La dark room del desiderio

di
genere
confessioni

Ci sono sogni che si possono realizzare. Altri che non si possono dire. Il suo rientrava in questa seconda categoria. Culturalmente legata ad un mondo fatto di divieti ed imposizioni, Karen si sentiva una donna libera. Di scegliere il percorso di studi, la città in cui vivere, le persone da frequentare e anche gli uomini con cui andare a letto. Non ne aveva avuto tanti, ma aveva fatto un po’ di esperienza. E prima dei 25 anni voleva coronare il suo sogno erotico: più uomini contemporaneamente. Non un’orgia, troppo difficile da organizzare e anche troppo imbarazzante. Meglio il buio di una dark room. Ecco il sogno di Karen era quello di entrare in un locale per adulti e giocare in uno spazio al buio. Tra immaginazione e contatto fisico. Su Internet aveva visto che in città c’erano cinque locali così ma aveva due problemi: uno, voleva qualcosa di carino, fine e vagamente romantico. Due, non poteva certo presentarsi da sola. Una sola amica l’avrebbe capita, ma non se la sentiva di svelarle così su due piedi che aveva voglia di essere accerchiata da uomini pronti a farle succhiare il cazzo. Idea: chiederlo al collega che sapeva che non avrebbe detto di no. Quello della scrivania opposta alla sua che ha sempre avuto la passione per le donne e ancora il desiderio di guardarle fare sesso. In questo caso nessuno dei due in verità avrebbe visto l’altro perché nella dark room vince il buio. “Accompagnami in un posto domani, ma non fare domande” scrive in una chat su Telegram. “Posso sapere almeno ora e luogo?”. “Alle 21 davanti al tribunale”. “Ci sono ma niente scherzi o casini”. Non si era confidata ma quantomeno un accompagnatore lo aveva. O meglio: doveva ancora dire dove sarebbero andati però il primo passo era stato fatto. “ma non potrò certo dirgli di aspettarmi fuori” pensa Karen. Doveva coinvolgerlo in tutto tanto dentro alla dark room non lo avrebbe visto in faccia e non avrebbe mai saputo se e come gli avrebbe fatto un pompino. Secondo problema: l’abbigliamento. Intimo basic, classico o pizzo da desiderio. “Meglio il classico” pensa la giovane che non aveva tempo di badare dall’estetista. Un sogno quando si realizza si realizza e su queste cose non bisogna mai pensarci troppo. Aveva una striscia sopra il clitoride e quella si sarebbe tenuta. Stretta e ben curata. Il suo ex andava matto per quell’angolo di paradiso nascosto da pochissimi peli. Uscì di casa con un abito non troppo corto ma con una profonda scollatura che lasciava libero accesso al seno sodo e prosperoso. Le scarpe basse, che lasciavano scoperta la caviglia. Salì in macchina. "Allora, dove andiamo?" chiese il collega piuttosto annoiato.
“In un locale di scambisti e dare room" rispose Karen secca, senza lasciare trasparire emozioni. Era tesa, ma non voleva rovinare la serata. Serviva tempo per entrare nel mood giusto. La reazione del collega fu d'aiuto.
Il suo sguardo si illuminò, lo attraverso un fremito che gli fece gonfiare il cazzo sotto i pantaloni. "Va bene, andiamo", rispose sicuro.
Karen intuì che conosceva posto e situazioni. La svolta.
Non dissero nulla per tutto il viaggio, se non il nome del locale per stabilire la destinazione.
Entrarono. Lui con un sorriso malizioso, lei incuriosita e desiderosa di sperimentare.
"Beviamo qualcosa e guardiamoci in giro" disse lui. Attorno coppie e singoli ammiccanti, intenti a chiacchierare e infilarsi nella salette attorno al salone. Fecero un giro, sentendo gemiti provenire dalle stanze nascoste da pensati tendoni.
"Non voglio conoscere nessuno" affermò lei. "Voglio infilarmi in un posto buio e vedere cosa succede. Sono pronta a tutto".
Il collega fece un ghigno, evidentemente non vede l'ora di infilarsi in una dark room. Un mondo che conosceva, ma illuminato dalla luce del giorno. Provare un'orgia a scatola chiusa lo eccitò: il cazzo si fece duro, nelle mani percepì dei formicolii .
Spostarono la pesante tenda. La stanza era completamente buia, al punto che gli occhi faticavano ad abituarsi. No, non avrebbero potuto contare sulla vista. Poco importava: il collega aveva fantasticato più volte sul seno di Karen, giovane, sodo, abbondante. Aveva sognato infilarle il cazzo tra le tette e ricoprirle di sperma. Stasera, forse anche il suo di sogno erotico di sarebbe avverato.
Si presero per mano. Avanzarono tra gemiti di piacere, senza capire quante persone ci fossero all'interno della stanza e di quale sesso. Non gli importava, erano pronti a tutto. Karen sentì all'improvviso una mano scostarle i capelli tra le spalle. Si fermò, e il collega anche.
Stordita, non fece in tempo a capire dove si trovasse la persona che l'aveva sfiorata che sentì una mano alzarle il vestito e un'altra infilarsi sotto le mutandine: era già bagnata. Le dita di una persona che non vedeva le toccavano il clitoride. Un attimo e poi si allontanavano per poi tornare umide. Le metteva in bocca per rendere tutto ancora più spinto. Una mano intanto le aveva abbassato completamente il vestito davanti. E lei non si era fatta pregare: aveva liberato le tette, grandi, sode, con i capezzoli piu scuri per la carnagione olivastra. Voleva sentire anche lei la sua figa bagnata e si toccó. La sensazione fu realtà. Era fradicia. Accompagno il suo dito con quello di mister X che le stava toccando il clitoride. In piedi, gambe larghe, tette libere di essere leccate, baciate e pizzicate. Lei con una mano sulla figa muoveva l’altra nel buio della dark room. Cercava quello che arrivò in un attimo. Un cazzo. Non era ancora duro, ma iniziava a gonfiarsi. Pelo ben tenuto, palle sode, la cappella non troppo grossa. Lo scappelló, lo avvicinò al viso. Profumava di olii essenziali. Non poteva più aspettare. Lo mise in bocca insalivando il più possibile mentre lui un altro iniziò a leccarle la figa. Due uomini almeno erano su di lei e lei aveva un cazzo in bocca che iniziava a crescere. Ed era sicura fosse il collega che l’aveva accompagnata e che tante volte si era masturbato pensando alle sue tette.
Avrebbe riconosciuto quel profumo in mezzo a mille. Sì, quello che aveva in bocca e il cazzo del suo collega, che non le aveva mai lasciato a mano.
L'altra l'aveva sulla figa bagnata, che un altro uomo aveva iniziato a leccare. L'aveva messa a 90, facendo appoggiare a quello che nel buio sembrava un piccolo inginocchiatoio. Le aveva allargato le gambe e da dietro la leccava tra le labbra stuzziandolo il clitoridie. Karen era completamente in estasi. Un cazzo che si faceva sempre più duro in bocca, la punta di una lingua che le solleticava la figa. Il suo sogno era realtà.
Poi, andò oltre quello che aveva sempre immaginato.
La fecero inginocchiare: la sua figa ora era letteralmente sulla faccia della persona che fino a poco prima la stava leccando con passione e che, ne era certa, sdraiata a terra aveva iniziato a segarsi.
Il cazzo del suo collega era sempre nella sua bocca e affondava sempre più in fondo alla sua gola.
Delle mani intanto le avevano raccolto i capelli in una coda che vediva tirata come se qualcuno la stessa cavalcando da dietro. Qualcuno che adesso le aveva aperto le chiappe aveva iniziato a solleticarle l'ano.
Karen era travolta dal piacere.
Chi stava dietro aveva le mani grandi, al punto che con una era riuscito a tenerle entrambi i polsi chiusi dietro la schiena. Con l'altra continuava a massaggiarle il culo, finché non sia abbassò per bagnarlo con uno sputo: la saliva scendeva calda tra le natiche, di colpo un dito iniziò a massaggiarla e poi entro con vigore nel suo culo.
Per poco non morsicò il cazzo del suo collega nel buio.
Riuscita a contenersi, limitandosi a un urlo di piacere. Voleva sentirli ancora di più addosso. Li fece alzare e mettere in fila e uno dietro l’altro succhiò i tre cazzi. Uno era molto largo, con la cappella che le riempiva la bocca. Completamente depilato. Un altro più stretto ma molto duro. Un bastone che le scivolava in bocca con grande facilità. E poi il terzo, depilato, lungo venoso e dolce. Aveva un sapore che la eccitava ancora di più e la figa ormai stava scoppiando da quanto era gonfia era carica di piacere. Tre cazzi e una bocca che non smetteva di leccare, succhiare e sputare su quelle aste che avevano trasformato in realtà il suo sogno. Ma li voleva ancora dentro e mettendosi a 90 cercava gli ultimi gemiti. “Nel culo no, ci sarà una prossima volta”. Non si era pentita della scelta e voleva essere scopata. Una, due, tre volte. I cazzi erano dentro di lei con colpi decisi e li sentiva in gola. “Girati ti prego” chiese uno dei tre. Era il momento. Sì mese in ginocchio. Un cazzo in bocca, uno nella mano destra e uno nella sinistra. Spompinava e segava insieme. Tutto di lei sapeva di cazzo. Un odore inebriante che la spingeva sempre di più. Il primo schizzo lo senti sulle tette. “Sborrate vi prego” gridó. Inizio a masturbarsi la figa fradicia Mestre i tre maschi si segavano su di lei. E la riempirono. Le tette, la pancia, uno schizzo anche in faccia. “Volevo tutto questo” si lasciò scappare esausta. Aveva una sola domanda: quale dei tre era il collega? “Ci vediamo fuori”. Ne avrebbero parlato in auto.
scritto il
2025-09-03
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