Il vicino di casa 2
di
LedZep85
genere
tradimenti
Il mattino dopo, un velo di colpa si posò su Francesca. La memoria di ciò che era accaduto con il vicino era vivida, quasi palpabile, e una strana sensazione di inquietudine le stringeva lo stomaco. Si mosse per casa con un’insolita lentezza, cercando di evitare la finestra che dava sul balcone di lui. Ogni rumore proveniente dal palazzo di fronte la faceva sussultare. Era stato un errore? Troppo audace?
Cercò di riprendere la sua routine, di concentrarsi sul marito, di dissipare quel torbido desiderio che l'aveva travolta. Ma ogni volta che la mente le riportava le sensazioni della sera prima – il tocco di lui, la frenesia del momento, il gemito soffocato contro la sua bocca – un brivido le correva lungo la schiena. La colpa si mescolava a un’irresistibile eccitazione.
Per due giorni, le persiane rimasero chiuse. Francesca quasi si nascondeva, combattuta tra il rimorso e una curiosità bruciante. Ma l'assenza di quello sguardo, di quell'attenzione, le lasciava un vuoto inaspettato. Sentiva la mancanza di quel gioco silenzioso che le aveva riacceso i sensi. Al terzo giorno, la curiosità prevalse. Lentamente, quasi contro la sua volontà, aprì di nuovo le persiane, un piccolo spiraglio che lasciava intravedere il suo balcone. E bastò un attimo. Lo vide. Lui era lì, esattamente come l’altra volta, con lo sguardo fisso sulla sua finestra. Un sorriso timido, quasi invisibile, le increspò le labbra. Il gioco era ripreso.
Poco dopo, un piccolo pacchetto comparve sulla sua cassetta della posta. Dentro, un biglietto con un numero di telefono e un messaggio laconico: "Ti aspetto". Il cuore di Francesca fece un balzo. Era lui. Senza esitare, salvò il numero. Iniziò così una corrispondenza frenetica, fatta di messaggi criptici e audaci. Era lui a comandare, a dettare le regole di quel nuovo gioco. Le sue richieste erano esplicite, i suoi desideri inequivocabili, e a Francesca piaceva da impazzire quella sensazione di essere completamente alla mercé dei suoi voleri. Ogni messaggio era una scarica di adrenalina, ogni ordine un invito irresistibile. Non vedeva l'ora di esaudire ogni sua richiesta, di spingersi oltre i limiti che lei stessa si era imposta.
Il giorno dell'incontro concordato arrivò con la lentezza estenuante di un’attesa proibita. Il marito era uscito per lavoro, ignaro di ciò che si sarebbe svolto tra quelle mura domestiche. Francesca si mosse per casa come in trance, il corpo già vibrante di eccitazione. Seguì alla lettera le istruzioni ricevute. Si infilò una lingerie nera, audace, che lasciava poco all'immaginazione, esaltando ogni curva. Poi, prese un grosso dildo dalla scatola che lui le aveva lasciato in segreto.
Si sistemò al centro del soggiorno, in una posizione che la rendeva completamente esposta. Fisso il dildo al pavimento come da sue indicazioni e inizio a strusciarselo sul clitoride già bagnato dall'eccitazione. Un gemito sommesso le sfuggì dalle labbra mentre iniziava a toccarsi e a farse penetrare dal quel grosso pezzo di gomma nero, i movimenti lenti e sensuali, il piacere che montava rapido. Lasciò la porta d'ingresso socchiusa, un invito muto e sfacciato. Sapeva che lui sarebbe arrivato.
Pochi minuti dopo, sentì un leggero scricchiolio. La porta si aprì di più. Il vicino entrò, senza fare rumore, i suoi occhi che si posavano immediatamente su di lei. Francesca non si fermò, il suo gemito si fece più forte, un misto di desiderio e provocazione, mentre continuava la sua penetrazione. I suoi occhi si aprirono lentamente, incontrando lo sguardo ardente di lui. Non c'era bisogno di parole. Il suo corpo, inarcato dal piacere, lo stava già invitando ad unirsi a lei, a riprendere quel gioco che li aveva consumati la prima volta.
Da quel giorno, gli incontri tra Francesca e il vicino divennero una routine clandestina, un appuntamento fisso nel cuore dei giorni feriali. La dinamica era ormai chiara, e a Francesca piaceva da impazzire. Era lui a tessere la trama, a dare le direttive attraverso messaggi concisi ma carichi di promesse. "Fatti trovare sul divano, con addosso solo i tacchi," o "Lascia la porta aperta e aspettami in camera da letto". E lei, ogni volta, rispondeva con un'ubbidienza quasi febbrile, il desiderio di soddisfare ogni sua più piccola fantasia, ogni suo comando, che superava qualsiasi reticenza.
Ogni incontro era un'immersione profonda in un piacere che non aveva mai conosciuto. Le loro sessioni erano lunghe, intense, una danza di corpi che si intrecciavano senza freni, guidati dalla pura chimica e dal brivido del proibito. Francesca si scopriva sempre più sfacciata, sempre più audace, spinta dalla consapevolezza che quel gioco la faceva sentire viva come mai prima. Il rischio, anziché scoraggiarla, alimentava il suo ardore.
Poi, un giorno, mentre le loro risate soffocate e i gemiti riempivano la casa, una nuova, audace idea si fece strada nella mente di Francesca. Guardò il vicino, gli occhi carichi di una malizia che lui non aveva mai visto. Non le bastava più la segretezza. Voleva di più. Voleva che la sua passione, la sua felicità, il suo godimento fossero innegabili, persino palesi.
"Non andartene," sussurrò, stringendosi a lui dopo un orgasmo particolarmente intenso. "Aspettiamo. Voglio che lui ti trovi qui."
Il vicino la guardò, sorpreso, ma nei suoi occhi non c'era paura, solo una scintilla di eccitazione. Comprendeva il desiderio di Francesca di spingersi al limite, di bruciare ogni ponte. Il loro rapporto si prolungò, ogni carezza, ogni bacio, ogni penetrazione carica di una nuova, perversa anticipazione. Il tempo passò, scandito dai loro corpi che si univano e si separavano, in attesa del momento che avrebbe cambiato tutto. L'orologio ticchettava, avvicinando inesorabilmente l'ora in cui il marito sarebbe rincasato dal lavoro. Francesca sapeva che stava per compiere un passo irreversibile, ma il pensiero di ciò che stava per accadere le faceva fremere il corpo di un'eccitazione incontenibile. Voleva che lui vedesse, che capisse, quanto quel vicino la facesse godere, quanto la rendesse la donna che stava diventando.
Cercò di riprendere la sua routine, di concentrarsi sul marito, di dissipare quel torbido desiderio che l'aveva travolta. Ma ogni volta che la mente le riportava le sensazioni della sera prima – il tocco di lui, la frenesia del momento, il gemito soffocato contro la sua bocca – un brivido le correva lungo la schiena. La colpa si mescolava a un’irresistibile eccitazione.
Per due giorni, le persiane rimasero chiuse. Francesca quasi si nascondeva, combattuta tra il rimorso e una curiosità bruciante. Ma l'assenza di quello sguardo, di quell'attenzione, le lasciava un vuoto inaspettato. Sentiva la mancanza di quel gioco silenzioso che le aveva riacceso i sensi. Al terzo giorno, la curiosità prevalse. Lentamente, quasi contro la sua volontà, aprì di nuovo le persiane, un piccolo spiraglio che lasciava intravedere il suo balcone. E bastò un attimo. Lo vide. Lui era lì, esattamente come l’altra volta, con lo sguardo fisso sulla sua finestra. Un sorriso timido, quasi invisibile, le increspò le labbra. Il gioco era ripreso.
Poco dopo, un piccolo pacchetto comparve sulla sua cassetta della posta. Dentro, un biglietto con un numero di telefono e un messaggio laconico: "Ti aspetto". Il cuore di Francesca fece un balzo. Era lui. Senza esitare, salvò il numero. Iniziò così una corrispondenza frenetica, fatta di messaggi criptici e audaci. Era lui a comandare, a dettare le regole di quel nuovo gioco. Le sue richieste erano esplicite, i suoi desideri inequivocabili, e a Francesca piaceva da impazzire quella sensazione di essere completamente alla mercé dei suoi voleri. Ogni messaggio era una scarica di adrenalina, ogni ordine un invito irresistibile. Non vedeva l'ora di esaudire ogni sua richiesta, di spingersi oltre i limiti che lei stessa si era imposta.
Il giorno dell'incontro concordato arrivò con la lentezza estenuante di un’attesa proibita. Il marito era uscito per lavoro, ignaro di ciò che si sarebbe svolto tra quelle mura domestiche. Francesca si mosse per casa come in trance, il corpo già vibrante di eccitazione. Seguì alla lettera le istruzioni ricevute. Si infilò una lingerie nera, audace, che lasciava poco all'immaginazione, esaltando ogni curva. Poi, prese un grosso dildo dalla scatola che lui le aveva lasciato in segreto.
Si sistemò al centro del soggiorno, in una posizione che la rendeva completamente esposta. Fisso il dildo al pavimento come da sue indicazioni e inizio a strusciarselo sul clitoride già bagnato dall'eccitazione. Un gemito sommesso le sfuggì dalle labbra mentre iniziava a toccarsi e a farse penetrare dal quel grosso pezzo di gomma nero, i movimenti lenti e sensuali, il piacere che montava rapido. Lasciò la porta d'ingresso socchiusa, un invito muto e sfacciato. Sapeva che lui sarebbe arrivato.
Pochi minuti dopo, sentì un leggero scricchiolio. La porta si aprì di più. Il vicino entrò, senza fare rumore, i suoi occhi che si posavano immediatamente su di lei. Francesca non si fermò, il suo gemito si fece più forte, un misto di desiderio e provocazione, mentre continuava la sua penetrazione. I suoi occhi si aprirono lentamente, incontrando lo sguardo ardente di lui. Non c'era bisogno di parole. Il suo corpo, inarcato dal piacere, lo stava già invitando ad unirsi a lei, a riprendere quel gioco che li aveva consumati la prima volta.
Da quel giorno, gli incontri tra Francesca e il vicino divennero una routine clandestina, un appuntamento fisso nel cuore dei giorni feriali. La dinamica era ormai chiara, e a Francesca piaceva da impazzire. Era lui a tessere la trama, a dare le direttive attraverso messaggi concisi ma carichi di promesse. "Fatti trovare sul divano, con addosso solo i tacchi," o "Lascia la porta aperta e aspettami in camera da letto". E lei, ogni volta, rispondeva con un'ubbidienza quasi febbrile, il desiderio di soddisfare ogni sua più piccola fantasia, ogni suo comando, che superava qualsiasi reticenza.
Ogni incontro era un'immersione profonda in un piacere che non aveva mai conosciuto. Le loro sessioni erano lunghe, intense, una danza di corpi che si intrecciavano senza freni, guidati dalla pura chimica e dal brivido del proibito. Francesca si scopriva sempre più sfacciata, sempre più audace, spinta dalla consapevolezza che quel gioco la faceva sentire viva come mai prima. Il rischio, anziché scoraggiarla, alimentava il suo ardore.
Poi, un giorno, mentre le loro risate soffocate e i gemiti riempivano la casa, una nuova, audace idea si fece strada nella mente di Francesca. Guardò il vicino, gli occhi carichi di una malizia che lui non aveva mai visto. Non le bastava più la segretezza. Voleva di più. Voleva che la sua passione, la sua felicità, il suo godimento fossero innegabili, persino palesi.
"Non andartene," sussurrò, stringendosi a lui dopo un orgasmo particolarmente intenso. "Aspettiamo. Voglio che lui ti trovi qui."
Il vicino la guardò, sorpreso, ma nei suoi occhi non c'era paura, solo una scintilla di eccitazione. Comprendeva il desiderio di Francesca di spingersi al limite, di bruciare ogni ponte. Il loro rapporto si prolungò, ogni carezza, ogni bacio, ogni penetrazione carica di una nuova, perversa anticipazione. Il tempo passò, scandito dai loro corpi che si univano e si separavano, in attesa del momento che avrebbe cambiato tutto. L'orologio ticchettava, avvicinando inesorabilmente l'ora in cui il marito sarebbe rincasato dal lavoro. Francesca sapeva che stava per compiere un passo irreversibile, ma il pensiero di ciò che stava per accadere le faceva fremere il corpo di un'eccitazione incontenibile. Voleva che lui vedesse, che capisse, quanto quel vicino la facesse godere, quanto la rendesse la donna che stava diventando.
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