ già troppo tardi” disse con la voce rotta da una secondo orgasmo, mentre dal cortile esterno cominciavano ad arrivare le luci di due torce. Ovviamente l’uomo-lupo non allentò la presa su Virginia quando due agenti di polizia si fecero avanti. Virginia desiderò spingere via l’amante e coprire almeno la fica sgocciolante davanti ai due poliziotti ma quel cazzo dentro di lei la faceva sentire così bene. Comunque, i poliziotti si erano arrestati oltre la porta a vetri e sghignazzavano: non erano imbarazzati né sembravano intenzionati ad interrompere l’amplesso.
Quando finalmente l’uomo-lupo ebbe spremuto tutto il suo succo nella vagina di Virginia, ritirò gli artigli dal corpo della giovane e si accucciò sul pavimento. Dopo pochi secondi, si addormentò come un cucciolo. Era sfinito. Anche Virginia lo era: le gambe non la reggevano più e così si lasciò scivolare fino a sedere proprio sulla pozzanghera di umori che la scopata aveva generato. Non ebbe la forza di aprir bocca quando vide gli agenti avvicinarsi. Nessuna sorpresa quando i due uomini estrassero dalle zip i loro cazzi duri. “Che ne dici?” domandò l’agente più anziano, un uomo brizzolato sulla sessantina con una leggera pancetta. Avrebbero accettato un rifiuto? La loro fuga sarebbe fallita perché aveva avuto degli scrupoli a vendere il suo corpo? L’agente si sedette sul terzo gradino della scala con i pantaloni abbassati fin sotto il ginocchio, l’invito era chiara. Eppure, l’uomo brizzolato non voleva la sua fica. “Non ho intenzione di mettere il mio cazzo lì dentro” esclamò sogghignando. Virginia non provò nemmeno a ribattere che il suo ano era ancora vergine e aveva sempre avuto una paura matta. Si allargò invece le chiappe e si lasciò inculare. Almeno in questa posizione poteva essere lei a regolare velocità e intensità. L’agente più giovane, che aveva ricci neri e un fisico niente male, salì fino al quinto gradino: l’altezza giusta per avvicinare il cazzo alla bocca della ragazza. Virginia prese a spompinare il poliziotto più giovane mentre il poliziotto prossimo alla pensione la stava inculando. Il primo a venire fu il poliziotto giovane, ne bevve tutta la sborra; l’uomo brizzolato le riempì il culo.
“Vi illudete sempre voi altri. Quelli là lasciano aperte apposta le gabbie di chi ha raggiunto la terza settimana di siero. Sanno che non possono resistere a certi raptus e non andranno da nessuna parte”.
Contatti
E-mail: sirluciferbully@gmail.com Kik: bully_lucifer
Virginia si svegliò di soprassalto, aveva avuto un incubo. Riprendendo pian piano coscienza si ricordò però di essere finita in un incubo già dal giorno prima. Stordita, il corpo indolenzito. Come poteva essere altrimenti? Era nuda su uno di quei lettini da studio ginecologico, braccia e gambe bloccate: le gambe divaricate erano state vincolate al lettino e le braccia incrociate dietro la schiena erano assicurate da manette. Le urla che lanciò risuonarono solo come mugolii, le avevano ficcato in bocca una ball-gang. Si guardò intorno, accanto a lei c’erano altri due lettini con un ragazzo e una ragazza ancora addormentati. Si trovavano in una stanza d’ospedale appena illuminata da una lampada al neon.
Non erano solo in tre. Accostate alle pareti, a lati opposti della stanza, erano posizionate tre gabbie; ogni gabbia conteneva una persona. Fu proprio da una delle gabbie che sopraggiunse una voce femminile: “Non sprecare inutilmente energie. Non verrà nessuno in nostro soccorso”. La voce era annoiata, l’ammonimento fatto senza enfasi. Ai nuovi arrivati veniva tappata la bocca semplicemente per evitare di inquietare il sonno dei vicini, i quali erano al corrente di ciò che accadeva lì dentro e complici. Virginia provò a torcere il busto sul lato sinistro in modo da poter assegnare un volto alla voce: la proprietaria della voce era una donna di carnagione scura sdraiata su un fianco. Almeno le gabbie erano abbastanza grandi da permettere di assumere una posizione comoda. Torcendo il busto sul lato destro la ragazza riuscì a intravedere le altre due figure in gabbia: seduta sulle gambe c’era una muscle mommy, una vichinga dai lunghi capelli rosso fuoco; preferiva tenersi in penombra la terza figura, un ragazzo insolitamente peloso.
Ben presto si svegliarono gli altri due nuovi acquisti arrivati con Virginia: una biondina tutta pelle e ossa e un tipo moro sovrappeso. Questa volta toccò alla vichinga fare il discorso di benvenuto; diede fondo a tutte le doti attoriali in suo possesso per infondere calma e fiducia con frasi di circostanza del tipo “dobbiamo portare pazienza” e “se collaboreremo presto saremo fuori di qui”, le parole convinsero la biondina, la quale smise immediatamente di agitarsi; ebbero esattamente l’effetto contrario sul moro visto che prese a frignare più forte e a tentare invano di spezzare le manette. Quale sarebbe stata la punizione per aver inquietato il sonno dei vicini? Nessuna dal momento che dalla penombra si levò in piedi incazzato nero il ragazzo insolitamente peloso: scosse le sbarre della gabbia con una violenza tale da far ammutolire all’istante il frignone (forse per la paura). Accidentalmente il misterioso ragazzo aveva fatto una scoperta sbalorditiva.
Le gabbie erano aperte. Iniziò una concitata discussione: “Ma abbiamo provato a scassinare la serratura per settimane” ripeteva incredulo il ragazzo, “si saranno dimenticati di chiuderle, quegli sciocchi bastardi” ipotizzò l’affascinante donna con i capelli neri. Ad ogni modo, non c’era tempo da perdere. “Se collaboreremo un cazzo, via di qui alla svelta!” esclamò ora la rossa più che felice di rinnegare le sue precedenti parole. I tre, i quali erano sopravvissuti a quel trattamento per ben tre settimane, schizzarono alla velocità della luce fuori dalle celle. Ognuno di loro si occupò di liberare un nuovo arrivato. A Virginia toccò di essere salvata dal misterioso ragazzo, quando si chinò su lei lo vide finalmente nitidamente illuminato dalla lampada al neon. Erano ricoperti da una folta e corvina peluria braccia, gambe, spalle, torace e schiena. Virginia impallidì. Aveva davanti il manto di un lupo. Certo, era tutto chiaro: il siero a cui venivano sottoposti trasformava alla lunga i loro corpi come era capitato alle carte del Mercante in Fiera. Non su tutti il siero aveva lo stesso effetto e non tutti venivano trasformati a tal punto. L’uomo-cavallo, che aveva visto il giorno prima, non aveva davvero assunto l’aspetto di un cavallo; eppure, il ragazzo di fronte sembrava in tutto e per tutto un uomo-lupo. L’uomo-lupo le liberò le gambe e tolse le manette, avevano lasciato le chiavi su un mobile vicino. Virginia avvertì un forte dolore a polsi e caviglie. Quando le porse una mano per aiutarla a rimettersi in piedi, la ragazza notò un enorme coda da cane scodinzolante.
Decisero di dividersi in tre gruppi. Così facendo avrebbero avuto maggiori chance di successo. Se anche una coppia fosse riuscita ad abbandonare l’edificio avrebbe potuto denunciare tutto quanto. Decisero anche di prendere strade diverse: la vichinga e il frignone si sarebbero attardati per cercare nell’ambulatorio qualche arma utile in caso di brutti incontri; la donna annoiata e la biondina avrebbero preso l’ascensore; l’uomo-lupo e Virginia avrebbero preso le scale. Evidentemente Virginia aveva sottovalutato il dolore alle caviglie e l’indolenzimento dei muscoli perché alla prima rampa di scale per poco non cadde. Per fortuna il compagno la sorresse cingendole energicamente attorno al fianco le braccia bestiali. A causa della vicinanza avvertì inequivocabile la presenza dell’uomo contro la sua schiena, anche in quella situazione la nudità di un corpo femminile aveva provocato una sicura erezione. Scesero poi senza ulteriori interruzioni tre delle cinque rampe che rimanevano da percorrere per essere fuori.
Arrivati sul pianerottolo del secondo piano l’uomo- lupo si sedette spalle alla parete, aveva il respiro corto ma non a causa dello sforzo fisico. “Senti, non ce la faccio più. Tu continua, ti raggiungo tra qualche minuto” si affrettò a dire l’uomo-bestia. “Non ti lascio indietro. Cos’hai?” cercò di rassicurarlo Virginia. “Oggi le infermiere non si sono prese cura di me. Capita sempre quando non si prendono cura di me. Devo masturbarmi” rispose. A fatica la ragazza riuscì a convincerlo a rimettersi in piedi. Non c’era tempo e mancavano altre due rampe. Altre due rampe e poi se lo avesse chiesto sarebbe stata lieta di aiutarlo. Con il senno del poi Virginia avrebbe forse fatto meglio ad assecondarlo. Di sicuro le cose sarebbero andate diversamente.
I due riuscirono ad arrivare al piano terra. Una porta a vetri li divideva dalla libertà. Virginia non fece in tempo ad attraversarla, l’uomo-lupo la bloccò afferrandola per le spalle e la spinse contro la porta schiacciandole i seni contro il vetro. “Cosa fai?” domandò ma già conosceva la risposta. Una mano ferina le ghermì un seno, la presenza che prima aveva timidamente percepito ora la sentiva agitarsi alla ricerca proprio della sua fica. “Ci vorranno solo pochi minuti, vuoi?” sussurrò lui all’orecchio. Era questione di tempo prima che qualche solerte vicino allertasse l’organizzazione della fuga in atto. Una volta fuori avrebbero avuto tutto il tempo per scopare. Però Virginia si rendeva conto che una parte sempre maggiore di sé voleva essere chiavata lì e subito. Il cuore cominciò a bussare forte contro la cassa toracica, la fica cominciò a secernere umori. Non sfuggì alla bestia il battito accelerato e il profumo degli ormoni, evidentemente aveva ricevuto sensi più fini. L’uomo-bestia prese a leccarle il collo e la faccia mentre freneticamente andava alla ricerca della fica. A un certo punto Virginia dovette prendere in mano il pene per metterlo sulla giusta strada. Senza alcuna gentilezza la bestia riprese la monta ma questa volta il cazzo la penetrava. Il cazzo la penetrava fino alle palle, brutalmente. Ora l’uomo si era completamente eclissato dietro la belva e una belva è mossa da istinto. Su faccia e seno ruscellavano quantità sempre maggiori di bava animale. Virginia si scoprì terribilmente eccitata da ciò e se ne vergognò.
Dopo pochi minuti, si sentì riempire di sborra calda. La ragazza venne. Eppure, non rallentò minimamente il ritmo della monta. Virginia si ricordò del documentario che aveva visto una volta: alcuni animali possono mantenere l’erezione molto a lungo perché hanno mantenuto l’osso che gli uomini hanno perso. L’uomo-lupo voleva farcirla per bene, non si sarebbe stato da lei finché non si fosse svuotato le palle fino all’ultima goccia.
Non sarebbero dovute già passare di lì le altre due coppie? Il dubbio attanagliò la parte di Virginia rimasta lucida. Esisteva un altro ingresso per il palazzo? Certo, a quest’ora avevano avvertito la polizia e a breve la polizia li avrebbe trovati...A Scopare? “E’ già troppo tardi” disse con la voce rotta da una secondo orgasmo, mentre dal cortile esterno cominciavano ad arrivare le luci di due torce. Ovviamente l’uomo-lupo non allentò la presa su Virginia quando due agenti di polizia si fecero avanti. Virginia desiderò spingere via l’amante e coprire almeno la fica sgocciolante davanti ai due poliziotti ma quel cazzo dentro di lei la faceva sentire così bene. Comunque, i poliziotti si erano arrestati oltre la porta a vetri e sghignazzavano: non erano imbarazzati né sembravano intenzionati ad interrompere l’amplesso.
Quando finalmente l’uomo-lupo ebbe spremuto tutto il suo succo nella vagina di Virginia, ritirò gli artigli dal corpo della giovane e si accucciò sul pavimento. Dopo pochi secondi, si addormentò come un cucciolo. Era sfinito. Anche Virginia lo era: le gambe non la reggevano più e così si lasciò scivolare fino a sedere proprio sulla pozzanghera di umori che la scopata aveva generato. Non ebbe la forza di aprir bocca quando vide gli agenti avvicinarsi. Nessuna sorpresa quando i due uomini estrassero dalle zip i loro cazzi duri. “Che ne dici?” domandò l’agente più anziano, un uomo brizzolato sulla sessantina con una leggera pancetta. Avrebbero accettato un rifiuto? La loro fuga sarebbe fallita perché aveva avuto degli scrupoli a vendere il suo corpo? L’agente si sedette sul terzo gradino della scala con i pantaloni abbassati fin sotto il ginocchio, l’invito era chiara. Eppure, l’uomo brizzolato non voleva la sua fica. “Non ho intenzione di mettere il mio cazzo lì dentro” esclamò sogghignando. Virginia non provò nemmeno a ribattere che il suo ano era ancora vergine e aveva sempre avuto una paura matta. Si allargò invece le chiappe e si lasciò inculare. Almeno in questa posizione poteva essere lei a regolare velocità e intensità. L’agente più giovane, che aveva ricci neri e un fisico niente male, salì fino al quinto gradino: l’altezza giusta per avvicinare il cazzo alla bocca della ragazza. Virginia prese a spompinare il poliziotto più giovane mentre il poliziotto prossimo alla pensione la stava inculando. Il primo a venire fu il poliziotto giovane, ne bevve tutta la sborra; l’uomo brizzolato le riempì il culo.
“Vi illudete sempre voi altri. Quelli là lasciano aperte apposta le gabbie di chi ha raggiunto la terza settimana di siero. Sanno che non possono resistere a certi raptus e non andranno da nessuna parte”.
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E-mail: sirluciferbully@gmail.com Kik: bully_lucifer
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